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domenica 8 febbraio 2009

Protesta per Eluana

Le macchinazioni intorno al caso di Eluana Englaro continuano. Faccio fatica a spiegarlo agli amici in India che tutto questa tragicommedia-farsa di disperazione si fa intorno al corpo di una ragazza che sta su un letto da 17 anni in coma vegetativo, ciò è senza attività cerebrale.

Ieri sera durante il telegiornale su Rai 1, parlavano con un medico di Roma, il quale ha spiegato e ha detto che "sarà indolore", perché Eluana non può sentire. Ma subito dopo, la giornalista voleva sapere, "Ma secondo lei quanto durerà l'agonia di Eluana?" Forse voleva dire l'agonia della politica italiana?

E Presidente del Consiglio, Berlusconi ha detto che 50% delle persone si risvegliano dal coma vegetativo, per cui non poteva permettere che Eluana sia lasciata a morire. Forse è tutta colpa di rapporti sbagliati dati al capo di governo, come era successo con le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein? Per quanto ne so, le probabilità di una persona in coma vegetativo che si risvegli dopo 17 anni sono ne anche 0,00050%!

Poi ho letto che negli ultimi 5 mesi, da quando si è aperta la stagione della caccia in Italia, sono morte 24 persone per incidenti di caccia! Se proprio vogliamo difendere la vita, forse vi sono altre fronti che aspettano che qualcuno si accorge di loro?

Comunque, ecco per voi, qualche foto dalla piazza maggiore di Bologna di ieri.




giovedì 4 dicembre 2008

Terrore a Mumbai e la risposta dei Musulmani Indiani

Gli attacchi terroristici a Mumbai sono stati un incubo durato 3 giorni e circa una settimana dopo, ancora le proteste in India contro i politici non si placano. Mentre i volti dei giovani terroristi e la loro palese gioia nel massacro degli innocenti mi faceva sentire orrore, ma allo stesso momento le notizie che questi erano ragazzi pakistani e forse tra di loro vi erano ragazzi inglesi di origine pakistana mi facevano sentire una certa disperazione. E’ un ciclo vizioso, pensavo, già molti pensano che i musulmani e sopratutto i ragazzi musulmani di origine pakistana siano dei terroristi, e un episodio del genere che resta sui teleschermi di tutto il mondo per interi giorni, non farà che a peggiorare questa percezione e il loro senso di alienazione.

Penso che questo stesso circolo vizioso ha creato un certo grado di alienazione anche tra i musulmani indiani, i quali si sentono sotto osservazione e per ogni episodio di terrorismo, si chiede a loro di dare qualche prova della loro lealtà verso la nazione. Delle volte penso che chiediamo a loro di rinnegare la propria religione per dare prova della loro non condivisione dei valori fondamentalisti.

Resta innegabile che tra i musulmani vi sono delle frange estremiste e dei personaggi ultra conservatori, i quali sono molto aggressivi nell’esprimere la propria visione del mondo e purtroppo, la stampa e le media danno degli spazi sproporzionati alle loro esternazioni. In confronto le voci dei musulmani più moderati si sentono con molta più difficoltà, e probabilmente molti di loro hanno paura di esprimere i propri pensieri perché rischiano di diventare i bersagli delle frange estremiste.

E’ per questo motivo che la notizia della decisione del consiglio islamico di Mumbai di non seppellire i corpi dei terroristi morti a Mumbai durante la scorsa settimana è stata una decisione forte e inequivocabile. Il consiglio islamico di Mumbai ha detto che questi ragazzi non si sono comportati secondo i concetti fondamentali dell’islam di pace e fratellanza, per cui non erano dei veri musulmani e che loro non si sentono di pregare per le anime di questi ragazzi né di lasciare che essi siano sepolti nei cimiteri musulmani della città, e chiedono che questi corpi siano mandati ai paesi di origine di questi ragazzi.

Ali, un giornalista musulmano ha detto, “Condivido questa decisione perché quello che questi ragazzi hanno fatto in nome della comunità islamica e della religione, non può essere giustificato in nessun modo.”


Altri capi religiosi musulmani importanti dell’India, compreso l’imam del moschea di Delhi e il capo della comunità Dar ul-Uloom di Deoband, hanno espresso sostegno per questa decisione del consiglio islamico di Mumbai.

Penso che sia una decisione molto forte ed è un segnale forte anche ai ragazzi musulmani indiani che si sentono attratti dalla filosofia Jihadista.

Dopo secoli di convivenza in una terra dove vivono molte religioni, con alcuni momenti di lotte feroci e di barbarie alternanti con i momenti di pace, i musulmani indiani hanno trovato una versione tollerante e pacifica dell’islam, influenzata fortemente dal sufismo. A nuova Delhi, nella casa dove sono cresciuto, avevamo i vicini di casa, una famiglia musulmana da una parte e una famiglia sikh dall’altra. Jude, un ragazzo cattolico che abitava tre case più avanti ed era il mio migliore amico per alcuni anni, prima che sua famiglia decidesse di emigrare in Australia.

Quando penso ai rapporti tra le religioni in India, mi piace pensare a quelli anni come l’espressione migliore delle diversità religiose in India, dove era naturale festeggiare le feste di tutte le religioni e dove nei venti anni di convivenza, non mi ricordo né anche una volta, delle discussioni per le differenze religiose.

Negli ultimi anni ho avuto la sensazione che questa visione pacifica, tollerante e gioiosa delle religioni fosse minacciato dagli estremismi. E per questo che sono contento della scelta del consiglio islamico indiano che ha un forte valore simbolico ed è una netto rifiuto del fondamentalismo islamico e la sua cultura dell’intolleranza, dell’odio e della morte. Allo stesso momento, spero che sarà anche un esempio anche per i conservatori di altre religioni.

venerdì 28 novembre 2008

In mezzo alla Guerra

Comincio a svegliarmi poco alla volta, ad uscire dallo shock. Sarà così il futuro? E’ stata una reazione molto particolare la mia e vorrei capire che cosa significa. Possiamo subire il trauma della guerra anche se siamo migliaia di chilometri lontani? Sento affiorare tante domande.

