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giovedì 25 luglio 2024

Le Tre Kamala

In questi giorni, tutti i giornali parlano di Kamala Harris, la candidata democratica alle elezioni americane. Questo mi ha fatto venire in mente le storie di due altre donne che si chiamavano Kamala.

Kamala è una parola dal sanscrito - Kamal significa il fiore di loto. Il fiore di loto è la pianta sacra di dea Lakshmi, la dea della fortuna e della ricchezza, per questo motivo, lei è chiamata anche Kamala.

Ogni dio/dea indù ha una sua pianta sacra e un animale sacro. Penso che è un modo per chiederci di essere rispettosi verso la natura. (A proposito, l'animale sacro della dea Kamala è il gufo, il simbolo della saggezza, forse per sottolineare che la ricchezza richiede anche la saggezza.)  

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Nel 1981, il giornale indiano Indian Express, voleva denunciare il traffico delle donne, soprattutto le ragazze giovani. Era contro la legge, ma tutti sapevano che esisteva e che la polizia locale spesso ne era complice.

Così, nell'aprile 1981, il giornalista Ashwani Sarin, aveva pagato circa 300 dollari americani per comprare una donna di nome Kamala e la notizia fu pubblicata sulla prima pagina del giornale. Mi ricordo ancora la foto di Kamala sul giornale, insieme alla notizia: "Ieri ho comprato una donna magra e scura, di bassa statura, per la somma di 2.300 rupie da un villaggio ... Anch'io faccio fatica di credere che sono il padrone di una donna di mezza età, comprata per il prezzo che si pagherebbe per un bovino."

Lo scoop giornalistico aveva sollevato un grande polverone e la polizia fu costretta a fare delle dichiarazioni. Comunque, per quanto ne so, la compra-vendita dei corpi non si è mai fermata, e non soltanto in India.

Invece, mi chiedo, cosa era poi successo a quella Kamala? Quale vita aveva fatto nei giorni e mesi dopo essersi trovata sulla prima pagina del giornale?

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Kamala Harris, la candidata democratica alle elezioni americane, è la figlia di una biologa indiana e di un'economista afro-giamaicano. Federico Rampini ha scritto di lei sul Corriere della Sera:

"C’è una zavorra che appesantisce la candidatura di Kamala e le ha impedito di decollare negli indici di popolarità. È il peso della politica «identitaria», la decadenza della democrazia americana che soprattutto a sinistra si è trasformata in un mosaico tribale, fatto di gruppi etnici e altre minoranze, tutti gonfi di risentimenti e recriminazioni, in costante richiesta di risarcimenti e corsie preferenziali."

Sembra che Kamala, figlia di professori universitari, cresciuta in un'America benestante, ha voluto presentarsi come un'afro-americana, rappresentante del popolo nero, vittima di discriminazioni.

Personalmente, non mi piace l'idea di assumere le vesti delle vittime - preferisco i lottatori che cercano di cambiare il sistema.

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C'è una terza Kamala, alla quale penso ogni tanto - mia madre, scomparsa 15 anni fa. Ho un suo ricordo di quando avevo 5 anni.

Abitavamo a Delhi in una piccola casa che non aveva la luce elettrica. Eravamo in 3 - mia mamma, io e mia sorella, mentre mio papà lavorava a Hyderabad, lontana 1.600 km da Delhi. Mia mamma insegnava in una scuola elementare.

In quei tempi, si doveva comprare il grano, pulirlo, lavarlo, e poi asciugarlo al sole. Dopo bisognava portarlo dal mugnaio per farlo macinare.

Ho un ricordo di aiutare mia mamma a sistemare un sacco di grano dietro alla sua bici. Quel sacco mi sembrava molto pesante, ma è possibile che pesava solo 10-15 chili - lo tenevo fermo mentre lei lo legava dietro.

Fissato il sacco, lei partì e io le correvo dietro. Dopo circa 50 metri, lei perse l'equilibrio e la sua bici cadde giù. Lei non disse niente, alzò la bici. Il sacco era caduto e abbiamo dovuto fissarlo di nuovo. Allora vidi che lei aveva abrasioni sui gomiti e sulle ginocchia, che sanguinavano. Iniziai a piangere. Lei mi fece il segno con la testa di non piangere e di aiutarla a spingere la bici. Il mugnaio non era lontano e abbiamo proseguito a piedi, lei camminava da una parte e io dall'altra. Tenevo una mano sul sacco affinché non cadesse giù.

Dopo tanti anni, il ricordo di quella mattina è ancora vivo nella mia mente. Quando ci ripenso, la vedo li, sulla strada, giovane e magra, che si scuote la testa per dirmi di non piangere.

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martedì 25 dicembre 2018

Grande Canyon e il Tè allo Zenzero

Più passano gli anni, più sembra che passano veloci. I giorni, le settimane e i mesi, tutti sembrano sfrecciare via come un campione di sci in fuga da un branco di leoni. Non penso che l’analogia sia molto azzeccata, perché non credo che i leoni riescono a correre sulla neve. Inoltre non so sciare. Comunque, mi piace l’immagine di un branco di leoni bianchi con le fauci spalancate che mi seguono sulle nevi mentre cerco di far rallentare il passare del tempo.

Più gli anni corrono veloci, più vorrei documentarli per me stesso. Per esempio, gli anni passati a Guwahati, nel nord-est dell’India, sembrano già svaniti dalla mia memoria. Per fortuna, ne avevo scritto su questo blog, così posso rileggere e rinfrescare la memoria.

L'immagine qui sotto presenta un ragazzo che si prepara per diventare Thayyam, parte del rito sacro celebrato nel nord del Kerala in India, uno dei momenti emozionanti dei miei viaggi nel 2018.



Dopo i primi viaggi internazionali alla fine degli anni 1980, non riuscivo più a ricordarli. Ho un vago ricordo di molti paesi che avevo visitato in quell’epoca. Posti come isola di Jersey, Messico, Bolivia, Nicaragua, nord-ovest del Brasile e il piccolo Lussemburgo – ricordo di esserci stato, ma se ci penso, non riesco a ricordare quasi niente. Invece, verso il 2003-04, ho cominciato a fotografare tutto con la macchina fotografica digitale, e per diversi anni, ciò mi aiutava a fissare gli eventi nella memoria. Invece, da un paio di anni, a forza di scattare migliaia di foto, ora ne anche le foto servono molto. L’unico modo di ricordare il passato, è quello di scriverne.

In questo post, voglio ripercorrere i miei viaggi più belli del 2018.

