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domenica 21 agosto 2022

Covid, Vaccino e Mortalità

Una recente analisi dei dati raccolti in Inghilterra ha mostrato un aumento del tasso settimanale di mortalità nella popolazione. In confronto alla media dei morti nei 5 anni precedenti, ogni settimana muoiono circa il 13-14% di persone in più. Soltanto una parte di queste morti può essere imputata al Covid, ma tutti i motivi di questo aumento non sono chiari. In tanto sembrano aver trovato delle sorprese riguardo il numero delle persone con reazioni legate ai vaccini anti-covid.

Il Video di John Campbell

Dott. John Campbell, è un bravo divulgatore delle informazioni mediche con circa 2,4 milioni di seguaci su YouTube. L’avevo scoperto nel 2020 perché riusciva a fornire gli aggiornamenti sulle diverse tematiche legate al Covid in maniera chiara e semplice. È una persona pacata che misura bene le sue parole. Lui ha parlato dell’eccesso della mortalità in Inghilterra nel suo video del sabato 20 agosto mattina.

Eccesso di Mortalità

L’eccesso di mortalità settimanale (intorno al 13-14%) si nota negli ultimi 2-3 mesi. Nel periodo precedente, il tasso di mortalità settimanale sembrava meno in confronto al passato perché l’anno scorso in questo periodo vi erano stati molti più morti dovuti al Covid.

Una parte di questi morti in più sono dovuti al Covid. Inoltra, una parte potrebbe essere dovuto alla continuazione del disfunzionamento dei servizi sanitari causato da questioni legate al Covid, in quanto sembra che le persone fanno fatica ad accedere ai servizi.

Mortalità Eccessiva e il Vaccino Anti-Covid

La domanda che lui si è posto era: L’eccesso di mortalità di questi giorni può essere legata alla vaccinazione anti-covid? Ha cercato le informazioni e ha fatto una domanda alle autorità sulla base della legge “Right to Information” che garantisce il diritto di accesso alle informazioni – secondo queste informazioni, vi erano 10 persone morte legate alle complicazioni del vaccino anti-covid.

A questo punto lui ha controllato i rapporti del “Cartoncino Giallo” per i tre vaccini anti-Covid principali che sono stati usati in Inghilterra (Pfizer, Astra-Zeneca e Moderna). Il sistema del Cartoncino Giallo è usato in Inghilterra per segnalare le reazioni averse alle medicine e ai vaccini. Secondo l’analisi di questi rapporti, un totale di circa 2.100 persone erano morte dopo aver ricevuto uno dei vaccini Covid.

Non è facile capire tutte le cause di questi morti. Una parte di questi 2.100 morti erano “morti in concomitanza temporale” ma non dovuti al vaccino, ciò è, le persone sono morte entro 1-2 settimane del vaccino per altre cause. Per ciò realmente soltanto una parte di questi morti erano dovuti al vaccino.

Un’altra possibilità è che le morti dovute al vaccino erano molte di più, perché gli studi hanno mostrato che soltanto il 10% di persone con reazioni gravi legate alle medicine e ai vaccini si registrano nel sistema del Cartoncino Giallo.

Reazioni Averse ai Vaccini in Italia

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha un sistema per la segnalazione delle reazioni ai farmaci e ai vaccini simile al sistema del Cartoncino Giallo in Inghilterra. Sia il personale sanitario che i singoli cittadini possono compilare un modulo online per segnalare la reazione aversa. 

AIFA valuta tutte le segnalazioni di reazioni averse e inoltre prepara un rapporto trimestrale sulle reazioni ai vaccini anti-Covid. Secondo l’ultimo rapporto di AIFA uscito alla fine di giugno 2022 sulle reazioni a questi vaccini, vi sono state 0,1% di segnalazioni di reazioni averse (ciò è, 100 reazioni per ogni 100.000 vaccinazioni) e circa il 18% di queste erano definite gravi.

Immagino, come in Inghilterra, anche in Italia soltanto una piccola parte delle persone con le reazioni le hanno segnalate.

Per esempio, 6 giorni dopo la seconda dose del vaccino Pfizer, ho iniziato ad avere molti extra-sistoli, anche 10-15 al minuto. L’ecocardiografia effettuata dopo circa 15 giorni ha evidenziato questi extra-sistoli ed ha assicurato che non vi era un impatto negativo sul funzionamento cardiaco. L’esame con holter cardiaco 4 mesi dopo evidenziato la persistenza degli extra-sistoli, anche se erano meno frequenti (3-5 al minuto). Più di un anno dopo continuo ad averli. Nel frattempo, ho anche avuto la 3° dose (con vaccino Moderna). Questi erano dovuti al vaccino, non lo so. In ogni caso, non sono stati segnalati a nessuno.

Conclusioni

In Italia e nel mondo, tra alcuni gruppi di persone vi è stato un forte sospetto verso i vaccini, compreso tra il personale sanitario, e queste hanno rifiutato di farsi vaccinare. Ciò rende importante non creare nessuna psicosi sull’aumento della mortalità settimanale in Inghilterra.

Dall’altra parte, penso che gli scienziati hanno bisogno di analizzare i dati sull’impatto reale dei vaccini anti-Covid e anche sui loro effetti collaterali compreso le eventuali morti in eccesso. Per questo motivo, i dati inglesi richiedono attento controllo e analisi. Se dovesse venire fuori che i sistemi sanitari hanno nascosto delle informazioni a questo riguardo, creerebbe un ulteriore senso di sfiducia verso i governi e verso i sistemi sanitari per le future epidemie.