Era come essere travolti da un’alta marea che ha lasciato dietro di se terrà bagnata dentro di me, dove sono ammucchiati i detriti, dove le notizie che continuano a arrivare lasciano le loro impronte. Sento un piccolo vuoto e un leggero mal di testa. Ma forse bisogna ripartire da capo per capire cosa è successo.

Sono mesi che sto dietro all’organizzazione di alcuni incontri a Bangkok. In settembre sono stato in Tailandia per la preparazione logistica di questi incontri. Registrazioni, cambiamenti, relatori, coordinatori, partecipanti, circa 240 persone provenienti da diversi continenti, è stato un lavoro continuo e impegnativo negli ultimi mesi. L’improvviso peggioramento della situazione di Bangkok con disordini, proteste, occupazione degli aeroporti, cancellazione dei voli, ha mandato in aria tutto questo lavoro di mesi.

Mercoledì mattina quando avevo letto la dichiarazione di alcuni dipendenti dell’Alitalia riguardo al loro scioperò, che non avevano scelta, che scioperare era il loro diritto per esprimere il proprio disagio, avevo pensato che almeno questa volta, il duro lavoro e la preparazione dei mesi non era andato in aria per colpa loro. Ormai, abbiamo imparato dalle nostre esperienze passate e ora per organizzare eventi internazionali importanti, cerchiamo di evitare Alitalia. Anche se gli scioperi li fanno un po’ tutte le linee aree ma forse Alitalia si piazza al primo posto a livello mondiale?

Dopo tante discussioni che non portavano da nessuna parte, la sera ero tornato a casa frastornato e stanco, ma non riuscivo a lasciar perdere. A casa, avevo acceso il computer ed ero andato a cercare se vi erano nuovi sviluppi in Tailandia, quando avevo visto le notizia dell’attacco terroristico a Mumbai. Subito avevo cercato uno dei canali televisivi indiani che trasmettono notizie 24 ore su 24, e all’improvviso mi ero trovato in mezzo alla guerra.

Questa volta non c’era soltanto la notizia fresca della bomba esplosa da qualche parte che aveva ucciso delle persone, questa volta si trasmettevano live le sparatorie e le esplosioni. Altre volte quando trovavo notizie delle esplosioni, telefonavo a mia sorella o a qualche altro parente per chiedere la conferma se tutti stavano bene. C’era l’angoscia e la rabbia, ma non mi sentivo coinvolto direttamente. Dopo un po’ l’angoscia acuta passava, restava soltanto un sordo senso di impotenza davanti al mondo che sta cambiando e anche un po’ di senso di fatalismo.

Nella notte tra mercoledì sera e giovedì mattina ho dormito poco e a tratti. Continuamente tornavo al computer per guardare la trasmissione live dell’attacco, scambiavo qualche parola con i tanti amici giornalisti e scrittori indiani che erano davanti ai computer e alle televisioni in India. Chattavo con parenti e amici sparsi in mezzo mondo, a Manchester, a Berlino, in America, scambiavo notizie e aggiornamenti.

Giovedì mattina ho guardato la TV indiana fino all’ultimo minuto e poi sono partito per l’ufficio. Mi rendevo conto di sentire un po’ strano. Non ero completamente presente, la mia testa era piena di immagini, suoni, odori e parole di Mumbai. Avevo questa sensazione di non essere veramente, di essere sospeso in aria, una sensazione di dissociazione tra il mio corpo e me. Ho un vago ricordo di piangere in macchina. Probabilmente quella mattina potevo avere qualche incidente. Che il mondo poteva continuare senza accorgere della guerra mi sembrava incredibile. Ne ho parlato un po’ con i colleghi ma per la maggior parte sono rimasto chiuso dentro il mio ufficio e tutto il giorno ho guardato a tratti e ascoltato continuamente una TV indiana, più volte sono andato a cercare aggiornamenti delle notizie sui siti indiani. Non riuscivo a staccarmi da quello che succedeva in India e le parole, immagini e suoni continuavano a girare dentro la mia testa.

Alla sera, tornato a casa, per ore ho guardato Rai news 24, Al Jazeera, BBC world e CNN, e poi di nuovo sono tornato dalla TV indiana via internet. Non riuscivo a pensare a niente, sentivo un fremito continuo dentro di me. Verso le 23,00 ieri sera alla fine sono crollato esausto.

Oggi è tutto diverso. Continuo a seguire quello che succede in India ma non ho la strana sensazione di dissociazione dalla realtà, non piango più. Sento soltanto questa marea dentro che ha lasciato tutto bagnato. Continuo a leggere le notizie, ogni tanto sento gli occhi umidi:


