martedì 25 dicembre 2018

Grande Canyon e il Tè allo Zenzero

Più passano gli anni, più sembra che passano veloci. I giorni, le settimane e i mesi, tutti sembrano sfrecciare via come un campione di sci in fuga da un branco di leoni. Non penso che l’analogia sia molto azzeccata, perché non credo che i leoni riescono a correre sulla neve. Inoltre non so sciare. Comunque, mi piace l’immagine di un branco di leoni bianchi con le fauci spalancate che mi seguono sulle nevi mentre cerco di far rallentare il passare del tempo.

Più gli anni corrono veloci, più vorrei documentarli per me stesso. Per esempio, gli anni passati a Guwahati, nel nord-est dell’India, sembrano già svaniti dalla mia memoria. Per fortuna, ne avevo scritto su questo blog, così posso rileggere e rinfrescare la memoria.

L'immagine qui sotto presenta un ragazzo che si prepara per diventare Thayyam, parte del rito sacro celebrato nel nord del Kerala in India, uno dei momenti emozionanti dei miei viaggi nel 2018.



Dopo i primi viaggi internazionali alla fine degli anni 1980, non riuscivo più a ricordarli. Ho un vago ricordo di molti paesi che avevo visitato in quell’epoca. Posti come isola di Jersey, Messico, Bolivia, Nicaragua, nord-ovest del Brasile e il piccolo Lussemburgo – ricordo di esserci stato, ma se ci penso, non riesco a ricordare quasi niente. Invece, verso il 2003-04, ho cominciato a fotografare tutto con la macchina fotografica digitale, e per diversi anni, ciò mi aiutava a fissare gli eventi nella memoria. Invece, da un paio di anni, a forza di scattare migliaia di foto, ora ne anche le foto servono molto. L’unico modo di ricordare il passato, è quello di scriverne.

In questo post, voglio ripercorrere i miei viaggi più belli del 2018.

Alla Riscoperta del Sud dell’India

Il mio primo viaggio del 2018 era in India. Avevo una riunione a Chennai sulla costa sud-orientale e poi dovevo andare ad un ospedale ayurvedico nello stato di Kerala, sulla costa sud-occidentale. Invece di prendere un volo da Chennai per Kochi, ho scelto un percorso stradale e ho fatto la strada più lunga, seguendo tutta la costa. Sono sceso giù da Chennai in autobus, con soste a Mahabalipuram e Pondicherry. Poi ho preso un treno da Villapuram per arrivare a Kanyakumari alla punta sud dell’India.

Da Kanyakumari, sono risalito lungo la costa occidentale, di nuovo in autobus, con tappe a Tiruvanantpuram, Kochi, Kottamangalam, Kozhikode e Kannur. Poi ho proseguito in treno verso il nord, con fermate a Panjim in Goa e Mumbai in Maharashtra - in tutto circa 2000 km fatti in autobus e treno. Nell'immagine qui sotto, uno dei templi rupestri di Mahabalipuram.


 
È stato uno dei viaggi più belli che ho fatto, pieno di emozioni forti. Ho ritrovato un amico che non vedevo da 25 anni. Sono andato a trovare un vecchio insegnante, che con il passare degli anni era diventato un amico e che era gravemente malato. Ho visto il sole sorgere dietro all’antico tempio sulla spiaggia di Mahabalipuram. Una mattina presto, sono andato a vedere i pescatori nei pressi di Kozhikode che tornavo dal mare. Ho visto la trasformazione di un ragazzo che si preparava per il rito sacro di Theyyam in un villaggio vicino a Kannur. Ho partecipato al carnevale di Goa. Ho tantissimi ricordi di questo viaggio che non vorrei dimenticare. Più volte durante l’anno, sono tornato a riguardare le foto scattate durante questo viaggio. In tutto ci ho messo circa un mese, compreso circa una settimana in un centro di cure ayurvediche nei pressi di Kothamangalam.

Il Tè a Rishikesh

Dovevo visitare una casa per gli ex-malati di lebbra vicino a Rishikesh. Era un’occasione per visitare le due città sacre dell’induismo, Rishikesh e Haridwar. L’ultima volta che ero stato da queste parti era circa 50 anni fa, nel 1968, l’anno della visita dei 4 Beatles che erano venuti al ashram di Mahesh Yogi.

Quella volta eravamo andati a trovare il guru Mahesh Yogi e avevo intravvisto anche l’attrice americana Mia Farrow e uno dei Beatles, Ringo Starr. Ma era proprio il Guru con il suo gentile sorriso che mi aveva lasciato una grande impressione.

Questa volta quando sono tornato a vedere il suo ashram, l’area era irriconoscibile. L’ashram oramai è chiuso da anni e sono cresciuti gli alberi e le piante tutto intorno, per cui da fuori non si vede più niente.

Rishikesh rimane la metà preferita dei turisti occidentali. È piena di ashram, soprattutto le zone sulla riva occidentale del fiume Gange, dove i guru di vari tipi, vestiti di arancione, insegnano yoga e meditazione ai turisti. Anche se capisco le loro ragioni, e so che non può essere diversamente, lo sento come una mercificazione della spiritualità e ciò mi mette a disagio. Nell'immagine qui sotto, un sadhu, gli asceti che portano arancione, il colore della rinuncia ai beni materiali.



Alla fine ho preferito fermarmi lontano dalle zone dei turisti stranieri, in un hotel vicino a Triveni Ghat, sulla riva orientale, dove molti indiani anziani, si raggruppavano alla sera per stare insieme e parlare di yoga e di spiritualità. Stare con qualche gruppo per ascoltare le loro discussioni accompagnate da barzellette e gossip, era divertente. In occidente, i luoghi delle religioni e dei luoghi di preghiera, richiedono silenzio e un comportamento rispettoso. Invece la spiritualità popolare in India, è spesso soffusa da un senso di divertimento, canti e musica e di rumore delle chiacchiere.

Vicino all’antico tempio di Tara Mata, avevo trovato una giovane signora con il suo carretto che preparava un tè squisito. Avevo osservato con attenzione la sua preparazione. La sua ricetta per il tè comprendeva un quarto d’acqua e tre quarti di latte intero, fatti bollire con le foglie di tè nero, un pezzettino di zenzero fresco pestato, un pezzettino di cannella e qualche chicco di cardamomo pestato. Dopo il ritorno in Italia, ho continuato a preparare il mio tè di mattino seguendo la sua ricetta.

Avevo sentito dire che negli ultimi decenni, il fiume Gange era diventato molto più sporco e inquinato. Invece, durante la visita, mi aveva fatto piacere vedere che almeno fino a Haridwar, il fiume continuava ad avere le acque limpide e pulite. Lungo il fiume, in diversi punti, si celebrano alla sera il rito della preghiera, “Aarti”. Durante le preghiere i preti parlavano anche dell’importanza di non sporcare il fiume e di non usare la plastica. Forse anche questo ha contribuito a creare maggiore coscienza tra i pellegrini, che stanno più attenti.

Un momento forte di questa visita era incontrare mia cugina Simi che non vedevo da circa 30 anni. Era strano vedere i lineamenti della ragazzina che ricordavo, nel volto di una donna di famiglia che mi ricordava tanto la sua mamma. Nella foto qui sotto, la mia cugina con le sue due figlie.


Grande Canyon e il Deserto Dipinto

Dovevo andare in America per una riunione e volevo approfittare da questo viaggio per andare a trovare mia sorella. Quando le avevo parlato, lei aveva subito preparato un programma per visitare alcuni posti turistici in Arizona e Nuovo Mexico. Purtroppo la mia riunione è stata posticipata, ma oramai ero stato catturato dall’idea del viaggio che lei mi aveva prospettato. Così, in aprile, sono andato lo stesso negli Stati Uniti per un viaggio on-the-road.

Con una macchina a noleggio, siamo partiti da Santa Fe in Nuovo Mexico e abbiamo terminato il nostro viaggio a Phoenix in Arizona dopo 10 giorni. Durante questo viaggio abbiamo visitato Albuquerque, deserto dipinto, foresta pietrificata, Walnut canyon, Flagstaff, Grande Canyon, Sedona, il parco botanico di Phoenix e molti musei. Nell'immagine qui sotto, un panorama della foresta pietrificata.



Mentre andavamo da Flagstaff a Grand Canyon, abbiamo sbagliato la strada e siamo arrivati al lago Powell in Utah. Dopo una piccola sosta alla diga di Powel, siamo tornati in dietro. Durante questa deviazione siamo passati a due passi da “Horse-shoe Bend” sul fiume Colorado, un sito naturale di grande suggestione, ma non sapevamo che cosa era e non ci siamo fermati. Dopo, quando ho visto le foto di questo luogo, mi è dispiaciuto molto per aver perso quest’opportunità! Nell'immagine sotto, un panorama del Gran Canyon.



Un'altra delusione era la mia macchina fotografica Canon, che aveva deciso di bloccarsi a Santa Fe, all’inizio di questo viaggio. Per fortuna, ho potuto fotografare con il mio cellulare. Comunque, davanti alla maestosa bellezza di Grande Canyon, mi è dispiaciuto molto non avere la mia macchina fotografica.

Dopo il grande giro, siamo tornati a Bethesda, vicino alla capitale americana Washington DC. Era il momento della fioritura dei ciliegi, un momento di grande suggestione per visitare questa città.

Quando ripenso a questo viaggio, oltre alle bellezze naturali di posti come il Grande Canyon, ricordo soprattutto la passeggiata lungo il Canyon Road a Santa Fe in Nuovo Messico, con decine di gallerie d’arte su entrambi i lati della strada. Alla fine mi sembrava di essere ubriaco dalle opere d’arte che avevo guardato. Nella foto sotto alcune sculture lungo la strada da quella passeggiata.



Tra me e mia sorella, abbiamo solo 2 anni di differenza. Mentre crescevamo, eravamo molto affiatati. Era bello riscoprire la stessa sintonia dopo tanti anni. Parlavamo continuamente e un’amica di mia sorella che ci aveva accompagnato per una parte di questo viaggio ne era infastidita. Cresciuta senza fratelli, si sentiva tagliata fuori dal nostro costante battibecco!

Ulaan Baatar, Mongolia

In maggio sono tornato a Ulaan Baatar, che tutti chiamano UB, la capitale della Mongolia, per formare un gruppo di giovani ricercatori con disabilità. Ero tornato a UB dopo 10 anni e in questo periodo, la città era cambiata completamente. Vi erano più edifici, più macchine, più negozi, più ristoranti e più benessere. Nella foto sotto, la scultura del derviscio danzante a UB.