Aggiornamento (29 agosto 2022)

Dopo una settimana, vi sono ulteriori conferme riguardo l'eccesso di mortalità non legata al Covid. Ieri, la Scozia ha confermato che vi è circa 10% di eccesso di mortalità. Analisi dei dati mostra che questo eccesso di mortalità tocca tutte i diversi gruppi di età. Secondo alcuni scienziati, tra 2020-21, molti anziani con co-morbidità sono morti per l'infezione da Covid, per cui, quest'anno si aspettava un calo nel tasso di mortalità.

venerdì 21 agosto 2020

I Significati della Danza

Danza è arte. È un modo di illustrare emozioni, soprattutto l'emozione della gioia. È un modo di esprimersi, un linguaggio. È cultura, tradizione e anni di lavoro. È un modo di comunicare con il divino, è un modo di esprimere il divino. Danza può essere tutto questo e molto altro.


Per la Giornata Internazionale della Danza, venite con me per un breve viaggio nel mondo della danza.

I Primi Ricordi

I miei primi ricordi della danza risalgono a quando avevo 6-7 anni e con mia sorella più giovane andavo alla scuola d'arte dove lei studiava la danza Kathak e io la pittura. Per alcune settimane, la scuola era rimasta senza il suo insegnante di pittura e così non avevo lezioni e stavo li a guardare le lezioni di danza di mia sorella.

La danza di Kathak assomiglia la danza spagnola, flamenco, per l'importanza che dà al battere dei piedi per creare un ritmo. In flamenco, i danzatori portano le scarpe con i tacchi che li aiutano a suonare il ritmo sul pavimento. Invece in kathak, i danzatori hanno i piedi nudi e un nastro con dei campanellini avvolto intorno alle caviglie, così il ritmo battuto sul pavimento è accompagnato da quelli dei campanellini (Ghungru).

Il Kathak può essere di due tipi - quello che racconta una katha (storia), accompagnato da bhava (espressioni) e mudra (gesti); e quello astratto che esprime danza pura senza una storia.


Kathak fa parte delle danze classiche indiane e ciò significa, che i ritmi dei piedi, le espressioni e i gesti sono tutti codificati, e i danzatori devono esprimersi eslusivamente tramite essi. Il suo ritmo di base ha 4 battiti e inizia con il piede destro - sinistro - destro - sinistro. Il successivo ritmo di 4 battiti inizia con il sinistro. In questo modo ogni quarto battito è doppio. Per capire meglio il ritmo di base di Kathak, potete guardare un breve video su Youtube.

Dopo qualche settimana di guardare mia sorella che imparava questo ritmo, l'avevo imparato anche io. Ripeterlo con i piedi, ancora oggi, risveglia dentro di me il ricordo di quei giorni di 60 anni fa. Per questo penso che danza è anche nostalgia.

Danza è Libertà

L'anno scorso (2019), un sabato sono uscito per andare in giro a Rio de Janeiro. Molti musei di Rio sono situati di fronte al mare. Dopo aver visitato la bella mostra di Ai Wei Wei, sono andato al museo dell'arte contemporanea. La zona di fronte al mare era piena di giovani di qualche scuola che si facevano fotografare con le toghe nere e capelloni per aver conseguito la laurea. Girai tra di loro per un po', prima di entrare in museo.

Finita la visita al museo al primo piano, sono sceso giù e mi sono trovato di fronte a gruppi di ragazzi che facevano le prove di danza dall'altra parte del vetro. Uno dei gruppi più bravi aveva molti ragazzi transgender. Mi sono seduto su una panca per guardare le loro prove. Era un'esperienza indimenticabile.

Penso che in Brasile, l'accettazione popolare dei ragazzi transgender è molto migliore che nel resto del mondo e forse hanno opportunità nel mondo di arte e moda, che non hanno in molti altri paesi del mondo. Ho visto il gruppo di danza composto da ragazzi transgender in India e so che devono lottare contro forti pregiudizi sociali.



Danza è Cultura

Una delle mie più belle esperienze di danza di strada sono state a Bologna. Intorno al 2004-05, un gruppo di giovani legati all'ambiente universitario aveva iniziato "Par Tot", una festa di strada. Per un sabato di giugno, la città si trasformava in un vivaio brulicante di colori, costumi, ritmi e suoni. Per prepararsi per la parata, i laboratori per imparare le danze e a confezionare i costumi iniziavano 2-3 mesi prima. La festa annuale è andata avanti fino al 2013, e ogni anno la partecipazione popolare cresceva, con gruppi provenienti da tutta l'Europa.



L'Associazione Oltre ... che organizzava la parata Par Tot ha cercato di continuare, ma forse la festa era diventata troppo grande per essere sorretta solo sulle spalle di giovani e meno giovani volontari. Non so bene tutti i motivi perché non hanno potuto continuare, ma mi dispiace molto che non si fa più. Penso a quella festa come un momento di grande vitalità culturale, un evento che poteva dare un'identità unica a Bologna, un po' come l'OktoberFest di Monaco, richiamando persone e gruppi da tutto il mondo.



Insieme a ParTot, per alcuni anni il Comune di Bologna aveva dato via ad altre iniziative culturali legate alla danza, come la Giornata Internazionale della Danza celebrata sulle strade e nelle piazze della città. Penso che erano gli anni del sindaco Cofferati. Invece negli ultimi anni, mi sembra che la città ha privilegiato eventi musicali.

Danza e il Sacro

Qualche anno fa, ero a Kannur, nel nord del Kerala nel sud dell'India. Un giorno andai a vedere la celebrazione di Theyam in un villaggio. Theyam è un evento di preghiera annuale organizzato dalle famiglie benestanti di questa zona. L'evento è organizzato dentro il bosco sacro della famiglia - un pezzo di terreno considerato sacro, spesso vicino ad un fiume o un laghetto, dove le famiglie hanno un piccolo tempio privato e dove è vietato tagliare gli alberi. La celebrazione dura 2-3 giorni e va avanti senza interruzioni, durante il quale un gruppo di persone vestono i panni di diversi dei indù, danzano davanti al tempio e benedicono le persone e le famiglie.