.. Nell’atrio della clinica i 4 corpi distesi per terra sembrano stranamente pacifici, come bambini che riescono a addormentarsi in mezzo al caos. Tranne che per la grande macchia del sangue che si è seccato sotto di loro… Uno dei corpi con le ferite nello stomaco e nel torace sta con gli occhi aperti, ha la faccia calma senza nessun segno dell’orrore che avrà
certamente vissuto prima di morire…
.. dice che hanno avuto 71 morti da questa mattina, 60 di loro arrivati morti, altri 11 morti dopo l’arrivo all’ospedale …
“… non riusciamo a seguire tutte le persone e di fare quello che serve, alla fine abbiamo dovuto mandare una parte di loro agli altri ospedali Jaslok e JJ”, dice...
E’ un incubo logistico, non sai dove cercare i tuoi dispersi. Trovi i nomi delle persone, ma nel frattempo quelle persone sono state spostate in altri ospedali. I familiari cercano di far passare le informazioni tra loro, stanno lì a guardare le foto dei corpi sfigurati per capire se può essere la persona che stanno cercando …
..l’atrio della stazione sembra la sala mortuaria. C’è polizia da tutte le parti. Somiglia a Beirut o a Baghdad, non è la mia Mumbai che conoscevo.. dicono che sono morti in 56 qui..
…la polizia saluta la bara con il corpo del poliziotto Murlidhar Laxman Chaudhary, i passanti che non l’hanno mai conosciuto piangono, ma Priyanka sua figlia 24enne non piange, sta lì composta mentre depone una ghirlanda sul corpo di suo padre…
..tra le persone che guardano con ansia le lavagne con la lista dei nomi dei morti vi sono diverse famiglie musulmane. Una copia musulmana trova il nome che speravano di non trovare e piange disperatamente … un anziano si è accasciato contro il muro, le lacrime
scorrono sulle sue guance in silenzio …
.. le tre corpi erano messi uno accanto all’altro, padre, madre e figlio. Non si sa cosa sia successo alla loro figlia. Sorella della donna piange sconsolata. Erano andate a festeggiare
il compleanno del ragazzo …
Storie ordinarie di ogni terrorismo e di ogni guerra.

Lista dei Morti e dei feriti a Mumbai India

Se avete parenti e amici a Mumabi e cercate notizie, guardate questa lista dei morti e dei feriti gestita da alcuni volontari.

Per le altre liste di contatti, indirizzi e numeri telefonici a Mumbai (Bombay) guardate qui.


Se volete sentire le voci dei terroristi, potete sentire questa telefonata registrata dal giornalista di una TV indiana - la persona si chiama Imran, ha 25 anni, si trovava nella residenza di Nariman point dove abitava il rabbino con la famiglia e in questa registrazione parla delle ingiustizie contro i musulmani che secondo lui "giustificano" il loro attacco terroristico.

Mumbai come Baghdad

L’incubo non è ancora finito. Questa notte esausto mi sono addormentato e stamattina mi sento diverso. Il senso di shock e di stordimento si è attenuato. Riesco a leggere i racconti dei sopravvissuti come storie sul giornale che succedono a qualcun altro, lontano, che commuovono ma non creano terrore.

Ieri pensavo ai giorni di guerra in Iraq e del ragazzo che scriveva degli attacchi sul suo blog, mentre attorno a lui cadevano le bombe. A Bologna, migliaia di chilometri lontano, mi sentivo in mezzo alla guerra di Bombay. Sui chat scambiavo info sui parenti, amici e conoscenti –

- Per fortuna Juhi sta bene, non era in hotel
- E’ stata lì vicino al presidente tutta la notte ...sai sono rimasti diversi suoi colleghi e poi hanno ucciso la moglie e tre bambini del suo GM
- Vinny è rimasta in ufficio per la seconda notte
- Si, si sentono gli spari da quella parte
- Ho scattato le foto all'hotel mentre bruciava

IBN 7 è un TV in lingua Hindi, e alla fine era l’unica che riuscivo a vedere. Tutte le altre web TV erano forse prese da assalto da indiani e parenti delle vittime da tutto il mondo, e la banda larga non bastava più. Su IBN 7 le parole “Breaking News” continuano a lampeggiare da 36 ore, il news dal vivo, raccontato mentre succede e i giornalisti continuano a gridare come fosse in eterno momento eccitante di una partita di calcio. Ascoltarli mi stordisce e mi fa diventare la bocca secca, e mi sento tutto tremante dentro di me. E’ così sono rimasto per quasi 24 ore fino a cadere esausto sul letto.

Non si capisce cosa succede. Taj Mahal hotel è stato liberato, non vi sono più terroristi vivi dentro l’hotel, si continuano a sentire le esplosioni da dentro l’hotel, c’è ancora un terrorista ferito nascosto dentro da qualche parte con degli ostaggi stranieri, tutto è possibile e dopo un po’ le notizie contrastanti sembrano normali.

Un uomo piange in TV, “Mio papà era dentro, lavora in un negozio. Non è tornato a casa, nessuno mi dice niente, non so cosa fare ...” E si puliscono il sangue seccato sul pavimento dell’atrio della stazione.

martedì 18 novembre 2008

Mio testamento biologico

La storia di Eluana, le dichiarazioni del suo padre, e la sentenza del tribunale, e poi tutto il putiferio che si era scoppiato intorno alla vicenda, mi avevano toccato in maniera profonda. Conoscendo come sono andate simili storie nel passato, si era da aspettare che sarebbe successo così, invece ogni volta ne resto così turbato e scioccato. Comunque, sono contento della decisione della Cassazione.

Forse mi aspettavo simili dichiarazioni dal Vaticano, ma qualche mese fa, mi avevano scioccato le dichiarazioni di Giuliano Ferrara. Tanto cinismo, tanta crudeltà! Forse ho immaginato la cupa soddisfazione sulla sua faccia mentre lui girava il coltello delle sue parole nel cuore del padre di Eluana. “Assassino, egoista” era il suo verdetto da paladino dei valori della vita.

Secondo Corriere Magazine (17 luglio 2008), 86,9% di italiani condividevano la “decisione di sospendere la somministrazione di cibo alla ragazza in coma da 16 anni”, e questo mi consola che la maggior parte delle persone non la pensano come lui. Dall’altra parte penso allo spazio che danno i giornali e i quotidiani alle persone contrarie a questa decisione e sembrerebbe che la maggior parte di italiani non lo pensa a fatto così. Questa è la solita deformazione mediatica che va alla ricerca di scandali e liti che premia persone come Sgarbi e Ferrara, sempre pronte ad inveire contro qualcosa o qualcuno.

