Visualizzazione post con etichetta Asia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Asia. Mostra tutti i post

lunedì 18 marzo 2019

Pagine del Diario: Viaggio in India

Ho passato in India i primi due mesi di questo anno, in parte per lavoro e in parte per qualche settimana di ferie con le mie due sorelle. Avevo due impegni di lavoro - visitare un vecchio lebbrosario e condurre una piccola ricerca sulla disabilità.

La visita non è andata come l’avevo programmata. Sono stati dei malintesi con il progetto dove dovevo condurre la ricerca e alla fine ho dovuto rinunciarla. Inoltre, la nostra riunione famigliare è stata fortemente condizionata dall’improvvisa scomparsa di una cugina, alla quale ero molto legato.

Con questo mio diario, voglio condividere alcune mie impressioni di questo viaggio, a cominciare dall’India che cambia.

L’India che cambia

La costruzione della metropolitana di Delhi fu iniziata nel 1998 e il primo piccolo tratto fu completato soltanto nel 2002. Oggi 17 anni dopo, il sistema comprende 8 linee che insieme coprono 327 chilometri e 236 fermate, e i lavori continuano.

Infatti, la crescita del sistema è così veloce che dovete continuamente cercare nuove mappe della metro sull’internet perché le mappe stampate non riescono a starci dietro. Queste linee hanno creato un servizio di trasporto pubblico che arriva dappertutto in questa metropoli di 19 milioni di abitanti.



Viaggiare con la metropolitana è il migliore modo per vedere il cambiamento in atto in India. Nei suoi treni si vede un’India prevalentemente giovane e dalle loro facce è difficile capire le loro provenienze. La maggior parte, quando non parlano con gli altri, hanno gli occhi fissi sui cellulari, spesso a guardare qualche video.

India è sempre stata una società molto gerarchica. Invece nella metro, i ragazzi provenienti da famiglie meno benestanti si siedono accanto a quelli ricchi ed è difficile distinguere tra di loro. Le caste non sono più importanti. I ragazzi ricchi parlano soprattutto in inglese e hanno accenti diversi. Mentre quelli delle famiglie meno benestanti parlano soprattutto le lingue indiane. Tutti sembrano molto sicuri di sé.

Fuori dalla metropolitana, la città sta cambiando con nuove autostrade, cavalcavie e strade sopraelevate, tutte piene di macchine e un crescente inquinamento. Le 10 dieci città più inquinate del pianeta sono tutte in India. Le nuove periferie sono piene di centri commerciali e nuovi grattacieli che spuntano come funghi giganti da tutte le parti.



È soltanto nella vecchia città di Delhi che uscire dalla stazione di metropolitana sembra portarci direttamente dal ventunesimo secolo al medioevo. Nelle stazioni della metropolitana, con le loro esposizioni d’arte e le piastrelle lucidate, potrete pensare di essere a New York. Invece tornati sulla superfice, il panorama della città vecchia con il groviglio dei fili elettrici e il traffico caotico con le immancabili mucche è rimasto quello di sempre.

E i poveri?

Si dice che la povertà è diminuita e in generale, l’affermazione sembra vera, soprattutto nelle città grandi. Invece nelle città più piccole, nelle aree rurali e tra i gruppi indigeni che vivono nelle foreste, i poveri si vedono ancora, ma meno di prima.

Una sera in una piccola città nel sud dell’India ho avuto un'incontro particolare. Avevo un cestino con la mia cena che mi ero fatto preparare dall’albergo ed ero seduto su una panca non lontano dalla stazione ferroviaria. Dovevo aspettare qualche ora per il mio treno, così decisi di mangiare. Poco dopo vidi dalla coda dell’occhio, un piccolo gruppo di persone a passare davanti. Il gruppo si fermò poco dopo e uno di loro si girò verso di me.

Aveva forse 17-18 anni. Era magrissimo con la faccia scavata e guardava con desiderio il cestino che tenevo sulle gambe. Suo sguardo fu così intenso e supplichevole che non potei resistere - ho allungato il cestino verso di lui. Preso il cestino, il gruppetto si è subito allontanato. Tutto era successo in un attimo. Soltanto dopo qualche minuto avevo pensato che potevo accompagnarli alla stazione e offrirli qualcos’altro da mangiare, ma erano già spariti tra la folla.

Ogni volta che penso allo sguardo di quel ragazzo, mi commuovo.

Azam, il Bambino Barbiere

Vicino alla casa di mia sorella, c’è il negozio di un barbiere dove vado di solito per farmi tagliare i capelli. Questa volta quando sono arrivato al negozio, non c’era il solito ragazzo. Al suo posto c’era un ragazzino che dichiarava di avere 15 anni, ma mi sembrava molto più giovane. Lui mi ha assicurato che aveva già molta esperienza e sapeva il mestiere.

Era basso e per tagliare i miei capelli, dovevo abbassare le mie spalle e farmi andare giù sulla sedia, altrimenti non riusciva ad arrivare alla parte superiore della mia testa.

Lui si chiamava Azam e veniva da un villaggio nei pressi della città di Rampur, dallo stato di Uttar Pradesh. Aveva studiato soltanto fino alla prima media. Mi aveva raccontato che non gli piaceva studiare e anche se suo padre non voleva che lui abbandonasse gli studi, lui aveva preferito imparare il mestiere di barbiere e cominciare a lavorare. Mi ha detto che era contento della sua scelta. Mi aveva parlato anche della sua famiglia, della sua mamma e del piccolo figlio del fratello, al quale voleva bene.

Mentre mi parlava della famiglia, per qualche minuto, era scomparsa la sua maschera di ometto sicuro di sé. Sembrava il bambino che era, al quale mancava la mamma e la famiglia.

Un’Immersione nell’Arte

Ero di passaggio a Kochi, dove era in corso il biennale internazionale d’arte, e così ho potuto visitare i vari luoghi della mostra. Vi erano molte opere che mi sono piaciute. Ho apprezzato particolarmente le opere di Cyrus Kabiru (Kenya), Durga Bai (India), Georges Rousse (Francia) e Heri Dono (Indonesia).



Una mattina ho avuto una lunga discussione sul mondo dell’arte nell’India odierna con l’artista Raju Sutar, venuto da Pune. Lui aveva curato una mostra speciale al Biennale, che era intitolata “Anche i pensieri sono materia”. Era una discussione molto intesa e animata. Amo questo tipo di incontri non programmati.

Oltre a Kochi, questa volta ho trovato una vivacità di eventi artistici in India che prima non c’era. Per esempio, durante la mia permanenza a Delhi, vi è stata la fiera nazionale dell’arte, il festival dell’arte Imagine e il festival dell’arte di strada "Lodhi Street Art Project".

Una mattina, sono andato a girovagare per le strade di Lodhi Colony, un quartiere di Delhi dove vivono i dipendenti pubblici e dove il progetto Lodhi Street Art era in corso con alcuni artisti indiani e internazionali, a creare arte sui muri delle case. Se siete in visita a Delhi e avete una mattina libera, andate a passeggiare per le strade di Lodhi Colony, vicino ai giardini Lodhi, dove potete visitare alcune tombe molto belle del 14° e 15° secolo. Le opere murarie si trovano sulle strade che incrociano con Jorbagh road nella zona che va da Meherchand Market a Khanna Market (potete trovare entrambi i punti sul Google Maps).



La Scuola di Kalamandalam

Il centro di Kalamandalam nei pressi della città di Thrissur, è famosa per l’insegnamento delle danze classiche e della musica tradizionale. Avevo sentito parlare di questa scuola da alcuni amici. Ho passato un giorno a visitare questo centro, ed è stata una visita emozionante.

Alla mattina, gli studenti si dedicano alle lezioni pratiche nella zona “kalari” del centro mentre in pomeriggio vi sono le lezioni teoriche nelle aule. Per cui, dovete andarci alla mattina (visitatori sono ammessi dalle 09,30 in poi) e visitare la zona Kalari della scuola, dove sentirete il suono dei tamburi di vari tipi e dove troverete i ragazzi di varie età impegnati in danze, canti e musica. Potete guardare dentro le aule dalle enormi finestre o eventualmente appostandovi in un angolo delle aule. Le lezioni pratiche finiscono alle 13,00.



Ho passato 3 ore magiche in questa scuola e mi piacerebbe molto tornarci. La lezione che mi ha emozionato di più era quel del canto in stile carnataka. Sentire l'insegnante tessere dei disegni molto complessi con la sua voce e poi, sentire gli studenti che cercavano di ripeterli, era esilerante.