Tutti sono benvenuti alla celebrazione di Theyam. Spesso folle di persone dai villaggi circonstanti arrivano alla celebrazione per venerare i dei e guardare le loro danze sacre.

Questo è solo uno degli esempi del legame tra la danza e il sacro in induismo. Molte danze classiche dell'India - Kathakkali, Bharatnatyam, Mohiniattam e Odishi, sono legate ai templi e agli specifici momenti religiosi, anche se sempre più spesso, è possibile vederli come spettacoli fuori dai contesti religiosi.

Conclusioni

Mi piacciono tutti i tipi di danze. Amo sentire il ritmo dei tamburi e ammirare i danzatori. Sento un po' di invidia per loro perché non sono capace di lasciarmi andare in pubblico e mi sento goffo. Forse per questo sono così affascinato da loro! Spero che vi sia piaciuto questo piccolo viaggio nel mondo della danza.



lunedì 10 agosto 2020

Per Salvare i Bambini

Qualche giorno fa rimasi esterrefatto dalla pubblicità in tv di un’associazione che si occupa dell’infanzia nel mondo. Si vedevano immagini dei bambini africani piccoli gravemente malati e denutriti mentre una voce parlava della siccità nel loro Paese e chiedeva contributi per portare aiuto a queste popolazioni.

Conosco il mondo delle associazioni di volontariato, in Italia e a livello internazionale, da circa 35 anni. Per circa tre decenni ho lavorato con AIFO, un’associazione nazionale con sede a Bologna. Per cui ho seguito da vicino i dibattiti sulle esigenze della raccolta fondi e il diritto di rispettare la dignità delle persone e delle popolazioni con le quali lavoriamo.



Voglio parlarvi di questi dibattiti e delle scelte fatte da alcune associazioni di volontariato in Italia sull’uso della pubblicità.

Persone da Salvare?

Fino a qualche decennio fa l’uso di simili immagini era considerato normale. Nella rivista e nel materiale pubblicitario di AIFO spesso si usavano immagini dei malati di lebbra con gravi disabilità. Io sentivo un senso di fastidio quando guardavo quella pubblicità. Da una parte, parlavamo della solidarietà e della carità, dei diritti umani e della dignità delle persone e poi usavamo le immagini più brutte che potevamo perché avrebbero fatto colpo sui potenziali donatori e avrebbero aumentato le donazioni.

Almeno in parte, il mio senso di fastidio era dovuto anche al fatto che mi sentivo colpito in prima persona, perché l’India era il Paese con il più alto numero dei malati di lebbra e spesso quelle immagini riguardavano l’India. È vero che l’India aveva molti milioni di poveri; e nonostante il grande progresso di queste ultime decadi tutt’ora ne ha, anche se meno di prima. Ma vi era qualcosa fra i nostri proclami e quella pubblicità che stonava.

Primi Dibattiti sull’Uso della Pubblicità

Penso che le prime discussioni serie sulle immagini e sui messaggi nelle associazioni umanitarie siano iniziate negli anni della grande crisi in Corno d’Africa. La grave siccità in Etiopia intorno al 1984-85 aveva visto migliaia di foto simili nei giornali e telegiornali di tutto il mondo. Forse vi ricorderete la terribile fotografia del bimbo morente con l’avvoltoio in attesa seduto dietro, l’emblema di una tragedia che scosse il mondo.

Quelle immagini avevano fatto nascere molte discussioni, non solo dentro le associazioni ma anche nelle nostre piattaforme comuni. Negli anni Novanta avevo partecipato in molte discussioni anche nelle federazioni europee e internazionali. In alcune discussioni parteciparono anche i rappresentanti dei “beneficiari” degli interventi e delle associazioni di volontariato nei Paesi meno sviluppati, i quali fecero presente che quel tipo di pubblicità era contro la dignità delle persone e a volte vanificava i risultati dei nostri interventi. Per esempio: da una parte lamentavamo i pregiudizi e promuovevamo interventi di sensibilizzazione, dall’altra parte – con immagini e messaggi – fomentavamo gli stessi stereotipi.

Risultato di Quelle Discussioni

Eravamo giunti alla conclusione che l’uso di simili immagini e messaggi era in contrasto con i nostri obiettivi. In AIFO e nelle diverse associazioni internazionali che lottano contro la lebbra decidemmo di non usare più foto “forti” di persone con gravi disabilità. Infatti sono circa 20 anni che in AIFO non si utilizzano e qualche volta – quando ho voluto usarne una per illustrare le disabilità e le complicazioni che possono insorgere se le persone non vengono curate in tempo – ho dovuto limitarmi alle immagini “soft”.

Per quanto riguarda i minori nel 1989 è arrivata la Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini. L’articolo 16 di questa Convenzione riguarda il rispetto della privacy. L’articolo 34 chiede ai governi di proteggere i bambini dallo sfruttamento mentre l’art. 36 demanda ai governi di salvaguardare i bambini da tutto ciò che li danneggia. Infine l’articolo 39: i bambini che hanno sofferto diverse forme di violenza e negligenza dovrebbero essere aiutati a recuperare la loro salute, la dignità e l’autostima.

In Italia la firma della Convenzione aveva innescato molte discussioni. Infatti, La Carta di Treviso era stata firmata il 5 ottobre 1990, per l’iniziativa della Federazione Nazionale della stampa, dell’Ordine dei Giornalisti e di “Telefono Azzurro”. La Carta di Treviso regolamenta il rapporto fra due diritti-doveri costituzionalmente garantiti: esercitare la libertà di informazione e proteggere un cittadino al di sotto dei 18 anni nel suo sviluppo, garantendo una corretta formazione.