Questa volta il mio albergo era a due passi dal monastero buddista di Gandam. È un posto bellissimo. Così sono tornato al monastero più volte, una volta anche presto alla mattina per vederlo senza turisti. Era bello osservare i monaci buddisti che pregavano e meditavano.

Inoltre, con l’aiuto di Google Map, ho esplorato diverse altre zone della città senza avere paura di perdermi. Più volte sono tornato alla grandiosa piazza di Sukhbaatar con le due statue di Gengis Khan e il parlamento nazionale. Nella foto sotto, la Piazza Sukhbaatar alla sera dopo la pioggia.



Monrovia e Ganta, Liberia

Quest’anno sono stato in Liberia due volte, in luglio e in ottobre. Ho esplorato qualche zona della Monrovia, la capitale del paese, ma avevo sentito storie non molto rassicuranti sulla città da conoscenti e amici, e così ho evitato di andare in giro a piedi.

Ho scattato solo qualche foto dalla macchina. L’unica volta che ho tirato fuori la mia macchina fotografica a Monrovia, era una mattina presto nella zona dell’ambasciata americana, dove mi avevano assicurato che è ben sorvegliata.

Conoscevo il nome della città di Ganta da molti anni per via del suo lebbrosario. Visitare il vecchio lebbrosario era la parte più interessante di questo viaggio. A Ganta, vi erano meno problemi di sicurezza e non avevo paura. Così sono andato in giro a piedi, ma a parte le due strade principali della città con dei negozi, c’era poco da vedere. Nell'immagine sotto, la strada che collega Ganta con Sanniquellie, dove la nostra macchina era rimasta bloccata nel fango.



Un giorno siamo andati alla frontiera tra Liberia e Guinea Konakry e mentre scattavamo le foto, siamo stati sgridati dai poliziotti di frontiera.

Ho sentito che Liberia ha un parco naturale, ma nessuno sapeva quali animali vi sono in questo parco e in ogni caso, non era facile arrivarci. Altrimenti, gli unici posti da visitare in Liberia sono i resort, i centri turistici, lungo il mare, dove la gente benestante va per prendere il sole e a mangiare. Il mare liberiano è molto mosso e la balneazione non è consigliata.

I miei ricordi dei viaggi in Liberia sono legati più alle persone che ai posti. Per esempio, avevo letto e sentito molto sulla brutale guerra civile che aveva dilaniato questo paese nel periodo 1989-2003. Tra queste storie, vi erano quelle dei bambini soldato che erano stati costretti a compiere violenze contro le proprie famiglie e spinti verso tossicodipendenza, affinché diventavano brutali. Ho incontrato uno di questi ex-soldati, uno che era un adolescente all'epoca e che aveva visto l’uccisione di suoi genitori. Sentirlo parlare, mi aveva fatto venire i brividi e non ero stato capace di dire niente.

Viaggi in Italia

A parte qualche viaggio a Bologna per andare a trovare la nipotina, per la maggior parte del tempo siamo rimasti a Schio.

Le nuove scoperte nei dintorni di Schio erano il ponte galleggiante che collega la zona del Pasubio con il Campo Basso, la passeggiata a Valdastico sulla vecchia ferrovia e la passeggiata lungo il torrente Agno a Valdagno. L'altra novità a Schio era quella di far parte di un gruppo di lettura. L'immagine qui sotto è da una vista a Burano. Infatti, ero tornato a Venezia per visitare le isole di Murano e Burano che avevo visitate una volta nel lontano 1979.



Conclusioni

Ho in testa l’idea di visitare Cambogia e di tornare in Thailandia e Indonesia, ma quest’anno, ciò non era possibile. Un altro paese che mi attira molto è la Papua Nuova Guinea.

Chissà se riuscirò a fare qualche viaggio diverso nel 2019! In tanto, le mie valigie sono pronte per tornare in India. Inoltre, per seguire due progetti di ricerca emancipatoria, dovrei tornare di nuovo in Liberia e Mongolia.

Fortunatamente, non posso prevedere quello che ci aspetta nel 2019. Invece posso essere soddisfatto delle sensazioni e esperienze che ho potuto sperimentare nel 2018. Auguro a tutti voi e a me stesso, altri viaggi e altre scoperte nell’anno che verrà.


giovedì 13 dicembre 2018

Un Dolce Per i Bibliofili

Per il primo compleanno del nostro gruppo di lettura a Schio (VI), avevo preparato un dolce indiano, il Kalakand. Alcuni compagni del gruppo mi hanno chiesto la ricetta di quel dolce. Ho pensato che questa era una buona occasione per parlare anche del gruppo. Infatti, vorrei iniziare proprio dalla mia esperienza del gruppo.



Lettori in Circolo

Il nostro gruppo di lettura si chiama “Lettori in Circolo”, che si riunisce una volta al mese in un bar di Magré. Ogni incontro dura tra una o due ore. Prima di terminare l’incontro, decidiamo il nuovo libro da leggere e la data del successivo incontro.

Da quando ero bambino, ho sempre amato leggere i libri. Più di una volta ho scritto dei libri sul mio blog. Sapevo dei gruppi di lettura ma non ne avevo mai fatto parte. “Lettori in Circolo” è la mia prima esperienza in questo tipo di gruppi.

Un gruppo di lettura

A parte qualche giallo o thriller, ultimamente avevo smesso di leggere i romanzi. Leggevo soprattutto quello che in inglese si dice “Non fiction”. Invece il gruppo mi ha imposto di leggere dei romanzi. Non solo, erano libri che personalmente non avrei mai scelto di leggere – 3 Uomini e una barca, Venne chiamata due cuori e Dove porta la neve. Per ciò, a parte il piacere di trovare nuove amicizie, il gruppo di lettura mi ha costretto a uscire dalle mie abitudini e affrontare spazi mentali nuovi.

Inoltre, sapere che durante l’incontro dovrò parlare del libro, mi costringe a rallentare e soffermarmi di più su quello che leggo. Ultimamente penso di essere diventato un lettore più superficiale e affrettato. Se un libro non mi piace, lo metto via dopo poche pagine. Invece con i libri del gruppo, devo fare uno sforzo diverso. Mi ha fatto riflettere questo cambiamento di passo.

Poi è bello sentire i diversi pareri sui libri nel gruppo e osservare come lo stesso libro entusiasma alcuni, e lascia indifferenti gli altri.

La forza motrice del nostro gruppo, Michela, cerca di tenerci allineati e quando vede che le discussioni partono per le tangenti, le riporta in dietro al libro del mese. Inoltre, lei prepara degli stimoli per farci riflettere e raccoglie le proposte sui nuovi libri da far leggere al gruppo. È un ruolo che richiede passione e impegno. Se pensate di far nascere un gruppo di lettura, dovrete assicurarvi che vi sia qualcuno che assume queste responsabilità.

La ricetta di Kalakand

Dopo questa introduzione al gruppo, arriviamo alla mia ricetta. Quando ero un bambino, preparare il kalakand richiedeva molto tempo. Dovevi iniziare il giorno prima con la preparazione di Paneer, il formaggio fresco. Poi passavi delle ore a mescolare il latte che si cucinava sul fuoco basso affinché diventava solido. Invece la mia ricetta usa sostituti facilmente disponibili al mercato e richiede poco tempo.

Ingredienti

500 gm di ricotta fresca, 1 scatola di latte condensato (300-350 gm), una bustina di zafferano, semi di qualche cardamomo (pestati), una manciata di granella di mandorle, una manciata di altri semi (per esempio, semi di zucca o di melone) e zucchero secondo i gusti (solo se il latte condensato non è zuccherato).

Preparazione

In una pentola anti-aderente mettete la ricotta, versate il latte condensato e mescolate. Cucinate sul fuoco medio-basso. Aggiungete i semi di cardamomo pestati, lo zafferano e la granella di mandorle. Assicurate che la miscela non attacchi sul fondo della pentola, mescolate continuamente e cucinate per circa 20 minuti.

Versate la miscela in una scatola e sulla superficie posate i semi di zucca e di melone, premendo sopra leggermente con un cucchiaio. Lasciatelo raffreddare e poi tenetelo in frigo per qualche ora, affinché la miscela diventi solida. A questo punto potete tagliarla in pezzettini più o meno grandi secondo i vostri gusti.

Personalmente mi piace mangiare il Kalakand quando la miscela è ancora tepida. Immagino che sia pieno di calorie per cui non esagerate e andate piano con le porzioni!

mercoledì 3 ottobre 2018

L’Uomo di Dio: Pregheria Preferita di Gandhi

Ieri, il 2 ottobre 2018 era il centocinquantesimo anniversario di nascita di Mahatma Gandhi. In quest'occasione molti artisti indiani e stranieri hanno voluto ricordare il Mahatma cantando la sua preghiera preferita – “Vaishnav Jan to” (L’Uomo di Dio).


Conoscete questa preghiera e il suo significato? La preghiera fu scritta da un poeta mistico indiano del quindicesimo secolo, Narsimha Mehta, nello stato di Gujarat nel nord-ovest dell’India.

In questo post, voglio presentare il significato di questa poesia e 2 versioni cantate di questa preghiera che mi piacciono (i video sono su YouTube).

Il Mondo Canta La Preghiera di Mahatma Gandhi

Iniziamo con una versione cantata di questa preghiera, nella quale i cantanti sono persone di diversi paesi, ognuno delle quali ne canta un pezzo.



Le parole e il significato della preghiera


(1)

Vaishnav gian to tene kahiye, ge pir parai giane re
È l’uomo di Dio, colui che capisce il dolore degli altri

Par dukhe upkar kare to ye, man abhiman na mane re
È colui, che aiuta gli altri che soffrono, senza vantarne


(2)

Sakal lok ma sahune bande, ninda na kare keni re
È colui che pensa bene degi altri, non parla male di nessuno

Vach kach man niscecial rakhe, dhan dhan gianini teri re
È gentile nelle sue parole, azioni e cuore, fa onore al nome di suoi genitori

(3)

Samdrisceti ne triscena tyaghi, paristri gene maat re
Considera tutti i suoi pari, è senza attaccamenti, tratta tutti con rispetto

Givhya na thaki asatya na bole, pardhan nav jhale hath re
Non dice bugie, non desidera i beni degli altri

Bambini Indiani Cantano la Preghiera di Gandhi

Il secondo video che vi presento ha un'insegnante di canto che si chiama Kuldeep Pai, che lo canta insieme ad alcuni suoi discepoli – sono molto bravi!