Alla Riscoperta del Sud dell’India

Il mio primo viaggio del 2018 era in India. Avevo una riunione a Chennai sulla costa sud-orientale e poi dovevo andare ad un ospedale ayurvedico nello stato di Kerala, sulla costa sud-occidentale. Invece di prendere un volo da Chennai per Kochi, ho scelto un percorso stradale e ho fatto la strada più lunga, seguendo tutta la costa. Sono sceso giù da Chennai in autobus, con soste a Mahabalipuram e Pondicherry. Poi ho preso un treno da Villapuram per arrivare a Kanyakumari alla punta sud dell’India.

Da Kanyakumari, sono risalito lungo la costa occidentale, di nuovo in autobus, con tappe a Tiruvanantpuram, Kochi, Kottamangalam, Kozhikode e Kannur. Poi ho proseguito in treno verso il nord, con fermate a Panjim in Goa e Mumbai in Maharashtra - in tutto circa 2000 km fatti in autobus e treno. Nell'immagine qui sotto, uno dei templi rupestri di Mahabalipuram.


 
È stato uno dei viaggi più belli che ho fatto, pieno di emozioni forti. Ho ritrovato un amico che non vedevo da 25 anni. Sono andato a trovare un vecchio insegnante, che con il passare degli anni era diventato un amico e che era gravemente malato. Ho visto il sole sorgere dietro all’antico tempio sulla spiaggia di Mahabalipuram. Una mattina presto, sono andato a vedere i pescatori nei pressi di Kozhikode che tornavo dal mare. Ho visto la trasformazione di un ragazzo che si preparava per il rito sacro di Theyyam in un villaggio vicino a Kannur. Ho partecipato al carnevale di Goa. Ho tantissimi ricordi di questo viaggio che non vorrei dimenticare. Più volte durante l’anno, sono tornato a riguardare le foto scattate durante questo viaggio. In tutto ci ho messo circa un mese, compreso circa una settimana in un centro di cure ayurvediche nei pressi di Kothamangalam.

Il Tè a Rishikesh

Dovevo visitare una casa per gli ex-malati di lebbra vicino a Rishikesh. Era un’occasione per visitare le due città sacre dell’induismo, Rishikesh e Haridwar. L’ultima volta che ero stato da queste parti era circa 50 anni fa, nel 1968, l’anno della visita dei 4 Beatles che erano venuti al ashram di Mahesh Yogi.

Quella volta eravamo andati a trovare il guru Mahesh Yogi e avevo intravvisto anche l’attrice americana Mia Farrow e uno dei Beatles, Ringo Starr. Ma era proprio il Guru con il suo gentile sorriso che mi aveva lasciato una grande impressione.

Questa volta quando sono tornato a vedere il suo ashram, l’area era irriconoscibile. L’ashram oramai è chiuso da anni e sono cresciuti gli alberi e le piante tutto intorno, per cui da fuori non si vede più niente.

Rishikesh rimane la metà preferita dei turisti occidentali. È piena di ashram, soprattutto le zone sulla riva occidentale del fiume Gange, dove i guru di vari tipi, vestiti di arancione, insegnano yoga e meditazione ai turisti. Anche se capisco le loro ragioni, e so che non può essere diversamente, lo sento come una mercificazione della spiritualità e ciò mi mette a disagio. Nell'immagine qui sotto, un sadhu, gli asceti che portano arancione, il colore della rinuncia ai beni materiali.



Alla fine ho preferito fermarmi lontano dalle zone dei turisti stranieri, in un hotel vicino a Triveni Ghat, sulla riva orientale, dove molti indiani anziani, si raggruppavano alla sera per stare insieme e parlare di yoga e di spiritualità. Stare con qualche gruppo per ascoltare le loro discussioni accompagnate da barzellette e gossip, era divertente. In occidente, i luoghi delle religioni e dei luoghi di preghiera, richiedono silenzio e un comportamento rispettoso. Invece la spiritualità popolare in India, è spesso soffusa da un senso di divertimento, canti e musica e di rumore delle chiacchiere.

Vicino all’antico tempio di Tara Mata, avevo trovato una giovane signora con il suo carretto che preparava un tè squisito. Avevo osservato con attenzione la sua preparazione. La sua ricetta per il tè comprendeva un quarto d’acqua e tre quarti di latte intero, fatti bollire con le foglie di tè nero, un pezzettino di zenzero fresco pestato, un pezzettino di cannella e qualche chicco di cardamomo pestato. Dopo il ritorno in Italia, ho continuato a preparare il mio tè di mattino seguendo la sua ricetta.

Avevo sentito dire che negli ultimi decenni, il fiume Gange era diventato molto più sporco e inquinato. Invece, durante la visita, mi aveva fatto piacere vedere che almeno fino a Haridwar, il fiume continuava ad avere le acque limpide e pulite. Lungo il fiume, in diversi punti, si celebrano alla sera il rito della preghiera, “Aarti”. Durante le preghiere i preti parlavano anche dell’importanza di non sporcare il fiume e di non usare la plastica. Forse anche questo ha contribuito a creare maggiore coscienza tra i pellegrini, che stanno più attenti.

Un momento forte di questa visita era incontrare mia cugina Simi che non vedevo da circa 30 anni. Era strano vedere i lineamenti della ragazzina che ricordavo, nel volto di una donna di famiglia che mi ricordava tanto la sua mamma. Nella foto qui sotto, la mia cugina con le sue due figlie.


Grande Canyon e il Deserto Dipinto

Dovevo andare in America per una riunione e volevo approfittare da questo viaggio per andare a trovare mia sorella. Quando le avevo parlato, lei aveva subito preparato un programma per visitare alcuni posti turistici in Arizona e Nuovo Mexico. Purtroppo la mia riunione è stata posticipata, ma oramai ero stato catturato dall’idea del viaggio che lei mi aveva prospettato. Così, in aprile, sono andato lo stesso negli Stati Uniti per un viaggio on-the-road.

Con una macchina a noleggio, siamo partiti da Santa Fe in Nuovo Mexico e abbiamo terminato il nostro viaggio a Phoenix in Arizona dopo 10 giorni. Durante questo viaggio abbiamo visitato Albuquerque, deserto dipinto, foresta pietrificata, Walnut canyon, Flagstaff, Grande Canyon, Sedona, il parco botanico di Phoenix e molti musei. Nell'immagine qui sotto, un panorama della foresta pietrificata.



Mentre andavamo da Flagstaff a Grand Canyon, abbiamo sbagliato la strada e siamo arrivati al lago Powell in Utah. Dopo una piccola sosta alla diga di Powel, siamo tornati in dietro. Durante questa deviazione siamo passati a due passi da “Horse-shoe Bend” sul fiume Colorado, un sito naturale di grande suggestione, ma non sapevamo che cosa era e non ci siamo fermati. Dopo, quando ho visto le foto di questo luogo, mi è dispiaciuto molto per aver perso quest’opportunità! Nell'immagine sotto, un panorama del Gran Canyon.



