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domenica 21 agosto 2022

Covid, Vaccino e Mortalità

Una recente analisi dei dati raccolti in Inghilterra ha mostrato un aumento del tasso settimanale di mortalità nella popolazione. In confronto alla media dei morti nei 5 anni precedenti, ogni settimana muoiono circa il 13-14% di persone in più. Soltanto una parte di queste morti può essere imputata al Covid, ma tutti i motivi di questo aumento non sono chiari. In tanto sembrano aver trovato delle sorprese riguardo il numero delle persone con reazioni legate ai vaccini anti-covid.

Il Video di John Campbell

Dott. John Campbell, è un bravo divulgatore delle informazioni mediche con circa 2,4 milioni di seguaci su YouTube. L’avevo scoperto nel 2020 perché riusciva a fornire gli aggiornamenti sulle diverse tematiche legate al Covid in maniera chiara e semplice. È una persona pacata che misura bene le sue parole. Lui ha parlato dell’eccesso della mortalità in Inghilterra nel suo video del sabato 20 agosto mattina.

Eccesso di Mortalità

L’eccesso di mortalità settimanale (intorno al 13-14%) si nota negli ultimi 2-3 mesi. Nel periodo precedente, il tasso di mortalità settimanale sembrava meno in confronto al passato perché l’anno scorso in questo periodo vi erano stati molti più morti dovuti al Covid.

Una parte di questi morti in più sono dovuti al Covid. Inoltra, una parte potrebbe essere dovuto alla continuazione del disfunzionamento dei servizi sanitari causato da questioni legate al Covid, in quanto sembra che le persone fanno fatica ad accedere ai servizi.

Mortalità Eccessiva e il Vaccino Anti-Covid

La domanda che lui si è posto era: L’eccesso di mortalità di questi giorni può essere legata alla vaccinazione anti-covid? Ha cercato le informazioni e ha fatto una domanda alle autorità sulla base della legge “Right to Information” che garantisce il diritto di accesso alle informazioni – secondo queste informazioni, vi erano 10 persone morte legate alle complicazioni del vaccino anti-covid.

A questo punto lui ha controllato i rapporti del “Cartoncino Giallo” per i tre vaccini anti-Covid principali che sono stati usati in Inghilterra (Pfizer, Astra-Zeneca e Moderna). Il sistema del Cartoncino Giallo è usato in Inghilterra per segnalare le reazioni averse alle medicine e ai vaccini. Secondo l’analisi di questi rapporti, un totale di circa 2.100 persone erano morte dopo aver ricevuto uno dei vaccini Covid.

Non è facile capire tutte le cause di questi morti. Una parte di questi 2.100 morti erano “morti in concomitanza temporale” ma non dovuti al vaccino, ciò è, le persone sono morte entro 1-2 settimane del vaccino per altre cause. Per ciò realmente soltanto una parte di questi morti erano dovuti al vaccino.

Un’altra possibilità è che le morti dovute al vaccino erano molte di più, perché gli studi hanno mostrato che soltanto il 10% di persone con reazioni gravi legate alle medicine e ai vaccini si registrano nel sistema del Cartoncino Giallo.

Reazioni Averse ai Vaccini in Italia

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha un sistema per la segnalazione delle reazioni ai farmaci e ai vaccini simile al sistema del Cartoncino Giallo in Inghilterra. Sia il personale sanitario che i singoli cittadini possono compilare un modulo online per segnalare la reazione aversa. 

AIFA valuta tutte le segnalazioni di reazioni averse e inoltre prepara un rapporto trimestrale sulle reazioni ai vaccini anti-Covid. Secondo l’ultimo rapporto di AIFA uscito alla fine di giugno 2022 sulle reazioni a questi vaccini, vi sono state 0,1% di segnalazioni di reazioni averse (ciò è, 100 reazioni per ogni 100.000 vaccinazioni) e circa il 18% di queste erano definite gravi.

Immagino, come in Inghilterra, anche in Italia soltanto una piccola parte delle persone con le reazioni le hanno segnalate.

Per esempio, 6 giorni dopo la seconda dose del vaccino Pfizer, ho iniziato ad avere molti extra-sistoli, anche 10-15 al minuto. L’ecocardiografia effettuata dopo circa 15 giorni ha evidenziato questi extra-sistoli ed ha assicurato che non vi era un impatto negativo sul funzionamento cardiaco. L’esame con holter cardiaco 4 mesi dopo evidenziato la persistenza degli extra-sistoli, anche se erano meno frequenti (3-5 al minuto). Più di un anno dopo continuo ad averli. Nel frattempo, ho anche avuto la 3° dose (con vaccino Moderna). Questi erano dovuti al vaccino, non lo so. In ogni caso, non sono stati segnalati a nessuno.

Conclusioni

In Italia e nel mondo, tra alcuni gruppi di persone vi è stato un forte sospetto verso i vaccini, compreso tra il personale sanitario, e queste hanno rifiutato di farsi vaccinare. Ciò rende importante non creare nessuna psicosi sull’aumento della mortalità settimanale in Inghilterra.

Dall’altra parte, penso che gli scienziati hanno bisogno di analizzare i dati sull’impatto reale dei vaccini anti-Covid e anche sui loro effetti collaterali compreso le eventuali morti in eccesso. Per questo motivo, i dati inglesi richiedono attento controllo e analisi. Se dovesse venire fuori che i sistemi sanitari hanno nascosto delle informazioni a questo riguardo, creerebbe un ulteriore senso di sfiducia verso i governi e verso i sistemi sanitari per le future epidemie.

Aggiornamento (29 agosto 2022)

Dopo una settimana, vi sono ulteriori conferme riguardo l'eccesso di mortalità non legata al Covid. Ieri, la Scozia ha confermato che vi è circa 10% di eccesso di mortalità. Analisi dei dati mostra che questo eccesso di mortalità tocca tutte i diversi gruppi di età. Secondo alcuni scienziati, tra 2020-21, molti anziani con co-morbidità sono morti per l'infezione da Covid, per cui, quest'anno si aspettava un calo nel tasso di mortalità.

lunedì 2 maggio 2022

Il Clan dei Bachchan

Qualche settimana fa, a seguito di un mio scritto sulle difficoltà di parlare delle caste da parte degli scrittori e dei giornalisti occidentali, avevo avuto uno scambio di messaggi con Vincenza Venti. Vincenza gestisce un gruppo italiano molto popolare sull’attore di Bollywood, Amitabh Bachchan. In quello scambio, avevo ipotizzato un mio scritto sul signor Bachchan e il tema delle caste. Dopo diverse settimane sono riuscito a trovare il tempo per onorare la mia promessa.