Alla Fine

Questa preghiera mi piace molto, forse perché la conosco da quando ero un bambino e ho diversi ricordi associati ad essa. Mi piacciono il suo ritmo e la sua musica. Mi piace anche il suo primo verso, che fa da ritornello. Invece il resto della preghiera non la trovo particolarmente significativa.

Invece voi, cosa pensate di questa preghiera?

sabato 10 marzo 2018

India: Lingue, Dighe e Rivoluzioni

Ho conosciuto Daniele Barbieri 7-8 anni fa durante un corso di scrittura creativa a Bologna dove lui era uno degli insegnanti. Ogni volta che esce un nuovo articolo sull’India sul blog “La Bottega del Barbieri”, ricevo un suo email. Così qualche giorno fa ho avuto il link di un articolo di Gianni Sartori intitolato, India: Popoli – E Lingue – Minacciati Dal “Progresso”.

Ho voluto approfondire alcune questioni sollevate da Sartori e questo mio articolo è uscito ieri anche sul blog di Barbieri.


Le lingue che Scompaiono


Sartori accenna alle difficoltà di scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia delle lingue parlate da piccoli gruppi che stanno scomparendo. La costruzione delle strade nelle aree rurali e tribali, l’educazione scolastica, tutto contribuisce alla scomparsa delle lingue minori. E come si fa a scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia della propria cultura?

Penso che imparare nuove lingue e conoscere nuove culture è un arricchimento personale. Allo stesso momento, nuove lingue e nuove conoscenze inevitabilmente ci cambiano – cambiano il nostro modo di pensare, le nostre lingue e le nostre culture. Come si fa ad essere aperti al nuovo e mantenere invariato il vecchio? Ogni persona che ha traslocato, anche nel proprio paese, lo sa. Ma forse non serve né anche traslocare, perché con le ferie all’estero, con la TV e con l’internet, è impossibile non incontrare l’altro e il diverso, e nel processo, non essere cambiato.

In India, il predominio di Bollywood insieme alle sue canzoni e la popolarità delle soap-opere della TV indiana sono forze importanti che influiscono sul nostro mondo linguistico. Il fascino di Bollywood e della TV indiana, arrivano anche in Nepal, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan. Qualche anno fa, in un villaggio circondate dalle montagne in Nepal, avevo incontrato un insegnante, il quale si era lamentato dell’influenza dei telefilm indiani sulla lingua parlata degli studenti.

Dall’altra parte i film di Hollywood e la musica americana influiscono sulle persone che vivono nelle metropoli.

Sartori nel suo articolo non parla dell’impatto delle religioni nella scomparsa delle lingue e delle culture, ma anche questo ha un suo ruolo, non solo in India ma in tutto il mondo. La costruzione delle nuove strade portano gli autobus, i commercianti, le idee esterne e le religioni.

Qualche anno fa, mentre visitavo alcune aree interne di Madhya Pradesh, abitate dalle tribù isolate, nella parte centrale dell’India, gli amici mi raccontavano che i ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università, portano le feste e i costumi dedicati ai dei indù nelle proprie comunità, mentre con tempo gradualmente le feste tribali come quelle dedicati ai dei locali diventano meno importanti.

Nel nord-est dell’India, negli stati di Meghalaya e Nagaland, l’opera dei missionari ha convertito la stragrande maggioranza della popolazione al cristianesimo con la quasi scomparsa delle lingue, dei costumi e delle mitologie indigene di queste tribù.

Invece nello stato di Assam, la diffusione dei predicatori islamici sta cambiando i costumi dei gruppi musulami che vivono da secoli in queste aree, compresi alcuni cambiamenti linguistici. Il numero delle donne e delle ragazze che portano il velo integrale è in aumento, e alcuni aspetti sincretici della religione vengono scoraggiati. Si scoraggia anche l’uso di parole della lingua urdu “perché non abbastanza islamiche”, sostituendole con le parole in arabo.

Cosa possiamo fare per fermare questi cambiamenti?

Secondo la filosofia Buddista, il cambiamento è l’unico costante della vita. Allora perché piangiamo se le nostre culture e le nostre lingue scompaiono? Forse noi - i figli cresciuti nella transizione dal mondo delle culture che restavano immutate per secoli al mondo dei villaggi globalizzati che cambiano continuamente, sentiamo questo dolore e magari i nostri figli e nipoti, non lo sentiranno?

Le Minacce alle Lingue Indiane

Come scritto da Sartori, l’istruzione scolastica in India può avvenire soltanto in inglese e/o in una delle 22 lingue ufficiali indiane. Ogni lingua indiana ha un suo alfabeto diverso da quello delle altre. Ognuna di queste 22 lingue è parlata da milioni di persone, ma esse hanno anche molte variazioni al loro interno.

Per esempio, secondo i dati del 2008, 528 milioni di indiani parlavano hindi. L’hindi ha molte varianti, con delle differenze al loro interno paragonabili alle differenze tra italiano e spagnolo. Per esempio, tra queste 528 milioni, vi erano 13,6 milioni che parlavano la variante maithili, 150 milioni parlavano bhojpuri, 38 milioni avadhi e 1,5 milioni braj-bhasha. Anche se uno capisce l’hindi, non è detto che riuscirà a capire queste varianti. Qualche anno fa, in un ospedale di Lucknow dove si parla la variante avadhi, che capisco, facevo fatica a comprendere la lingua di alcuni malati venuti dalle aree interne.

Tutte queste varianti “minori” di hindi sono minacciate da hindi-ufficiale, un po’ come i dialetti italiani rischiano di essere sopraffatti dall’italiano.

Le persone che parlano le varianti di hindi sono sparse in territori vasti e esistono diverse versioni locali di ciascuna di queste varianti, talvolta così diverse che si fanno fatica a capire tra di loro. Per esempio, la variante bhojpuri ha diverse sotto-varianti come gorakhpuri, sarnami, nepali, nagpuria e molte altre. Tutte queste varianti di bhojpuri sono minacciate sia da bhojpuri-ufficiale che da hindi.

Cosa possiamo fare per assicurare la sopravvivenza di questa diversità linguistica?

Il Predominio dell’Inglese

A sua volta, la situazione di hindi non è molto migliore. Nelle città c’è la moda di parlare hinglish, una miscela di hindi e inglese. Diversi giornali e TV indiane usano sempre più spesso l’hinglish.

In molte scuole delle grandi città, tutto l’insegnamento avviene soltanto in inglese e hindi si studia per pochi anni. Le scuole più ambite sono quelle gestite dai missionari cristiani perché “insegnano l’inglese vero”, ma esse costano molto e non sono accessibili agli studenti non-cristiani poveri.

Nelle scuole frequentate da gruppi più poveri, soprattutto nelle scuole elementari e medie governative, la lingua di istruzione è hindi o un’altra lingua indiana ufficiale. I gruppi benestanti guardano con disprezzo queste scuole.

Inoltre, spesso nelle scuole superiori e soprattutto nelle università, se uno vuole studiare scienze e le materie tecniche, tutti i libri e i corsi sono solo in inglese. Se uno non sa esprimersi in inglese, non può accedere agli studi professionali. È un ostacolo in più, e forse quello più difficile da superare, per accedere agli studi universitari per i ragazzi provenienti dalle fasce più basse.

In questo modo, le lingue indiane ufficiali sono a loro volta minacciate dall’inglese. Per questo motivo, spuntano da tutte le parti, anche nelle città indiane piccole e periferiche, le scuole private dove la lingua di istruzione è inglese anche se gli insegnanti non la parlano bene.

Tutte le maggiori lingue indiane sono basate sul sanscrito o hanno una componente significativa di parole in sanscrito. Al posto dell’inglese, forse il sanscrito poteva essere la lingua per unificare l’India. Ma il sanscrito è la lingua dei testi sacri dell’induismo per cui qualunque tentativo al suo favore è visto da una parte dei media come un tentativo di favorire l’induismo e essi gridano al complotto conservatrice di voler imporre la religione della maggioranza. Alcuni mesi fa, la decisione del governo di sostituire lo studio di tedesco alle scuole superiori con quello di sanscrito come terza lingua, aveva suscitato proteste degli attivisti “liberali”.

Le persone che parlano inglese costituiscono la burocrazia e la borghesia urbana. Qualunque discussione sulla promozione dello studio nelle lingue indiane viene spesso definito come un “tentativo della destra nazionalista che vuole portare l’India al medioevo”. La perpetuazione dell’inglese nei documenti ufficiali, nelle università e nei tribunali, parlata da circa il 10% della popolazione, comporta l’esclusione delle fasce basse dai processi di sviluppo. Le elite indiane difendono l’inglese come la lingua moderna adatta ai tempi odierni, che apre le porte del mondo per gli indiani.

La rimonta delle lingue locali

Se le spiegazioni sopra vi fanno pensare che oramai la scomparsa delle lingue indiane è vicina, bisogna guardare alla questione da un altro angolo.

Nell’ultimo decennio, India ha visto una diffusione enorme di telefoni cellulari. Il numero delle persone con telefoni cellulari è salito da 524 milioni (2013) a circa 775 milioni nel 2018.

Inoltre, da qualche anno, è iniziata la rivoluzione dell’internet e il costo di accesso alla rete si è notevolmente abbassato. Per esempio, si può arrivare ad avere 40-50 giga di dati per soltanto 2-3 Euro al mese. Da una parte ciò significa che i consumatori indiani hanno maggiore accesso ai programmi della TV indiana, ai film e telefilm di Bollywood e Hollywood, per cui vi è un maggiore rischio di perdere le proprie lingue locali. Dall’altra parte, questa mutazione ha innescato un’esplosione di iniziative nelle lingue locali tramite blog, Facebook, YouTube e Whatsapp.

Quel 90% di indiani che non parla l’inglese, ha improvvisamente trovato un modo per farsi imporre nelle culture locali. Per esempio, i video su Youtube delle canzoni in lingua bhojpuri, di una giovane di nome Maithili Thakur, sono seguite da milioni di persone. Altri nuovi cantanti, comici, poeti, scrittori e guru che si esprimono nelle lingue locali e trovano milioni di seguaci, stanno emergendo ogni giorno, innescando una rinascita culturale delle lingue e dialetti che sembravano moribondi fino a qualche anno fa.