Nel 2006 a livello europeo la confederazione delle associazioni umanitarie CONCORD ha deciso un Codice di Condotta sulle Immagini e sui Messaggi nelle strategie di comunicazione pubblica. Questo Codice chiede che la scelta delle immagini e dei messaggi rispetti 3 princìpi fondamentali: la dignità delle persone coinvolte, l’uguaglianza di tutti i popoli e il bisogno di promuovere un trattamento equo, solidarietà e giustizia.

Pubblicità sui Bambini Gravemente Malati

Questa pubblicità è di Save the Children Fund (SCF) Italia. Devo dire che durante i miei anni di lavoro in AIFO più volte ho collaborato con la SCF inglese e ho appreso molto da loro, per esempio nel campo dell’educazione inclusiva. Ho ammirato la dedizione e impegno di diversi colleghi che lavorano per la SCF. So anche che SCF era uno dei motori dietro l’approvazione della Convenzione sui diritti dei bambini. Forse è per questo che vedere quella pubblicità, secondo me contraria ai princìpi fondamentali che segue SCF, mi ha così turbato.

Nei telegiornali spesso vedo che i volti dei minorenni sono resi sfuocati e invisibili, ma quelle misure valgono soltanto per gli italiani. I bambini africani nella pubblicità di SCF Italia non hanno simili diritti? Anche se un simile uso delle immagini dei bambini può essere legale perché l’opinione pubblica non condanna questo tipo di sfruttamento?

Il Garante per i diritti dei minori cosa dice di questa pubblicità? Nel 2017 un gruppo di lavoro guidato dall’Autorità garante per l’infanzia e adolescenza aveva elaborato un documento sulla tutela dei minorenni nel mondo della comunicazione. Questa tutela copre anche i bambini africani usati nella pubblicità?

All’inizio pensavo che soltanto SCF-Italia adottasse questo tipo di strategie per la raccolta dei fondi ma una ricerca su internet ha fatto emergere simili preoccupazioni anche in altri Paesi. Per esempio un articolo uscito nel 2015 dal titolo “A quale punto la pubblicità per la raccolta fondi supera i limiti?” parlava di simili preoccupazioni riguardo la pubblicità di SCF inglese e chiedeva se «la porno-povertà era tornata». L’articolo prendeva atto che «le immagini che sfruttano i poveri stanno tornando nelle campagne di raccolta fondi».

Conclusioni

Il mondo delle associazioni di volontariato italiane era molto ricco e aveva le radici nelle comunità locali. Insieme a centinaia di gruppi parrocchiali, le associazioni come Mani Tese, Cuamm-Medici con l'Africa e AIFO avevano molte offerte e progetti. Negli ultimi 10-15 anni, gradualmente questo mondo è andato in crisi con un calo delle offerte. Molte piccole associazioni umanitarie hanno dovuto chiudere.

Non è successo solo in Italia ma in tutta l’Europa. Forse per questo alcune associazioni europee e americane più forti sono diventate internazionali e hanno aperto i loro uffici in diversi Paesi. Questi hanno più risorse e possono organizzare campagne di comunicazione molto efficaci per la raccolta dei fondi. Save the Children Fund è tra queste. Forse è l’unico modo per loro di continuare a portare avanti le loro attività?

Devo dire che è deprimente dopo tutte le discussioni, convenzioni e linee guida, tornare a dove eravamo partiti!

martedì 20 marzo 2012

Immigrati e tradizioni culinarie degli altri

"Ho comprato il polvere di curry", mi aveva detto l'amica.

Veramente non avevo idea di cosa parlava, ma non le avevo detto niente.

In Europa tante persone pensano che il polvere di curry sia una spezia speciale che si usa per cucinare i piatti indiani, ma spesso gli indiani non sanno che c'è qualche spezia che si chiama il polvere di curry. La storia del polvere di curry somiglia alla storia della salsa per fare "spaghetti alla bolognese" che tutto il mondo sembra conoscere, a parte i bolognesi.

Infatti in India, la parola "curry" ha diversi significati.

Il significato più comune di curry è quello di una pianta aromatica che molte famiglie fanno crescere nel cortile di casa e ogni giorno, prendono alcune foglie fresche da aggiungere al piatto delle verdure verso la fine della cottura. Il nome scientifiche di questa pianta è Murraya koenigii. Le foglie di curry hanno un profumo molto particolare. Sono usate sempre intere, ciò è, non sono macinate per creare il polvere di curry. E non sono piccanti. Non è facile trovare le foglie di curry in Italia anche se rare volte ho visto sacchetti di plastica con foglie secche nei negozi gestiti dalle persone dello Sri Lanka (attenti a non confonderli con il Bay leaf o le foglie di alloro che in India si chiamano i "Tez patta").

Le foglie di curry sono considerate utili per curare diabete, infezioni batteriche, infiammazioni e problemi del fegato secondo il sistema tradizionale di medicina, Ayurveda.

Nel nord-ovest dell'India, la parola "curry" viene utilizzata anche per parlare di piatti a base di carne o di verdure con del liquido, ciò è i piatti "non asciutti", un po' simile all'uso della parola "minestra" nel nord Italia per parlare di primi piatti con un po' di liquido per differenziarli da "pasta asciutta" senza il liquido.

Invece il polvere di colore giallo che la mia amica chiamava "polvere di curry" è una miscela di spezie fatta con curcuma, coriandolo, sedano, aglio, ecc. In India non vendono il polvere di curry, che invece si trova in molti supermercati europei e americani.