Prima di iniziare questo scritto, voglio subito chiarire che in più occasioni il sig. Bachchan si è espresso contro le discriminazioni legate alle caste e ha fatto parte di alcuni film importanti (compreso il recente “Jhund”) che parlano dell’emancipazione delle persone delle cosiddette “caste basse”.

Il grande clan dei Kayastha

Ognuno delle 4 principali caste (Varna) è suddiviso nei sottogruppi dei grandi clan. Il clan della famiglia Bachchan, come quello di mio papà, si chiama Kayasth. Questo clan fa parte della casta dei commercianti. Secondo mia nonna paterna, anticamente i Kayasth svolgevano i lavori manuali, per cui facevano parte della quarta casta, ciò è, dei Shudra. Loro si occupavano di preparare il materiale di scrittura usato dai bramini. Poi hanno iniziato ad aiutare i bramini nella copiatura dei manoscritti e così hanno imparato a leggere e scrivere. Dopo le invasioni musulmane e poi dopo l’arrivo degli inglesi, hanno trovato lavoro nei tribunali e nelle amministrazioni e hanno iniziato a accumulare proprietà e potere. Sono stati tra i primi a studiare inglese. Così con l’aumento della ricchezza e del potere, sono saliti di grado nel sistema dei Varna. Molti insegnanti, professori, scienziati, poeti e scrittori nel nord dell’India appartengono a questo clan.

All’interno del clan dei Kayasth, vi sono diversi “Jaati” (pronunciato “Giati”), ognuno con il suo cognome. I cognomi più importanti tra i Kayasth sono – Srivastava o Shrivastava, Singh, Sinha, Saxena Kishore e Varma. Secondo le regole della casta, il clan dei Kayasth è endogamo, ciò è, per i matrimoni combinati, dovrebbero sposare all’intero del clan, ma solo tra le persone di cognomi diversi. Per esempio, uno Srivastava non può sposare un altro Srivastava ma potrebbe sposare uno Sinha o Saxena.

Oltre al matrimonio, i vari Jaati di un clan possono essere legati tra di loro con altre strutture sociali di sostegno, per esempio, le scuole ed i sistemi tradizionali di ricevere prestiti. Le persone dello stesso clan che provengono da una specifica zona geografica possono trovare ospitalità presso i confratelli e se devono assumere delle persone, dovrebbero privilegiare i confratelli. I clan condividono le mitologie, i rituali religiosi, i tabù alimentari, e spesso hanno le stesse ricette e modi di cucinare alcuni piatti speciali, e anche lo stesso uso del linguaggio.

Ogni clan di ogni casta, compreso i clan delle cosiddette "caste basse", sono organizzati più o meno nello stesso modo. Per questo motivo, sembra così difficile eliminare completamente le caste, soprattutto nelle piccole città e nelle aree rurali. Invece nelle grandi città, le caste hanno sempre meno importanza.

La Famiglia Bachchan

La città di Allahabad (conosciuta anche come Prayag o Prayagraj) è considerata la roccaforte dei Kayasth. La famiglia di mio padre erano i Shrivasta di Allahabad come lo era la famiglia Bachchan.

Il papà Bachchan si chiamava Harivansh Rai Shrivastav. Aveva 19 anni nel 1926 quando era stato sposato con Shyama, che allora aveva 14 anni. La coppia non aveva avuto figli, e nel 1936, Shyama morì a 24 anni per la tubercolosi. Laureato in letteratura inglese, Harivansh era diventato famoso nel 1935 per il suo libro di poesie intitolato Madhushala (La casa del vino), per il quale aveva scelto il pseudonimo di “Bachchan” (Ragazzino).

Nel 1941, 5 anni dopo la morte della prima moglie, Harivansh si sposò per la seconda volta. Questa volta fu un matrimonio d’amore e la sua sposa Teji, era di religione Sikh. Nel frattempo, altri due volumi delle sue poesie (Madhubala o la ragazza del vino e Madhukalash o l’anfora del vino) avevano avuto grande successo e oramai, lui era diventato famoso come “il poeta Harivansh Rai Bachchan”. Insegnava inglese all’università di Allahabad e la famiglia aveva buoni rapporti con Pandit Jawaharlal Nehru e la sua figlia Indira Nehru (dopo diventata Indira Gandhi) che erano i loro vicini di casa. Abitavano nella zona di Civil Lines di Allahabad, una delle zone più chic della città. Il primo genito Amitabh nacque nel 1942, mentre il primogenito di Indira Gandhi, Rajiv nacque nel 1944, e i due diventarono amici.

Nel 1968, quando Rajiv sposò Sonia, la sposa fu ricevuta all’aeroporto di Delhi da Amitabh e fu alloggiata presso la casa della sua mamma, Teji Bachchan.

Un anno dopo, nel 1969 usci “Saat Hindustani”, il primo film di Amitabh. Due anni dopo, nel 1971 usci, Reshma aur Shera, il suo secondo film, nel quale aveva una piccola parte di un ragazzo sordo e muto. Il successo e riconoscimento popolare arrivarono qualche mese più tardi con il film “Anand”, nel quale era nel ruolo di un medico, triste e serio.

Rapporti con la Famiglia Bachchan

Mio nonno era tesoriere di un’associazione dei Kayasth a Allahabad e conosceva la famiglia Bachchan. Noi eravamo cresciuti a Delhi, ma ai primi anni settanta, quando veniva qualche parente da Allahabad, qualche volta si parlava di Amitabh, come “quel ragazzo magro e alto che girava sulla sua bici”.

Suo papà era così famoso che per molti anni, si parlava di Amitabh come “il figlio più grande di Bachchan ji”. Soltanto negli anni ottanta e novanta, Amitabh è divenuto più famoso del suo papà e la gente ha iniziato a riferire a Harvansh Rai come “il papà di Amitabh”.

Amitabh Bachchan e le Caste

Mentre abitavamo a Bologna, seguivo il festival River-to-River organizzato da Selvaggia Velo a Firenze. Così nel 2011, ho avuto l’opportunità di partecipare alla conferenza stampa di Amitabh Bachchan. Da quel incontro, ricordo ancora il mio pensiero quando l’avevo sentito parlare – “Ma parla proprio come i cugini di Allahabad”!

In quell’occasione, lui aveva parlato della sua famiglia con le seguenti parole: “Mio papa era tra le prime persone a Allahabad ad andare contro il sistema delle caste, predominante in quei tempi. Lui si sposò con una ragazza della religione Sikh e diceva spesso che, ‘Vorrei che i miei figli e nipoti, tutti possono sposarsi con le persone provenienti da diverse parti dell’India.’ In fatti, ho sposato una bengalese, mio fratello si è sposato con una ragazza sindhi, mio figlio ha sposato una ragazza tulu e mia figlia si è sposata in una famiglia punjabi.