Negli ultimi 2-3 anni, i giganti mondiali come Google, Apple e Amazon, hanno lanciato diverse iniziative in India indirizzate a raggiungere questi gruppi che non parlano l’inglese. Quale sarà l’impatto di questa democratizzazione del controllo dell’informazione nei prossimi 5-10 anni?

Penso che la partita delle lingue indiane non è ancora finita.

Le Proteste di Medha Patkar

L’articolo di Sartori tocca alcune altre questioni come quella delle dighe e della rivoluzione dei maoisti. Voglio toccarle brevemente.

Riguardo le dighe, Sartori cita la lotta pluridecennale dell’attivista indiana Medha Patkar. Avevo conosciuto Patkar circa due decenni fa e una volta, avevo fatto da traduttore per il suo intervento in un comizio in Italia. (Nell'immagine sotto, sono con Medha in un convegno AIFO a Roma nel 2003)



Mentre Medha è ancora celebrata in occidente, in India oramai il numero delle persone che la seguono si è ridimensionato. Molti la vedono come una persona contro il progresso e il benessere. Qualche anno fa, si era candidata alle elezioni, ma aveva preso solo l’8% di voti. Il suo movimento ha perso una parte del sostegno popolare e negli ultimi anni, più di una volta, i suoi comizi nelle aree urbane sono stati contestati ferocemente dai cittadini locali.

Penso che la sconfitta di Medha è legata anche alla sua incapacità di coinvolgere e far capire ai giovani nelle città che la costruzione di grandi dighe non è soltanto un problema dei poveri che perdono le loro case e terreni, ma è un problema della salvaguardia dell’ambiente che porta alle alluvioni e ai grandi disastri, nei territori sempre più vasti.

Negli ultimi anni, le frequenti inondazioni e i relativi gravi danni in diverse parti del Paese, hanno risollevato la questione delle grandi dighe, ma non vi sono nuove figure trainanti capaci di far nascere movimenti popolari intorno a questi temi, come Medha era riuscita a fare per più di un decennio. Negli ultimi anni, lo scrittore Amitabh Ghosh, ha sollevato la questione ambientale, ma ne anche lui ha un seguito popolare.

Penso che India ha bisogno di nuovi attivisti ambientali, capaci di raggiungere le grandi masse indiane, e che non siano visti come “contro lo sviluppo e il benessere”.

I Maoisti e le Tribù

Questa è la parte dell’articolo di Sartori, con la quale mi sento in disaccordo. Dalle parole di Sartori emerge una visione romantica della lotta dei maoisti accanto ai poveri delle tribù, sfruttati e calpestati dalle multinazionali con il benestare del governo.

Anche Arundhati Roy aveva scritto alcuni articoli su questo tema, che lui ha citato. In uno di questi articoli, Arundhati aveva descritto i maoisti come gli eredi di Mahatma Gandhi. Ammirò molto Arundhati Roy ma non concordo con queste sue parole. (Nell'immagine sotto, Arundhati al festival di Internazionale a Ferrara nel 2007)



Ho avuto 3 occasioni di entrare nei territori controllati dai maoisti, 2 volte in India e una volta nel Nepal. Penso che siano persone accecate dalla ideologia, brutali e violente, sicuramente non migliori e forse peggiori, dal sistema che dichiarano di voler cambiare. Il loro controllo sulle tribù nelle aree occupate era ferreo e spietato. Penso che chiamarli eredi o seguaci di Mahatma Gandhi vuol dire non capire la filosofia di Gandhi.

L’India delle caste, degli esclusi e dei sfruttati deve cambiare, ma non con una rivoluzione violenta che vuole sostituire il sistema democratico con un sistema totalitario basato sulle idee di Stalin o di Mao.

Conclusione

È difficile parlare delle questioni legate all’India perché è enorme e per ogni situazione esistono innumerevoli variazioni e complessità, come si vede dalla questione delle lingue indiane.

Le nuove tecnologie, i cellulari e l’accesso all’internet, stanno cambiando questa India e penso che la modificheranno molto di più nei prossimi anni. Non sarà un cambiamento deciso da gruppi di attivisti, ma sarà un cambiamento deciso dalle masse. Avrà i suoi risvolti negativi, ma penso e spero, che salvaguarderà le incredibili diversità indiane in un mondo sempre più un villaggio globale omogenizzato.


lunedì 21 novembre 2016

Il Girovago


L’ultima volta che avevo scritto il mio diario era in febbraio 2016, quando abitavo a Guwahati nella casa di Padre Paul e lavoravo come responsabile di un'organizzazione indiana che si occupa della riabilitazione delle persone con disabilità. Molto è cambiato da allora. Ora siamo in novembre e manca poco più di un mese al natale e al nuovo anno, 2017. Sono a Delhi mentre scrivo questo post.


In questi 9 mesi sono diventato un girovago, uno che cerca di mettere in atto il principio di “non attaccamento” raccomandato dai monaci buddisti. Quando vivi con tutto quello che hai, chiuso dentro una valigetta, è facile arrivare in un luogo nuovo e poi ripartire. Ciò non significa che partire sia sempre senza dolori e rimpianti. Anzi proprio il contrario. Forse, ciò vuol dire che mi manca ancora molto per assimilare il principio di non attaccamento.

Avevo concluso il mio contratto con l’associazione per la quale lavoravo a Guwahati e in maggio 2016 ero tornato in Italia per alcuni mesi, dove tra l’altro, ho partecipato al matrimonio di mio figlio. Nella foto qui sotto potete vedere la famiglia Deepak al completo.


Tornato di nuovo in India, invece di un lavoro fisso, ho deciso di collaborare con diverse associazioni locali, sopratutto con le organizzazioni di base. Diciamo che in questo momento della vita mi piace scegliere i miei impegni volta per volta.

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La regione di Bundelkhand è situata nella parte centro-nord dell’India. In ottobre, ho avuto l’opportunità di visitare alcune città di questa regione (Gwalior, Jhansi, Orchha e Khajuraho) quando sono stato invitato da una piccola associazione a tenere un corso di formazione per i genitori dei bambini con la paralisi cerebrale.

Durante questa visita sono stato ospite presso una famiglia in un villaggio vicino a Orchha. E’ stata un’esperienza molto bella. Erano i giorni della festa della luce (Divali) per cui tutta la famiglia che mi ospitava, compreso i bambini, era impegnata nelle pulizie della casa. Una mattina tutti si sono messi a dare il colore rosa alla casa.


Alla sera della festa di Divali, ho accompagnato i due ragazzini della casa, Vishal e Sahil, a portare le piccole lampade di terracotta riempite di olio ad un piccolo tempietto sotto un albero e poi a piazzare altre lampade sui muri della casa. Era una delle feste di divali più belle che avevo passato in questi ultimi anni. La semplicità e la povertà della celebrazione, mi faceva pensare a come la celebravamo quando ero piccolo.


Nella ragione di Bundelkhand mancano i servizi di sostegno e di riabilitazione per i bambini cerebrolesi. Le famiglie non sanno dove andare per chiedere i consigli e l'assistenza. Per esempio, la città di Khajuraho, famosa in tutto il mondo per i suoi templi erotici, e riconosciuta da Unesco come il patrimonio dell’umanità, ha circa 30.000 abitanti ma nessun fisioterapista.

Abhay gestisce un negozio a Khajuraho ed è il padre di una bambina con la paralisi cerebrale. Lui mi ha raccontato la sua situazione: “Due volte alla settimana, devo portare mia figlia a Chhattarpur, a 30 km da qui per la terapia. Lei non ci vuole andare perché quel terapista è molto severo. Se lei non fa gli esercizi come li vuole lui, la colpisce sulle gambe con una bacchetta. Non mi piace quella persona ma non so cosa altro fare. Non c'è nessun altro a quale posso chiedere consigli. L'ho portata agli ospedali di Jhansi e di Gwalior, ma a parte tutti i test che le fanno, non ci sanno dire che cosa possiamo fare per rendere la vita della mia figlia più facile.”

Tanti genitori mi hanno chiesto di aprire un centro e di andare a vivere nei loro villaggi. Uno mi ha detto che se andavo a lavorare nel suo villaggio, mi avrebbe offerto un pezzo di terreno per costruire un centro di riabilitazione. Era difficile dire di no a queste persone ma non avevo altra scelta.

Ho suggerito a persone come Abhay di creare una loro associazione e di identificare alcuni genitori ad essere formati per fornire l’assistenza ai bambini cerebrolesi. Dopo qualche giorno di discussione hanno già identificato due mamme per la formazione. Comunque, non so se questa idea funzionerà perché sembra che non vi sono corsi di formazione adatti per i genitori in questa parte dell’India. L’unico centro di formazione che ho trovato è a Calcutta ma loro dicono che è troppo lontano. Mancano anche i manuali e altro materiale didattico semplice indirizzato ai genitori in lingua Hindi.

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La parte più bella di girovagare è quella di incontrare nuove persone e di ascoltare le loro storie. Spesso incontro altri girovaghi, sopratutto persone senza fissa dimora che vivono come mendicanti, alcuni dei quali sono i sadhu, quelli che portano il vestito arancione per mostrare che hanno rinunciato a tutti i loro averi mondani.

Così, una sera alle rive del laghetto a Khajuraho, ho incontrato Saheb Singh e Baba Gyan Dev. Saheb Singh ha 77 anni e per tutta la vita ha seguito i principi di Mahatma Gandhi. Nel 1957, era andato a vivere per un anno nel ashram (centro spirituale) di Gandhi a Sabarmati. Durante quel anno passato a Sabarmati, lui era andato anche a Dandi e aveva ripercorso a piedi la famosa camminata di Gandhi fatta per la protesta del sale (nel 1930 a Dandi, Mahatma Gandhi aveva lanciato la protesta contro le leggi dei coloni inglesi che vietavano la produzione di sale agli indiani). Era bello sentirlo parlare della sua vita con i personaggi famosi della storia indiana, come Vinoba Bhave e Sushila Nayar.


Dopo questa esperienza Saheb Singh aveva deciso di diventare insegnante - ha insegnato ad una scuola media e ha dedicato la sua vita a promuovere i pensieri di Mahatma Gandhi.