Non sapevo come mai in Europa avevano deciso di vendere questa miscela con il nome di curry, finché non ho letto l'articolo di Uma Narayan nel suo libro "Dislocating cultures - identities, traditions and third world feminism" (Dislocando culture - identità, tradizioni e femminismo nel terzo mondo, Edit. Routledge, Londra, 1997)). In questo articolo Narayan parla di immigrazione e le culture culinarie nei contesti coloniali e post coloniali.

"La ricerca delle spezie orientali era una parte importante delle avventure coloniali iniziali", dice Narayan e racconta di una ricerca fatta da Susan Zlotnick sull'incorporazione della "curry" nelle ricette inglesi nell'epoca vittoriana, "Il desiderio per l'Altro e la paura della mescolanza che ciò crea, può essere disattivata tramite le metafore della domesticazione. Le donne della media borghesia possono prendere in casa un prodotto ibrido come curry, il prodotto bastardo dell'unione tra Inghilterra e India, e tramite effetto ideologico di domesticazione,  cancellare le sue origini straniere e rappresentarla come qualcosa di puro inglese."

Cucina indiana
I vari piatti indiani cucinati con diverse spezie sono stati tradotti nella "miscela del polvere di curry" per il palato inglese durante l'epoca coloniale. "Questa India immaginaria e esotica era necessaria per stimolare l'interesse imperiale per incorporare questo gioiello nella corona inglese". Allo stesso momento, India era anche "il paese dei poveri, dei barbari e degli ignoranti", per giustificare perché gli inglesi dovevano colonizzare l'India "per il suo bene, per civilizzarla, per renderla meno barbara e meno ignorante".

Uma Narayan tocca diversi argomenti legati alle tradizioni culinarie, religioni e culture nel suo articolo, nella sua famiglia d'origine in India e come immigrata in Gran Bretagna e in America. Per esempio, parlando delle contraddizioni dei ragionamenti tradizionali sui vari tabù alimentari della sua famiglia, lei ha scritto:

"La sua ripugnanza viscerale verso quelli che mangiano la carne bovina andava oltre agli inglesi fino agli indiani intoccabili, ai musulmani e ai cristiani...(ma) nel suo spazio di preghiera aveva anche la statua di vergine Maria, di Buddha e dei santi sikh. Sono sicura che mia madre avrebbe aggiunto volentieri anche qualche icona musulmana solo se l'Islam non l'avesse intralciata con la proibizione verso qualunque tipo di rappresentazione di Dio in forma di idoli .. il suo disprezzo per i mangiatori di carne bovina poteva convivere con le raccomandazioni generali di rispettare i dei degli altri e di mandare a studiare i suoi tre figli alla scuola cattolica .."

Mi ha fatto riflettere molto questo articolo di Uma Narayan. I primi viaggi degli esploratori e le conquiste imperiali, l'epoca coloniale e i movimenti migratori, tutti hanno influenzato le nostre culture culinarie. Queste stesse influenze esterne, con tempo possono diventare parte integrante delle nostre identità al punto che pensiamo che esse sono caratteristiche nostre e ci differenziano dagli altri. Bisogna saper guardarsi con un senso critico e storico per capire le costruzioni di queste nostre identità.

Oggi molte persone vogliono assaggiare le "culture culinarie esotiche", ma non tutte le culture culinarie straniere sono considerate ugualmente esotiche. Per esempio, penso che le cucine dei paesi africani generalmente non sono considerate esotiche e a parte le persone che hanno vissuto in un paese dell'Africa e conoscono i piatti specifici, la maggior parte delle persone non li conosce. Penso che meno di 1% di persone in Italia sapranno dirvi che cosa è la berberé o lo zighinì, che si preparono in Etiopia e Eritrea, anche se parliamo di piatti delle ex-colonie italiane.

Se la cucina giapponese è considerata raffinata e molto esotica, quella cinese è considerata un po' meno esotica. I ristoranti pakistani o Bangladeshi non avranno molti clienti, per cui preferiscono chiamarsi indiani, perché l'immagine della cultura culinaria dell'India ha più valore. Invece se vi fosse un ristorante nepalese o bhutanese, penso che non dovranno chiamarsi "ristorante indiano" perché i due paesi hanno un'immagine esotica per proprio conto?

Perché vi sono tutte queste differenze tra le diverse culture culinarie straniere?

L'immagine della cultura culinaria di un paese dipende dalla conoscenza e dai rapporti con quel paese. Così in Olanda potete trovare i ristoranti indonesiani e in Francia quelli vietnamiti, perché Indonesia era una colonia olandese e Vietnam era una colonia francese. Invece in Italia, non ho mai visto un ristorante indonesiano o vietnamita. Ma Italia aveva le colonie in Eritrea e Somalia, perché non si vedono i ristoranti eritrei o somali in Italia?

Un'altra domanda che mi pongo è - quello che viene servito in questi ristoranti etnici, perché è così diverso da quello che le persone mangiano in quel paese? Veramente non so se questo è vero per tutti i ristoranti etnici ma è sicuramente vero per i ristoranti indiani. Le tradizioni culinarie di vari stati dell'India, da Rajasthan, Gujarat e Kashmir fino a Kerala, tutte le tradizioni culinarie sono così diverse uno dall'altro, ma non le ho mai viste in un ristorante indiano in Italia. Invece se la vostra conoscenza della cucina indiana è basata sulle visite presso i ristoranti indiani, potete anche immaginare che Tandoori chicken e naan sono i piatti nazionali dell'India.

Ma vale lo stesso per i ristoranti italiani all'estero? Pizza e spaghetti alla bolognese sono i piatti italiani più conosciuti!

Forse è questo il senso di conoscere le culture culinarie degli altri - identificare alcuni piatti, adattarli ai nostri gusti e pensare che siamo sofisticati, siamo persone del mondo, siamo persone che conoscono chi sono gli altri, cosa pensano, cosa mangiano, come ragionano!