Un'altra delusione era la mia macchina fotografica Canon, che aveva deciso di bloccarsi a Santa Fe, all’inizio di questo viaggio. Per fortuna, ho potuto fotografare con il mio cellulare. Comunque, davanti alla maestosa bellezza di Grande Canyon, mi è dispiaciuto molto non avere la mia macchina fotografica.

Dopo il grande giro, siamo tornati a Bethesda, vicino alla capitale americana Washington DC. Era il momento della fioritura dei ciliegi, un momento di grande suggestione per visitare questa città.

Quando ripenso a questo viaggio, oltre alle bellezze naturali di posti come il Grande Canyon, ricordo soprattutto la passeggiata lungo il Canyon Road a Santa Fe in Nuovo Messico, con decine di gallerie d’arte su entrambi i lati della strada. Alla fine mi sembrava di essere ubriaco dalle opere d’arte che avevo guardato. Nella foto sotto alcune sculture lungo la strada da quella passeggiata.



Tra me e mia sorella, abbiamo solo 2 anni di differenza. Mentre crescevamo, eravamo molto affiatati. Era bello riscoprire la stessa sintonia dopo tanti anni. Parlavamo continuamente e un’amica di mia sorella che ci aveva accompagnato per una parte di questo viaggio ne era infastidita. Cresciuta senza fratelli, si sentiva tagliata fuori dal nostro costante battibecco!

Ulaan Baatar, Mongolia

In maggio sono tornato a Ulaan Baatar, che tutti chiamano UB, la capitale della Mongolia, per formare un gruppo di giovani ricercatori con disabilità. Ero tornato a UB dopo 10 anni e in questo periodo, la città era cambiata completamente. Vi erano più edifici, più macchine, più negozi, più ristoranti e più benessere. Nella foto sotto, la scultura del derviscio danzante a UB.



Questa volta il mio albergo era a due passi dal monastero buddista di Gandam. È un posto bellissimo. Così sono tornato al monastero più volte, una volta anche presto alla mattina per vederlo senza turisti. Era bello osservare i monaci buddisti che pregavano e meditavano.

Inoltre, con l’aiuto di Google Map, ho esplorato diverse altre zone della città senza avere paura di perdermi. Più volte sono tornato alla grandiosa piazza di Sukhbaatar con le due statue di Gengis Khan e il parlamento nazionale. Nella foto sotto, la Piazza Sukhbaatar alla sera dopo la pioggia.



Monrovia e Ganta, Liberia

Quest’anno sono stato in Liberia due volte, in luglio e in ottobre. Ho esplorato qualche zona della Monrovia, la capitale del paese, ma avevo sentito storie non molto rassicuranti sulla città da conoscenti e amici, e così ho evitato di andare in giro a piedi.

Ho scattato solo qualche foto dalla macchina. L’unica volta che ho tirato fuori la mia macchina fotografica a Monrovia, era una mattina presto nella zona dell’ambasciata americana, dove mi avevano assicurato che è ben sorvegliata.

Conoscevo il nome della città di Ganta da molti anni per via del suo lebbrosario. Visitare il vecchio lebbrosario era la parte più interessante di questo viaggio. A Ganta, vi erano meno problemi di sicurezza e non avevo paura. Così sono andato in giro a piedi, ma a parte le due strade principali della città con dei negozi, c’era poco da vedere. Nell'immagine sotto, la strada che collega Ganta con Sanniquellie, dove la nostra macchina era rimasta bloccata nel fango.



Un giorno siamo andati alla frontiera tra Liberia e Guinea Konakry e mentre scattavamo le foto, siamo stati sgridati dai poliziotti di frontiera.

Ho sentito che Liberia ha un parco naturale, ma nessuno sapeva quali animali vi sono in questo parco e in ogni caso, non era facile arrivarci. Altrimenti, gli unici posti da visitare in Liberia sono i resort, i centri turistici, lungo il mare, dove la gente benestante va per prendere il sole e a mangiare. Il mare liberiano è molto mosso e la balneazione non è consigliata.

I miei ricordi dei viaggi in Liberia sono legati più alle persone che ai posti. Per esempio, avevo letto e sentito molto sulla brutale guerra civile che aveva dilaniato questo paese nel periodo 1989-2003. Tra queste storie, vi erano quelle dei bambini soldato che erano stati costretti a compiere violenze contro le proprie famiglie e spinti verso tossicodipendenza, affinché diventavano brutali. Ho incontrato uno di questi ex-soldati, uno che era un adolescente all'epoca e che aveva visto l’uccisione di suoi genitori. Sentirlo parlare, mi aveva fatto venire i brividi e non ero stato capace di dire niente.

Viaggi in Italia

A parte qualche viaggio a Bologna per andare a trovare la nipotina, per la maggior parte del tempo siamo rimasti a Schio.

Le nuove scoperte nei dintorni di Schio erano il ponte galleggiante che collega la zona del Pasubio con il Campo Basso, la passeggiata a Valdastico sulla vecchia ferrovia e la passeggiata lungo il torrente Agno a Valdagno. L'altra novità a Schio era quella di far parte di un gruppo di lettura. L'immagine qui sotto è da una vista a Burano. Infatti, ero tornato a Venezia per visitare le isole di Murano e Burano che avevo visitate una volta nel lontano 1979.



Conclusioni

Ho in testa l’idea di visitare Cambogia e di tornare in Thailandia e Indonesia, ma quest’anno, ciò non era possibile. Un altro paese che mi attira molto è la Papua Nuova Guinea.

Chissà se riuscirò a fare qualche viaggio diverso nel 2019! In tanto, le mie valigie sono pronte per tornare in India. Inoltre, per seguire due progetti di ricerca emancipatoria, dovrei tornare di nuovo in Liberia e Mongolia.

Fortunatamente, non posso prevedere quello che ci aspetta nel 2019. Invece posso essere soddisfatto delle sensazioni e esperienze che ho potuto sperimentare nel 2018. Auguro a tutti voi e a me stesso, altri viaggi e altre scoperte nell’anno che verrà.


martedì 8 ottobre 2013

La storia delle vecchie foto

E' una vecchia storia, scoperta per caso, che coinvolgeva i miei genitori. Non so quanto importante era questa storia per mio padre, ma probabilmente aveva tormentato mia madre profondamente.

Il mondo è pieno di queste piccole storie. Si poteva lasciare che anche questa storia resti nel dimenticatoio, dove era rimasta per quasi cinquanta anni. Poi ho pensato che oramai tutti i protagonisti di questa storia erano scomparsi. Non poteva più fare del male a nessuno a parlarne. E per me, forse l'aspetto più importante di questa storia era come le sue foglie, cadute da un albero oramai secco e morto, erano state trasportate sul vento del tempo, e mi avevano trovato.