Baba Gyan Dev invece ne ha 68 anni, fa il sadhu e porta il vestito arancione di uno ha rinunciato a tutti i suoi beni materiali. Mi ha raccontato del suo matrimonio a 15 anni, dei suoi due figli e vari nipotini, e della sua decisione di lasciare il tutto 20 anni fa quando era morta sua moglie. Ha un’ulcera al ginocchio destro che rifiuta di guarire nonostante tante cure e medicinali. Quando gli ho chiesto, lui ha ammesso che deve alzarsi 3-4 volte ogni notte per urinare. Gli ho spiegato che probabilmente lui ha il diabete e se non lo curerà, quell’ulcera non guarirà.

“Non ho il diabete”, lui mi ha risposto con un sorriso, “perché mangio regolarmente le foglie di una pianta ayurvedica che guarisce il diabete, per cui non l'ho.”

“Perché non provi a farti controllare il sangue e le urine?”, ho provato a convincerlo, ma ha scosso la testa. Alla fine gli ho comprato un antibiotico e il materiale per la medicazione.

Un altro incontro interessante l’ho avuto nei pressi di Orchha con un altro sadhu-mendicante che si chiamava Pyare Das. Lui era diventato il girovago perché la moglie del suo figlio non lo trattava con il dovuto rispetto. “Se non hai la tua moglie, sei come un cane del lavandaio, nessuno ti vuole. Le moglie dei figli non prendono cura di te come l'avrebbe fatto tua moglie”, mi ha raccontato con un timido sorriso.

Dopo mi ha raccontato anche delle sue visioni della dea madre che gli appare quando è da solo.

"Non puoi chiedere alla dea di darti un po' di comodità nella tua vecchiaia invece di girare così da un posto al altro?" gli ho chiesto. Mi ha risposto con una grande risata, "Perché mai dovrei volere più comodità? Ho già tutto!"


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I famosi templi erotici di Khajuraho sono molto belli, con delle strutture graziose e elaborate, piene di belle sculture. Invece le loro statue erotiche non mi hanno convinto. Non sono molte e comunque, mi sembra che hanno solo 4-5 varianti di queste statue che si ripetono in tutti i templi.

In confronto, il tempio del dio sole di Konark sulla costa orientale dell’India ha solo un tempio, ma secondo me, ha le sculture erotiche più varie e più belle. Secondo la leggenda il primo tempio di Konark era stato costruito da Samba, il figlio del dio Krishna, per ringraziare il dio per la sua guarigione dalla lebbra.

A Gwalior ho sentito un’altra storia legata alla lebbra – si dice che le acque del laghetto di Surajkund sulla collina, dentro le mura della rocca, hanno il potere di guarire dalla lebbra. La guida che mi accompagnava ha giurato di conoscere personalmente 4 persone che soffrivano della lebbra e che sono guarite quando hanno fatto un bagno nel laghetto.


Gli ho spiegato che ora la lebbra si cura facilmente con le medicine e che queste medicine sono disponibili gratuitamente presso tutti gli ospedali governativi, per cui oltre al bagno nel laghetto, sarebbe opportuno che le persone affette da questa malattia prendono anche le medicine.

"Tu sei un medico moderno, non credi ai miracoli!" lui mi ha risposto con un sorriso.

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La visita nella regione di Bundelkhand è stata molto appagante. Il rapporto umano con i genitori dei bambini disabili è stato emozionante anche se alla fine mi è sembrato che i loro bisogni sono molto più grandi di quello che posso offrire.

E' stato molto bello anche dal punto di vista culturale. Visitare la valle delle statue gianiste giganti scolpite nelle rocce della montagna a Gwalior, la fila dei monumenti chiamati Chhattri lungo il fiume Betwa a Orchha, ed i templi di Khajuraho, sono state tutte delle esperienze indimenticabili. Le immagini qui sotto presentano questi tre luoghi.


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Qualche mese fa ero andato a valutare un progetto di lotta alla lebbra nei distretti di Dhule e Jalgaon nello stato di Maharashtra, nella parte centro-ovest dell’India. Era la prima volta che visitavo quella parte dell’India.

Da una parte ho visto come sta cambiando l’India delle piccole città distrettuali – le case e le strade sono diventate più belle e vi sono molte più macchine e moto in giro. Dall’altra, ho visto le difficoltà delle persone che vivono nei villaggi a raggiungere i servizi sanitari rurali. Ho accompagnato nei villaggi le donne operatrici sanitari conosciute come ASHA e ho visto il grande servizio che queste offrono alle comunità rurali. Dall’altra parte, sono rimasto sorpreso e scioccato da quanti malati di lebbra vi sono ancora senza trattamento nei villaggi.

Sono passati più di 10 anni da quando l’India ha annunciato che la lebbra non è più un problema di salute pubblica. Per questo motivo, non mi aspettavo di vedere i malati di lebbra con la malattia in fase avanzata come succedeva 20 anni fa. Invece, purtroppo ho trovato la situazione particolarmente grave nei villaggi delle tribù indigene.


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Mancano pochi giorni alla fine di novembre. Alla mattina e alla sera, comincia ad essere freschetto, anche se durante il giorno le temperature sono miti.

Circa 2 settimane fa, una sera il primo ministro indiano ha annunciato a sorpresa che tutte le banconote di taglio grande non erano più valide. Da allora, tutte le mattine vi sono lunghe file davanti agli sportelli delle banche per far cambiare le banconote vecchie con quelle nuove. Per la più parte, sembra che la gente ha accettato questa misura come una medicina amara per contrastare la corruzione e per bloccare il giro dei soldi neri.

I giorni passano veloci. Sono impegnato in una ricerca che coinvolge le comunità tradizionali delle persone transgender e nella preparazione di un manuale in lingua Hindi per i genitori dei bambini con la paralisi cerebrale. Immagino che altri manuali di questo esistono da qualche parte ma forse sono solo nelle versioni cartacee e sono difficili da trovare. Non ho trovato niente sull'internet.

Fra qualche giorno riprenderò il mio girovagare. Questa volta andrò dalle parti di Mumbai (Bombay) sulla costa occidentale dell'India.

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domenica 28 febbraio 2016

Le isole di Brahmaputra

Fine dicembre 2015

È già passato un altro anno! Mi sembra che più gli anni passano, più passano veloci.

Mi ero promesso che scriverò più spesso su questo blog, non tanto per gli altri ma sopratutto per me stesso. Perché quando guardo in dietro ai mesi passati, riconosco di aver passato dei momenti esilaranti, di aver vissuto delle esperienze piene di emozioni, e mi rendo conto che i ricordi di alcuni di questi momenti sembrano già sbiaditi e confusi. Se ne parlavo sul blog, avrei ricordato quelle esperienze molto di più. Invece, nonostante tutte le mie promesse, faccio fatica a scrivere qualcosa.

A parte le 3 ragazze che lavorano in cucina e fanno le pulizie, in questi giorni sono da solo in questo enorme edificio, che ospita le sedi di 5 associazioni di volontariato e un ostello. Tutti gli altri uffici sono già chiusi per le ferie di natale e riapriranno nel 2016. Padre Paolo, il responsabile di questa struttura e oramai il mio amico e compagno di chiacchiere serali, è andato a casa in Kerala nel sud dell’India per le ferie di natale e anche lui tornerà ai primi di gennaio. (nell'immagine qui sotto, la cattedrale di Guwahati vicino alla nostra casa).

La cattedrale di Guwahati, Assam India - Images by Sunil Deepak

Se avete letto il mio blog altre volte, forse vi ricorderete che nel marzo 2015 avevo preso in affitto una casa dei colori sgargianti qui a Guwahati. Adesso, non abito più in quella casa. Qualche mese fa ho avuto problemi di salute. Non mi sentivo più al sicuro nella mia casa dove vivevo da solo. Così sono tornato a vivere nel centro di padre Paolo, dove avevo iniziato il mio soggiorno in questa città.

Ero tornato in India da Italia nel giugno 2014. Dopo un girovagare in alcuni stati dell’India, ero approdato a Guwahati e qui mi ero fermato. In questo periodo, ho dovuto affrontare alcuni problemi di salute più o meno grandi. Comunque sono felice che nonostante tutto sono riuscito a restare qui ed a portare a termine le responsabilità che avevo assunto. Devo riconoscere che senza l'aiuto di padre Paolo, forse non c'è l'avrei fatta a resistere qui così a lungo!

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In questi giorni con noi c’è anche la mia nipote Mika, figlia di mia sorella, venuta a passare le ferie di natale con me. Con lei faccio il turista. Insieme andiamo a visitare la città. Domenica scorsa eravamo andati al tempio di Bashistha alla periferia della città, dove il fiume Bharalu passa tra le rocce e crea delle piccole cascate.

Avevo sentito di elefanti selvaggi in questa zona, nella collina oltre il tempio. Così avevamo deciso di esplorare questa zona. Un piccolo ponte sul fiume ci aveva portati su un sentiero che seguiva il fiume. Lungo il sentiero, cetinaia di famiglie povere venute dalla compagna hanno costruito le loro capanne. Alcune sono delle case in muratura, forse perché sono delle persone già stabilitesi da un po' tempo. Era una sorpresa trovare così tante case in questa zona che sembra una foresta e dove non vi sono mezzi pubblici di trasporto.

La parte della foresta dall’altra parte del fiume è una zona protetta dove è probito tagliare gli alberi e dove vi sono molti animali. Il fiume Bharalu che sembra una fogna nera nella città, qui ha le acque limpide ed è molto bella mentre passa tra le rocce nere. Lungo il fiume vi sono alcuni templi, compreso un tempio dedicato al dio Ganesh, il dio con la testa di elefante – il tempio è fatto nella forma di un grande elefante. Dentro il tempio, la statua del dio è rappresentata da una grande roccia nera.

Il tempio dell'elefante, Assam India - Images by Sunil Deepak

Spesso in questa parte dell’India, le “statue” nei templi sono delle rocce dove i sadhu (gli asceti che portano i vestiti di colore arancione) possono “sentire” l’energia della terra. Queste rocce hanno i nomi dei Dei indù, ma non sono delle vere statue. Questo modo di culto, ciò è, riconoscere l’energia della terra madre e venerarla, è comune in induismo, soprattutto in questa regione e tra molti popoli tribali che vivono nelle foreste e nelle montagne dell'India.

Nella foresta abbiamo trovato un altro tempio, nascosto su una collina – questa volta si trattava di una piccola capanna vicino ad una grande roccia con la forma di un elefante sdraiato. Nabeen baba, il sadhu che vive qui e che prende cura del tempio mi ha mostrato alcuni punti specifici della roccia dove secondo lui, si poteva sentire l’energia uscire fuori dalla terra come un sorgente d’acqua.