Poi un intervista a Vito Mancuso, un teologo che insegna a Milano, apparsa sul Corriere.it il 16 novembre, mi è sembrata una posizione molto più logica
:


«Quando ci sarà il testamento biologico io disporrò di essere mantenuto in vita finché possibile, perché anche un filo d' erba rende lode al Creatore. Ma non posso volerlo per altri e sono convinto che nel caso di Eluana l' interruzione del trattamento non sia omicidio né eutanasia. Vorrei che le autorità della Chiesa cattolica - alla quale appartengo - si esprimessero con prudenza in una materia che è nuova e ricca di zone grigie»: è l' opinione del teologo Vito Mancuso che insegna all' università San Raffaele di Milano.
Professore perché non si tratterrebbe di eutanasia? «Non è eutanasia attiva, in quanto non ci sarà un farmaco che provocherà la morte. Ma neanche passiva: se l' alimentazione tramite sondino non è "terapia", non è cioè assimilabile a un farmaco, la sua cessazione non può essere detta eutanasia passiva».
Che cos' è allora? Un abbandono alla morte per fame e sete? «È l' interruzione di un trattamento di rianimazione risultato inefficace, deliberata in conformità a un orientamento espresso a voce dall' interessata in anni precedenti l' incidente». Possiamo giurare su una battuta detta in famiglia, non attestata per iscritto? «Purtroppo no, non possiamo tirarne una conclusione sicura. Ma quelle parole di Eluana sono tutto ciò di cui disponiamo per cogliere la sua intenzione e possiamo fare credito ai genitori che le attestano - e che tanto l' amano - e ai magistrati che hanno vagliato la loro attestazione».
Lei è favorevole al testamento biologico? «Lo vedo come uno strumento di libertà di fronte allo sviluppo delle tecnologie mediche». Ma la vita non è un valore indisponibile? «Concordo sull' indisponibilità della vita, ma reputo che vada rispettata la libertà di chi rifiuta per sé un trattamento che lo mantiene in una condizione di vita che egli reputa non-vita. La vita si dice in tanti modi. Il principio primo non è quello della vita fisica da protrarre il più a lungo ma è quello della dignità della vita e questa si compie nella libertà personale».
Con il testamento biologico uno dovrebbe poter scegliere di non essere alimentato se venisse a trovarsi in stato vegetativo? «Ritengo che vi debba essere questa possibilità. Per me non la sceglierei, ma non sono sicuro riguardo a ciò che vorrei per i miei figli: c' è sempre divario nell' accettazione della propria sofferenza e di quella dei figli».
Lei contraddice alcune affermazioni dell' arcivescovo Fisichella e del cardinale Bagnasco: che la Corte apra all' eutanasia e che l' alimentazione sia sempre dovuta... «Auspico una maggiore saggezza nella parola degli uomini di Chiesa. Come si può tenere per certo che l' alimentazione tramite sondino non sia una terapia se gran parte della scienza medica la considera tale? E perché definire eutanasia qualcosa che formalmente non lo è? Non sarà alzando il tono della voce che si difende la vita».

Non so quanto vale il testamento biologico espresso in un blog, comunque lo voglio esprimere. Ne ho già parlato in famiglia più di una volta. Quando muoio, vorrei che i miei organi siano donati agli altri, se possono essere utili. Vorrei essere cremato e che le mie ceneri siano sparse in un fiume o in qualche altro luogo e non vorrei avere nessuna lapide o tomba da nessuna parte. Se dovessi andare in coma, e di non essere in condizione di esprimere le mie volontà, dopo le cure iniziali se non dovessi riprendere coscienza, vorrei che siano sospese tutte le cure, tutte le endovenose, ecc. e di essere lasciato a morire in dignità. Non voglio essere alimentato con un sondino. La respirazione assistita o somministrazione di alimentazione, non deve protrarre oltre i tre mesi per nessun motivo.

Non sono cattolico e in più sono un italiano “extracomunitario”. Forse né Ferrara né altri vorranno sprecare fiato per me. Almeno spero, ma non ne sono così sicuro. Spero di avere un preavviso sufficiente per poter andare via in India e passare i miei ultimi giorni in un posto isolato in montagna.

venerdì 24 ottobre 2008

Nostalgia delle feste

E' il periodo delle feste in India e in altri paesi vicini come il Nepal e il Bangladesh. In India, i diversi stati celebrano queste feste in maniera diversa. Il Durga puja del Bengala e il Ram Leela dell'Uttar Pradesh erano due modi diversi di celebrare la stessa festa, "la vincita del bene sul male".

Diventano frasi prese per scontato, che ripetiamo senza pensarci su, come questa "vincita del bene sul male". Ho letto degli studi analitici sull'origine di alcune di queste frasi (e anche delle feste), che risalgono a lotte e guerre antiche tra i popoli. E quelli che insistiamo a chiamare "il male" erano soltanto i nemici di una volta, persone come noi, ne più buoni ne più cattivi di noi. Comunque non è questo il momento di discorsi filosofici adesso.

L'8 novembre era il giorno della dea, l'ashtami, quando le ragazze ricevono doni e sono venerate perché la dea sia dentro di loro. Il 9 ottobre era Dusshera, il culmine di Ram Leela (si bruciano i pupazzi del demone Ravana) e di Durga Puja (la statua della dea Durga torna all'acqua).

Il 14 ottobre era Sharad Purnima, la notte della luna piena più importante dell'anno per i buddhisti che celebrano l'illuminazione di Buddha mentre per gli indù è la notte per i bagni sacri al fiume. Si dice che sia anche la notte migliore per vedere il Taj Mahal, che assume le tonalità rosa nella luce lunare.

Il 17 ottobre era Karva Chauth, il giorno che le ragazze nubili pregano per un marito buono e le donne sposate fanno il digiuno (ne acqua, ne cibo) dall'alba fino al sorgere della luna per la lunga vita dei loro mariti. Leggevo storie dei tempi cambiati e come alcune donne hanno insistito che anche i mariti devono digiunare insieme a loro.