Alla fine

Ho voluto scrivere delle caste collegandolo alla storia famigliare di Amitabh Bachchan con la speranza che in questo modo si potrà capire meglio come funziona il complesso sistema delle caste, come sta cambiando nelle città e perché si fatica ad eliminarlo.

Spesso si parla delle caste esclusivamente come l’esclusione sociale di alcuni gruppi emarginati e si chiede come mai dopo tutti questi anni, l’India non riesce a cancellare questo sistema.

Tra i gruppi emarginati, oltre a tutte le sue funzioni sociali, il sistema delle caste serve anche ad avere accesso privilegiato all’educazione e al mondo del lavoro, grazie ai programmi speciali del governo indiano. Per cui, mentre questi gruppi lottano contro la violazione dei loro diritti umani e contro la loro esclusione sociale, essi continuano ad avere la casta come un sistema di aggregazione comunitaria. È per questo che soltanto poche persone lottano per abolizione delle caste, la maggior parte lotta soprattutto per abolire l’esclusione sociale legate ad esse.

domenica 10 aprile 2022

Raccontare le Caste

Ogni mese il nostro gruppo di lettura sceglie un libro da leggere e poi ci riuniamo per scambiare le nostre opinioni. Questo mi costringe a leggere dei libri che altrimenti eviterei.

Per esempio, il libro di questo mese (aprile 2022) è “La Treccia” scritto originariamente in francese da Laetitia Colombani e tradotto in italiano da Claudine Turla. Non penso che l'avrei cercato senza la spinta del mio gruppo.

La casta di uno dei personaggi indiani di questo libro gioca un ruolo importante nello sviluppo della sua trama, ma le descrizioni della sua vita hanno molti errori. In questo scritto voglio parlare di alcune delle difficoltà di raccontare le caste.

Le immagini usate in questo scritto sono di un gruppo emarginato che si occupa dei rifiuti nel nord-est dell'India, con il quale avevo lavorato alcuni anni fa.

La Complessità delle Caste

Penso che sarebbe meglio iniziare con qualche informazione sulla casta della mia famiglia, per darvi un’idea della complessità del tema. Miei genitori venivano da due parti diverse del subcontinente indiano e appartenevano a due caste diverse. Entrambi erano seguaci di Mahatma Gandhi. Mio padre, ancora giovane, aveva deciso di "uscire" dalla sua casta, rinunciando al cognome della famiglia e assumendo un cognome inventato, “Deepak” (lampada). Perciò formalmente non appartengo ad una casta specifica.

Questo ci porta alla mia prima spiegazione per le persone che si chiedono come mai l'India non riesce a superare questo sistema – le caste delle famiglie si esprimono attraverso i loro cognomi. Quindi, pensate a come si potrebbe far cambiare i cognomi ad un miliardo di indiani senza creare altri problemi burocratici?

Il sistema è anche incredibilmente complesso, perché si esprime attraverso i Jaati, i sottogruppi delle caste - ogni casta è suddivisa in centinaia di Jaati principali, ognuno dei quali suddiviso in numerosi sottogruppi e con una diversità di regole da osservare che riguardano soprattutto i matrimoni, il mangiare insieme e i rapporti sociali. Qualche volta, i gruppi ed i sottogruppi possono avere gli stessi nomi ma che occupano livelli molto diversi tra di loro nella gerarchia sociale in diverse parti del paese. È come un albero gigante con centinaia di tronchi, e ogni tronco con centinaia di rami e ramoscelli. Raccontare la vita di un sottogruppo delle caste è difficile anche per i narratori indiani, se non li hanno osservati o studiati da vicino.

Il secondo aspetto che complica tutto è che il sistema delle caste non si limita soltanto alle discriminazioni verso alcuni gruppi emarginati, il che potrebbe essere visto come un suo effetto collaterale, ma la sua funzione principale è quella di delineare le regole della vita sociale dei gruppi e per questo è valorizzato dalle comunità. Le caste, per centinaia di milioni di persone, rappresentano i legami con i loro clan. Per cui, non è realistico pensare all’eliminazione del sistema delle caste a breve termine, piuttosto, bisogna pensare a come eliminare le discriminazioni sociali legate ad esse. Con urbanizzazione i vecchi legami dei clan spariscono, così un giorno spariranno anche le caste, ma in tanto bisogna agire per eliminare il suo impatto negativo sulla vita delle persone.


Dopo questi chiarimenti, ora possiamo parlare del libro.

La Treccia di Laetitia Colombani

Il libro racconta la storia di tre donne in tre paesi diversi – Smita, una donna della casta degli intoccabili in India, Giulia che lavora nel laboratorio del padre in Sicilia, e Sarah, un avvocato in carriera in Canada. In questo scritto, mi soffermerò sul personaggio di Smita.

La storia di Smita, ha delle descrizioni molto intense ed emotivamente forti. Per esempio, l’autrice descrive in maniera molto vivida che cosa significa raccogliere gli escrementi delle persone con le mani nude o come si sente quando si va nei campi a catturare i ratti con le mani, per poi ammazzarli, cucinarli e mangiarli. Sicuramente l’autrice ha fatto delle ricerche approfondite e forse ha parlato con delle persone che conoscono il sistema delle caste e la situazione degli intoccabili. Tuttavia, è evidente che l’autrice non ha mai vissuto con loro o visto la loro vita da vicino.

Le Descrizioni Errate: Per esempio, partiamo dai nomi dei 3 personaggi della famiglia (Smita, Lalita e Nagarjun) – questi non sono nomi giusti per i personaggi nella situazione descritta nel libro, perché denotano un contatto con la cultura popolare e urbana. Se questa famiglia aveva un televisore o abitava in un centro urbano, i nomi di Smita e Lalita potevano starci. Invece, Nagarjun, è il nome di una divinità venerata nel sud dell’India e non sta bene in una famiglia ambientata nel nord. È come se una famiglia tradizionale in Sicilia ai primi del novecento avesse nomi come Walter e Elisabeth.

La descrizione del loro villaggio, la posizione del loro pozzo d’acqua, le descrizioni della loro capanna e delle preghiere al dio Vishnu, sono tutte sbagliate. I mestieri di Smita (raccogliere escrementi) e di Nagarjun (catturare ratti) appartengono a due gruppi diversi, i Bhangi e i Musahar, che normalmente non si sposano tra di loro perché hanno diverse collocazioni nella gerarchia delle caste. Questi sono alcuni esempi e il libro è pieno di dettagli errati riguardo la vita di Smita, che è descritta senza nessun riferimento al suo gruppo sociale, alle persone della sua casta che vivono nelle case intorno a lei.

Un lettore che non si rende conto di tutto questo può immergersi nella storia e lasciarsi trasportare dagli eventi. Invece per me questi errori erano come dei sassolini nella scarpa che ostacolavano la mia lettura.