Tutto è iniziato da una vecchia foto in bianco e nero, nascosta tra le vecchie carte in una logora borsa di plastica nel armadio di mia mamma.

Una foto dal passato

Era il febbraio 2010, a Nuova Delhi in India. Mia mamma morì dopo 10 giorni di coma. Nel 2001, le avevano diagnosticato il morbo di Alzheimer. Ossessionata dalla paura di dimenticare e di perdersi, scriveva dappertutto l'indirizzo di casa e il numero di telefono di mia sorella, con la quale viveva. Rimasta vedova a 42 anni, mia mamma aveva fatto l'insegnante in una scuola elementare e poi quando era andata in pensione, aveva passato molto tempo con gli scritti di mio padre, curandone la conservazione e la ristampa. Teneva un diario dove notava con precisione le sue spese quotidiane insieme agli appunti sulla sua solitudine dopo la morte di mio padre.

Alcuni giorni dopo la sua morte ero nella sua casa con mia sorella Vinni, dove aveva vissuto prima di ammalarsi. Controllavamo le sue carte per decidere che cosa tenere e che cosa buttare via. Il suo armadio era pieno di libri, riviste e vecchi sacchetti di plastica, dove teneva suddivisi i vari scritti di mio padre, la corrispondenza, le varie bollette, e le altre cento mila cose che si accumulano durante le nostre vite.

In uno di quelli sacchetti di plastica avevamo trovato delle vecchie foto e alcune lettere. Avevo intravisto una foto che mi aveva subito incuriosito - una foto in bianco e nero, di una donna occidentale con i cappelli ricci.

"Guarda c'è una foto di Margo!", avevo detto a Vinni. Non avevo dovuto a pensarci, il suo nome mi era tornato in mente in un lampo.

"Chi era?" Vinni mi aveva chiesto.

"Era un'amica di papà. Lavorava con il partito socialista e l'avevamo incontrata a Hyderabad, prima della tua nascita. Una volta ci aveva mandato anche dei regali dall'America", le avevo spiegato. Le memorie sono strane, chissà dove dormono dentro di noi, e all'improvviso si svegliano. Mi erano venuti in mente i due morbidi guanti-pupazzi, uno con la faccia di gatto e l'altro di coniglio, che Margo ci aveva mandato in un pacco.

Nel sacchetto avevo trovato un'altra foto di Margo e una sua cartolina mandata a mio padre da Firenze. Avevo messo da parte queste cose, tra quelle che volevo guardare con calma.

I primi dubbi

Dopo alcuni mesi, quando avevo guardato la foto di Margo, avevo capito che c'era qualcosa di strano in quella foto. A Delhi, non l'avevo guardata con l'attenzione. Non era una foto normale - la foto era attaccata alla pagina strappata da un passaporto, ed era il passaporto di Margaret Louise Skinner.

Margaret Louise Skinner story

Come mai mia mamma aveva una pagina strappata dal passaporto di Margo?

Ho ripensato a quelli anni quando avevo conosciuto Margo. Era il 1960. Mia mamma, io e mia sorella Pinki, abitavamo a Delhi. Avevo 6 anni e mia sorella ne aveva 4. Dal 1958, mio papà viveva a Hyderabad nel sud dell'India, dove lavorava nel giornale del partito socialista. Nell'estate 1960, durante le ferie estive, noi tre eravamo andati a Hyderabad per passare le ferie con lui.

Di quelle ferie ho alcuni ricordi vaghi. Avevamo incontrato Margo, e ho un ricordo di un viaggio in città seduti su un risciò, mentre ero seduto in mezzo a Margo e mia mamma. Era un risciò senza pedali, tirato da un "uomo cavallo" e ricordo le sue gambe scure e magre che correvano sul asfalto.

Invece non ho nessun ricordo di una tensione o dei litigi tra mia mamma e mio papà.

Dopo alcuni mesi della nostra visita a Hyderabad, mio papà era stato trasferito alla sede del partito socialista di Delhi. Di quei giorni ho il ricordo di essermi svegliato una notte per una lite furibonda tra il mio papà e la mia mamma.

Non avevo altri ricordi legati a Margo, se non quelli di un pacco con dei regali arrivato dall'America. Oltre ai guanti-pupazzi per me e mia sorella Pinki, il pacco aveva anche delle cose di trucco per mia mamma - creme, rossetti e matite per colorare gli occhi. Ricordo l'apertura del pacco quando il postino l'aveva portato, ma non mi ricordo di aver mai giocato con quelli guanti-pupazzi. Tutte le cose di quel pacco erano sparite. Penso che mia mamma mi aveva spiegato che erano dei regali costosi per cui lei li aveva messi via per tenerli con cura. Comunque, dopo un po', avevo dimenticato quel pacco.

Allora perché mia mamma aveva una pagina strappata dal passaporto di Margo?

L'unica spiegazione che mi è sembrata plausibile era che mia mamma aveva strappato la pagina dal passaporto di Margo. E perché mia mamma aveva fatto una cosa del genere? Forse perché era molto arrabbiata con Margo e questo era un gesto di rabbia?

Così mentre guardavo la foto di Margo, mi chiedevo se vi era stata una relazione tra mio padre e Margo? Che il nostro viaggio a Hyderabad in un momento quando avevamo grandi difficoltà finanziarie era stato organizzato perché qualcuno aveva informato mia madre di quella relazione? Che la nostra visita a Hyderabad centrava in qualche modo con il trasferimento a Delhi di mio padre alcuni mesi dopo? E la mia sorella Vinni nata un anno dopo, era il gesto di ripacificazione tra i nostri genitori?

Altri indizi

La seconda foto di Margo era stata scattata nelle Filippine, dove Margo era stata come una borsista Fullbright nel 1958. Invece la cartolina da Firenze, era timbrata il 16 ottobre 1961, ed era con la foto del Palazzo Vecchio. La cartolina iniziava con un "Caro Deepak", e parlava di palazzi di Firenze, di Lorenzo il magnifico, di Leonardo e di Dante, piena di piccole parole scritte fitte fitte. "Sono alloggiata in una pensione che era un vecchio palazzo dei Medici, pago 5 dollari al giorno, compreso tre pasti toscani al giorno e il vino." E alla fine era firmato, "la tua M".

Una volta che il sospetto di una relazione tra mio papà e Margo si è insinuato nella mia mente, volevo capire di più. Avevo parlato di miei dubbi con mia sorella Pinki, ma non ero riuscito a convincerla della mia ipotesi.

"Come fai a pensare che avevano una relazione, solo sulla base di una pagina di un vecchio passaporto? Può darsi che Margo l'aveva perso e poi l'hanno ritrovato ma nel frattempo, lei ne aveva già fatto fare un altro o era già partita per l'America?" Pinki mi aveva detto.