I Templi di Halebidu e Belur

Il lebbrosario che dovevo visitare era nel distretto di Hassan, nello stato di Karnataka nel sud dell’India. Questa è stata un’opportunità per visitare i templi di Halebidu e di Belur, costruiti tra il 9° e il 12° secolo e riconosciuti dall’UNICEF come patrimonio dell’Umanità. Le pareti dei templi in entrambe le città sono ricoperte da bellissime sculture. L'immagine sotto è delle sculture dal tempio di Belur - la donna con uccellino - e dà un'idea della bellezza di questi templi scolpiti in pietra.



I templi sono molto belli, e sono poco conosciuti, per cui hanno pochi visitatori internazionali. Per esempio, in un tempio del tredicesimo secolo a Halebidu, quando sono arrivato, ero l’unico turista insieme ad alcuni ragazzi locali che probabilmente avevano marinato la scuola, e si prestavano a farmi da guida.

Il raduno sacro di Kumbh

La nostra vecchia casa paterna era nella città di Prayagraj (vecchio nome Allahabad). Una delle mie sorelle era nata in quella città. È una delle 4 città indiane dove si tiene il grande raduno di Kumbh ogni 12 anni, che riunisce milioni di indiani.

Il raduno di Kumbh è legato ad un vecchio mito che parla del nettare dell’immortalità caduto giù da un vaso (kumbh) in 4 luoghi diversi dell’India. Prayagraj è il primo e il più importante di questi 4 luoghi.

Anche mia cugina Mini didi era nata in questa città. Aveva insegnato all’università di Delhi ed era andata in pensione qualche anno fa. Il 16 febbraio, mentre era a pranzo presso la casa di amici, aveva avuto un malore ed era deceduta improvvisamente. I suoi due figli che erano negli Stati Uniti, erano tornati in India per il suo funerale e avevano voluto portare le ceneri della loro mamma a Prayag per disperderle nel Gange, dove stava per finire il raduno di Kumbh.

Quest anno il raduno è durato 50 giorni e in questo periodo, secondo il governo, intorno a 240 milioni di persone hanno visitato Prayag per fare un bagno nel Gange, sopratutto nella zona dove il Gange si riunisce con il fiume Yamuna.



Io e le mie 2 sorelle, eravamo a Delhi. Abbiamo accompagnato i due ragazzi in questo viaggio e così per la prima volta nella vita ho partecipato al raduno di Kumbh. Avevamo prenotato alcuni tendoni nell’enorme città delle tende allestita per i pellegrini sulle rive del Gange. Quando siamo arrivati a Prayag, oramai il raduno era finito, ma comunque, vi erano ancora più di un milione di pellegrini accampati in questa zona.

La nostra permanenza a Prayag era molto breve. Il momento più emozionante di questo viaggio per me era quello di vedere la casa dove era nato il mio papà e dove era arrivata mia mamma come sposa dopo il matrimonio. Quando avevo qualche anno, ero già stato in quella casa, ma questa era la prima volta che l’avevo vista da grande.

Il Teatro di Strada

Tra le diverse forme di arte, il teatro è quello che mi attira meno. Invece questa volta ho avuto l’occasione di vedere alcuni spettacoli di teatro di strada realizzati dagli studenti universitari di Delhi e li ho trovati molto coinvolgenti.

Spesso il teatro di strada è utilizzato per parlare di problemi sociali. Diverse scuole universitarie di Delhi hanno gruppi teatrali molto attivi. Gli spettacoli che ho guardato toccavano temi molto diversi tra di loro – dalla scomparsa delle lingue parlate dalle minoranze etniche alla violenza sessuale. E' stata un'esperienza molto coinvolgente.



Conclusioni

Sono rimasto in India per quasi due mesi. Ho potuto fare poco di quello che avevo programmato, ma è stata una visita densa di esperienze. Dalle mostre d'arte alla danza e al teatro di strada, le visite ai vecchi templi di Halebidu e Belur, e la visita al raduno di Kumbh, erano tutte esperienze intense.

Mentre, io e mia sorella venuta dall’America, ci preparavamo a rientrare, era scoppiata una disputa tra India e Pakistan. Qualcuno parlava dell'imminente guerra. Invece sembra che alla fine è prevalso il buon senso.

******

martedì 25 dicembre 2018

Grande Canyon e il Tè allo Zenzero

Più passano gli anni, più sembra che passano veloci. I giorni, le settimane e i mesi, tutti sembrano sfrecciare via come un campione di sci in fuga da un branco di leoni. Non penso che l’analogia sia molto azzeccata, perché non credo che i leoni riescono a correre sulla neve. Inoltre non so sciare. Comunque, mi piace l’immagine di un branco di leoni bianchi con le fauci spalancate che mi seguono sulle nevi mentre cerco di far rallentare il passare del tempo.

Più gli anni corrono veloci, più vorrei documentarli per me stesso. Per esempio, gli anni passati a Guwahati, nel nord-est dell’India, sembrano già svaniti dalla mia memoria. Per fortuna, ne avevo scritto su questo blog, così posso rileggere e rinfrescare la memoria.

L'immagine qui sotto presenta un ragazzo che si prepara per diventare Thayyam, parte del rito sacro celebrato nel nord del Kerala in India, uno dei momenti emozionanti dei miei viaggi nel 2018.



Dopo i primi viaggi internazionali alla fine degli anni 1980, non riuscivo più a ricordarli. Ho un vago ricordo di molti paesi che avevo visitato in quell’epoca. Posti come isola di Jersey, Messico, Bolivia, Nicaragua, nord-ovest del Brasile e il piccolo Lussemburgo – ricordo di esserci stato, ma se ci penso, non riesco a ricordare quasi niente. Invece, verso il 2003-04, ho cominciato a fotografare tutto con la macchina fotografica digitale, e per diversi anni, ciò mi aiutava a fissare gli eventi nella memoria. Invece, da un paio di anni, a forza di scattare migliaia di foto, ora ne anche le foto servono molto. L’unico modo di ricordare il passato, è quello di scriverne.

In questo post, voglio ripercorrere i miei viaggi più belli del 2018.

Alla Riscoperta del Sud dell’India

Il mio primo viaggio del 2018 era in India. Avevo una riunione a Chennai sulla costa sud-orientale e poi dovevo andare ad un ospedale ayurvedico nello stato di Kerala, sulla costa sud-occidentale. Invece di prendere un volo da Chennai per Kochi, ho scelto un percorso stradale e ho fatto la strada più lunga, seguendo tutta la costa. Sono sceso giù da Chennai in autobus, con soste a Mahabalipuram e Pondicherry. Poi ho preso un treno da Villapuram per arrivare a Kanyakumari alla punta sud dell’India.

Da Kanyakumari, sono risalito lungo la costa occidentale, di nuovo in autobus, con tappe a Tiruvanantpuram, Kochi, Kottamangalam, Kozhikode e Kannur. Poi ho proseguito in treno verso il nord, con fermate a Panjim in Goa e Mumbai in Maharashtra - in tutto circa 2000 km fatti in autobus e treno. Nell'immagine qui sotto, uno dei templi rupestri di Mahabalipuram.


 
È stato uno dei viaggi più belli che ho fatto, pieno di emozioni forti. Ho ritrovato un amico che non vedevo da 25 anni. Sono andato a trovare un vecchio insegnante, che con il passare degli anni era diventato un amico e che era gravemente malato. Ho visto il sole sorgere dietro all’antico tempio sulla spiaggia di Mahabalipuram. Una mattina presto, sono andato a vedere i pescatori nei pressi di Kozhikode che tornavo dal mare. Ho visto la trasformazione di un ragazzo che si preparava per il rito sacro di Theyyam in un villaggio vicino a Kannur. Ho partecipato al carnevale di Goa. Ho tantissimi ricordi di questo viaggio che non vorrei dimenticare. Più volte durante l’anno, sono tornato a riguardare le foto scattate durante questo viaggio. In tutto ci ho messo circa un mese, compreso circa una settimana in un centro di cure ayurvediche nei pressi di Kothamangalam.

Il Tè a Rishikesh

Dovevo visitare una casa per gli ex-malati di lebbra vicino a Rishikesh. Era un’occasione per visitare le due città sacre dell’induismo, Rishikesh e Haridwar. L’ultima volta che ero stato da queste parti era circa 50 anni fa, nel 1968, l’anno della visita dei 4 Beatles che erano venuti al ashram di Mahesh Yogi.

Quella volta eravamo andati a trovare il guru Mahesh Yogi e avevo intravvisto anche l’attrice americana Mia Farrow e uno dei Beatles, Ringo Starr. Ma era proprio il Guru con il suo gentile sorriso che mi aveva lasciato una grande impressione.