Difficoltà di Scrivere delle Caste

Comunque come ho spiegato sopra, il sistema delle caste in India è complesso ed è difficile da capire per le persone che non sono cresciute dentro. Per cui, spesso gli autori e i giornalisti stranieri, anche quelli che vivono per anni in India, possono commettere degli errori quando ne parlano.

Per esempio, nella recensione del filmLa Tigre Bianca”, scritta da Piero Zardo e uscita sulla rivista “Internazionale”, iniziava con le seguenti parole: “Tratto dal romanzo di Aravind Adiga (Booker prize nel 2008), La tigre bianca racconta la parabola di Balram (Adarsh Gourav), un ragazzo di una famiglia poverissima del Rajastan. Balram è un giovane brillante ma la sua condizione sociale gli impedisce di ricevere un’istruzione e di nutrire ambizioni all’altezza della sua intelligenza. Del resto è così che funziona il sistema delle caste.

Quando avevo letto questa frase sul sistema delle caste, ero rimasto un po' perplesso perché nel libro, la casta di Balram non aveva un’influenza significativa sulla trama. Inoltre, avevo visto delle immagini del film dove il ragazzo lavorava in un ristorante o dove si sedeva al tavolo con il padrone. Entrambe queste immagini facevano pensare che la posizione del ragazzo nella gerarchia sociale non era di una casta bassa. Per cui, il sistema delle caste centrava poco con la sua situazione, centravano molto di più, la povertà, la classe sociale e le rigide gerarchie di classi che sono una parte fondamentale della società indiana. Allora perché Zardo aveva fatto riferimento al sistema delle caste?

Penso che i giornalisti e gli scrittori occidentali, quando guardano la povertà e l'esclusione in India, lo fanno soprattutto attraverso la lente delle caste, anche dove questa centra poco, perché associano la povertà economica esclusivamente all’appartenenza alle caste “basse”.


Visione Superficiale delle Caste

Il sistema delle caste in India è in grande evoluzione ed i rapporti di potere tra le diverse caste continuano a cambiare, soprattutto negli ultimi tre decenni. Continuare a pensare e vedere le persone che appartengono alle caste “basse” esclusivamente come vittime e senza capacità di lottare, è uno sbaglio comune.

Anche i giornalisti bravi ed esperti come Federico Rampini possono dimostrare di non capire questi cambiamenti. Per esempio, nel suo libro "L'Eta del Caos" (Mondadori, 2015), lui aveva scritto: “L'obiezione è come fa (India) a chiamarsi democrazia finché esistono le caste? ... La stortura indiana è enorme, macroscopica, innegabile. Le caste esistono da quando esiste la religione induista ...

Mettere in discussione la democrazia indiana perché esistono le caste dimostra una non conoscenza delle lotte politiche intraprese dalle cosiddette caste basse negli ultimi settant'anni. Loro hanno i loro partiti e più volte hanno vinto le elezioni in diverse regioni, hanno fatto parte dei governi a vario livello e più volte hanno occupato i ruoli di primo piano compreso quello del presidente della repubblica. Tutto questo non poteva accadere se l’India non era una democrazia.

Alla Fine

Il sistema delle caste è un mondo complesso che permea ogni strato della società indiana, soprattutto nei rapporti sociali. Nelle città il sistema ha perso molte delle sue funzioni discriminatorie e se uno ha i soldi, la sua casta potrebbe non avere nessun impatto sulla sua vita. Certo, può succedere che una persona benestante di una casta "bassa" non sia invitata a cena da un vicino di una casta più alta, ma le famiglie benestanti di qualunque casta possono avere come impiegati e collaboratori, le persone di tutte le caste.


Il governo indiano ha messo in atto un enorme programma di assistenza e di aiuti per le caste emarginate. Per esempio, questo programma prevede che una percentuale di posti siano riservati per loro nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro. Per accedere a queste agevolazioni servono i certificati di appartenenza alle specifiche caste. Secondo me, questi certificati rendono ancora più forte e radicato il sistema delle caste, ma i gruppi emarginati sono contrari a qualunque cambiamento in questo sistema. Per cui, non penso che il sistema delle caste in India potrà smettere di esistere entro breve.

Nei prossimi decenni, penso che le caste continueranno ad esistere come i clan, ma perderanno ulteriormente la loro capacità di emarginare gruppi di persone. La diffusione dei cellulari e dell’internet a basso costo, stanno arrivando anche nei villaggi indiani più lontani, e portano consapevolezza. Le ribellioni dei gruppi emarginati rimasti nei villaggi costringeranno a cambiare i vecchi mondi ed i vecchi modi di pensare delle persone.

Nota (26 luglio 2022): Ieri, 25 luglio 2022, signora Draupadi Murmu è diventata la quindicesima presidente della repubblica indiana. Signora Murmu appartiene alla tribù indigena dei Santali ed era nata in uno sperduto villaggio del distretto di Mayurbhanj nello stato di Odisha nel nord-est dell'India nel 1958. Aveva faticato a frequentare le scuole elementari perché il suo villaggio non ne aveva una. Aveva iniziato la sua carriera come un'insegnante delle scuole elementari. La sua famiglia vive ancora in quel villaggio sperduto. Nel sistema delle caste, i gruppi Adivasi, ai quali appartiene la signora Murmu, è in fondo alla gerarchia. Penso che per una persona come la signora Murmu diventare il presidente della repubblica indiana sia il trionfo della democrazia, ed è un segno di come il sistema delle caste sta cambiando, anche se molto lentamente.

lunedì 14 marzo 2022

I Neanderthal Indiani

Lo storico olandese Rutger Bregman nel suo libro “Una nuova storia (non cinica) dell’umanità” (Feltrinelli, 2020) propone una tesi alternativa del perché gli esseri umani e soprattutto la nostra specie, Homo sapiens, è diventata la predominante sulla terra. Secondo lui, l'ascesa degli Homo sapiens è dovuta al fatto che sono fondamentalmente buoni, e che danno importanza alla convivenza sociale pacifica e all'amicizia.
Neanderthal nella mitologia India - Immagine di S. Deepak

Bregman parla anche del lungo periodo di convivenza di diverse specie umane per almeno una decina di migliaia di anni. Mentre leggevo questa parte del libro, mi sono chiesto se i vari popoli potevano aver conservato un ricordo di questa convivenza nei loro miti e leggende? Questa riflessione mi ha portato ad alcuni antichi testi indiani. Questi testi sono parte di una tradizione popolare vivente, che vengono letti e rappresentati ancora oggi in diversi modi durante le festività indiane.

I Miti e le Storie dei Popoli Antichi

Gli studi genetici hanno dimostrato che tutti noi abbiamo una piccola percentuale di geni di altre specie umane nei nostri DNA, il che significa che vi è stata qualche mescolanza tra le specie.