Ma ero convinto che c'era stato qualcosa di più tra mio papà e Margo. Così ho iniziato a fare qualche ricerca sull'internet.

Dopo diversi tentativi ho scoperto la Margaret Louise Skinner, che coincideva con i dati sul suo passaporto - era nata a San Francisco il 10 aprile 1921 ed era morta a San Francisco nel 1992. Aveva anche scritto un libro di poesie, "As green as emeraude" (Verde come smeraldo) che era uscito nel 1990. Ho continuato a scavare sull'internet e un giorno ho trovato l'indice di questo libro. Tra i titoli delle poesie di questo libro, c'era anche - "To Deepak" (A Deepak). Forse avevo finalmente trovato la mia prova?

Quel libro di Margo era fuori stampa. Per cui avevo chiamato mia sorella Pinki per raccontarle della mia scoperta e per chiederle di cercare una copia di questo libro. Lei vive in America, forse poteva trovare il libro in una biblioteca. Questa volta, Pinki concordava con me - intestare una poesia al mio padre, poteva essere un indizio!

Dopo qualche settimana Pinky mi aveva chiamato, "Avevi ragione. Ho trovato il libro di Margo. Il libro è dedicato al papà e la poesia 'A Deepak', è chiaramente una poesia d'amore. Era stata scritta alla sua morte nel 1975."

Dopo il 1960, non avevo più sentito parlare di Margo, era completamente sparita dalle nostre vite. Allora come aveva fatto lei a sapere della morte di mio papà nel 1975? Voleva dire che qualche amico di mio papà era a conoscenza del loro rapporto e le aveva scritto per informarla?

La mia ricerca sembrava conclusa. Avevano avuto un rapporto o forse era solo un'amicizia profonda, o una relazione platonica - comunque oramai non era importante sapere tutto questo. Mia mamma, Margo e mio papà, non c'erano più. Era forse una storia importante per mio papà? Chi lo sa! In ogni caso, lui aveva scelto di restare con noi, era tornato a Delhi e un anno dopo, era nata la mia sorella più piccola. Lo strappo tra i miei genitori, se c'era stato, era stato cucito.

Nel maggio 2010, avevo scritto della scoperta della foto di Margo sul mio blog in inglese, senza parlare della possibile relazione tra lei e mio papà. E avevo dimenticato questa storia.

Una nuova lettera

Qualche mese fa mi è arrivata un'email di una poetessa americana, Charlene Ungstad, la quale mi ha scritto di aver visto la foto di Margo sul mio blog. Charlene si interessa di vecchie foto e di vecchie memorie e cerca le loro inter-connessioni in quello che lei chiama il "movimento browniano". Lei aveva conosciuto Margo nel 1981 e così mi ha fornito ulteriori informazioni su Margo:
"Margaret pensava di non avere molto talento come scrittrice-poetessa e aveva scelto di lavorare come giornalista. Suo Marito Fritz Reuter Leiber (ndr: famoso scrittore di fantascienza) aveva perso la sua prima moglie Jonquil e aveva cominciato a bere, e Margaret l'aveva fatto venire da Chicago a San Francisco, dove convivevano. Voleva aiutarlo a superare il problema del alcolismo, anche se lei stessa aveva qualche problema con l'alcol. Lei era molto attiva con la comunità sud asiatica di San Francisco e scriveva anche per la rivista settimanale asiatica. La maggior parte dei loro amici erano quelli che si possono definire socialisti, artisti, bohemiani, e persone che pensavano di essere delle streghe o degli antichi guerrieri (per via dei libri di Fritz). Avevano partecipato anche alla marcia della protesta contro la guerra nel golfo.

Quando li avevo conosciuti vivevano in un ex-albergo-diventato-condominio. Le case editrici avevano truffato Fritz per decenni dei suoi diritti d'autore. Lui scriveva i suoi racconti e gli articoli per le riviste su una vecchia macchina da scrivere appoggiata su un tavolino basso - era così alto e vederlo tutto curvo per scrivere, mi dispiaceva molto.

Nel 1977, in una conferenza sulla serie Star Trek a San Francisco avevo visto Harlan Ellison, che era l'ospite d'onore, chinarsi giù su un ginocchio per parlare di Fritz come uno degli scrittori più importanti d'America che doveva vivere in grande povertà, perché gli avevano truffato dei suoi diritti d'autore. 
Una volta avevo dormito nella casa di Margo e Fritz, e ho visto degli scarafaggi che correvano sugli suoi trofei Nebula e Hugo che lui aveva ricevuto e che usava come ferma libri.

Persone come Ellison e Robert Silverberg avevano lanciato una campagna per cercare giustizia per Fritz. Grazie a questa campagna Fritz era riuscito ad avere dei soldi dalle sue case editrici. Così, Margo e Fritz hanno potuto lasciare quello squallido appartamento e a trasferirsi in una casa più solare e bella su Post Street. 
In quei giorni, Margo era stata diagnostica con la leucemia. Si erano sposati perché così Fritz poteva coprire le sue spese mediche. Poi Margaret stava meglio, ma nel 1992 Fritz ha avuto un ictus e dopo alcune settimane in ospedale in coma, era morto. Poco dopo di lui, anche lei se ne andata. Sono stata ai loro funerali. Diversi loro amici che facevano parte della Society for Creative Anacronisms (Società per gli anacronismi creativi), fondata da Fritz, avevano partecipato.

Quando aveva bevuto un po', Margo telefonava agli amici, anche alle 2 di notte, per fargli la domanda del suo personaggio televisivo favorito, Kojak, "Chi ti vuole bene, baby?"
La foto di Margo e Fritz qui sotto è del 1984 - era stata scattta da Dik Daniels - l'ho trovta sull'internet.

Margaret Louise Skinner story

Tramite Charlene ho trovato una recensione del libro di poesie di Margo scritto da un autore indiano, dott. Sanjiva Dev, che forse aveva conosciuto Margo quando era stata in India ed era rimasto in contatto con lei. In questo articolo lui aveva scritto di Margo:
"Era un'amante della cultura orientale, in particolare apprezzava i pensieri, l'arte e il popolo dell'India, dove lei aveva vissuto per 2 anni nel 1960-61. Era stata la capo redattrice della rivista in inglese "Mankind" che si occupava di politica e di cultura. Il dott. Ram Manohar Lohia (ndr: fondatore del partito socialista indiano) era stato il fondatore di questa rivista.