Questa volta quando sono tornato a vedere il suo ashram, l’area era irriconoscibile. L’ashram oramai è chiuso da anni e sono cresciuti gli alberi e le piante tutto intorno, per cui da fuori non si vede più niente.

Rishikesh rimane la metà preferita dei turisti occidentali. È piena di ashram, soprattutto le zone sulla riva occidentale del fiume Gange, dove i guru di vari tipi, vestiti di arancione, insegnano yoga e meditazione ai turisti. Anche se capisco le loro ragioni, e so che non può essere diversamente, lo sento come una mercificazione della spiritualità e ciò mi mette a disagio. Nell'immagine qui sotto, un sadhu, gli asceti che portano arancione, il colore della rinuncia ai beni materiali.



Alla fine ho preferito fermarmi lontano dalle zone dei turisti stranieri, in un hotel vicino a Triveni Ghat, sulla riva orientale, dove molti indiani anziani, si raggruppavano alla sera per stare insieme e parlare di yoga e di spiritualità. Stare con qualche gruppo per ascoltare le loro discussioni accompagnate da barzellette e gossip, era divertente. In occidente, i luoghi delle religioni e dei luoghi di preghiera, richiedono silenzio e un comportamento rispettoso. Invece la spiritualità popolare in India, è spesso soffusa da un senso di divertimento, canti e musica e di rumore delle chiacchiere.

Vicino all’antico tempio di Tara Mata, avevo trovato una giovane signora con il suo carretto che preparava un tè squisito. Avevo osservato con attenzione la sua preparazione. La sua ricetta per il tè comprendeva un quarto d’acqua e tre quarti di latte intero, fatti bollire con le foglie di tè nero, un pezzettino di zenzero fresco pestato, un pezzettino di cannella e qualche chicco di cardamomo pestato. Dopo il ritorno in Italia, ho continuato a preparare il mio tè di mattino seguendo la sua ricetta.

Avevo sentito dire che negli ultimi decenni, il fiume Gange era diventato molto più sporco e inquinato. Invece, durante la visita, mi aveva fatto piacere vedere che almeno fino a Haridwar, il fiume continuava ad avere le acque limpide e pulite. Lungo il fiume, in diversi punti, si celebrano alla sera il rito della preghiera, “Aarti”. Durante le preghiere i preti parlavano anche dell’importanza di non sporcare il fiume e di non usare la plastica. Forse anche questo ha contribuito a creare maggiore coscienza tra i pellegrini, che stanno più attenti.

Un momento forte di questa visita era incontrare mia cugina Simi che non vedevo da circa 30 anni. Era strano vedere i lineamenti della ragazzina che ricordavo, nel volto di una donna di famiglia che mi ricordava tanto la sua mamma. Nella foto qui sotto, la mia cugina con le sue due figlie.


Grande Canyon e il Deserto Dipinto

Dovevo andare in America per una riunione e volevo approfittare da questo viaggio per andare a trovare mia sorella. Quando le avevo parlato, lei aveva subito preparato un programma per visitare alcuni posti turistici in Arizona e Nuovo Mexico. Purtroppo la mia riunione è stata posticipata, ma oramai ero stato catturato dall’idea del viaggio che lei mi aveva prospettato. Così, in aprile, sono andato lo stesso negli Stati Uniti per un viaggio on-the-road.

Con una macchina a noleggio, siamo partiti da Santa Fe in Nuovo Mexico e abbiamo terminato il nostro viaggio a Phoenix in Arizona dopo 10 giorni. Durante questo viaggio abbiamo visitato Albuquerque, deserto dipinto, foresta pietrificata, Walnut canyon, Flagstaff, Grande Canyon, Sedona, il parco botanico di Phoenix e molti musei. Nell'immagine qui sotto, un panorama della foresta pietrificata.



Mentre andavamo da Flagstaff a Grand Canyon, abbiamo sbagliato la strada e siamo arrivati al lago Powell in Utah. Dopo una piccola sosta alla diga di Powel, siamo tornati in dietro. Durante questa deviazione siamo passati a due passi da “Horse-shoe Bend” sul fiume Colorado, un sito naturale di grande suggestione, ma non sapevamo che cosa era e non ci siamo fermati. Dopo, quando ho visto le foto di questo luogo, mi è dispiaciuto molto per aver perso quest’opportunità! Nell'immagine sotto, un panorama del Gran Canyon.



Un'altra delusione era la mia macchina fotografica Canon, che aveva deciso di bloccarsi a Santa Fe, all’inizio di questo viaggio. Per fortuna, ho potuto fotografare con il mio cellulare. Comunque, davanti alla maestosa bellezza di Grande Canyon, mi è dispiaciuto molto non avere la mia macchina fotografica.

Dopo il grande giro, siamo tornati a Bethesda, vicino alla capitale americana Washington DC. Era il momento della fioritura dei ciliegi, un momento di grande suggestione per visitare questa città.

Quando ripenso a questo viaggio, oltre alle bellezze naturali di posti come il Grande Canyon, ricordo soprattutto la passeggiata lungo il Canyon Road a Santa Fe in Nuovo Messico, con decine di gallerie d’arte su entrambi i lati della strada. Alla fine mi sembrava di essere ubriaco dalle opere d’arte che avevo guardato. Nella foto sotto alcune sculture lungo la strada da quella passeggiata.



Tra me e mia sorella, abbiamo solo 2 anni di differenza. Mentre crescevamo, eravamo molto affiatati. Era bello riscoprire la stessa sintonia dopo tanti anni. Parlavamo continuamente e un’amica di mia sorella che ci aveva accompagnato per una parte di questo viaggio ne era infastidita. Cresciuta senza fratelli, si sentiva tagliata fuori dal nostro costante battibecco!

Ulaan Baatar, Mongolia

In maggio sono tornato a Ulaan Baatar, che tutti chiamano UB, la capitale della Mongolia, per formare un gruppo di giovani ricercatori con disabilità. Ero tornato a UB dopo 10 anni e in questo periodo, la città era cambiata completamente. Vi erano più edifici, più macchine, più negozi, più ristoranti e più benessere. Nella foto sotto, la scultura del derviscio danzante a UB.



Questa volta il mio albergo era a due passi dal monastero buddista di Gandam. È un posto bellissimo. Così sono tornato al monastero più volte, una volta anche presto alla mattina per vederlo senza turisti. Era bello osservare i monaci buddisti che pregavano e meditavano.

Inoltre, con l’aiuto di Google Map, ho esplorato diverse altre zone della città senza avere paura di perdermi. Più volte sono tornato alla grandiosa piazza di Sukhbaatar con le due statue di Gengis Khan e il parlamento nazionale. Nella foto sotto, la Piazza Sukhbaatar alla sera dopo la pioggia.



Monrovia e Ganta, Liberia

Quest’anno sono stato in Liberia due volte, in luglio e in ottobre. Ho esplorato qualche zona della Monrovia, la capitale del paese, ma avevo sentito storie non molto rassicuranti sulla città da conoscenti e amici, e così ho evitato di andare in giro a piedi.

Ho scattato solo qualche foto dalla macchina. L’unica volta che ho tirato fuori la mia macchina fotografica a Monrovia, era una mattina presto nella zona dell’ambasciata americana, dove mi avevano assicurato che è ben sorvegliata.

Conoscevo il nome della città di Ganta da molti anni per via del suo lebbrosario. Visitare il vecchio lebbrosario era la parte più interessante di questo viaggio. A Ganta, vi erano meno problemi di sicurezza e non avevo paura. Così sono andato in giro a piedi, ma a parte le due strade principali della città con dei negozi, c’era poco da vedere. Nell'immagine sotto, la strada che collega Ganta con Sanniquellie, dove la nostra macchina era rimasta bloccata nel fango.



Un giorno siamo andati alla frontiera tra Liberia e Guinea Konakry e mentre scattavamo le foto, siamo stati sgridati dai poliziotti di frontiera.

Ho sentito che Liberia ha un parco naturale, ma nessuno sapeva quali animali vi sono in questo parco e in ogni caso, non era facile arrivarci. Altrimenti, gli unici posti da visitare in Liberia sono i resort, i centri turistici, lungo il mare, dove la gente benestante va per prendere il sole e a mangiare. Il mare liberiano è molto mosso e la balneazione non è consigliata.