Non tutti i popoli hanno avuto una continuità delle loro culture orali. Per esempio, l’arrivo di ebraismo, cristianesimo e islam ha introdotto nuovi elementi che hanno sostituito le vecchie storie conservate nelle culture orali. Alcune antiche storie, rituali e pratiche sono state conservate ma sono anche state modificate in alcuni loro aspetti per diventare parte delle nuove credenze.

Il colonialismo e il proselitismo hanno sostituito molte delle antiche storie e leggende in Africa e America latina. Invece in Asia, anche se le nuove credenze sono state introdotte, molti popoli sono riusciti a conservare le loro antiche usanze e storie, anche se in alcuni paesi come Russia, Cina e Vietnam, il comunismo ha agito specificamente contro le antiche usanze e credenze con simili effetti.

In fine oggi, la cultura globalizzata dominata dal consumismo continua ad avere simile effetto di farci ignorare le antiche storie, o di vederle come qualcosa di arcaico e retrogrado, perciò da dimenticare. Fortunatamente, allo stesso momento, oggi lo sviluppo delle nuove tecnologie offre molte possibilità ai singoli di conservare e diffondere quelle antiche conoscenze.

Non possiamo prendere letteralmente i miti e le legende dei popoli come le descrizioni dei fatti realmente accaduti, perché questi sono sicuramente stati modificati e rielaborati più volte lungo i millenni. Tuttavia, forse alcuni di essi conservano un nocciolo di informazioni storiche reali. Un esempio della conservazione delle informazioni tramite la storia orale è quella delle Linee dei Canti (Song lines) dei popoli Aborigeni in Australia. Questi canti possono coprire migliaia di chilometri e conservare informazioni molto complesse e dettagliate sulla geografia, sull’accesso all’acqua e sugli eventi storici.

Cultura Orale in India

India è un paese con una tradizione di cultura orale profondamente radicata. Quando l’India è diventata indipendente 70 anni fa, soltanto il 12% della popolazione sapeva leggere e scrivere e la cultura orale era predominante. Ancora oggi, la cultura orale rimane una sua parte fondamentale soprattutto in alcuni suoi aspetti legati alla religione.

Per esempio, alcuni anni fa, in un documentario della BBC del regista Michael Woods intitolato "The Story of India", vi era una parte che riguardava un gruppo di Bramini del Kerala che cantavano una preghiera in un misto di suoni apparentemente senza senso, che assomigliavano ai canti degli uccelli. Loro non erano in grado di spiegare il significato di quella preghiera ma la conservavano fedelmente come parte della tradizione. Il documentario ipotizzava che quel canto poteva conservare i suoni rituali degli antichi sciamani dai tempi della preistoria.

Gli Antichi Libri dell’Induismo

I libri sacri più antichi della tradizione induista si chiamano i Veda (letteralmente “Vedere”). Questi fanno parte della tradizione chiamata Shruti (Parole udite).

Il secondo gruppo di libri sacri sono i Purana (gli antichi) che fanno parte della tradizione chiamata Smriti (Parole ricordate).

Un terzo gruppo di libri sacri sono le storie cantate o le storie in versi. Vi sono due testi importanti in questo gruppo, Mahabharata (Il grande India) e Ramayana (Storia di Rama). Questi due testi fanno parte della tradizione chiamata Itihasa (Ciò che è successo).

Ho pensato che alcuni elementi di Ramayana e Mahabharata, e alcune storie raccontate nei Purana potrebbero riguardare i rapporti tra gli Homo sapiens e le altre specie umane. Ovviamente le mie sono soltanto delle speculazioni perché non vi sono elementi storici che possono provare queste tesi.

La Tribù dei Kapi in Ramayana

In Ramayana, Kapi è il nome di una tribù che vive nelle foreste. Nella cultura popolare questa tribù è rappresentata da esseri un po’ umani e un po’ scimmie. Bali, Sugriva, Hanuman e Angad sono alcuni personaggi Kapi, che giocano un ruolo importante nella storia di Ramayana, soprattutto Hanuman, che è considerato un essere divino e ha molti seguaci in India.
Neanderthal nella mitologia India - Immagine di S. Deepak

Nella mitologia, Hanuman è il figlio di Pavan, il dio del vento. Lui può saltare molto in alto, è veloce, può coprire grandi distanze e conosce le piante medicinali. Angad, un altro personaggio Kapi di Ramayana, è famoso per la sua grande forza. Penso che i Kapi possono rappresentare una delle specie umane con i quali gli Homo sapiens avevano convissuto.

I Rakshasa in Ramayana

Una parte di Ramayana è ambientata nell’isola di Sri Lanka, e descritta come il regno di un altro gruppo di esseri chiamati i Rakshasa, i quali sono alti, forti e molto intelligenti. Ravana, il re dei Rakshasa, è considerato un grande saggio, un Re-Bramino dei Rakshasa, anche se svolge il ruolo del cattivo nella storia. Lui è rappresentato da un essere con dieci teste, che simboleggiano la sua grande intelligenza. Forse i Rakshasa potevano essere un'altra specie umana?
Neanderthal nella mitologia India - Immagine di S. Deepak

Anche il Mahabharata ha alcune descrizioni dei popoli che vivono nelle foreste e che sono descritti come altri gruppi di umani, diversi dai protagonisti principali del libro. Per esempio, in questo testo, Bhima, uno dei protagonisti principali, si sposa con Hidimba, una donna della foresta e ha un figlio con lei. La città di Manali nelle montagne a nord di Delhi, ha un famoso tempio dedicato a Hidimba. 

I Miti nei Purana

I Purana raccontano le storie delle antiche famiglie nell'India preistorica. In queste storie, i re degli umani si chiamano i Manu. Vi sono diversi altri personaggi non-manu in queste storie, per esempio i gruppi conosciuti come Asura, Detya, Danava e Rakshasa, che potrebbero essere riferimenti alle altre specie umane. Alcuni di questi gruppi sono descritti con simili nomi anche nei testi Avesta, gli antichi libri sacri della Persia (odierno Iran), dai seguaci di Zarathustra.

Nei racconti dei Purana, i rapporti tra i Manu e gli altri gruppi iniziano spesso come parenti (per esempio, sono i figli dello stesso padre con due madri diverse). Inoltre, vi sono molte storie di matrimoni misti tra di loro. Poi con tempo, con alcuni di loro nascono le rivalità che qualche volta sfociano in guerre. Per esempio, nella storia di Shukracharya, il capo dei Detya, lui è considerato un grande saggio e l’insegnante dei Manu, ma dopo qualche generazione, alcuni suoi discendenti diventano i rivali dei Manu e le due fazioni hanno conflitti.