Cucina cinese

Cucina brasiliana
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venerdì 9 settembre 2011

Dieci anni dopo

Quel giorno dovevo partire per Libano, ma pensavo a mia mamma. Quella mattina anche lei era in viaggio. Stava andando a Washington e durante la notte doveva aver cambiato il volo a Londra. Avevo pensato di farla venire a Bologna per qualche giorno, ma  l'ambasciata italiana a Delhi non l'aveva rilasciato il visto. Era uscita una nuova legge e bisognava fare una fidejussione presso una banca per farla avere il visto e le procedure per fare la fidejussione erano un po' complicate.

Quando avevo capito che lei non poteva venire, avevo accettato la proposta di partecipare alla riunione in Libano. Avevo il volo della linea austriaca per Vienna e poi da Vienna dovevo andare a Beirut. Ma quella mattina, l'aereo per Vienna aveva dei problemi e alla fine avevano cancellato il volo. La linea aerea mi aveva proposto un altro giro - andare a Milano Malpensa e poi prendere il volo per Beirut quella stessa sera.

Ero a Malpensa quando erano arrivate le notizie degli attacchi terroristici a New York. Ero ipnotizzato davanti agli teleschermi dell'aeroporto. Poco dopo avevano annunciato che il volo per Beirut era stato cancellato e quella sera, dopo tutto il giorno passato negli aeroporti, ero tornato a Bologna. Soltanto allora avevo saputo che vi erano state degli attacchi anche a Washington e che il volo sul quale viaggiava mia mamma non aveva potuto atterrare e non sapevamo dove era finito.

Dieci anni dopo, quando penso a quelle tremende immagini delle due torri, penso anche alla ansia di quelli giorni per cercare di capire cosa era successo a mia mamma e dove era finita. Parlava poco l'inglese e non aveva molti soldi con se. Dopo avevamo scoperto che aveva passato qualche giorno in un campo in Canada allestito dalla croce rossa e poi, era stata rimandata a Londra, dove era rimasta in aeroporto di Heathrow per alcuni giorni, prima di riprendere il suo viaggio per l'America.

Non parlava di quei giorni, diceva che era confusa e che non si ricordava molto. Proprio in quei giorni avevamo cominciato a sospettare che lei aveva alzheimer. Forse lo stress di quei giorni aveva fatto precipitare la sua situazione.

Oramai lei non c'è più, è morta nel 2010. Nonostante le paure di quel viaggio del settembre 2001, aveva continuato a viaggiare. Era tornata in America altre due volte per stare con mia sorella. Invece aveva rifiutato di venire a trovarmi a Bologna.

"Mi trattano male nella tua ambasciata, mi fanno sentire come una persona non gradita, e non voglio tornare da loro", mi aveva detto.

Si avvicina l'anniversario dell'11 settembre. In un racconto uscito sul giornale inglese Guardian, la scrittrice di origine pakistana, Kamila Shamsie, racconta del anniversario dell'11 settembre vissuto nella redazione di una rivisita di Karachi, dove lavora Ayla, tornata dall'America in Pakistan:
What would they say if she told them, Ayla wondered? She looked across the office at the bumper sticker pasted on the wall under Saba's print out: America had 9/11; England had 7/7; India had 26/11; Pakistan has 24/7. They were all to-the-marrow Karachiwallas, steeped in a bitter "survivor humour" which had been refined through decades of violence. The men who strapped bombs to their chests in the name of God were just the newest form of attackers, not even the deadliest. Would she be able to puncture her colleagues' grotesque oneupmanship?
Le memorie sono così. I nostri piccoli e grandi ricordi personali mescolati agli eventi che segnano la storia.

***

giovedì 18 agosto 2011

Io canterò dopo la mia morte

Io lavoro per AIFO, un'associazione che lavora con i malati di lebbra e con le persone disabili. Penso che sia stata una grande fortuna per me poter lavorare per qualcosa che mi appassiona e che mi dà tanta soddisfazione.

Vi presento alcune parole di Raoul Follereau, la persona che ha ispirato AIFO, che spiegano il senso di quello che sento dentro di me:
E' questo l'esempio, questo ricordo vi lascio.
Non avrete bisogno di girare il mondo senza sosta per trovare la felicità .
La vostra felicità e nel bene che farete, nella gioia che diffonderete intorno a voi,
Nel sorriso che farete fiorire, nelle lacrime che avrete asciugato.
Certo la vita quotidiana e difficile, ma essa è giovane e bella per l'eternità.
E poi quando avrete delle difficoltà, dei contrasti,
Ricordatevi che l'importante non è ciò che si raccoglie, ma ciò che si semina,
L'importante non è ciò che si è, ma ciò che si offre.
Siate seminatori d'amore, il mondo vi attende e vi reclama.
Organizzate l'epidemia del bene e che essa contamini il mondo.
Che importano la stanchezza del giorno, l'incertezza del giorno dopo?
Chi combatte per un ideale, anche se vinto, è invincibile.
Il mondo ha fame di grano e di tenerezza.
Lavoriamo! 
Raoul Follereau

venerdì 17 dicembre 2010

Natale e le altre religioni

Ieri c'era una notizia in La Repubblica, che parlava della scelta di una scuola italiana di non organizzare la consueta festa di natale per "rispetto verso i bambini delle altre religioni" presenti nella classe:
All’asilo ci sono tanti figli di genitori non cristiani e per questo le maestre decidono di non fare la tradizionale festa di Natale aperta alle famiglie. Ai bambini, per di più, non saranno insegnate canzoni su Gesù e Betlemme, ma solo quelle che parlano di renne e di Babbo Natale. La decisione del collegio dei docenti della scuola materna comunale di via Forze Armate 59 però non piace a tutti. A quei genitori che si lamentano, sostenendo che «la festa di Natale non fa male a nessuno», la direzione risponde con una lettera: la tradizionale “canzoncina per le mamme” non si farà, «data la presenza di un’alta percentuale di bambini appartenenti ad altre culture e religioni — si legge — e di stranieri appena ammessi alla frequenza, che non parlano neppure italiano».
Non è la prima volta che si sentono questo tipo di discussioni. L'anno scorso, anche a Londra parlavano di non avere i tradizionali addobbi e luci di natale per "non urtare" la sensibilità delle persone di altre religioni.