Domenica 26 ottobre sarà il giorno del Dhanteras, quando i commercianti organizzeranno preghiere nei loro negozi, inizieranno nuovi registri e nuovi conti, e nelle case si compreranno nuove pentole e piatti.

Il 28 ottobre sarà il giorno della festa della luce, la festa di Diwali, la notte senza luna. E' la notte che la dea della ricchezza, Laxmi vieni a visitare le case, per cui bisogna accendere le candele per farle vedere la strada della vostra casa e lasciare una porta o una finistra aperta. Con questa ria di crisi da tutte le parti, immagino molte candele accese e molte porte spalancate quest anno. E' anche la notte del gioco d'azzardo e in molte famiglie si gioca tutta la notte ed i bambini hanno permesso di restare svegli fin che vogliono.

Il 29 è Kali Puja, la festa di Kalì per i bengalesi.

E il 30 ottobre è Bhai duj, la festa dei fratelli. Le sorelle legano il filo sacro ai polsi dei loro fratelli e chiedono la promessa d'aiuto dei fratelli in caso di bisogno. I fratelli fanno regali alle sorelle.

Per cui questo è un periodo delle ferie in India e si respira il clima natalizio. Se penso al passato, ricordo quelli anni, quando questi giorni sembravano pieni di promesse, divertimenti e dolci. La mia nonna e la zia iniziavano a cucinare dolci speciali (per esempio i guzhiya, dolci di pasta sfoglia ripieni di dolci e noccioline) che si mangiano soltanto in questo periodo. Avere nuovi vestiti, partecipare ai riti, giocare con i fuochi d'artificio e visitare le case degli amici per assaggiare i loro dolci, c'erano molte cose da fare.

Le famiglie si riuniscono per una decina di giorni e in questo periodo è più difficile trovare i voli per andare in India.

Questa domenica, 26 ottobre, se siete vicino a Torino, andate alla festa di Diwali organizzata dall'associazione indiana.


lunedì 6 ottobre 2008

Festa Bengalese a Bologna

E' di nuovo il momento dell'appuntamento annuale consueto degli indù bengalesi, la Durga Puja. Organizzato dall'associazione Sanatan Sanskrtik Parishad, la festa è iniziata ieri, 5 ottobre, e continuerà fino al 9 ottobre presso il Centro Zonarelli in Via Sacco 14, Bologna. E' l'evento religioso e culturale più importante per i bengalesi.

In questi giorni presso il centro culturale Zonarelli potete vedere i riti religiosi bengalesi, i film mitologici, e apprezzare le loro danze e la musica tradizionale. Momenti più importanti di questo evento sono due:

(1) Dhupti puja: il concorso di danza-preghiera durante la quale uomini e donne presentano le loro preghiere in forma di danze che si terrà domani 7 ottobre sera (dopo le 20,30)

(2) Ashtami puja: la serata culturale con danze, canti devozionali e musica popolare che si terrà alla sera dell'8 ottobre (dopo le 20,00).

Sig. Binil Gopal Sen, il presidente dell'associazione Sanatan Sanskritik Parishad invita tutti a partecipare e convidere la loro gioia.

Da bambino amavo andare a queste feste in India. Era in queste feste che ho conosciuto il cinema benglaese di Uttam Kumar e Suchitra Sen, storie melancoliche di amore struggente in biano e nero. Queste feste mi hanno fatto conoscere anche la poesia di Rabindranath Tagore e la sua musica, Rabindra Sangeet.

I bengalesi di Bologna sono un piccolo gruppo e non sono molto benestanti. La loro festa non è sontuosa e ricca come molte simili feste che si organizzano in India in questi giorni. Binil mi parlava di alcuni di loro che hanno bisogno di assistenza perché sono senza lavoro. Ma so che tutti loro contribuiscono secondo le proprie possibilità per organizzare questo evento annuale. Tutto questo non sarebbe possibile senza l'aiuto di responsabili di centro Zonarelli, che svolge un ruolo fondamentale per le associazioni di immigrati di Bologna.

Con i miei calorosi auguri alla comunità benglese per la festa di Durga Puja, presento alcune foto scattate durante questa festa nel 2007.










mercoledì 3 settembre 2008

Valore della Vita

Settimana scorsa nel nord est dell’India, nello stato di Orissa vi furono attacchi contro i cristiani e le notizie relativi a queste violenze hanno trovato un grande eco in Italia. Le violenze contro i cristiani nello stato di Orissa non sono ancora fermate. Le fonti ufficiali parlano di 18 morti fin’ora mentre le fonti non ufficiali parlano di almeno 30 morti. Il Governo Italiano ha sollevato la questione nel parlamento europeo e il Ministro degli Esteri italiano ha convocato l’ambasciatore indiano a Roma per esprimergli il proprio dolore e per chiedere al Governo indiano di adoperarsi per trovare una soluzione affinché queste violenze cessassero.

Qualche giorno dopo, si sono rotti gli argini della diga sul fiume Kasi in Nepal, e il fiume ha inondato lo stato dello Bihar in India, più a valle. Le alluvioni hanno coinvolto 24 distretti e circa 9.000 villaggi. Con più di 16 milioni di sfollati, centinaia di morti e si parla di peggiore alluvione degli ultimi cinquant'anni.

Le TV e i giornali italiani non hanno quasi parlato di Bihar ma gli aggiornamenti sugli attacchi ai cristiani di Orissa continuano.