Conclusioni

Mi piace molto la premessa del libro di Rutger Bregman che l'Homo sapiens è diventata la specie dominante perché erano gli uomini buoni che davano più importanza ai rapporti sociali che alle guerre. Non ho ancora finito di leggere questo libro e sono curioso di conoscere come Bregman spiega l’accadere degli eventi come l’olocausto, le guerre di religione e la tratta degli schiavi da parte degli uomini "fondamentalmente buoni".

Mi piace pensare che l’Homo sapiens dal cuore gentile era spesso buono anche con le altre specie umane e che le antiche culture orali hanno conservato la memoria di questa convivenza nei loro miti e leggende. Penso che la cultura orale indiana è una delle poche che oggi può vantare di una tradizione ininterrotta da almeno qualche migliaia di anni. Non so se i personaggi di Ramayana e dei Purana descritti sopra fanno effettivamente riferimento a quella convivenza, ma mi piace pensarlo.

***
#mitologiaindiana #neaderthalnellamitologia #tradizioniorali #storiadell'umanità 

lunedì 10 agosto 2020

Per Salvare i Bambini

Qualche giorno fa rimasi esterrefatto dalla pubblicità in tv di un’associazione che si occupa dell’infanzia nel mondo. Si vedevano immagini dei bambini africani piccoli gravemente malati e denutriti mentre una voce parlava della siccità nel loro Paese e chiedeva contributi per portare aiuto a queste popolazioni.

Conosco il mondo delle associazioni di volontariato, in Italia e a livello internazionale, da circa 35 anni. Per circa tre decenni ho lavorato con AIFO, un’associazione nazionale con sede a Bologna. Per cui ho seguito da vicino i dibattiti sulle esigenze della raccolta fondi e il diritto di rispettare la dignità delle persone e delle popolazioni con le quali lavoriamo.



Voglio parlarvi di questi dibattiti e delle scelte fatte da alcune associazioni di volontariato in Italia sull’uso della pubblicità.

Persone da Salvare?

Fino a qualche decennio fa l’uso di simili immagini era considerato normale. Nella rivista e nel materiale pubblicitario di AIFO spesso si usavano immagini dei malati di lebbra con gravi disabilità. Io sentivo un senso di fastidio quando guardavo quella pubblicità. Da una parte, parlavamo della solidarietà e della carità, dei diritti umani e della dignità delle persone e poi usavamo le immagini più brutte che potevamo perché avrebbero fatto colpo sui potenziali donatori e avrebbero aumentato le donazioni.

Almeno in parte, il mio senso di fastidio era dovuto anche al fatto che mi sentivo colpito in prima persona, perché l’India era il Paese con il più alto numero dei malati di lebbra e spesso quelle immagini riguardavano l’India. È vero che l’India aveva molti milioni di poveri; e nonostante il grande progresso di queste ultime decadi tutt’ora ne ha, anche se meno di prima. Ma vi era qualcosa fra i nostri proclami e quella pubblicità che stonava.

Primi Dibattiti sull’Uso della Pubblicità

Penso che le prime discussioni serie sulle immagini e sui messaggi nelle associazioni umanitarie siano iniziate negli anni della grande crisi in Corno d’Africa. La grave siccità in Etiopia intorno al 1984-85 aveva visto migliaia di foto simili nei giornali e telegiornali di tutto il mondo. Forse vi ricorderete la terribile fotografia del bimbo morente con l’avvoltoio in attesa seduto dietro, l’emblema di una tragedia che scosse il mondo.

Quelle immagini avevano fatto nascere molte discussioni, non solo dentro le associazioni ma anche nelle nostre piattaforme comuni. Negli anni Novanta avevo partecipato in molte discussioni anche nelle federazioni europee e internazionali. In alcune discussioni parteciparono anche i rappresentanti dei “beneficiari” degli interventi e delle associazioni di volontariato nei Paesi meno sviluppati, i quali fecero presente che quel tipo di pubblicità era contro la dignità delle persone e a volte vanificava i risultati dei nostri interventi. Per esempio: da una parte lamentavamo i pregiudizi e promuovevamo interventi di sensibilizzazione, dall’altra parte – con immagini e messaggi – fomentavamo gli stessi stereotipi.

Risultato di Quelle Discussioni

Eravamo giunti alla conclusione che l’uso di simili immagini e messaggi era in contrasto con i nostri obiettivi. In AIFO e nelle diverse associazioni internazionali che lottano contro la lebbra decidemmo di non usare più foto “forti” di persone con gravi disabilità. Infatti sono circa 20 anni che in AIFO non si utilizzano e qualche volta – quando ho voluto usarne una per illustrare le disabilità e le complicazioni che possono insorgere se le persone non vengono curate in tempo – ho dovuto limitarmi alle immagini “soft”.

Per quanto riguarda i minori nel 1989 è arrivata la Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini. L’articolo 16 di questa Convenzione riguarda il rispetto della privacy. L’articolo 34 chiede ai governi di proteggere i bambini dallo sfruttamento mentre l’art. 36 demanda ai governi di salvaguardare i bambini da tutto ciò che li danneggia. Infine l’articolo 39: i bambini che hanno sofferto diverse forme di violenza e negligenza dovrebbero essere aiutati a recuperare la loro salute, la dignità e l’autostima.

In Italia la firma della Convenzione aveva innescato molte discussioni. Infatti, La Carta di Treviso era stata firmata il 5 ottobre 1990, per l’iniziativa della Federazione Nazionale della stampa, dell’Ordine dei Giornalisti e di “Telefono Azzurro”. La Carta di Treviso regolamenta il rapporto fra due diritti-doveri costituzionalmente garantiti: esercitare la libertà di informazione e proteggere un cittadino al di sotto dei 18 anni nel suo sviluppo, garantendo una corretta formazione.

Nel 2006 a livello europeo la confederazione delle associazioni umanitarie CONCORD ha deciso un Codice di Condotta sulle Immagini e sui Messaggi nelle strategie di comunicazione pubblica. Questo Codice chiede che la scelta delle immagini e dei messaggi rispetti 3 princìpi fondamentali: la dignità delle persone coinvolte, l’uguaglianza di tutti i popoli e il bisogno di promuovere un trattamento equo, solidarietà e giustizia.

Pubblicità sui Bambini Gravemente Malati

Questa pubblicità è di Save the Children Fund (SCF) Italia. Devo dire che durante i miei anni di lavoro in AIFO più volte ho collaborato con la SCF inglese e ho appreso molto da loro, per esempio nel campo dell’educazione inclusiva. Ho ammirato la dedizione e impegno di diversi colleghi che lavorano per la SCF. So anche che SCF era uno dei motori dietro l’approvazione della Convenzione sui diritti dei bambini. Forse è per questo che vedere quella pubblicità, secondo me contraria ai princìpi fondamentali che segue SCF, mi ha così turbato.