Poi la signorina Skinner era tornata a San Francisco dove lavorava come critico di cinema, faceva programmi radio e scriveva articoli per le riviste e le agenzie come Bay Guardian, Hollywood Reporter, Sacramento Bee, S.F. Chronicle, Toronto Star, Associated Press, Reuter, ecc. Si interessava anche di diversi sport. Aveva viaggiato in paesi come Hawaii, Filippine, Birmania, Hong Kong, India, Inghilterra, Francia e Italia. Si interessava di temi come antropologia culturale, ecologia e politica, e amava gli animali. Aveva avuto due gatti siamesi e un cane."
Il libro di Margo


Storia di Margaret Luoise Skinner
Qualche giorno fa, ho ricevuto il libro di poesie di Margo inviatomi da Charlene. Il libro è dedicato a mio papà Om Prakash Deepak con le seguenti parole: Poeta, filosofo e amico, un grande scrittore indiano, e un rivoluzionario non violento, il suo nome significava "luce".

Nella sua poesia "A Deepak" lei aveva scritto:
Le mie mani sentono ancora il tuo tocco
Vedo i tuoi occhi
Sento la tua voce nel cielo indiano acceso
Sei veramente partito per la tua grande notte?
O sei dentro il mio corpo e il mio cuore?
Anche in alcune altre sue poesie, mi sembra di intravvedere le ombre della loro storia. Per esempio, nella su poesia "Canzone" lei aveva scritto:
Un giorno il telefono squillerà
I cavi canteranno ..
e tutte le nostre ore di stasi
saranno dimenticate mentre attraverserò il mare
per incontrarti, amore
Con il libro di Margo nelle mie mani, penso alle nostra vite che durano solo un attimo. A parte le persone coinvolte, le nostre storie non interessano a nessuno.

Probabilmente se sapevo di questa storia quando ero un bambino, forse ne avrei sofferto anch'io. Invece, l'ho scoperta adesso, 50 anni dopo. Penso che la loro storia merita un ricordo tenero, senza altri giudizi.

Ed è per questo che l'ho voluta scrivere.

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venerdì 9 settembre 2011

Dieci anni dopo

Quel giorno dovevo partire per Libano, ma pensavo a mia mamma. Quella mattina anche lei era in viaggio. Stava andando a Washington e durante la notte doveva aver cambiato il volo a Londra. Avevo pensato di farla venire a Bologna per qualche giorno, ma  l'ambasciata italiana a Delhi non l'aveva rilasciato il visto. Era uscita una nuova legge e bisognava fare una fidejussione presso una banca per farla avere il visto e le procedure per fare la fidejussione erano un po' complicate.

Quando avevo capito che lei non poteva venire, avevo accettato la proposta di partecipare alla riunione in Libano. Avevo il volo della linea austriaca per Vienna e poi da Vienna dovevo andare a Beirut. Ma quella mattina, l'aereo per Vienna aveva dei problemi e alla fine avevano cancellato il volo. La linea aerea mi aveva proposto un altro giro - andare a Milano Malpensa e poi prendere il volo per Beirut quella stessa sera.

Ero a Malpensa quando erano arrivate le notizie degli attacchi terroristici a New York. Ero ipnotizzato davanti agli teleschermi dell'aeroporto. Poco dopo avevano annunciato che il volo per Beirut era stato cancellato e quella sera, dopo tutto il giorno passato negli aeroporti, ero tornato a Bologna. Soltanto allora avevo saputo che vi erano state degli attacchi anche a Washington e che il volo sul quale viaggiava mia mamma non aveva potuto atterrare e non sapevamo dove era finito.

Dieci anni dopo, quando penso a quelle tremende immagini delle due torri, penso anche alla ansia di quelli giorni per cercare di capire cosa era successo a mia mamma e dove era finita. Parlava poco l'inglese e non aveva molti soldi con se. Dopo avevamo scoperto che aveva passato qualche giorno in un campo in Canada allestito dalla croce rossa e poi, era stata rimandata a Londra, dove era rimasta in aeroporto di Heathrow per alcuni giorni, prima di riprendere il suo viaggio per l'America.

Non parlava di quei giorni, diceva che era confusa e che non si ricordava molto. Proprio in quei giorni avevamo cominciato a sospettare che lei aveva alzheimer. Forse lo stress di quei giorni aveva fatto precipitare la sua situazione.

Oramai lei non c'è più, è morta nel 2010. Nonostante le paure di quel viaggio del settembre 2001, aveva continuato a viaggiare. Era tornata in America altre due volte per stare con mia sorella. Invece aveva rifiutato di venire a trovarmi a Bologna.

"Mi trattano male nella tua ambasciata, mi fanno sentire come una persona non gradita, e non voglio tornare da loro", mi aveva detto.

Si avvicina l'anniversario dell'11 settembre. In un racconto uscito sul giornale inglese Guardian, la scrittrice di origine pakistana, Kamila Shamsie, racconta del anniversario dell'11 settembre vissuto nella redazione di una rivisita di Karachi, dove lavora Ayla, tornata dall'America in Pakistan:
What would they say if she told them, Ayla wondered? She looked across the office at the bumper sticker pasted on the wall under Saba's print out: America had 9/11; England had 7/7; India had 26/11; Pakistan has 24/7. They were all to-the-marrow Karachiwallas, steeped in a bitter "survivor humour" which had been refined through decades of violence. The men who strapped bombs to their chests in the name of God were just the newest form of attackers, not even the deadliest. Would she be able to puncture her colleagues' grotesque oneupmanship?
Le memorie sono così. I nostri piccoli e grandi ricordi personali mescolati agli eventi che segnano la storia.

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giovedì 6 novembre 2008

Ritorno della speranza

Ieri mattina ho seguito la diretta di Barack Obama da Chicago. Era impossibile non commuoversi. Mi dicevo che quante volte i ragazzi delle facce pulite, sincere e ingenue con il dono della parola sono poi rivelati corrotti, donnaioli, e altro, e che non bisogna fidarsi dei politici, ma mi veniva da piangere lo stesso.

" ...È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore ... La strada che ci aspetta sarà lunga. La pendenza sarà ripida. Forse non ci arriveremo in un anno e nemmeno nell'arco di un mandato, ma, America, io non sono mai stato tanto fiducioso come questa notte che ci arriveremo. Ve lo prometto: noi, come popolo, ci arriveremo.
Ci saranno ostacoli e false partenze. Molti non concorderanno con tutte le decisioni che prenderò come presidente, e sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma io sarò sempre sincero con voi sulle sfide che dovremo affrontare. Vi starò a sentire, specialmente quando non saremo d'accordo... Questa vittoria da sola non rappresenta il cambiamento che cerchiamo: è soltanto l'occasione per noi di realizzare quel cambiamento.E questo non accadrà se torneremo a com'erano le cose un tempo. Non accadrà senza di voi, senza un nuovo spirito di servizio, un nuovo spirito di sacrificio. E allora creiamo un nuovo spirito di patriottismo, di responsabilità, dove ognuno di noi decide di buttarsi nella mischia e impegnarsi di più, e di occuparci non solo di noi stessi ma gli uni degli altri..."