I miei ricordi dei viaggi in Liberia sono legati più alle persone che ai posti. Per esempio, avevo letto e sentito molto sulla brutale guerra civile che aveva dilaniato questo paese nel periodo 1989-2003. Tra queste storie, vi erano quelle dei bambini soldato che erano stati costretti a compiere violenze contro le proprie famiglie e spinti verso tossicodipendenza, affinché diventavano brutali. Ho incontrato uno di questi ex-soldati, uno che era un adolescente all'epoca e che aveva visto l’uccisione di suoi genitori. Sentirlo parlare, mi aveva fatto venire i brividi e non ero stato capace di dire niente.

Viaggi in Italia

A parte qualche viaggio a Bologna per andare a trovare la nipotina, per la maggior parte del tempo siamo rimasti a Schio.

Le nuove scoperte nei dintorni di Schio erano il ponte galleggiante che collega la zona del Pasubio con il Campo Basso, la passeggiata a Valdastico sulla vecchia ferrovia e la passeggiata lungo il torrente Agno a Valdagno. L'altra novità a Schio era quella di far parte di un gruppo di lettura. L'immagine qui sotto è da una vista a Burano. Infatti, ero tornato a Venezia per visitare le isole di Murano e Burano che avevo visitate una volta nel lontano 1979.



Conclusioni

Ho in testa l’idea di visitare Cambogia e di tornare in Thailandia e Indonesia, ma quest’anno, ciò non era possibile. Un altro paese che mi attira molto è la Papua Nuova Guinea.

Chissà se riuscirò a fare qualche viaggio diverso nel 2019! In tanto, le mie valigie sono pronte per tornare in India. Inoltre, per seguire due progetti di ricerca emancipatoria, dovrei tornare di nuovo in Liberia e Mongolia.

Fortunatamente, non posso prevedere quello che ci aspetta nel 2019. Invece posso essere soddisfatto delle sensazioni e esperienze che ho potuto sperimentare nel 2018. Auguro a tutti voi e a me stesso, altri viaggi e altre scoperte nell’anno che verrà.


sabato 10 marzo 2018

India: Lingue, Dighe e Rivoluzioni

Ho conosciuto Daniele Barbieri 7-8 anni fa durante un corso di scrittura creativa a Bologna dove lui era uno degli insegnanti. Ogni volta che esce un nuovo articolo sull’India sul blog “La Bottega del Barbieri”, ricevo un suo email. Così qualche giorno fa ho avuto il link di un articolo di Gianni Sartori intitolato, India: Popoli – E Lingue – Minacciati Dal “Progresso”.

Ho voluto approfondire alcune questioni sollevate da Sartori e questo mio articolo è uscito ieri anche sul blog di Barbieri.


Le lingue che Scompaiono


Sartori accenna alle difficoltà di scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia delle lingue parlate da piccoli gruppi che stanno scomparendo. La costruzione delle strade nelle aree rurali e tribali, l’educazione scolastica, tutto contribuisce alla scomparsa delle lingue minori. E come si fa a scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia della propria cultura?

Penso che imparare nuove lingue e conoscere nuove culture è un arricchimento personale. Allo stesso momento, nuove lingue e nuove conoscenze inevitabilmente ci cambiano – cambiano il nostro modo di pensare, le nostre lingue e le nostre culture. Come si fa ad essere aperti al nuovo e mantenere invariato il vecchio? Ogni persona che ha traslocato, anche nel proprio paese, lo sa. Ma forse non serve né anche traslocare, perché con le ferie all’estero, con la TV e con l’internet, è impossibile non incontrare l’altro e il diverso, e nel processo, non essere cambiato.

In India, il predominio di Bollywood insieme alle sue canzoni e la popolarità delle soap-opere della TV indiana sono forze importanti che influiscono sul nostro mondo linguistico. Il fascino di Bollywood e della TV indiana, arrivano anche in Nepal, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan. Qualche anno fa, in un villaggio circondate dalle montagne in Nepal, avevo incontrato un insegnante, il quale si era lamentato dell’influenza dei telefilm indiani sulla lingua parlata degli studenti.

Dall’altra parte i film di Hollywood e la musica americana influiscono sulle persone che vivono nelle metropoli.

Sartori nel suo articolo non parla dell’impatto delle religioni nella scomparsa delle lingue e delle culture, ma anche questo ha un suo ruolo, non solo in India ma in tutto il mondo. La costruzione delle nuove strade portano gli autobus, i commercianti, le idee esterne e le religioni.

Qualche anno fa, mentre visitavo alcune aree interne di Madhya Pradesh, abitate dalle tribù isolate, nella parte centrale dell’India, gli amici mi raccontavano che i ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università, portano le feste e i costumi dedicati ai dei indù nelle proprie comunità, mentre con tempo gradualmente le feste tribali come quelle dedicati ai dei locali diventano meno importanti.

Nel nord-est dell’India, negli stati di Meghalaya e Nagaland, l’opera dei missionari ha convertito la stragrande maggioranza della popolazione al cristianesimo con la quasi scomparsa delle lingue, dei costumi e delle mitologie indigene di queste tribù.

Invece nello stato di Assam, la diffusione dei predicatori islamici sta cambiando i costumi dei gruppi musulami che vivono da secoli in queste aree, compresi alcuni cambiamenti linguistici. Il numero delle donne e delle ragazze che portano il velo integrale è in aumento, e alcuni aspetti sincretici della religione vengono scoraggiati. Si scoraggia anche l’uso di parole della lingua urdu “perché non abbastanza islamiche”, sostituendole con le parole in arabo.

Cosa possiamo fare per fermare questi cambiamenti?

Secondo la filosofia Buddista, il cambiamento è l’unico costante della vita. Allora perché piangiamo se le nostre culture e le nostre lingue scompaiono? Forse noi - i figli cresciuti nella transizione dal mondo delle culture che restavano immutate per secoli al mondo dei villaggi globalizzati che cambiano continuamente, sentiamo questo dolore e magari i nostri figli e nipoti, non lo sentiranno?

Le Minacce alle Lingue Indiane

Come scritto da Sartori, l’istruzione scolastica in India può avvenire soltanto in inglese e/o in una delle 22 lingue ufficiali indiane. Ogni lingua indiana ha un suo alfabeto diverso da quello delle altre. Ognuna di queste 22 lingue è parlata da milioni di persone, ma esse hanno anche molte variazioni al loro interno.

Per esempio, secondo i dati del 2008, 528 milioni di indiani parlavano hindi. L’hindi ha molte varianti, con delle differenze al loro interno paragonabili alle differenze tra italiano e spagnolo. Per esempio, tra queste 528 milioni, vi erano 13,6 milioni che parlavano la variante maithili, 150 milioni parlavano bhojpuri, 38 milioni avadhi e 1,5 milioni braj-bhasha. Anche se uno capisce l’hindi, non è detto che riuscirà a capire queste varianti. Qualche anno fa, in un ospedale di Lucknow dove si parla la variante avadhi, che capisco, facevo fatica a comprendere la lingua di alcuni malati venuti dalle aree interne.

Tutte queste varianti “minori” di hindi sono minacciate da hindi-ufficiale, un po’ come i dialetti italiani rischiano di essere sopraffatti dall’italiano.

Le persone che parlano le varianti di hindi sono sparse in territori vasti e esistono diverse versioni locali di ciascuna di queste varianti, talvolta così diverse che si fanno fatica a capire tra di loro. Per esempio, la variante bhojpuri ha diverse sotto-varianti come gorakhpuri, sarnami, nepali, nagpuria e molte altre. Tutte queste varianti di bhojpuri sono minacciate sia da bhojpuri-ufficiale che da hindi.

Cosa possiamo fare per assicurare la sopravvivenza di questa diversità linguistica?

Il Predominio dell’Inglese

A sua volta, la situazione di hindi non è molto migliore. Nelle città c’è la moda di parlare hinglish, una miscela di hindi e inglese. Diversi giornali e TV indiane usano sempre più spesso l’hinglish.

In molte scuole delle grandi città, tutto l’insegnamento avviene soltanto in inglese e hindi si studia per pochi anni. Le scuole più ambite sono quelle gestite dai missionari cristiani perché “insegnano l’inglese vero”, ma esse costano molto e non sono accessibili agli studenti non-cristiani poveri.

Nelle scuole frequentate da gruppi più poveri, soprattutto nelle scuole elementari e medie governative, la lingua di istruzione è hindi o un’altra lingua indiana ufficiale. I gruppi benestanti guardano con disprezzo queste scuole.