Nei telegiornali spesso vedo che i volti dei minorenni sono resi sfuocati e invisibili, ma quelle misure valgono soltanto per gli italiani. I bambini africani nella pubblicità di SCF Italia non hanno simili diritti? Anche se un simile uso delle immagini dei bambini può essere legale perché l’opinione pubblica non condanna questo tipo di sfruttamento?

Il Garante per i diritti dei minori cosa dice di questa pubblicità? Nel 2017 un gruppo di lavoro guidato dall’Autorità garante per l’infanzia e adolescenza aveva elaborato un documento sulla tutela dei minorenni nel mondo della comunicazione. Questa tutela copre anche i bambini africani usati nella pubblicità?

All’inizio pensavo che soltanto SCF-Italia adottasse questo tipo di strategie per la raccolta dei fondi ma una ricerca su internet ha fatto emergere simili preoccupazioni anche in altri Paesi. Per esempio un articolo uscito nel 2015 dal titolo “A quale punto la pubblicità per la raccolta fondi supera i limiti?” parlava di simili preoccupazioni riguardo la pubblicità di SCF inglese e chiedeva se «la porno-povertà era tornata». L’articolo prendeva atto che «le immagini che sfruttano i poveri stanno tornando nelle campagne di raccolta fondi».

Conclusioni

Il mondo delle associazioni di volontariato italiane era molto ricco e aveva le radici nelle comunità locali. Insieme a centinaia di gruppi parrocchiali, le associazioni come Mani Tese, Cuamm-Medici con l'Africa e AIFO avevano molte offerte e progetti. Negli ultimi 10-15 anni, gradualmente questo mondo è andato in crisi con un calo delle offerte. Molte piccole associazioni umanitarie hanno dovuto chiudere.

Non è successo solo in Italia ma in tutta l’Europa. Forse per questo alcune associazioni europee e americane più forti sono diventate internazionali e hanno aperto i loro uffici in diversi Paesi. Questi hanno più risorse e possono organizzare campagne di comunicazione molto efficaci per la raccolta dei fondi. Save the Children Fund è tra queste. Forse è l’unico modo per loro di continuare a portare avanti le loro attività?

Devo dire che è deprimente dopo tutte le discussioni, convenzioni e linee guida, tornare a dove eravamo partiti!

sabato 10 marzo 2018

India: Lingue, Dighe e Rivoluzioni

Ho conosciuto Daniele Barbieri 7-8 anni fa durante un corso di scrittura creativa a Bologna dove lui era uno degli insegnanti. Ogni volta che esce un nuovo articolo sull’India sul blog “La Bottega del Barbieri”, ricevo un suo email. Così qualche giorno fa ho avuto il link di un articolo di Gianni Sartori intitolato, India: Popoli – E Lingue – Minacciati Dal “Progresso”.

Ho voluto approfondire alcune questioni sollevate da Sartori e questo mio articolo è uscito ieri anche sul blog di Barbieri.


Le lingue che Scompaiono


Sartori accenna alle difficoltà di scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia delle lingue parlate da piccoli gruppi che stanno scomparendo. La costruzione delle strade nelle aree rurali e tribali, l’educazione scolastica, tutto contribuisce alla scomparsa delle lingue minori. E come si fa a scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia della propria cultura?

Penso che imparare nuove lingue e conoscere nuove culture è un arricchimento personale. Allo stesso momento, nuove lingue e nuove conoscenze inevitabilmente ci cambiano – cambiano il nostro modo di pensare, le nostre lingue e le nostre culture. Come si fa ad essere aperti al nuovo e mantenere invariato il vecchio? Ogni persona che ha traslocato, anche nel proprio paese, lo sa. Ma forse non serve né anche traslocare, perché con le ferie all’estero, con la TV e con l’internet, è impossibile non incontrare l’altro e il diverso, e nel processo, non essere cambiato.

In India, il predominio di Bollywood insieme alle sue canzoni e la popolarità delle soap-opere della TV indiana sono forze importanti che influiscono sul nostro mondo linguistico. Il fascino di Bollywood e della TV indiana, arrivano anche in Nepal, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan. Qualche anno fa, in un villaggio circondate dalle montagne in Nepal, avevo incontrato un insegnante, il quale si era lamentato dell’influenza dei telefilm indiani sulla lingua parlata degli studenti.

Dall’altra parte i film di Hollywood e la musica americana influiscono sulle persone che vivono nelle metropoli.

Sartori nel suo articolo non parla dell’impatto delle religioni nella scomparsa delle lingue e delle culture, ma anche questo ha un suo ruolo, non solo in India ma in tutto il mondo. La costruzione delle nuove strade portano gli autobus, i commercianti, le idee esterne e le religioni.

Qualche anno fa, mentre visitavo alcune aree interne di Madhya Pradesh, abitate dalle tribù isolate, nella parte centrale dell’India, gli amici mi raccontavano che i ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università, portano le feste e i costumi dedicati ai dei indù nelle proprie comunità, mentre con tempo gradualmente le feste tribali come quelle dedicati ai dei locali diventano meno importanti.

Nel nord-est dell’India, negli stati di Meghalaya e Nagaland, l’opera dei missionari ha convertito la stragrande maggioranza della popolazione al cristianesimo con la quasi scomparsa delle lingue, dei costumi e delle mitologie indigene di queste tribù.

Invece nello stato di Assam, la diffusione dei predicatori islamici sta cambiando i costumi dei gruppi musulami che vivono da secoli in queste aree, compresi alcuni cambiamenti linguistici. Il numero delle donne e delle ragazze che portano il velo integrale è in aumento, e alcuni aspetti sincretici della religione vengono scoraggiati. Si scoraggia anche l’uso di parole della lingua urdu “perché non abbastanza islamiche”, sostituendole con le parole in arabo.

Cosa possiamo fare per fermare questi cambiamenti?

Secondo la filosofia Buddista, il cambiamento è l’unico costante della vita. Allora perché piangiamo se le nostre culture e le nostre lingue scompaiono? Forse noi - i figli cresciuti nella transizione dal mondo delle culture che restavano immutate per secoli al mondo dei villaggi globalizzati che cambiano continuamente, sentiamo questo dolore e magari i nostri figli e nipoti, non lo sentiranno?

Le Minacce alle Lingue Indiane

Come scritto da Sartori, l’istruzione scolastica in India può avvenire soltanto in inglese e/o in una delle 22 lingue ufficiali indiane. Ogni lingua indiana ha un suo alfabeto diverso da quello delle altre. Ognuna di queste 22 lingue è parlata da milioni di persone, ma esse hanno anche molte variazioni al loro interno.