La capanna di Nabeen baba, Assam India - Images by Sunil Deepak
La roccia dell'energia, Assam India - Images by Sunil Deepak

“Non sento niente”, gli avevo detto, allora si era messo a ridere.

“Hai troppa fretta! Devi fermarti qui, fare della meditazione e calmarti. Dopo sentirai quello che dice la terra, ti garantisco!” mi aveva detto con un sorriso.

Ci aveva parlato di una grotta, qualche chilometro più avanti in quella foresta, conosciuta come “la grotta del guru Vishwamitra”. Secondo Nabeen baba, questa grotta è piena di energia e meditare dentro questa grotta è un’esperienza speciale, che ti aiuta a risvegliare il tuo “kundalini”, l’energia che dorme dentro il nostro corpo.

Eravamo stanchi quel giorno e non eravamo andati a cercare la grotta di Vishwamitra.

Non abbiamo visto nessun elefante selvaggio, ma è stata una bella passeggiata in mezzo alla natura.

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Fine febbraio 2016

Avevo cominciato a scrivere questo post in dicembre. Invece siamo quasi in marzo e devo ancora finire di scriverlo!

Qualche mese fa, ero andato a visitare una delle isole del fiume Brahmaputra insieme all’associazione C-NES (Centre for North-East Studies) di Guwahati. Prof. Sanjoy Hazarika, il fondatore e presidente onorario di questa associazione abita vicino alla nostra casa a Nuova Delhi, dove lui insegna all’università.

Il fiume percorre circa 750 km in questa parte dell’India prima di passare nel Bangladesh. Vi sono dei punti dove il fiume supera dei chilometri in larghezza. Vi sono centinaia di isole abitate in questo fiume. L’associazione di Sanjoy gestisce una quindicina di progetti in altrettanto distretti dell’Assam. Il loro progetto più importante è quello di portare le cure sanitarie di base nelle isole tramite l’equipe itineranti che viaggiano sulle barche-ospedali.

Barca ospedale di C-NES, Assam India - Images by Sunil Deepak

Ero andato con una di queste barche-ospedali, insieme al loro personale sanitario. Arrivati sull’isola, un ambulatorio era stato allestito sotto gli alberi e un centinaia di persone, soprattutto donne e bambini, erano arrivati a farsi vedere.

Ambulatorio di Daurodoba, Assam India - Images by Sunil Deepak

Anche i turisti vanno a visitare alcune di queste isole. Viste dagli occhi dei turisti sono dei posti meravigliosi, con la sabbia fine e bianchissima, con delle viste sul fiume mozzafiato e con una varietà di uccelli da osservare. Invece viste dagli occhi dalle persone che vivono su queste isole, sono dei posti disgraziati senza servizi e precari, perché ogni anno, durante il periodo delle piogge, molte delle isole vanno sotto acqua.

Nei villaggi lungo il fiume, queste persone delle isole non sono ben viste. “Sono immigrati del Bangladesh illegali, bisogna mandarli in dietro in Bangladesh”, una persona mi ha detto nel piccolo ristorante lungo il fiume dove eravamo fermati per bere qualcosa.

L’aumento della popolazione musulmana in questa parte dell’India ha creato molta preoccupazione e risentimento. “Il cambiamento demografico cambierà chi verrà eletto al parlamento nelle prossime elezioni”, mi ha detto la persona al ristorante.

Con Sanjoy avevo ipotizzato la conduzione di una piccola ricerca per capire quante persone disabili vivono nelle isole, come sono le loro vite, e quali problemi affrontano. Questa indagine dovrebbe aiutarci a capire se C-NES vuole avviare un progetto a favore delle persone disabili che vivono sulle isole.

Così qualche giorno fa sono andato a condurre un’indagine in un’isola del fiume Brahmaputra a circa 80 km da Guwahati. Per arrivare all’isola, ci ho messo quasi 5 ore. Con la sabbia bianca molto fine, i canali d’acqua del fiume e migliaia di persone che vivono qui tagliate fuori dal mondo – è un mondo austero e difficile! Penso che ora va un po' meglio perché con i telefoni cellulari, il senso di isolamento dovrebbe essere allentato. Esiste anche una linea di barche che collega le isole tra di loro e con la terra ferma.

Austera bellezza delle isole di Brahmaputra, Assam India - Images by Sunil Deepak

Le donne ASHA che lavorano con il programma di salute comunitaria avevano sparso la voce tra gli abitanti e sono arrivate molte persone con disabilità per farsi vedere. Molte di loro, compreso molti bambini, vivono isolati senza essere mai andati a scuola o da uno specialista. Nessuno di loro aveva un certificato di disabilità, e nessuno sapeva dei tanti programmi governativi a favore delle persone con disabilità.

Le persone disabili a Pithakaity, Assam India - Images by Sunil Deepak

Persone cieche, persone con paralisi cerebrale, persone con disabilità genetiche, persone anziane con la cataratta, persone meno anziane che fanno fatica a leggere e tessere, quelle senza gamba o con altri problemi di ambulazione …. e una marea di persone sorde, sordità causata da infezioni dell’orecchio!
Tutti speravano in qualche risposta da me.

Sono tornato da questa visita con un senso di rabbia e di frustrazione. L’India dei diritti è ancora lontana dalle persone delle isole. Spero che la mia indagine aiuterà C-NES e altre organizzazioni a fare di più per le persone disabili delle isole.

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A circa 3-4 km da nostra casa, c’è uno dei centri culturali più importanti di Guwahati - si chiama Kalakshetra (Centro delle arti), e ospita un museo antropologico, una galleria d’arte e un teatro dove spesso si organizzano degli eventi culturali. Vicino c’è anche lo Shilpagram (Villaggio dell’artigianato) dove organizzano delle fiere e dei mercati di artigianato.

Avevo letto di un’iniziativa internazionale d’arte che si sarebbe tenuta a Kalakshetra. Così una domenica pomeriggio ho deciso di andare a fare una passeggiata e a verificare di persona di che cosa si trattava. L’iniziativa si chiamava Olympia International Art Exhibition e aveva portato una cinquantina di artisti da diversi paesi del mondo a Guwahati. Tra di loro vi erano 3 artisti italiani – Maria Luisa Branduardi, Maria Pia Michielon e Vittorio Tonon. Era una sorpresa molto piacevole trovarli e a conoscerli un pocchino.

Maria Pia Michielon abita a Bassano del Grappa, non molto lontano da Schio! Durante il mio prossimo viaggio in Italia, le ho promesso di andare a trovarla. E lei mi ha promesso di fare da guida al museo di Bassano!

Maria Pia Michielon, Kalakshetra, Guwahati, Assam India - Images by Sunil Deepak

Gli artisti dovevano fermarsi a Guwahati per una settimana, ma quella settimana ero tutto preso da un corso di formazione. Così non ho potuto a tornare a Kalakshetra a trovarli di nuovo.

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India continua ad essere una società fortemente gerarchica, soprattutto nelle periferie, nelle piccole città e nei distretti. In questa gerarchia, i politici e gli ufficiali governativi sono in cima. Anche il Kalakshetra è un’istituzione governativa, dove si vede questa gerarchia.

Ogni volta che vi è un programma culturale presso il Kalakshetra, si possono vedere questi funzionari, gonfi della propria importanza questi girano come dei pavoni, circondati dai loro sotto ufficiali che li guardano con adorazione. Nessun programma può iniziare senza prima portare i saluti a queste persone e qualche loro discorso.

In una delle feste culturali presso Kalakshetra ho visto una prova estrema di questo comportamento. Avevano messo alcune sedie per gli alti funzionari sul palcoscenico. Lo spazio davanti al palcoscenico era tenuto libero per i danzatori, e poi vi erano le sedie per il pubblico. Penso che quel pomeriggio vi erano almeno 200 persone ad assistere allo spettacolo tra il pubblico.

5-6 alti funzionai erano seduti sul palcoscenico. Il gruppo di danzatori danzava girato verso questi funzionari e dava la schiena al pubblico. Tutto lo spettacolo si era svolto così. Fortunatamente vi erano alcuni momenti quando i danzatori giravano e così anche il pubblico poteva guardarli ma per la più parte potevamo vedere soltanto le loro schiene!

La danza delle schiene, Guwahati, Assam India - Images by Sunil Deepak

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Amo lavorare insieme ed a insegnare alle persone che lavorano a livello comunitario con le persone disabili. Spesso tra di loro vi sono i famigliari delle persone con disabilità. Alcuni di questi operatori sono loro stessi delle persone con disabilità.

Penso che sia fondamentale simplificare le conoscenze mediche affinché anche questi operatori comunitari possono apprendere queste conoscenze e aiutare le persone disabili nei villaggi e nelle famiglie. Questo è importante perché le conoscenze mediche specializzate si trovano solo negli ospedali delle grandi città. Molto spesso sono degli ospedali privati. Le persone delle piccole città provinciali e ancora di più, quelle che vivono nei villaggi, non possono accedere a questi ospedali (anche se alcuni di loro hanno delle agevolazioni per le persone più povere).

Ma il coninvolgimento e la formazione del personale comunitario è importante anche per un altro motivo. Le disabilità sono problematiche croniche, non basta una visita allo specialista o qualche ciclo di terapia - spesso esse necessitano di un cambiamento dello stile di vita mentre le attività di cura e di prevenzione sono da praticare tutti i giorni. Gli specialisti degli ospedali non hanno il tempo per spiegare e insegnare alle famiglie. Penso inoltre che molti di loro non capiscono la fondamentale importanza di spiegare e insegnare alle famiglie.

Anni fa quando ero all’AIFO avevo coordinato qualche corso per il personale comunitario. Qui a Guwahati, ho ripreso questa attività e ho organizzato qualche corso. Uno di questi corsi, tenuto in gennaio di quest anno, era per i bambini con paralisi cerebrale e per i bambini con problemi di apprendimento. Abbiamo preparato i materiali di questo corso nella lingua locale (Assamese). E’ stato uno delle cose più gratificanti che ho fatto ultimamente.

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Avevo il compito di avviare un nuovo ufficio regionale dell’ong Mobility India a Guwahati. Loro hanno la sede a Bangalore nel sud e vogliono fare più progetti in questa parte dell’India perché è più povera e sottosviluppata.