Inoltre, spesso nelle scuole superiori e soprattutto nelle università, se uno vuole studiare scienze e le materie tecniche, tutti i libri e i corsi sono solo in inglese. Se uno non sa esprimersi in inglese, non può accedere agli studi professionali. È un ostacolo in più, e forse quello più difficile da superare, per accedere agli studi universitari per i ragazzi provenienti dalle fasce più basse.

In questo modo, le lingue indiane ufficiali sono a loro volta minacciate dall’inglese. Per questo motivo, spuntano da tutte le parti, anche nelle città indiane piccole e periferiche, le scuole private dove la lingua di istruzione è inglese anche se gli insegnanti non la parlano bene.

Tutte le maggiori lingue indiane sono basate sul sanscrito o hanno una componente significativa di parole in sanscrito. Al posto dell’inglese, forse il sanscrito poteva essere la lingua per unificare l’India. Ma il sanscrito è la lingua dei testi sacri dell’induismo per cui qualunque tentativo al suo favore è visto da una parte dei media come un tentativo di favorire l’induismo e essi gridano al complotto conservatrice di voler imporre la religione della maggioranza. Alcuni mesi fa, la decisione del governo di sostituire lo studio di tedesco alle scuole superiori con quello di sanscrito come terza lingua, aveva suscitato proteste degli attivisti “liberali”.

Le persone che parlano inglese costituiscono la burocrazia e la borghesia urbana. Qualunque discussione sulla promozione dello studio nelle lingue indiane viene spesso definito come un “tentativo della destra nazionalista che vuole portare l’India al medioevo”. La perpetuazione dell’inglese nei documenti ufficiali, nelle università e nei tribunali, parlata da circa il 10% della popolazione, comporta l’esclusione delle fasce basse dai processi di sviluppo. Le elite indiane difendono l’inglese come la lingua moderna adatta ai tempi odierni, che apre le porte del mondo per gli indiani.

La rimonta delle lingue locali

Se le spiegazioni sopra vi fanno pensare che oramai la scomparsa delle lingue indiane è vicina, bisogna guardare alla questione da un altro angolo.

Nell’ultimo decennio, India ha visto una diffusione enorme di telefoni cellulari. Il numero delle persone con telefoni cellulari è salito da 524 milioni (2013) a circa 775 milioni nel 2018.

Inoltre, da qualche anno, è iniziata la rivoluzione dell’internet e il costo di accesso alla rete si è notevolmente abbassato. Per esempio, si può arrivare ad avere 40-50 giga di dati per soltanto 2-3 Euro al mese. Da una parte ciò significa che i consumatori indiani hanno maggiore accesso ai programmi della TV indiana, ai film e telefilm di Bollywood e Hollywood, per cui vi è un maggiore rischio di perdere le proprie lingue locali. Dall’altra parte, questa mutazione ha innescato un’esplosione di iniziative nelle lingue locali tramite blog, Facebook, YouTube e Whatsapp.

Quel 90% di indiani che non parla l’inglese, ha improvvisamente trovato un modo per farsi imporre nelle culture locali. Per esempio, i video su Youtube delle canzoni in lingua bhojpuri, di una giovane di nome Maithili Thakur, sono seguite da milioni di persone. Altri nuovi cantanti, comici, poeti, scrittori e guru che si esprimono nelle lingue locali e trovano milioni di seguaci, stanno emergendo ogni giorno, innescando una rinascita culturale delle lingue e dialetti che sembravano moribondi fino a qualche anno fa.

Negli ultimi 2-3 anni, i giganti mondiali come Google, Apple e Amazon, hanno lanciato diverse iniziative in India indirizzate a raggiungere questi gruppi che non parlano l’inglese. Quale sarà l’impatto di questa democratizzazione del controllo dell’informazione nei prossimi 5-10 anni?

Penso che la partita delle lingue indiane non è ancora finita.

Le Proteste di Medha Patkar

L’articolo di Sartori tocca alcune altre questioni come quella delle dighe e della rivoluzione dei maoisti. Voglio toccarle brevemente.

Riguardo le dighe, Sartori cita la lotta pluridecennale dell’attivista indiana Medha Patkar. Avevo conosciuto Patkar circa due decenni fa e una volta, avevo fatto da traduttore per il suo intervento in un comizio in Italia. (Nell'immagine sotto, sono con Medha in un convegno AIFO a Roma nel 2003)



Mentre Medha è ancora celebrata in occidente, in India oramai il numero delle persone che la seguono si è ridimensionato. Molti la vedono come una persona contro il progresso e il benessere. Qualche anno fa, si era candidata alle elezioni, ma aveva preso solo l’8% di voti. Il suo movimento ha perso una parte del sostegno popolare e negli ultimi anni, più di una volta, i suoi comizi nelle aree urbane sono stati contestati ferocemente dai cittadini locali.

Penso che la sconfitta di Medha è legata anche alla sua incapacità di coinvolgere e far capire ai giovani nelle città che la costruzione di grandi dighe non è soltanto un problema dei poveri che perdono le loro case e terreni, ma è un problema della salvaguardia dell’ambiente che porta alle alluvioni e ai grandi disastri, nei territori sempre più vasti.

Negli ultimi anni, le frequenti inondazioni e i relativi gravi danni in diverse parti del Paese, hanno risollevato la questione delle grandi dighe, ma non vi sono nuove figure trainanti capaci di far nascere movimenti popolari intorno a questi temi, come Medha era riuscita a fare per più di un decennio. Negli ultimi anni, lo scrittore Amitabh Ghosh, ha sollevato la questione ambientale, ma ne anche lui ha un seguito popolare.

Penso che India ha bisogno di nuovi attivisti ambientali, capaci di raggiungere le grandi masse indiane, e che non siano visti come “contro lo sviluppo e il benessere”.

I Maoisti e le Tribù

Questa è la parte dell’articolo di Sartori, con la quale mi sento in disaccordo. Dalle parole di Sartori emerge una visione romantica della lotta dei maoisti accanto ai poveri delle tribù, sfruttati e calpestati dalle multinazionali con il benestare del governo.

Anche Arundhati Roy aveva scritto alcuni articoli su questo tema, che lui ha citato. In uno di questi articoli, Arundhati aveva descritto i maoisti come gli eredi di Mahatma Gandhi. Ammirò molto Arundhati Roy ma non concordo con queste sue parole. (Nell'immagine sotto, Arundhati al festival di Internazionale a Ferrara nel 2007)



Ho avuto 3 occasioni di entrare nei territori controllati dai maoisti, 2 volte in India e una volta nel Nepal. Penso che siano persone accecate dalla ideologia, brutali e violente, sicuramente non migliori e forse peggiori, dal sistema che dichiarano di voler cambiare. Il loro controllo sulle tribù nelle aree occupate era ferreo e spietato. Penso che chiamarli eredi o seguaci di Mahatma Gandhi vuol dire non capire la filosofia di Gandhi.

L’India delle caste, degli esclusi e dei sfruttati deve cambiare, ma non con una rivoluzione violenta che vuole sostituire il sistema democratico con un sistema totalitario basato sulle idee di Stalin o di Mao.

Conclusione

È difficile parlare delle questioni legate all’India perché è enorme e per ogni situazione esistono innumerevoli variazioni e complessità, come si vede dalla questione delle lingue indiane.

Le nuove tecnologie, i cellulari e l’accesso all’internet, stanno cambiando questa India e penso che la modificheranno molto di più nei prossimi anni. Non sarà un cambiamento deciso da gruppi di attivisti, ma sarà un cambiamento deciso dalle masse. Avrà i suoi risvolti negativi, ma penso e spero, che salvaguarderà le incredibili diversità indiane in un mondo sempre più un villaggio globale omogenizzato.


sabato 11 aprile 2015

La casa dei colori sgargianti

L’ultima volta che avevo scritto su questo blog era circa 3 mesi fa. Nel frattempo, gli solleciti per avere le mie notizie sono aumentati, per cui penso che è arrivata l’ora di mettermi a scrivere qualcosa di nuovo.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Veramente il mio dialogo con gli amici in Italia continua sempre. E’ un dialogo interno tra Sunil che vive qui e Sunil che abitava a Bologna. I miei due io parlano fra di loro continuamente. Quel altro Sunil, non ragiona esattamente come gli indiani, forse è uno straniero qui che guarda tutto con stupore e si fa delle domande che questo Sunil non farebbe mai. Peccato che non hanno ancora inventato un dispositivo che può prendere queste discussioni e le immagini che li accompagnano, per scrivere un pezzo da pubblicare su questo blog.

Scusatemi se vi sembro un po’ confuso!