So che alcune persone di altre religioni approvano di queste scelte perché per loro non è accettabile che i loro figli imparano cose relative al cattolicesimo. Personalmente ho molti dubbi su questo tipo di ragionamenti. Penso che conoscere un'altra religione, o meglio ancora, conoscere altre religioni, non è soltanto bello, ma è fondamentale per le società multiculturali e multireligiose. Per i bambini festeggiare le feste religiose insieme è il modo più bello per rispettare e valorizzare le nostre diversità.

Secondo me, per rispettare i bambini delle altre religioni e culture presenti nelle classi, è importante celebrare non soltanto natale, ma anche le feste degli altri. L'Idd dei musulmani, Gurupurab dei sikh, Deewali e Holi degli indù, sono opportunità per i bambini di conoscere le altre religioni attraverso la gioia delle feste. Le società multiculturali e multireligiose, hanno bisogno di conoscenze reciproche e non di "ignoranze rispettose" che creano i ghetti.

La soluzione non è di non avere gli addobbi e le luci di natale sulle strade. La soluzione è permettere che le diverse comunità religiose presenti nelle nostre città, hanno la possibilità di praticare le proprie religioni e di festeggiare le proprie ricorrenze religiose, in maniera rispettosa dei valori civili dei paesi dove hanno scelto di vivere, senza suscitare paure e reazioni.

Avere una festa in più, non fa male a nessuno. Fanno male i muri e le diffidenze che stanno nascosti nei cuori.

domenica 11 gennaio 2009

L'anno passato - 2008

A fine dell'anno, ogni rivista che si rispetta, parla delle sue memorie dell'anno passato, degli eventi più importanti. Ho scelto alcune delle foto che mi hanno colpito di più per parlare di cosa significava questo anno per me:

Iniziamo con gli attacchi terroristici di Mumbai e le memorie di quel 26 novembre 2008. Avevo visto l'11 settembre delle due torri di New York, ma il coinvolgimento emotivo era diverso. Questa prima foto scattata da Arko Datta/Reuters, presenta una tranquilla mattina presso il Gateway of India e l'hotel Taj Mahal.





La seconda foto è stata scattata da Gleb Garanich/Reuters in Georgia durante un bombardamento russo. Le guerre sanguinose, le persone che continuano a morire per l'indifferenza del mondo, hanno continuato anche nel 2008, e l'esempio più feroce di questo attacco è quello che succede a Gaza, dove i militari israeliani continuano a trucidare innocenti dietro la scusa di attaccare l'Hamas. Alcune descrizioni della ferocia dei militari, raccontate da un gruppo di medici israeliani erano agghiaccianti. Alcuni figli delle persone chiuse e torturate nei ghetti di Versavia e nei campi di concentramento naziste, sembrano aver preso le sembianze crudeli di quelli che torturavano i loro genitori.





La terza foto è stata scattata da Mark Wessels/Reuters a Cape Town in Sud Africa dove la furia contro gli immigrati continua. Anche qui, le persone uscite da una lunga lotta al regime di apartheid si accaniscono contro i poveri immigrati africani. In India, nella ricca Mumbai le forze dell'orgoglio marathi di Raj Thakre attaccano i poveri immigrati venuti da Bihar e Uttar Pradesh. In Italia, i senatori della Lega propongono delle leggi discriminatorie, come quella che vorrebbe convertire i medici nelle spie per denunciare i malati clandestini.




La quarta foto è di Danish Ismail, scattata a Srinagar nel Kashmir indiano durante un funerale. La polizia è spesso presentata come carnefice e violenta, e di colpe ne ha tantissime. Basta pensare a quanto successo a Bolzanetto dopo il G8 di Genova. 

Nello stato di Kashmir, diversi attivisti e scrittori indiani compresi Arundhati Roy e Pankaj Mishra avevano parlato di questa violenza dello stato, chiedendo il governo indiano di smettere subito con le crudeltà delle forze militari e di lasciar andare Kashmir al Pakistan, se lo desiderano. L'idea che persone possono decidere di "cambiare" paese solo perché appartenenti alla loro stessa religione, lo trovo difficile da applicare all'India perché è così piena di diversità e se ogni religione, ogni etnia lo penserà così, l'India non dovrebbe esistere, ma concordavo con Roy quando diceva che non si può chiedere alle persone di pagare il prezzo del rispetto di un principio con la loro vita. Ma i risultati delle ultime elezioni nel Kashmir mi confondano. Se la maggioranza della popolazione musulmana di Kashmir vuole che Kashmir sia Pakistana, perché 70-80% è andata a votare per le elezioni? Forse quelli che gridano del loro diritto di far parte del Pakistan, non rappresetano la maggioranza della popolazione?

Il pianto dei polizziotti in questa foto è importante per ricordare che vi sono persone da entrambe le parti che perdono la vita e che la rischiano, anche se nelle discussioni spesso tendiamo a demonizzare una parte e santificare l'altra.