Fra due mesi concluderò il mio contratto. Quando avevo iniziato questo lavoro avevo promesso loro di restare qui per 3 anni. Invece ho deciso di non continuare dopo la fine dell’attuale contratto. In gran parte l’ufficio regionale di Mobility India è già stato avviato. Abbiamo sviluppato diverse attività e da qualche mese, abbiamo iniziato un importante progetto di ricerca sulla disabilità.

Dovevamo iniziare anche un laboratorio di ortesi e protesi, che non ho potuto fare, ma penso che altre persone più esperte di me in quel settore potranno portarlo avanti meglio di me. E’ stata un’esperienza molto bella e gratificante, ma è anche stata un po’ troppo impegnativa per me.

Essere responsabile di un ufficio regionale in grande espansione significa occuparsi anche delle questioni amministrative, ed è l’aspetto di questo lavoro che trovo meno gratificante. Per il momento il mio programma è di completare questa esperienza e di tornare a casa a Schio per passare qualche mese con mia moglie. Poi deciderò come voglio continuare questa mia esperienza.

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Mi dispiacerà lasciare Guwahati – oramai la sento come casa. La mia camera presso il centro di padre Paolo è il mio rifugio. Le pareti di questa camera sono rosa, come quelle della casa dove abitavo, ma per fortuna, questo colore rosa è meno forte!

Tutte le mattine vado a fare un giro sulla bicicletta, quando le strade sono ancora deserte. Non oso uscire più tardi, perché il traffico mi sembra troppo caotico!

Una mattina a Guwahati, Assam India - Images by Sunil Deepak

Una delle strade vicine alla nostra casa è chiusa al traffico tutte le mattine dalle cinque alle sette. Molte persone di questa zona escono a passeggiare alla mattina così questa strada è sempre piena di persone. Qui non fa molto freddo in questi giorni. Alla mattina, penso che vi sono almeno 15-16 gradi. Invece vedo molte persone che portano ancora maglioni, passamontagne, sciarpe e guanti di lana per affrontare questo freddo! Quando li vedo, mi fanno sorridere, sembra che siamo al polo nord.

Ogni tanto arrivano gli ospiti in casa. Sono soprattutto le suore e i preti, di passaggio da qualche parte lontana di questa regione dell’India. Da qui prendono treni o aerei e partono per tornare in “India”. Da come ne parlano, sembra che siamo su qualche isola lontana dall’India!

Oramai leggo bene la lingua locale e quando la parlano posso capire più o meno quello che dicono, soprattutto se sono delle persone istruite che parlano la lingua ufficiale. Faccio più fatica con i dialetti delle persone venute dai distretti. E non sono ancora capace di parlare questa lingua (assamese).

Mi dispiacerà salutare padre Paolo. In questi mesi, lontano dalla famiglia, è lui la mia famiglia. Qualche volta discutiamo di politica. Qualche volta parliamo di religioni. Più spesso parliamo delle nostre giornate, delle piccole cose successe durante la giornata, dei nostri dolori e doloretti quotidiani.

Padre Paul, NECHA, Assam India - Images by Sunil Deepak

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martedì 15 settembre 2015

Camminare tra due mondi

I giorni corrono veloci. Siamo già a metà settembre. Avevo cominciato a scrivere questo post in agosto! Qui continuava a piovere fino a qualche giorno fa. Alcune zone della città erano sotto acqua. In alcuni distretti vicini, avevano dovuto evacuare miglia di famiglie. Il fiume dietro alla mia casa era piena ma non era mai arrivata ai livelli di pericolo. Invece ora non piove più e tutto si torna alla normalità.

Le giornate che finiscono così in fretta, mi fanno pensare alle parole di un poeta indiano, Dharmvir Bharati:

Din yun hi bit gaya, angiuri men bhara hua jal giaise rit gaya

(Il giorno si è trascorso così, come l'acqua che scorre via tra le dita delle mani)

Guwahati, Fiume Brahmaputra, India
Il fiume Brahmaputra gonfio d'acqua a Guwahati

Qualche mese fa era morto un mio cugino. Qualche settimana fa è scomparso un altro. Erano entrambi della mia generazione. Pensare a loro mi fa sentire più vulnerabile. Vi sono dei momenti della giornata quando sono tutto preso dal lavoro e al improvviso penso a loro e mi chiedo, se morirò al improvviso, e se a qualcuno importerà di quello che facevo in questi giorni, lontano dalla famiglia?

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A metà di maggio ero tornato a casa in Italia per un mese di ferie. A Bologna, ero andato a trovare i miei ex-colleghi all'AIFO.

Era strano tornare in quel mondo fatto di scadenze e urgenze, e il vivere quotidiano con i colleghi di lavoro. E' passato soltanto un anno da quando ho lasciato il lavoro in Italia per tornare in India, ma mi sembra qualcosa di molti anni fa.

Penso che il mondo delle organizzazioni non governative (ong) è in una fase di profonda trasformazione, non solo in Italia. Non penso che sia qualcosa successa all'improvviso - le crisi dei finanziamenti governativi e le trasformazioni della società legate alla globalizzazione avevano iniziato a cambiare questo mondo già da molti anni. La crisi degli ultimi 6-7 anni ha ridotto quello che era una foresta rigogliosa delle associazioni, in un deserto con pochi alberi ancora rimasti in piedi.

Da quanto ho sentito da amici di altri paesi europei, questa trasformazione del mondo delle ong, non è solo italiana, ma ha toccato un po’ tutti. AIFO è tra quelle poche ong italiane che ancora continua a ricevere il sostegno degli privati, ma ha visto diversi cambiamenti. Comunque, penso che non è soltanto una crisi finanziaria, ma qualcosa di più profondo.

I missionari prima e le ong dopo, erano i mezzi per esprimere la solidarietà con gli altri, e per agire insieme per ragionare sui temi che ci appassionano come individui. Nel mondo digitale dove collegarsi con gli altri che condividono le nostre passioni e così con le persone che vivono al altro capo del mondo, è diventato molto facile. In questo nuovo mondo come si vivrà il desiderio della solidarietà? E come dovranno trasformarsi le ong per essere in sintonia con il mondo di oggi?

Se da una parte il mondo è cambiato, dall'altra per tanti versi la vita delle persone povere non è poi cambiata così tanto. Guardando le persone qui in India, penso che per i poveri, avere un telefono cellulare è stato il cambiamento più potente di questi ultimi decadi, perché li permette di collegarsi uno con l'altro e di scambiare informazioni.

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Era strano essere di nuovo a Bologna. Per quasi tre decenni, la città era stata la mia casa. Forse, ancora è la città che conosco meglio di qualunque altro posto del mondo. Invece, appena arrivato, subito la sentivo diversa. Non la sentivo più come "la mia città". Mentre la giravo, sentivo di essere un’ospite, uno venuto da fuori per visitare. Non pensavo di sentire questa sensazione e mi dispiaceva. Ovviamente si tratta di qualcosa che è cambiato dentro di me e non nella città.

Scultura Leonardo Lucchi, Bologna, Italia - Foto di Sunil Deepak

Scultura di Leonardo Lucchi, Piazza 4 Novembre, Bologna, Giugno 2015 (sopra)

Poi sono andato a Schio, dove mia moglie ha la sua vecchia casa di famiglia, e dove ora lei vive. Vicino ai parenti e ai vecchi amici di famiglia, mi sono sentito più a casa.

Non ho ancora digerito queste sensazioni e non capisco il loro significato. Per tutti gli anni che ero in Italia, Bologna era la mia casa e Schio era un posto per visitare i parenti. Forse il mio senso di appartenenza in Italia è fortemente legato alla figura di mia moglie, e ora dove vive lei, sento di avere la mia casa?

Con qualche giorno in montagna al lago di Molveno (Trento) e qualche giorno al mare a Bibione (Veneto), le mie ferie italiane sono finite troppo in fretta.

Ferie, Molveno, Trento, Italia - Foto di Sunil Deepak

Era strano poi tornare a Guwahati dopo le ferie. Quando ero partito per l'Italia, si stava ancora bene a Guwahati, non pioveva ogni giorno e non c'era il caldo insopportabile. Al ritorno, ho trovato il tempo cambiato. E' spesso nuvoloso e piove molto. E' anche molto caldo e umido. Mentre il taxi mi portava a casa, avevo una sensazione di disagio, e per un attimo mi sono chiesto, che cosa ero venuto a fare qui in questo posto lontano da tutto e da tutti, questa non è la mia casa?

Quella sensazione di essere un estraneo a Guwahati era passata dopo qualche giorno. Ora non penso più alla casa di Schio e alle ferie. Le giornate passano in un attimo. Tante volte torno a casa alla sera con il cuore pesante. Spesso mi sento sconfitto e impotente perché non riesco sempre a trovare un modo per aiutare le persone come vorrei. Ma non vorrei essere da nessun altra parte del mondo.

E tutte le sere, mia moglie mi telefona e ci scambiamo le notizie e gli eventi della giornata. E' tra i momenti più belli della giornata. Forse il mio mondo ideale sarebbe quello dove posso essere qui a Guwahati per il lavoro durante il giorno per poi tornare a casa a Schio alla sera! Mi ci vuole soltanto il teletrasporto istantaneo di Star-trek.

***

Molte persone in Italia volevano sapere di più della mia scelta di lasciare Italia e di tornare a vivere in India. Delle volte mi sentivo a disagio perché mi sembrava di non darle delle risposte che volevano. Mi sembrava che alcuni di loro aspettavano da me soltanto un certo tipo di risposte.

Penso che molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano, e sognano vite meno complicate con un ritorno al passato. Vorrebero un passaggio ad una vita più semplice, dove le emozioni sono più genuine, le persone hanno più tempo, e le nostre vite hanno più certezze. Avevo la sensazione che quando le persone mi chiedevano sulle mie esperienze di vivere in India, mi chiedevano una conferma che ero riuscito a realizzare questo, che il sogno di vivere una vita più semplice e genuina è possibile.

Era difficile parlare della mia realtà, per spiegare che questa vita mi dà molte piccole e grandi soddisfazioni quotidiane, ma che è sempre fatta di stress e di frustrazioni. La mia non è una vita meno complicata. Per cercare le emozioni genuine, devo sempre fare lo sforzo di uscire dal mio guscio, avvicinare gli altri ed essere disponibile. Non esiste una formula che cambi paese, casa e lavoro, e automaticamente la tua vita si trasformerà.