***

Trovare una casa a Guwahati non era così semplice come avevo pensato. Non vi sono molte agenzie immobiliari qui. Volevo una casa in un quartiere tradizionale di Guwahati, dove abitano le famiglie locali. E la volevo nei dintorni del mio nuovo ufficio per poter venire a lavoro a piedi.

Per alcuni giorni ho girato seduto dietro sulle moto di alcuni agenti immobiliari, ma non avevo trovato niente di adatto. “Non voglio vivere in un condominio, e vorrei una casa nei quartieri di ..”dicevo, ma era come parlare con i muri.

“Cosa ne dice di questa casa? E’ proprio un bel appartamento e vogliono solo 13.000 rupie al mese”, mi dicevano sorridenti mentre proponevano una casa in un condominio in un quartiere dall’altra parte della città.

Avevo cercato anche online ma non avevo trovato molte offerte di case. Alla fine era stato utile il consiglio di padre Paulo. “Scegli la zona che vuoi e vai a fare delle passeggiate. Le case libere avranno fuori un cartello “To let” (da affittare) con un numero di telefono da chiamare. Puoi anche suonare il loro campanello. Presto troverai la tua casa.”

Così ero andato a passeggio e dopo qualche giorno ho trovato questa casa. E’ a 10 minuti a piedi dal mio ufficio. Apparteneva ad un vice commissario di polizia di Guwahati, il quale è morto improvvisamente 2 mesi fa. La sua vedova, una signora molto gentile e un po’ timida, è una persona di cultura, abita al primo piano con i 2 figli, un nipotino e 3 cani.

La mia nuova casa ha 3 stanze, tutte in una fila per cui se avrò qualche ospite, sarà difficile avere molta privacy. Comunque, non penso che avrò molti ospiti qui. La terza stanza ha un angolo cottura.

Accanto a me, vive un’altra famiglia. Il signore di questa famiglia è il seguace di qualche guru. Ho già avuto una piccola lezioncina da lui sull’importanza di seguire le raccomandazioni del suo guru per assicurarmi di rinascere nel genere umano nella prossima vita. Non bisogna fidarsi di musulmani e di cristiani, la nostra è la vera religione, lui aveva concluso. Mi sono trattenuto da dirgli che qualche giorno fa avevo incontrato un suo gemello, un signore di qualche chiesa, vestito tutto di nero, che era convinto che la sua era l'unica vera via per raggiungere il dio.

Invece gli ho fatto un falso sorriso amichevole, mentre pensavo che non diventeremo mai amici! Anzi, cercherò di evitarlo quanto più possibile. Penso a sua moglie e figli – sicuramente avere un marito/padre così non deve essere molto piacevole!

Comunque lui non è del tutto negativo - si alza presto e mi piace ascoltare alle sue preghiere mattutine che iniziano con il suono di una conchiglia. Da qualche parte vicino, deve esserci anche una moschea, perché sento il suo richiamo presto alla mattina come prima cosa quando fuori è buio e sono ancora a letto. Poi quando mi alzo per preparare il caffè, sento le preghiere del mio vicino e il suono della sua conchiglia. Direi che almeno per le preghiere sono a posto.

La casa è circondata dagli alberi. Fuori da una finestra, c’è una piccola pianta di papaia che mi fa molta tenerezza. Durante il giorno sento i richiami dei venditori ambulanti come quello che viene a vendere il pesce fresco e quello che vuole comprare i giornali vecchi e le bottiglie vuote.

La porticina in fondo alla casa, apre su altre case di dietro, dove abitano altre famiglie e dove i loro bambini giocano fuori dalle mie finestre durante il giorno. Ogni tanto vedo qualcuno curioso sbirciare dentro.

Al inizio, mi preoccupavo per le nuvole di zanzare che entrano dalle finestre e cercavo di tenere chiuso tutto. La mia padrona di casa mi aveva rassicurato che queste zanzare non sono cattive, perché non c’è malaria in questa zona.

Comunque, avevo comprato dei vaporizzatori elettrici contro le zanzare, uno per ogni stanza. E avevo comprato anche degli spray molto efficaci contro gli insetti. Poi, un giorno ho visto un piccolo geco in casa (anche quello mi fa molta tenerezza) e ho pensato che non vorrei fargli del male. Anche adesso mentre scrivo, lui sta sul muro vicino a me e mi guarda curioso.

Così ho deciso che non voglio spruzzare spray o vapori in giro, mi basta solo una crema anti-zanzare. Penso che è stata una buona decisione, perché in ogni caso, quelli vaporizzatori non sembravano molto efficaci contro le zanzare (forse dipendeva dal fatto che le stanze sono grandi e i soffitti sono molto alti?). E ultimamente mi sembra di non vedere molte zanzare in giro.

Da fuori, si presenta bene questa casa di 3 piani, dipinta in bianco e rosso.

Casa Sunil, Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Dentro, la mia parte della casa è dipinta in rosa sgargiante. Ho anche un armadio in rosa acceso e verde pappagallo. Immagino che questi colori possano mandare in estasi qualcuno o qualcuna. Invece, nei primi giorni, solo a guardare questi colori mi faceva venire un mal di testa. Ma dopo 3 settimane, comincio a abituarmi. Chissà, se dopo farò fatica a vivere senza colori così belli?

***

Amo andare a comprare la verdura. Siamo alla periferia della città. Poco lontano da casa passa la circonvallazione di Guwahati che fa anche da frontiera, dove finisce la città e iniziano i villaggi. Dall’altra parte della strada inizia anche lo stato di Meghalaya.

Mercato dei contadini Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Ogni giovedì e domenica, i contadini dei villaggi vicini arrivano qui per il mercato contadino. Tutto il giorno, una corsia di una strada lunga circa 2 chilometri viene chiusa al traffico ed è occupata dai contadini. Girare in mezzo a questo mercato è bellissimo.

Spesso compro troppe verdure, ma continuo a comprarne nuove ogni volta. Qualche giorno fa ho comprato una verdura che si chiama Ishkus – sembrano delle grosse pere verdi con molta polpa. Non so ancora come si cucinano e quale gusto hanno, ma sono curioso di provarle.

Le verdure costano poco. La maggior parte costa da 10 a 20 rupie al chilo (1 Euro è pari a 66 rupie circa). E sono così belle.

Penso che diventerò vegetariano, perché l’idea di puntare il dito contro una gallina che mi guarda placida o contro un pesce che nuota nella catinella, mi fa sentire male. Sono troppo abituato a comprare il carne in un supermercato dove non vedi l’animale vivo. Trovo angosciante guardare gli animali quando li ammazzano e evito quelle parti del mercato dove vendono anatre, piccioni, galline, pesci e maiali. Per fortuna, posso ancora mangiare le uova!

Sera al mercato dei contadini Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Capisco solo la metà di quello che dicono i contadini. Nella città mi arrangio con l’hindi, ma i contadini non la parlano. Alla fine parlo hindi con quello che secondo me è l'accento assamese, e mi sento un po’ come Paolo Villaggio che parlava inglese in qualche film, stroncando la parte finale delle parole italiane. I contadini mi guardano divertiti senza capirmi.

Devo trovare un insegnante di assamese e studiarla seriamente se voglio avere un rapporto con questi contadini! 

***

Una mattina sono stato in quel villaggio dove c’è la discarica dei rifiuti di Guwahati. Per più di qualche chilometro, si vedono le montagne di rifiuti. Arrivano i grossi camion che portano i rifiuti dalla città e quando sono vicini alla discarica, persone li corrano dietro per essere i primi a poter scegliere i loro tesori. Sono soprattutto donne e non pochi sono bambini.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Una grossa colonia di cicogne giganti (Greater Adjutant storks) vive in questa zona cibandosi dei rifiuti. Girano tra i rifiuti anche molte garzette, bellissime con i loro colori delicati, bianco e giallo. E poi vi sono le mucche e i cani.


Cicogne, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Garzette, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

La mia prima impressione quando ero arrivato alla discarica, era di un senso di orrore e di repulsione. La povertà delle persone e vedere quei bimbi che portavano i sacchi dei rifiuti, era come un pugno in stomaco. La maggior parte di queste persone vivono in capanne nei dintorni della discarica, e quasi tutte sono analfabete.

La puzza dei rifiuti stava addosso a quelle persone. Era una puzza dolciastra, faceva pensare alla frutta marcia. Tra i rifiuti c'è molto materiale organico. Inoltre, probabilmente non usano molti pesticidi da queste parti, per ciò i rifiuti possano essere mangiati da diversi animali senza problemi.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Mentre li guardavo ho pensato a che cosa avrebbe detto di fronte a questa realtà, Raoul Follereau? Gli avrebbe guardati come gli ultimi della terra?