Anche tra le vittime di Bihar sicuramente vi sono molto cristiani, come persone di altre religioni. I cosidetti disastri “naturali” colpiscono quasi sempre i più poveri senza distinzioni di religioni o etnie. Ma morti in se non fanno notizia, forse fanno meno notizie quando sono poveri. C’è qualcos'altro che fa notizia che non da uguale peso a tutti i morti.
Fate una ricerca su Google con "Orissa+cristiani" troverete più di 25.000 pagine in italiano. Fate la ricerca con "Bihar+alluvione", stamattina, c'erano meno di 500 pagine in italiano. E' Google, il giudice che dice se la tua vita vale o no!

lunedì 1 settembre 2008

Le complesse radici di Kandhamal

E’ uscito il nuovo rapporto del Centro Asiatico per i Diritti Umani (ACHR - Asian Centre for Human Rights) che si intitola “Kandhamal Massacres: Where is the State” (Massacri di Kandhamal: Dov’è lo stato). ACHR si è guadagnato la fama la fama di essere un fonte affidabile di informazioni indipendenti che spesso non trovano spazi nei media ufficiali.

In questo nuovo rapporto ACHR spiega la situazione di Kandhamal nello stato di Orissa (nel nord-ovest dell’India) dove vi sono stati attacchi alle chiese cristiane e ai missionari. Secondo le fonti ufficiali sono morte 12 persone, secondo ACHR i morti sono circa trenta e il rapporto fornisce i nomi e dettagli di circa 20 di questi morti.


Le notizie sulla stampa italiana hanno parlato dei fondamentalisti indù che avevano iniziato ad attaccare le chiese perché ritenevano che i cristiani abbiano ucciso uno dei capi fondamentalisti, il quale aveva lanciato una campagna contro le conversioni religiose. Il rapporto di ACHR va dietro queste notizie per scovare le ragioni più complesse che stanno dietro agli attacchi.

Kandhamal è una delle zone “tribali” dello stato di Orissa dove gli abitanti originali erano le tribù indigene. Dei circa 650.000 abitanti del sottodistretto di Kandhamal, circa il 52% sono persone che appartengono alle tribù indigene. La legge indiana riconosce che i gruppi indigeni sono stati sfruttati e oppressi per secoli e per questo motivo prevede una serie di azioni affermative, le discriminazioni positive, ciò è, delle agevolazioni per la scuola, per l’occupazione, per le tasse, per la rappresentazione parlamentare, ecc. Nella legge indiana questi gruppi indigeni sono conosciuti come “Scheduled Tribes” (ST).


C’è un altro gruppo di persone svantaggiate in Orissa, ciò è le caste basse degli indù o i cosidetti “intoccabili”, i quali costituiscono il 18% della popolazione di Kandhamal. Anche per questo gruppo, conosciuto con il nome di “scheduled castes” (SC), la legge indiana prevede simili serie di azioni affermative con diverse agevolazioni.


Fino a trent anni fa, vi erano poco cristiani a Kandhamal, ma negli ultimi 30 anni circa 160.000 persone (dell’etnia Pannos) del gruppo degli SC hanno scelto di diventare cristiane, è questo ha creato problemi perché hanno perso il diritto alle agevolazioni previste per i gruppi SC, in quanto secondo la legge, i cristiani non hanno le caste e per cui, queste persone non sono più discriminate. Da anni questo gruppo lotta per il diritto di beneficiare dalle agevolazioni riservate agli intoccabili. Si parte dal presupposto che le risorse sono limitate e per avere qualcosa devi per forza toglierlo da qualche altra parte, per cui l’altro gruppi di SC e ST non vogliano che le agevolazioni siano concesse ai cristiani Pannos.


Un’ulteriore problema si è aggiunto a questi conflitti preesistenti, quello della rappresentazione politica. Kandhamal manda 3 rappresentanti all’assemblea legislativa statale di Orissa e 2 di questi sono riservati per le persone del gruppo ST e uno è riservato per le persone del gruppo SC. Inoltre, Kandhamal manda un rappresentante al parlamento nazionale a Nuova Delhi e questo posto era riservato per il gruppo SC fino al 2006 quando è stato cambiato e ora è riservato per il gruppo ST. Anche se i rappresentanti politici eletti dovrebbero rappresentare l’interesse di tutte le persone della propria area, di fatto si sa che il gruppo di appartenenza della persona influenzerà molto il potere e controllo di quel gruppo. I politici sanno che conflitti inter-religiosi polarizzano le comunità e creano un clima di paura dove le persone di un gruppo religioso non votano più per le persone dell’altro gruppo. Ciò spiega le campagne di odio lanciate dal partito conservatore nazionalista di BJP contro le conversioni religiose di Kandhamal, perché così sperano di vincere più voti.


L’ACHR riconosce che ormai il territorio di Kandhamal è blindato e controllato da persone del partito BJP e del gruppo religioso indù VHP, per cui la polizia statale di Orissa non riesce a visitare le aree di conflitti e a controllare i disordini. ACHR lamenta anche che il governo statale non sta facendo abbastanza per non perdere i voti indù della zona.


I giornali indiani nazionali non hanno dato molto spazio alla situazione di Kandhamal, ma da qualche giorno i giornali e le riviste vicine al partito di BJP hanno lanciato una campagna contro “interferenza italiana negli affari interni dell’India”. Mentre le notizie riguardanti gli appelli del Papa per la pace e per cercare un dialogo inter-religioso a Kandhamal sono stati riportati senza commenti, la notizia che il ministero degli esteri italiano ha sollevato la questione al consiglio europeo ha fatto arrabbiare i conservatori perché secondo loro la questione non riguarda cittadini italiani per cui l’Italia non deve interferire nelle questioni interne dell’India.