L'ultima foto è di Peter Andrew/Reuters scattata a Nakuru in Kenya e presenta un ragazzo con una freccia ficcata nella sua testa. Quando ho visto la foto, il mio primo pensiero era che questa foto presentava una nuova acconciatura afro, poi quando ho visto la freccia, ho pensato ad un trucco con fotoshop. Invece la foto non è un trucco di fotoshop, ed è una testimonianza della ferocia della rabbia umana durante le lotte. 


giovedì 14 agosto 2008

Mio Sogno

Leggevo un articolo che parlava male dei musulmani e della loro idea di costruire la nuova moschea a Bologna, e ho pensato al mio sogno.

Sogno un grande spazio. Un enorme spazio che si chiama “Casa della Umanità” o si chiama, “Casa di Dio”. Dentro questo spazio persone di tutte le religioni possono riunirsi, pensare, meditare e pregare. Cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani, indù, buddisti, parsi, sikh, giani, ma anche atei e quelli che pensano che la religione sia qualcosa di negativo. La domenica può essere il giorno per i cristiani, sabato per gli ebrei, venerdì per i musulmani, martedì per gli indù, lunedì per i parsi, e così via. E se lo stesso giorno è sacro per due o tre religioni diverse, questi si faranno le loro preghiere uno dopo l’altro o insieme o a turno. Anche gli atei avranno il loro turno e potranno pensare a Gandhi, a Martin Luther King, a Newton, o a Sabrina Ferrilli o a Raoul Bova, se vorranno. Quelli contro le religioni, potranno discutere e criticare Rama, Krishna, Zarathustra, Gesu o Maometto o altri. Si potrà ragionare su quello che dicono i vari libri sacri e quello che dice la dichiarazione universale sui diritti dell’uomo. Potrai imparare gli inni e le preghiere di tutte le religioni che vorrai.

Sogno questo grande spazio.

martedì 29 luglio 2008

Amitav Ghosh sulla Birmania

In India è uscito il nuovo libro di Amitav Ghosh, The Sea of Poppies (Il mare dei papaveri). Ne avevo già parlato poco tempo fa. Dopo pochi giorni ho scelto di tornare a parlare di Ghosh, anche perché è tra i miei scrittori preferiti.

In occasione dell'uscita del suo nuovo libro, Rediff.com ha pubblicato un’intervista molto interessante con Ghosh, fatta da Bijoy Venugopal. Se conoscete l’inglese e vi piace Amitav Ghosh, vi consiglio di leggere questa intervista.

Come sempre, Ghosh è schietto e chiaro, non cerca di nascondersi dietro i giri di parole. Il libro riguarda il commercio dell’oppio dell’impero inglese. Secondo lo scrittore, questo commercio di droga, prodotta in India e venduta in Cina, ha costruito la base della ricchezza dell’impero inglese del diciannovesimo secolo.


Qui presento un estratto di quest’intervista di Ghosh dove lui parla della situazione nella Birmania, perché è una posizione che quasi non si sente mai in Europa:
“Uno dei problemi reali della Birmania è che è diventata una fronte per il confronto dei poteri tra il Cina e gli Stati Uniti. Spesso le persone con intenzioni buone diventano parte di questo confronto, che mira soltanto al cambiamento del regime.
Ero rimasto scioccato dall’impatto del ciclone Nargis nella Birmania. Ma ero ugualmente scioccato dal modo in cui i media americane parlavano di questo in un modo puramente politicizzato – non riguardava le persone che morivano; riguardava il regime. E’ molto cinico usare una tragedia umana per promuovere un obiettivo politico.
Penso che dobbiamo preoccupare per la Birmania, ma è importante riconoscere che un cambiamento improvviso e catastrofico in Birmania sarà un disastro non solo per il popolo Birmano ma anche per altri nella regione. Non penso che qualcuno di noi lo vorrebbe.
La Birmania è una pentola in ebollizione – non dobbiamo dimenticare che ha avuto 16 guerre civili etniche. L’attuale situazione della Birmania è dovuta quelli disturbi. Quello che vorremmo per la Birmania è un cambiamento graduale dove Aung San Suu Kyi potrà assumere la guida del governo. Ciò non è qualcosa che vorresti all’improvviso o in una notte.
Quando leggo alcune dichiarazioni europee e americane, penso che non pensano per il bene del popolo birmano. Vogliono soltanto realizzare i propri progetti politici in Birmania. Era così anche in Iraq, dove si è deciso di fare uno sperimento politico nella quale le vite dei cittadini iracheni sono state sacrificate.
Trovo rivoltanti le prediche di Laura Bush al governo birmano riguardo ai morti dovuti al ciclone. Dove era lei, quando era arrivato il ciclone Katrina a New Orleans? Ma aveva sentito un po’ di pietà umana per la tragedia nazionale? Perché non è andata ad aiutare le persone colpite a New Orleans? Ancora oggi centinaia di persone restano senza i loro beni a New Orleans. All’improvviso, è così interessata alla situazione in Birmania, non vi fa venire un sospetto?”
Chiaramente, la posizione di Ghosh riguardo al cambiamento in Birmania è di cauzione e lui paragona la situazione in Birmania alla situazione in Iraq ai tempi di Saddam Hussein.

Ghosh conosce bene la Birmania. Ha già scritto più volte di suoi viaggi nella Birmania e di suoi incontri con la sig.ra Aung San Suu Kyi. Uno di suoi libri, “Il Palazzo degli Specchi” (ed. Neri Pozza, 2007) era ambientato nella Birmania. Consiglio vivamente anche suo libro, “Circostanze incendiare” (Neri Pozza, 2005), dove troverete i suoi articoli sulla Birmania.
Ho letto le recensioni del nuovo libro di Anita Nair (Goodnight and Godbless) e dicono che sia il suo migliore libro. Ho sentito bene anche di due altri libri scritti da scrittori indiani, Salman Rushdie e Jhumpa Lahiri. Spero che tutti questi libri uscirono presto anche nella versione italiana!

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