Il responsabile di un centro sanitario nel villaggio vicino mi ha raccontato che tra di loro vi sono molti con le malattie dermatologiche. Tra i bambini vi sono molti che sniffano colla e solventi, tanti cominciano a fumare da giovani, e molti adulti sono alcolisti. Non mi sapeva dire sulle malattie più comuni, le disabilità e i tassi di mortalità in questo gruppo di popolazione. “Non vengono qui per farsi curare perché chiediamo una somma simbolica per le visite. Solo quando abbiamo dei campi medici gratuiti vengono a farsi vedere”, aveva aggiunto.

Dopo qualche ora che giravo tra i rifiuti, cominciavo a chiedermi se ci poteva essere qualche aspetto positivo in questa montagna dei rifiuti? Anzitutto che era un lavoro nobile in questo mondo che odia i rifiuti ma che continua a produrne migliaia di tonnellate ogni giorno?

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Dichiararsi contro la civiltà dei rifiuti può essere romantico ma forse ciò non incide sulla realtà. Qui c’è molta ignoranza, ma anche nelle società più progredite, non è facile far ragionare le persone sull’importanza di ridurre i rifiuti. Per esempio, mi ricordo lo scambio di alcuni email con i dirigenti della Coop Adriatica in Italia alcuni anni fa, sul uso dei bollini di plastica appiccicati sulla frutta della marca Coop e la loro risposta che uso dei bollini era necessario e non poteva essere messa in discussione.

In questa città nessuno parla della raccolta differenziata. Per fortuna, la società è ancora povera per cui molte cose si vendono senza pacchetti e sacchetti. Inoltre vi sono quelli che girano nei quartieri per raccogliere giornali vecchi, carta, plastica e bottiglie vuote, per cui le famiglie li tengono da parte e non li buttano via. Poi qui, tutto si aggiusta – dalle scarpe e dai rubinetti, ai frigoriferi, ai cellulari e alle vecchie radio. Ancora far aggiustare le cose costa poco, per ciò conviene.

Nonostante tutto ciò, la città ha circa un milione di abitanti e produce tonnellate di rifiuti al giorno. E’ soltanto grazie al lavoro di queste persone che vivono in mezzo alla puzza e alla sporcizia, che una parte di questi rifiuti possono essere riciclati. Mi chiedo se lanciare una compagna affinché queste persone non devono lavorare in mezzo ai rifiuti, senza poter cambiare il sistema, avrebbe senso?

Mentre scattavo le foto, le persone mi guardavano con simpatia e sorrisi. Gli uomini sui camion che giravano in mezzo ai rifiuti, mi chiamavano per farsi fotografare. Anche un gruppo di bambini che stava mangiando un pezzo di cioccolata in mezzo ai rifiuti si era messo in posa per farsi fotografare.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

E ho pensato alla vitalità di questo luogo, questo brulicare di vita in tutte le sue forme che sembrano convivere pacificamente e mi sono chiesto come è possibile avere questa vitalità? E se guardare solo la povertà, la sporcizia e la puzza, significa mancare di vedere qualche altro suo aspetto fondamentale?

Mi metteva un po’ in crisi, il loro non vergognarsi di vivere e lavorare in mezzo ai rifiuti. E il loro scherzarsi tra di loro, le loro risa, la loro apparente gioia nella vita! Come può essere qualcosa di positivo in questo inferno?

Mentre pensavo tutto questo, una bambina che aveva raccolto alcuni fiori di Bukul da un albero ai margini dei rifiuti, mi aveva fermato e chiesto se volevo un po’ di fiori. “Sono molto buoni da mangiare”, mi aveva detto. Ero rimasto senza parole.

Babina con fiori di Bukul, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Alla fine della mattinata, mi ero seduto insieme ad un piccolo gruppo per chiedere, cosa pensavano se tenevo un ambulatorio in un loro cortile, una mattina alla settimana? “Devi parlare con il padrone”, mi avevano detto. C’è un padrone anche di quel misero gruppo di capanne!

Vorrei anche condurre una ricerca per capire meglio le loro vite e le difficoltà che affrontano. Mi hanno detto che a parte un servizio municipale, non lavora con loro nessun altro gruppo o associazione, ma bisogna approfondire questo aspetto meglio.

Sono tornato da questa visita con molte domande in testa. Sicuramente metà delle cose che mi sembra di aver capito durante questa visita risulteranno sbagliate e bisognerà tornare e riparlare con loro più volte per iniziare a capire da vero come funziona questo loro mondo!

***

Poco dopo dove finiscono le montagne dei rifiuti, passa una linea ferroviaria, e dall’altra parte, inizia una grande area paludosa conosciuta con il nome di “Deepor Beel”, la palude di Deep (lampada). E’ un’area protetta con il suo ecosistema, dove vivono diverse specie di animali e di uccelli. In alcune parti della palude, c’è più acqua e là girano le barche dei pescatori.

Nella palude, dappertutto si vedono delle grandi foglie rotonde e carnose, sopra sono del colore verde smeraldo, e sotto sono rosso e viola. Forse sono una specie di ninfee? Hanno i fiori viola che sembrano diversi dalle ninfee?

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Mentre passeggiavo ai margini della palude, a parte qualche raro treno e qualche barca lontana, non c’era nessuno intorno. Sembrava impossibile che poco lontano da questo posto idillico, c’è il formicaio della discarica. Mi chiedevo, se i bambini della discarica ogni tanto vengono qui per sfuggire dalla puzza?

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Ai margini della palude avevo incontrato Ramchandra, un originario di Bihar che vive qui da circa 2 decenni e fa il pescatore. La sua famiglia vive a Motihari, solo il suo figlio maggiore è venuto qui un anno fa, a vivere con il padre.

Cosa vuoi, è così la vita, bisogna sacrificarsi per garantire un futuro alla famiglia”, Ramchandra mi aveva raccontato, mentre le sue abili mani intrecciavano un cestino tradizionale da pesca. Lui vende il pesce al mercato e riesce a guadagnare abbastanza per mandare dei soldi a casa.

Ramchandra e figlio, Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Motihari? Non è quel posto famoso dove Mahatma Gandhi aveva iniziato il suo famoso satyagraha?” gli avevo chiesto.

Per un attimo un sorriso aveva illuminato la sua faccia, “Si, è proprio quello, il villaggio di Mahatma Gandhi dove ho la mia famiglia!” aveva detto orgoglioso.

Era a Motihari nel distretto di Champaran (Bihar), che nel 1917, Mahatma Gandhi aveva iniziato a sperimentare la strategia dello satyagraha (protesta non violenta).

Anche il famoso scrittore inglese George Orwell era nato a Motihari quando India era una colonia inglese. Ma Ramchandra non conosceva il nome di George Orwell.

***

sabato 17 gennaio 2015

Un posto per fermarmi

Forse finalmente ho trovato un posto dove posso fermarmi.

Ero arrivato a Guwahati nel nord'est dell'India, un mese fa e subito mi ero sentito a casa. Dopo un mese, continuo a sentirmi bene e mi piace il lavoro che faccio, per cui comincio a pensare che forse il mio viaggio iniziato a Bologna in giugno 2014 si è finalmente concluso.

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

50 anni fa, quando ero bambino, per alcuni anni venivo da queste parti per passare le ferie estive presso la mia zia materna che abitava a circa 350 km a sud di Guwahati. Allora questa città si chiamava "Gauhati", il nome datole dagli inglesi. In quelli anni avevo sentito nominare questa città molte volte ma non eravamo mai venuti a visitarla. Comunque il suo nome era rimasto impresso nella mia memoria.

Qualche anno fa, gli abitanti di "Gauhati" hanno scelto di riprendersi il nome vecchio della loro città, "Guwahati".

50 anni fa, tutta questa parte dell’India faceva parte dello stato di Assam e la città di Shillong era la sua capitale. Poi Assam era stato suddiviso in 7 stati, oggi conosciuti come “le 7 sorelle del nord est” – Arunachal Pradesh, Assam, Manipur, Meghalaya, Mizoram, Nagaland e Tripura. Guwahati è la capitale del odierno stato di Assam, mentre Shillong, la vecchia capitale, fa parte dello stato di Meghalaya.

Già dai tempi coloniali, era proibito visitare questa parte dell’India perché si voleva salvaguardare la cultura delle numerose tribù che vivono da queste parti. Dopo l’indipendenza dell’India dagli inglesi, le proibizioni per visitare questi stati sono continuate, non soltanto per gli stranieri ma anche per gli indiani provenienti dalle altre parti dell’India. Alcuni anni fa, il governo aveva cancellato le proibizioni per visitare 3 di questi stati – Assam, Meghalaya e Tripura. Recentemente, il governo ha reso più semplice visitare altri tre stati – Manipur, Mizoram e Nagaland. Per cui, in questo momento servono permessi speciali soltanto per visitare lo stato di Arunachal Pradesh.