Dall’altra parte le discussioni riguardanti i fatti di Kandhamal in Italia sono diventati un’altra arma per i fondamentalisti indù per sollecitare un impegno degli indù sparsi in tutto il mondo per “aiutare la causa degli indù”. Il loro messaggio è, “Ormai i paesi ricchi del medio oriente mandano fiumi di denaro per costruire moschee e scuole tradizionali musulmane in India. I paesi ricchi dell’occidente mandano fiumi di denaro per sostenere i missionari cristiani e per convertire i nostri poveri. Aiutateci perché dobbiamo difenderci altrimenti perderemmo la nostra identità indiana.” Ne ho ricevuto qualche email con questo tipo di messaggio e discussioni di questo tipo dilagano tra i blog indiani. Se osi a scrivere qualcosa contro questo tipo di logica, ti sommergono di insulti più o meno violenti.

Più volte le indagini hanno mostrato che le violenze e i disordini durante questi “conflitti religiosi” servono per acquisire potere economico e politico. Il sistema democratico basato sul concetto di “Vote Banks”, le banche dei voti, i gruppi di persone di una casta o di una stessa religione in conflitto con gli altri gruppi, affinché le persone votano per te non perché sei bravo ma perché appartieni al loro gruppo, diventa sempre più importante in India.

Migliaia di sfollati, centinaia di case bruciate, decine di morti di Kandhamal saranno presto dimenticati perché ci saranno altre notizie da inseguire, tranne dalle persone coinvolte e dalle loro famiglie, che non li dimenticheranno, vivranno nella paura per sempre e saranno ancora più poveri. Sono soltanto delle pedine in un gioco politico, come vivono e muoiono, a nessuno interessa veramente. Avranno meno scuole, meno orfanotrofi, meno assistenza, ma anche questo non interessa a nessuno.

Nota: Le foto qui sopra sono state scattate nel febbraio del 2008, durante un mio viaggio in Orissa per visitare alcuni progetti di lotta alla lebbra sostenuti da AIFO.

giovedì 14 agosto 2008

Mio Sogno

Leggevo un articolo che parlava male dei musulmani e della loro idea di costruire la nuova moschea a Bologna, e ho pensato al mio sogno.

Sogno un grande spazio. Un enorme spazio che si chiama “Casa della Umanità” o si chiama, “Casa di Dio”. Dentro questo spazio persone di tutte le religioni possono riunirsi, pensare, meditare e pregare. Cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani, indù, buddisti, parsi, sikh, giani, ma anche atei e quelli che pensano che la religione sia qualcosa di negativo. La domenica può essere il giorno per i cristiani, sabato per gli ebrei, venerdì per i musulmani, martedì per gli indù, lunedì per i parsi, e così via. E se lo stesso giorno è sacro per due o tre religioni diverse, questi si faranno le loro preghiere uno dopo l’altro o insieme o a turno. Anche gli atei avranno il loro turno e potranno pensare a Gandhi, a Martin Luther King, a Newton, o a Sabrina Ferrilli o a Raoul Bova, se vorranno. Quelli contro le religioni, potranno discutere e criticare Rama, Krishna, Zarathustra, Gesu o Maometto o altri. Si potrà ragionare su quello che dicono i vari libri sacri e quello che dice la dichiarazione universale sui diritti dell’uomo. Potrai imparare gli inni e le preghiere di tutte le religioni che vorrai.

Sogno questo grande spazio.

mercoledì 9 luglio 2008

Una cerimonia speciale a Bologna

Mark Dyczkowski è uno degli esperti mondiali sul tema del Tantrismo. Da moltissimi anni lui vive in India. Lunedì 14 luglio, ha organizzato una serata molto particolare a Bologna che darà la possibilità di vedere un rito di preghiera indù e di capirne i l significato con le spiegazioni di Mark.

Siete tutti invitati, anche al suo concerto sul Sitar (con Stefano Grazia sul tabla) che seguirà il puja.


domenica 6 luglio 2008

In Nome di Allah

“In Nome di Allah” (nome originale “Khuda Ke Liye”), è il nuovo e coraggioso film del regista pakistano Shoaib Mansoor. Nella pubblicità del film, il suo nome è stato tradotto in “In Nome di Dio”, invece ho preferito tradurlo come “In Nome di Allah”, perché il film è l’analisi della situazione dei musulmani moderati assediati dal fondamentalismo islamico da una parte e dall’altra, circondati da pregiudizi occidentali contro i musulmani dopo i fatti dell’11 settembre 2001. E’ un film onesto che affronta la questione in una maniera diretta.



Trama: Mansoor (Shan) e Sarmad (Fawad Khan) sono due fratelli musicisti che vivono con i genitori a Lahore in Pakistan. La loro è una famiglia benestante e liberale, che vuole vivere in maniera libera dai dettami dell’islam conservatore. I due fratelli sono appassionati della musica pop moderna.
Lo zio paterno di Mansoor e Sarmad vive a Londra. Lui convive con una donna inglese e ha una figlia Mary/Maryam (Iman Ali) da un precedente matrimonio con una donna inglese. Mary/Maryam è cresciuta con i valori più cristiani che musulmani ed è innamorata di un ragazzo inglese, Dave (Alex Naz), ma suo padre vuole che lei si comporti da una ragazza musulmana.
Tramite Sher Shah (Hameed Sheikh), un vecchio collaboratore afgano della famiglia, Sarmad viene in contatto con un prete musulmano, Maulana Tahir (Rasheed Naz). Secondo Maulana Tahir, suonare musica, vivere senza seguire le regole Coraniche, ecc. sono tutti peccati gravi e contro la legge islamica. Poco alla volta Sarmad comincia a cambiare, non vuole suonare musica, vuole che la madre porti il velo, si fa crescere la barba e inizia a frequentare la moschea.

Mansoor resta scioccato dal cambiamento che vede nel suo fratello ma non riesce a cambiarlo. Alla fine, i due fratelli so allontanano.

A Londra, il padre di Mary/Maryam non vuole che sua figlia si sposi con un cristiano ma finge di essere d’accordo e propone alla figlia di andare in Pakistan per una vacanza prima del matrimonio.