Un ragazzo di sangue misto, con un padre musulmano di Kenya, una persona G2 come si dice oggi in Italia, è diventato il presidente degli Stati Uniti, allora tutto è possibile.

Sarebbe troppo pensare che la sorte di quelli che sono chiamati con derisione “extracommunitari”, cambierà e le persone arrivate dal mondo povero avranno il rispetto e la dignità pari a tutti gli altri. Sarebbe troppo pensare che non si bruceranno più i campi rom. Ma forse qualcosa cambierà. Ora sembra che tutto è possibile. Nonostante la crisi finanziaria, sento che la speranza è tornata.

lunedì 5 giugno 2006

Il Mondo è Piatto?

Sto leggendo il libro del giornalista americano, Thomas Friedman, The Flat World (Il mondo è piatto). La teoria di Friedman in questo libro è che dopo la rivoluzione copernicana, oggi di nuovo la terra sta diventando piatta per una serie di sviluppi legati alla globalizzazione, allo sviluppo di alcuni paesi come Cina e India, e ai progressi dell'informatica. Secondo Friedman, questo mondo piatto richiede nuovi ragionamenti e nuovi comportamenti, altrimenti i popoli che non sapranno adeguarsi, resteranno in dietro. Lui si rivolge sopratutto all'America ma forse il suo discorso è altrettanto valido, anche per l'Europa.

In questo libro lui racconta le sue discussioni con una miriade di persone di diversi continenti per spiegare il proprio pensiero:"Vi sono due cose che mi preoccupano in questo momento", disse Richard A. Rashid, il direttore per la ricerca alla Microsoft. "La prima, il fatto che abbiamo chiuso il passaggio di arrivo in America delle persone intelligenti. Se tu pensi che abbiamo le più grandi università e istituti di ricerca, questi hanno bisogno di q.i. (quoziente di intelligenza, ndr). Nel tentativo di creare un processo che blocchi l'arrivo di emigrati indesiderabili, il governo ha effettivamente bloccato l'arrivo delle persone desiderabili. Una significativa parte dei laureati più bravi di nostri migliori istituti e università sono state persone, non nate in America ma sono persone che dopo la laurea, sono rimaste qui, hanno creato nuove imprese, sono diventati professori, ed erano i motori del nostro sviluppo economico.Vogliamo queste persone. In un mondo dove la Q.I. è il più importante prodotto sul mercato, devi cercare di avere il maggior numero di persone brave che puoi avere."

Mentre leggevo queste parole, pensavo alle discussioni con Mishra, un ricercatore indiano che si trova in un centro di ricerca in Italia. Mishra è stato qui a Bologna alcuni giorni fa. Lui mi ha detto, "Devo finire questa ricerca, poi penso di andare in Stati Uniti, qui in Italia non c'è spazio per la ricerca. Questo non è soltanto perché sono straniero. Due ragazze italiane al nostro centro, entrambe hanno concluso il dottorato. Una di loro ha cominciato a lavorare in una farmacia e l'altra si è iscritta ad un corso per diventare maestra. Se un paese non sa prendere cura dei suoi migliori cervelli, quali opportunità può dare a noi stranieri?"

Ultimamente sento diversi indiani che vengono in Italia per lavorare presso i centri di ricerca. Pratika, figlia del mio amico d'infanzia Rahul, era a Brighton dove studiava astrofisica e doveva decidere se venire a Trieste o andare in Germania per il suo dottorato. Alla fine lei ha deciso per la Germania. Invece, Sidharth che studiava in Germania, ha deciso di proseguire le sue ricerche a Trieste. Forse le università italiane hanno iniziato a cercare i cervelli migliori da altri paesi - o forse sono costretti perché non vi sono studenti italiani interessati in seguire carriere che non portano da nessuna parte?

E le teorie di Friedman, cosa significano per l'Italia? Forse anche in un mondo piatto, avranno sempre bisogno di bel paese per conoscere la storia, per ammirare le sue bellezze naturali! Non c'è bisogno che tutti i paesi abbiano ricerca e imprese di avanguardia per il proprio sviluppo! Speriamo.

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venerdì 24 marzo 2006

George Bush e Mahatma Gandhi

Tutti i capi di stato che arrivano a Nuova Delhi, sono obbligati a fare una visita al memoriale di Mahatma Gandhi, il luogo dove il suo corpo era stato consegnato alle fiamme.

Questo posto si chiama Raj Ghat (Raj significa reale ed i ghat sono le zone lungo il fiume dove puoi arrivare fino all'acqua per prendere -l'acqua o per fare un bagno). Di solito i "ghat" sono luoghi dove vi sono i crematori.

George Bush in India - Foto by Associated Press

Non c'è niente di particolare a Rajghat, soltanto un giardino con in fondo un quadrato di cemento coperto da lastre di marmo. Da bambino preferivo visitare il museo di Gandhi vicino a Rajghat, dove i suoi vestiti macchiati di sangue mi affascinavano in maniera morbosa e vedere i suoi esili occhiali caduti per terrà quando era stato sparato, mi facevano venire un nodo alla gola.

Solo il re saudita, che per i motivi religiosi, non voleva andare alla tomba di Mahatma Gandhi era stato esentato da questo obbligo (personalmente non concordo per niente con questa esenzione).

Secondo il programma, anche George W. Bush doveva andare a presentare i suoi saluti alla tomba di Mahatma Gandhi.

Riguardo questa visita di Bush a Rajghat, Arundhati Roy, nel suo articolo apparso sul quotidiano The Hindu aveva scritto, "Non è certo l'unico criminale di guerra invitato dal Governo Indiano a visitare il Raj Ghat. Ma quando Bush metterà dei fiori su quella famosa lastra di pietra ben levigata, milioni di indiani sobbalzeranno. Sarà come se avesse versato mezzo litro di sangue sulla memoria di Gandhi."

Come sempre, Arundhati Roy, con il suo sapiente uso delle parole, riesce a suscitare grandi emozioni. In questo caso, queste sue parole mi erano sembrate troppo melodrammatiche e un po' di cattivo gusto.

Invece, a sollevare lo scandalo fu la visita dei cani di sicurezza di Bush, i quali sono andati ad annusare e girare intorno al memoriale prima della visita del presidente americano. Il vecchio custode del memoriale, si è sentito offeso, ed è andato via. Lui non è tornato finché un gruppo di religiosi non hanno lavato e purificato tutto il luogo con l'acqua sacra del Gange.

E' proprio l'ironia del tempo. Gandhi che parlava di rispetto per tutte le religioni e rispetto per tutti gli esseri, la sua memoria è diventata quasi un tempio indù con le sue discriminazioni ed i suoi riti. Penso che voler "purificare" il luogo solo perché vi sono stati dei cani ad annusare vicino, sia un'ipocrisia e un insulto alla memoria di Gandhi. I dittatori e responsabili di assassini, torture e violazione dei diritti umani possono andare al memoriale ma non i cani?