La popolazione della regione arriva a circa 45 milioni di persone e Assam è lo stato più grande della regione con circa 31 milioni di abitanti e Guwahati è la città più grande con circa 1 milione di abitanti. Guwahati è anche la porta di ingresso alla regione, collegata al resto dell'India con i voli aerei e la rete ferroviaria.

Tuttavia sono pochissimi i turisti stranieri che arrivano qui. Vi sono diversi motivi che ostacolano le visite degli stranieri – la rete stradale e le infrastrutture sono limitate, mentre molte parti della regione sono coperte da foreste. Inoltre, i conflitti non mancano da queste parti – ogni tanto le notizie dei massacri occupano le prime pagine dei giornali. Anche altri problemi come rapine e rapimenti sono molto più frequenti da queste parti e queste notizie non trovano spazi sui telegiornali.

Le diversità religiose, linguistiche e tribali oltre alle questioni legate al controllo delle risorse naturali stanno alla base di questi conflitti, non sempre semplici da capire. In molte parti della regione, le tribù originarie sono diventate delle minoranze mentre le persone venute o portate da fuori sono diventate le maggioranze. Tra questi vi sono le persone delle tribù dalla parte centrale dell’India portate qui dagli inglesi per lavorare nelle piantagioni di thé e conosciute come “le tribù del thé” (Tea tribes).

Altro gruppo migrante importante è quello dei musulmani, in parte provenienti dal vicino Bangladesh, che sono la maggioranza in diversi distretti della regione. I cristiani sono molto più numerosi tra le tribù locali e in due stati la maggioranza della popolazione è cristiana grazie alla forte presenza dei missionari durante i tempi coloniali – nello stato di Nagaland, quasi tutti sono protestanti mentre nello stato di Meghalaya vi sono molti più cattolici.

Nel 2014 vi sono stati due conflitti sanguinosi in questa regione che hanno causato centinaia di vittime – prima vi è stato l’attacco delle persone della tribù locale Bodo contro gli immigrati musulmani e secondo, qualche settimana fa, l’attacco dei Bodo contro le tribù del thé. In questo ultimo conflitto, tra entrambe le parti la maggior parte delle persone erano cristiane. Quasi sempre questi conflitti riguardano le persone più povere che vivono nelle periferie dei distretti, lontane da tutti i servizi e difficili da raggiungere.

***

Ogni volta che qualcuno mi chiede come mi sento lontano dalla famiglia, vado un po’ in crisi, perché la domanda tocca il punto più dolente di questa esperienza. I dubbi non mi mancano e spesso mi chiedo – il piacere che sento vivendo qui e lavorando qui, fino a quando durerà per vivere lontano dalla mia famiglia!

I primi mesi dopo il ritorno in India quando ho girato tra i vari progetti erano sicuramente più difficili. La sofferenza di vivere lontano dalla famiglia era più acuta e non ero sicuro se quello che cercavo l’avrei trovato o era solo un miraggio.

Ero partito con l’idea di cercare qualcosa che mi avrebbe dato grande soddisfazione, ma senza avere delle mete chiare. Invece nei primi mesi, anche quando incontravo delle persone belle e impegnate in quello che pensavo di voler fare, non mi sentivo convinto. E così dopo qualche settimana, ripartivo per visitare qualche altro progetto, con un vago senso di sconfitta. Invece appena arrivato qui a Guwahati, ho subito sentito che era il posto che cercavo. Non ho una spiegazione logica per giustificare questa sensazione.

Un’associazione indiana che si chiama "Mobility India" e che ha la sede a Bangalore mi aveva proposto di stabilirmi a Guwahati e a coordinare i loro progetti in questa parte dell’India. Avevo accettato di svolgere solo uno studio iniziale sulla situazione delle persone con disabilità, perché pensavo che coordinare i progetti avrebbe significato restare seduti in qualche ufficio e scrivere i rapporti - qualcosa che non mi attirava. Invece dopo un mese qui, ho cambiato idea – questo lavoro mi dà la possibilità di passare molto tempo sul campo lavorando con le persone disabili ed a impegnarmi nelle attività di ricerca e formazione. Inoltre durante i fine settimana posso anche lavorare come un medico volontario in qualche centro di salute comunitaria. Per cui ho deciso di accettare la loro proposta e sarò qui per qualche anno.

***

Questa parte dell’India è piena di parchi naturali protetti compreso due grandi parchi (Kaziranga e Manas) considerati “Patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco. Fino adesso ho viaggiato poco e soltanto in alcuni distretti non molto lontani da Guwahati. Fra qualche giorno andrò a visitare lo stato di Meghalaya. Poi, nei prossimi mesi andrò a visitare anche altri stati della regione.

Pensavo che il nome di "Gauhati" voleva dire “mercato delle vacche” (Gau = vacca e Hati = mercato) invece mi hanno spiegato che il nome viene dal mercato della noce moscata (Guwa = Noce moscata). Infatti, le persone di qui, compreso tanti giovani, amano masticare le foglie di betel con dentro un pezzo di noce moscata, per cui hanno i denti tutti colorati rosso-marone dal succo di queste foglie che creano una dipendenza.

Guwahati è una città caotica con quotidiani ingorghi del traffico nelle ore di punta, ma basta uscire dalle strade principali per trovare le oasi di tranquillità. Le parti della città lungo il fiume Brahmaputra sono molto belle. Anche le case tradizionali di legno o di bambù sono molto belle e spesso hanno un piccolo laghetto nel cortile. Purtroppo, sempre più spesso le persone sostituiscono le case tradizionali con le solite case quadrate di cemento armato. Anche se la città di cemento avanza, c'è ancora molto verde. Appena fuori dalla città, le aree rurali sono ancora intatte.

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

Guwahati, Assam, India - Immaginidi Sunil Deepak

Guwahati è anche piena di animali. Ho sentito diverse persone lamentare delle scimmie – una signora mi ha raccontato delle scimmie che portano via i suoi vestiti appesi per asciugare. Qualcuno mi ha parlato di serpenti soprattutto durante la stagione delle piogge. Vedere le papere che escono da qualche laghetto e vanno a passeggio lungo le strade della città non è una rarità. Trovare insetti vari in casa è facile.

Scimmie, Guwahati, Assam, India - Immagini di Sunil Deepak

Papere sulla strada, Guwahati, Assam, India - Immagini di Sunil Deepak

Si parla della imminente costruzione di una grande superstrada che collegherà Guwahati con i paesi vicini - Birmania, Tailandia e Vietnam, per cui il “progresso” arriverà anche qui nei prossimi anni. Sarebbe bello se ciò può succedere senza distruggere tutta la sua bellezza naturale e senza sconvolgere completamente le tradizioni, ma ho grandi dubbi su questa prospettiva.

***

Alcune Tribù Del Nord’est Dell’india e i Loro Vestiti Tradizionali

Le immagini che vedete qui sotto presentano alcune tribù di questa regione e i loro costumi per le danze tradizionali. Queste danze erano state presentate  durante la festa nazionale dei giovani tenutasi a Guwahati una settimana fa.

Sono molto curioso di visitare e conoscere i diversi gruppi delle tribù sparse in questa parte dell’India.

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Le trib# del nord est, India - Immaginidi Sunil Deepak

Trovare un amico

A Guwahati ho trovato un'amico in un prete, padre Paul. Lui è originario di Kerala, aveva vissuto in Italia per alcuni anni e parla italiano e tedesco oltre a diverse lingue indiane. E' il direttore di un centro regionale per la salute comunitaria ed ero venuto a chiedergli informazioni sulle associazioni locali che si occupano dei programmi di riabilitazione.

Lui mi aveva offerto una camera nel suo istituto e ho accettato subito questa proposta! La camera costa poco, posso mangiare a casa senza dover cercare qualche ristorante ogni giorno e ogni tanto possiamo anche parlare e discutere. Fin che troverò una casa per me, posso vivere qui con lui, e questo è un grande conforto!

Delle volte mi chiedo, se non incontravo lui, magari mi sarei trovato meno bene anche a Guwahati e avrei voluto andare a continuare la mia ricerca da qualche altra parte dell'India? Non lo so. Comunque sono contento di aver trovato un amico qui.

***

Post Più Letti del 2023-24