E anche qui vi sono molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano e che sognano di vivere vite più appaganti in Europa. Penso che cambiare il paese e il lavoro può funzionare se vai a realizzare un tuo sogno o vai verso qualcosa che hai fortemente desiderato. Ma cambiare il paese, difficilmente servirà se vuoi fuggire da qualcosa.

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"Allora cosa fai in India?", era la domanda più comune che mi facevano le persone.

Ero tornato in India con l’idea di fare il medico di base tra i poveri, come facevo 35 anni fa, prima di andare in Italia. Ho provato a farlo per alcune settimane in un ospedale, in una zona molto povera nella parte centrale dell’India, e ho scoperto che non ero ancora pronto per quel lavoro. Richiedeva un impegno e una fatica quotidiana che non mi sembrava di avere più. Il bisogno era così enorme, che anche se aiutavi centinaia di persone ogni giorno, vi sarebbero state molte altre che non saresti riuscito ad aiutare. Vivere in quell'ospedale e girare alla sera nei corridoi pieni di persone che dormivano per terra nell'attesa di essere visitati da un medico, mi lasciava con una angoscia insupportabile.

Forse avevo bisogno di un rientro graduale, tornare in quel mondo di malattie e sofferenze poco alla volta, e non trovarmi buttato dentro al improvviso? Mi vergogno ancora quando ci ripenso, per non essermi fermato in quell'ospedale. Un piccolo gruppo di medici idealisti manda avanti quel ospedale. Sicuramente loro avevano già avuto persone come me che arrivano con delle belle intenzioni ma che scappaano via quando vivano la loro realtà quotidiana.

Penso che oggi, dopo un anno in India, se torno in quell'ospedale mi troverò meglio e riuscirò a fare molto di più. Ma ora ho preso altri impegni e non sarebbe giusto abbandonare questi impegni per tornare a lavorare in quell'ospedale. Comunque l'idea di tornare in quell'ospedale è sempre presente nel mio cuore.

Ora vivo a Guwahati nella parte nord-orientale dell'India dove lavoro per un’ong indiana che si chiama Mobility India e che si occupa delle persone con disabilità. Sono coinvolto sopratutto in due tipi di attività:

(1) Preparare materiale formativo semplice e gestire corsi di formazione sui temi della riabilitazione per le persone disabili, per le loro famiglie e per gli operatori comunitari. In città come Guwahati, vi è una forte privatizzazione degli servizi sanitari. Fuori nei distretti e nei villaggi, i servizi specialistici non esistono, per cui penso che il mio lavoro volto a formare gli operatori comunitari è molto utile.

Formare agenti comunitari, India - Foto di Sunil Deepak

Per esempio, è raro trovare un logopedista da queste parti, per cui sto lavorando alla preparazione di materiale per un corso sul tema “Come facilitare la comunicazione nei bambini disabili” che si terrà verso la fine di questo anno. Avevo già svolto attività simili mentre lavoravo all'AIFO. Mi piace molto, prendere le informazioni complesse e preparare il materiale di facile comprensione per renderle accessibili alle persone con poca educazione formale.

(2) Sperimentare strategie innovative della riabilitazione su base comunitaria e dello sviluppo inclusivo comunitario. Ricerca e documentazione sono due componenti essenziali di questi progetti. Amo svolgere la ricerca sociologica nelle comunità. Anche questo tipo di lavoro l'avevo già svolto quando ero all'AIFO, ma ora lo posso fare molto meglio perché posso seguire direttamente la sua operatività sul campo.

Vorrei fare molto di più - una ricerca sui bambini che vivono tra i rifiuti e una sulle persone anziane con morbo di Alzheimer nelle famiglie povere in zone rurali - ma non ho tempo per fare il tutto.

Oltre a questo, ogni tanto arrivano a trovarmi i genitori dei bambini disabili per farli visitare e per chiedere il mio parere. E' questo che spesso mi manda in crisi, sapere che in paese sviluppato molti di questi bambini possono avere le vite piene di soddisfazioni e di non riuscire a fare molto per loro.

Qui l’assistenza medica è fortemente frammentata e privatizzata, spesso spinge verso gli interventi inutili. Molte famiglie spendono tutto quello che hanno per “guarire” i bambini con disabilità incurabili perché gli specialisti continuano a fargli fare dei test e fargli prendere delle medicine inutili con il miraggio di un futuro che non arriva mai. Tutto il sistema serve per manipolare e sfruttare l’amore e i sensi di colpa dei genitori, per spremere tutti i loro averi.

Un altro tema del quale mi hanno chiesto di occuparsi è quello di stabilire un centro regionale per gli ausili, non soltanto per le persone con disabilità, ma anche per le persone anziane e le persone che soffrono di malattie croniche come la diabete.

Come potete immaginare, da fare c'è molto e il tempo che ho, non mi basta.

***

La casa dove abito a Guwahati è una piccola comunità. Pensavo di essere uno che vive con molta semplicità, anche se privilegiato nei confronti di quelli che mi abitano intorno. Sono rimasto un po’ sorpreso quando ho capito che molti mi vedono come un oggetto di pietà, il “povero vecchio eccentrico che vive da solo come un fantasma!"

La mia casa ha 3 stanze, tutte in una fila – l’entrata, che è la stanza con il divano e il tavolo da pranzo; la stanza di mezzo che è la mia camera e che ha un bagno-toilette; e l’ultima stanza dove ho l'angolo cottura e la stendibiancheria. In fondo alla terza stanza ho un secondo bagno. Pensavo che la mia era un’abitazione semplice ma dignitosa.

Invece un mio vicino mi ha spiegato come mi vedono le altre famiglie che vivono nelle case dietro la mia, nel mio stesso cortile. C'è una grande comunità di persone che vive in questo cortile.

Circa 30 metri dietro la mia casa passa il fiume Bharalu. Più che un fiume, sembra un canale che porta via l’acqua di discarico delle case. Questo terreno fino al fiume, appartiene alla famiglia del mio padrone di casa da diverse generazioni. Fino a 10 anni fa, i padroni avevano una casa vicino al fiume e avevano delle capanne di paglia tra la casa e il fiume per i loro servitori. Davanti alla casa avevano un po’ di terreno. Poi hanno costruito una nuova casa di 3 piani sul terreno davanti alla vecchia casa.

Così, ora vi sono tre file di costruzioni in questo cortile –

• La prima fila vicino alla stradina ha una casa di 3 piani, dove occupo una parte del pian terreno e nelle 3 stanze abito da solo. L’altra parte del pian terreno con altre 3 stanze è occupata da una coppia con le loro 2 figlie adolescenti. Al primo piano vive la mia padrona di casa con il figlio maggiore, sua moglie e suo figlio, e 3 cani. Al secondo piano, c'è una camera sola dove vive il suo figlio più giovane che sta per sposarsi.

Casa, Davanti, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

• La seconda fila, dietro di noi, ha la vecchia casa di un piano, dove una volta abitava la famiglia dei padroni. Questa casa con 4 stanze e una cucina, è suddivisa in 2 parti e in ciascuna parte vive una famiglia con i figli. Accanto alla vecchia casa, vi è una fila parallela di 5 piccole stanze, dentro ogni stanza vive una famiglia con i figli.

• La terza fila di case è vicina al fiume, dove una volta c'era la vecchia casa di paglia per i servitori. Questa casa, ora con il tetto di lamiera, ha una stanza grande suddivisa in 3 parti, e qui vivono 3 famiglie con i bambini. (Nell'immagine qui sotto si vede la casa con il tetto di lamiera della terza fila e dietro, si vede una piccola parte della casa di un piano della seconda fila).

Casa, Dietro, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

In questo modo nel mio cortile di casa vivono 13 famiglie con un totale di circa 35 persone, compreso molti bambini. Intere famiglie vivono dentro una stanza sola che serve anche da cucina di giorno e da camera da letto di notte. Per fare la doccia, queste famiglie hanno alcuni bagni comuni senza acqua corrente. C'è un pozzo nella parte davanti del cortile, da dove tutte queste famiglie possono attingere l'acqua.

E le persone che vivono in queste stanze mi compatiscono perché “sono un povero vecchio che vive da solo come una fantasma!

Per capire perché mi compatiscono devi crescere e vivere in mezzo a una famiglia numerosa, anche se povera. Essere circondati da altri esseri può essere frustrante perché non hai privacy, non hai il bagno libero quando ti occorre, qualcun altro ha preso la tua camicia o ha stropicciato il tuo vestito che avevi stirato con cura. Ma essere circondati da altri esseri, ti dà molto calore umano. Hai persone con le quali condividi tutto e questo ti dà un grande senso di sicurezza e tranquillità. Crescere in questo mondo stretto vuol dire imparare sin da piccoli, i principi del compromesso e del aiuto reciproco. Impari ad essere un’entità collettiva, dove individualismo non è una virtù.

Quando sei cresciuto in collettività, trovarsi a vivere con tanto spazio e senza essere circondati dal calore umano degli altri, è un po’ freddo e triste. Per questo loro mi compatiscono.

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La città sta cambiando ma ancora le tradizioni sono molto radicate. Ero andato ad una festa tradizionale che si celebra all'inizio della stagione delle piogge. Era bello vedere i gruppi di persone danzare insieme e cantare insieme. Un momento particolare della festa era la consegna di riconoscimenti alle persone anziane "perché hanno dato molto alla società".

Era bello vedere le persone di diverse religioni, tutti con i vestiti tradizionali a danzare insieme.

Bihu e la festa di quartiere, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

Così gli anziani - insegnanti, medici e operai in pensione da decenni, ottantenni e novantenni hanno ricevuto un cappello e una coppa con un certificato di merito della loro comunità.

Anziani a Bihu e la festa di quartiere, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

Vorrei poter dire che sono ben integrato nella mia nuova comunità di adozione qui a Guwahati. Invece non sarebbe vero. Non parlo ancora la loro lingua e questo è un grande ostacolo. Comunque mi invitano sempre e sono sempre gentili.

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Non è sempre piacevole la sensazione di essere un estraneo, uno che non appartiene.

Qualche volta è piacevole guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Gli occhi che vedono tutto nuovo, tutto diverso, tutto esotico. Gli occhi che vedono il perché degli stereotipi, che vedono le contraddizioni del nostro quotidiano.

Ma delle volte, vorrei non essere l’altro. Vorrei essere qualcuno certo della sua identità. Mi rendo conto che è stupido pensare così, perché non si può tornare in dietro. Ma tutti noi abbiamo diritto di sognare e volere cose che non possono esserci.

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