A Lahore, lui chiede a Mansoor di sposare forzatamente con Maryam, per salvarla dal "peccato mortale di sposare un non musulmano". Mansoor rifiuta lo zio. Il Papà di Mansoor chiede al fratello di non tentare di forzare il matrimonio della propria figlia, dice che anche tu avevi sposato una donna cristiana. Ma il papà di Maryam insiste, secondo lui l’uomo musulmano può sposare un infedele ma non una donna, e alla fine riesce a convincere Sarmad e Sher Shah, i quali portano Maryam in un villaggio isolato dell’Afghanistan, dove Maryam è costretta a sposare Sarmad, anche se dichiara di non voler sposare il suo cugino.

Il padre di Maryam parte lasciando la figlia con Sarmad nella casa di Sher Shah, dove vivono anche la madre a sposa di Sher Shah. Maryam cerca la fuga ma viene catturata. Sarmad ha dei dubbi continuamente se quello che lui fa nel nome di islam è giusto e tra Maulana Tahir e Sher Shah viene rassicurato. Così Sher Shah lo convince di violentare la moglie, “perché altrimenti cercherà sempre di sfuggire e non potremmo mai essere tranquilli”.



Mansoor e la famiglia non sanno dove si trovi Sarmad e non sanno né anche che ha avuto il matrimonio forzato con Maryam. Mansoor riceve una borsa di studio per l’America per studiare la musica e lascia il Pakistan. In America lui conosce Jenny (Austin Marie Sayse), una musicista e due si innamorano, ma Mansoor cerca di resistere perché ha molti dubbi se è il rapporto con una donna non musulmana funzionerà. Alla fine Mansoor parla con i suoi genitori i quali lo consigliano di seguire il suo cuore e non pensare alla differenza delle religioni.

Vi sono gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e in quel clima, Mansoor e Jenny si sposano. Poco dopo Mansoor viene prelevato dalla polizia americana e portato in prigione, c’è sospetto che lui sia un terrorista.

Maryam in Afghanistan resta incinta e fa finta di essere una donna sottomessa ma continua a tramare un modo per scappare, e alla fine riesce a mandare una lettera a Dave in Inghelterra. Dave insieme alla madre di Maryam, mobilità l’ambasciata inglese e la madre di Maryam parte per il Pakistan.

Mansoor è rinchiuso in prigione in America e viene torturato. Il fatto che suo fratello Sarmad sia un fondamentalista in Afghanistan, è una delle prove contro di lui.

Il padre di Sarmad quando conosce quello che hanno fatto suo fratello e padre di Maryam insieme al figlio Sarmad, parte subito per Afghanistan. Nessuno nel villaggio può fermarlo perché essendo padre dello sposo, può portare con se la nuora. Anche Sarmad decide di tornare in Pakistan insieme al padre e a Maryam. Essendo cittadina inglese, nessuno può fermare Maryam da lasciare il Pakistan, ma è in cinta e Maulana Tahiri chiede al tribunale che le sia vietato lasciare il paese in quanto il futuro bimbo appartiene al padre.



Al tribunale la testimonianza di un altro prete islamico, Maulana Wali (Naseeruddin Shah) è importante. Lui spiega che secondo il Corano, il matrimonio forzato non è valido e in ogni caso, Maryam non è musulmana per cui non si possono applicare le leggi musulmane per lei. Lui spiega anche che i divieti fondamentalisti contro la musica sono sbagliati in quanto uno dei santi musulmani Dawood era in musicista. Maryam è libera di tornare a Londra e Sarmad chiede scusa a Maryam e al padre per essersi lasciato influenzare da fondamentalisti.

Mansoor quando viene rilasciato dalla polizia americana per mancanza di prove, è un uomo distrutto, non riesce a stare in piedi e ha avuto danni cerebrali. Lui chiede di tornare in Pakistan. Sarmad pentito, suona la musica per il suo fratello, sperando che un giorno tornerà ad essere come era prima.

Commenti: E’ il secondo film pakistano che ho visto. Qualche anno fa avevo visto anche Khamosh Pani (Acque silenziose) che mi era piaciuto molto. In generale, il Lollywood (cinema di Lahore) è vista come una copia pallida del cinema di Bollywood ma ogni tanto vi sono registi indipendenti coraggiosi che riescono a sorprendere.

Non penso che sia facile per un regista Pakistano di parlare contro il fondamentalismo islamico. Dall’altra parte, il film ragiona anche sugli eccessi americani e occidentali, ed i rischi quando non si rispettano i diritti civili e umani delle persone, e per lottare contro il terrorismo, si sovvertono le leggi e la giustizia.

Il fatto che il film cerchi di mostrare Mansoor e i suoi genitori come bravi musulmani (persone che non bevono alcolici, che pregano, ecc.) anche se amano la musica e portano vestiti occidentali, mi ha colpito molto. Anche le discussioni conclusive al tribunale, dove tutto viene dibattuto in termini di lecito e illecito secondo il Corano, mi ha fatto pensare un po’.

Personalmente penso che nessun libro sacro può e deve dettare come dobbiamo viverci, se ciò è contro i diritti umani e la dignità delle persone secondo le concezioni sociali odierne. Dover ragionare tutto in termini di quello che dice o non dice il Corano mi sembra eccessivo. Ma questa è più una critica verso come si lascia che la religione determini tutto e non un problema del film. Si possono usare le stesse critiche anche verso altre religioni quando chiedono che le decisioni siano prese sulla base di quello che dice la Bibbia o il Bhagvad Gita o Il Torah.

Comunque il film cerca di mostrare che l’islam è una religione ragionevole e che i musulmani moderati si trovano in difficoltà più complesse. Nonostante qualche limite, il film fa riflettere e ci aiuta a capire i dilemmi per il mondo musulmano. Gli attori sono tutti bravi, il film è stato fotografato molto abilmente e la musica è bella.

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