Non penso che Gandhi avrebbe concordato con questa discriminazione verso i cani.

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Presidente George Bush allo Zoo Indiano

La famosa scrittrice indiana Arundhati Roy aveva scritto un articolo nel quotidiano The Hindu per esprimere il proprio parere riguardo alla visita del presidente americano, George W. Bush, in India. Come sempre era un articolo delizioso da leggere, Arundhati Roy è una maga con le parole.

La moschea di Purana Kila, Delhi

Riguardo la scelta del governo indiano di organizzare l'incontro con Bush alle rovine di Purana Kila, la suggestiva fortezza medievale che ospita anche lo zoo di Delhi, Arundhati aveva scritto, "Che succederà a George W. Bush? I gorilla lo acclameranno? Gli scimpanzé faranno rumori osceni? I leoni sbadiglieranno e le giraffe sbatteranno le loro splendide ciglia? I coccodrilli riconosceranno un'anima gemella? Le quaglie si rallegreranno che Bush non sia in viaggio con Dick Cheney?"

Roy concludeva il suo articolo con, "Niente di quello che dicono i giornali delle Belle Notizie potrà cambiare il fatto che in tutta l'India, George W. Bush, presidente degli Stati Uniti d'America e incubo del mondo, non è il benvenuto."

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Ma ero a Nuova Delhi in quei giorni di visita di George W. Bush, mentre tornavo dal mio viaggio in Nepal. Mi è sembrato che Roy non rifletteva il sentimento degli indiani, o almeno, della maggioranza di loro.

Gli indiani sembravano voler tanto bene a Bush. La sua relazione a Purana Kila fu trasmessa in diretta TV e seguita da milioni di persone. E' vero che c'erano poche persone sedute davanti a lui durante il suo discorso. Molte, compreso mia sorella, che avevano avuto l'invito, avevano già sperimentato le lunghe e noiose procedure di controlli di sicurezza americane e non li volevano affrontare di nuovo, per cui avevano scelto di guardarlo in TV. Ero al mercato mentre lui parlava e sono rimasto sorpreso dagli spontanei applausi che si sollevavano ogni tanto dal pubblico che si era raccolto davanti ai televisori. Sembrava di essere ad una partita di cricket, il gioco più amato dagli indiani, che alla relazione di un capo politico.

Si, un gruppo di sinistra aveva manifestato in centro di Delhi quel giorno, ma erano in pochi. Si, anche un gruppo di musulmani aveva organizzato una manifestazione quel giorno contro il signor Bush. Ma l'umore della maggioranza degli indiani che lo ascoltavano quella sera, mi è sembrato più di simpatia che di disprezzo.

Infatti il giorno dopo i giornali dicevano che Bush è rimasto chiaramente sorpreso dal entusiasmo delle folle, che non si era sentito così amato ne anche in America durante i momenti più alti della sua popolarità.

E che cosa significa questo entusiasmo degli indiani per Bush? Penso che nonostante tutto quello che dicono Arundhati Roy e i gruppi di sinistra, alla gente in India non frega niente dei morti di Iraq o di Afganistan. Gli indiani vogliono bene a George Bush e desiderano più rapporti amichevoli con l'America.

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lunedì 12 settembre 2005

11 settembre 2001: 4 anni fa

Ieri mattina, quando mi sono svegliato, il mio primo pensiero era che dovevo mandare un messaggio di auguri alla mia amica Mariangela per il suo compleanno. Poi ho pensato alla marcia Perugia-Assisi, alla quale avrei voluto andare ma ho dovuto rinunciare perché dovevo partecipare ad una riunione di lavoro. In pomeriggio, quando sono tornato a casa dopo la riunione, casualmente ho accesso la TV è ho trovato il film sull'11 settembre 2001, fatto di tanti piccoli film girati da diversi registi provenienti da tante parti del mondo. Soltanto allora mi sono ricordato che ieri era anche l'11 settembre. Come avevo fatto a dimenticare che era l'11 settembre?

Panorama di NY visto dalle Torri Gemelle, 1996
Le emozioni di quel 11 settembre sono ancora vive dentro di me. Il film rappresentava alcuni aspetti di quelle emozioni.

Il film parlava del marine americano, del kamikaze palestinese, delle persone che si lanciavano giù dalle torre gemelle, delle grida dei passeggeri sentite dalle loro famiglie attraverso i cellulari prima dell'impatto degli aerei, delle ragazze serbe che ricordavano le proprie stragi, dell'esule cileno che ricordava la cinica politica degli Stati Uniti che disfa i governi degli altri paesi se li giudica favorevoli alle proprie politiche, dell'etichetta del terrorista attaccato sulla fronte delle famiglie musulmane di New York, e così via. Tutte queste immagini evocate dal film, erano già più o meno conosciute. Invece mi è piaciuto il film sull'insegnante del villaggio che cercava di spiegare la tragedia ai piccoli bambini vicino una fabbrica dei mattoni, dove la ciminiera serviva come la metafora delle Torri Gemelle. Mi è piaciuto il film sulla ragazza sordomuta, arrabbiata con il suo ragazzo, perché lui voleva un miracolo. E mi è piaciuto il sogno dei ragazzi di Burkina Faso, di catturare l'Osama Bin Laden.

Anche le mie memorie di quell'11 settembre, sembrano un episodio di quel film. Quella mattina dovevo partire per il Libano, per una riunione dell'OMS, invece il mio volo Austrian da Bologna era stato annullato ed ero finito a Milano. Nelle ore passate all'aeroporto Malpensa di Milano, nell'attesa del mio volo per Libano, avevo visto gli immagini americane sugli schermi delle TV e le persone che chiudevano i loro negozi nell'aeroporto per paura. Anche il mio volo per Libano era stato cancellato. In tarda notte ero tornato a Bologna, con l'incubo di quelle immagini scioccanti nella mia testa.

Quella mattina mia madre viaggiava per Washington DC dalla mia sorella. Qualche ora prima del arrivo del suo arrivo, i terroristi avevano fatto cadere un aereo su Pentagono, così avevano chiuso l'aeroporto di Washington e lei era finita in Canada, in un campo gestito dalla Croce Rossa. Per giorni non avevamo le sue notizie. Erano giorni di angoscia.

E penso alle foto del 1996 nel nostro album delle vacanze in Stati Uniti. E penso ad una coppia che si era sposata nell'atrio delle Torre Gemelli o forse erano arrivati in quel atrio, dopo il matrimonio per farsi fotografare.

E penso a quel viaggio del 2002 al "gound zero", e le magliette e i cartelloni sbiaditi dal sole, esposti intorno al cratere, dove una volta stavano le torri gemelle.

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