Per esempio, secondo i dati del 2008, 528 milioni di indiani parlavano hindi. L’hindi ha molte varianti, con delle differenze al loro interno paragonabili alle differenze tra italiano e spagnolo. Per esempio, tra queste 528 milioni, vi erano 13,6 milioni che parlavano la variante maithili, 150 milioni parlavano bhojpuri, 38 milioni avadhi e 1,5 milioni braj-bhasha. Anche se uno capisce l’hindi, non è detto che riuscirà a capire queste varianti. Qualche anno fa, in un ospedale di Lucknow dove si parla la variante avadhi, che capisco, facevo fatica a comprendere la lingua di alcuni malati venuti dalle aree interne.

Tutte queste varianti “minori” di hindi sono minacciate da hindi-ufficiale, un po’ come i dialetti italiani rischiano di essere sopraffatti dall’italiano.

Le persone che parlano le varianti di hindi sono sparse in territori vasti e esistono diverse versioni locali di ciascuna di queste varianti, talvolta così diverse che si fanno fatica a capire tra di loro. Per esempio, la variante bhojpuri ha diverse sotto-varianti come gorakhpuri, sarnami, nepali, nagpuria e molte altre. Tutte queste varianti di bhojpuri sono minacciate sia da bhojpuri-ufficiale che da hindi.

Cosa possiamo fare per assicurare la sopravvivenza di questa diversità linguistica?

Il Predominio dell’Inglese

A sua volta, la situazione di hindi non è molto migliore. Nelle città c’è la moda di parlare hinglish, una miscela di hindi e inglese. Diversi giornali e TV indiane usano sempre più spesso l’hinglish.

In molte scuole delle grandi città, tutto l’insegnamento avviene soltanto in inglese e hindi si studia per pochi anni. Le scuole più ambite sono quelle gestite dai missionari cristiani perché “insegnano l’inglese vero”, ma esse costano molto e non sono accessibili agli studenti non-cristiani poveri.

Nelle scuole frequentate da gruppi più poveri, soprattutto nelle scuole elementari e medie governative, la lingua di istruzione è hindi o un’altra lingua indiana ufficiale. I gruppi benestanti guardano con disprezzo queste scuole.

Inoltre, spesso nelle scuole superiori e soprattutto nelle università, se uno vuole studiare scienze e le materie tecniche, tutti i libri e i corsi sono solo in inglese. Se uno non sa esprimersi in inglese, non può accedere agli studi professionali. È un ostacolo in più, e forse quello più difficile da superare, per accedere agli studi universitari per i ragazzi provenienti dalle fasce più basse.

In questo modo, le lingue indiane ufficiali sono a loro volta minacciate dall’inglese. Per questo motivo, spuntano da tutte le parti, anche nelle città indiane piccole e periferiche, le scuole private dove la lingua di istruzione è inglese anche se gli insegnanti non la parlano bene.

Tutte le maggiori lingue indiane sono basate sul sanscrito o hanno una componente significativa di parole in sanscrito. Al posto dell’inglese, forse il sanscrito poteva essere la lingua per unificare l’India. Ma il sanscrito è la lingua dei testi sacri dell’induismo per cui qualunque tentativo al suo favore è visto da una parte dei media come un tentativo di favorire l’induismo e essi gridano al complotto conservatrice di voler imporre la religione della maggioranza. Alcuni mesi fa, la decisione del governo di sostituire lo studio di tedesco alle scuole superiori con quello di sanscrito come terza lingua, aveva suscitato proteste degli attivisti “liberali”.

Le persone che parlano inglese costituiscono la burocrazia e la borghesia urbana. Qualunque discussione sulla promozione dello studio nelle lingue indiane viene spesso definito come un “tentativo della destra nazionalista che vuole portare l’India al medioevo”. La perpetuazione dell’inglese nei documenti ufficiali, nelle università e nei tribunali, parlata da circa il 10% della popolazione, comporta l’esclusione delle fasce basse dai processi di sviluppo. Le elite indiane difendono l’inglese come la lingua moderna adatta ai tempi odierni, che apre le porte del mondo per gli indiani.

La rimonta delle lingue locali

Se le spiegazioni sopra vi fanno pensare che oramai la scomparsa delle lingue indiane è vicina, bisogna guardare alla questione da un altro angolo.

Nell’ultimo decennio, India ha visto una diffusione enorme di telefoni cellulari. Il numero delle persone con telefoni cellulari è salito da 524 milioni (2013) a circa 775 milioni nel 2018.

Inoltre, da qualche anno, è iniziata la rivoluzione dell’internet e il costo di accesso alla rete si è notevolmente abbassato. Per esempio, si può arrivare ad avere 40-50 giga di dati per soltanto 2-3 Euro al mese. Da una parte ciò significa che i consumatori indiani hanno maggiore accesso ai programmi della TV indiana, ai film e telefilm di Bollywood e Hollywood, per cui vi è un maggiore rischio di perdere le proprie lingue locali. Dall’altra parte, questa mutazione ha innescato un’esplosione di iniziative nelle lingue locali tramite blog, Facebook, YouTube e Whatsapp.

Quel 90% di indiani che non parla l’inglese, ha improvvisamente trovato un modo per farsi imporre nelle culture locali. Per esempio, i video su Youtube delle canzoni in lingua bhojpuri, di una giovane di nome Maithili Thakur, sono seguite da milioni di persone. Altri nuovi cantanti, comici, poeti, scrittori e guru che si esprimono nelle lingue locali e trovano milioni di seguaci, stanno emergendo ogni giorno, innescando una rinascita culturale delle lingue e dialetti che sembravano moribondi fino a qualche anno fa.

Negli ultimi 2-3 anni, i giganti mondiali come Google, Apple e Amazon, hanno lanciato diverse iniziative in India indirizzate a raggiungere questi gruppi che non parlano l’inglese. Quale sarà l’impatto di questa democratizzazione del controllo dell’informazione nei prossimi 5-10 anni?

Penso che la partita delle lingue indiane non è ancora finita.

Le Proteste di Medha Patkar

L’articolo di Sartori tocca alcune altre questioni come quella delle dighe e della rivoluzione dei maoisti. Voglio toccarle brevemente.

Riguardo le dighe, Sartori cita la lotta pluridecennale dell’attivista indiana Medha Patkar. Avevo conosciuto Patkar circa due decenni fa e una volta, avevo fatto da traduttore per il suo intervento in un comizio in Italia. (Nell'immagine sotto, sono con Medha in un convegno AIFO a Roma nel 2003)



Mentre Medha è ancora celebrata in occidente, in India oramai il numero delle persone che la seguono si è ridimensionato. Molti la vedono come una persona contro il progresso e il benessere. Qualche anno fa, si era candidata alle elezioni, ma aveva preso solo l’8% di voti. Il suo movimento ha perso una parte del sostegno popolare e negli ultimi anni, più di una volta, i suoi comizi nelle aree urbane sono stati contestati ferocemente dai cittadini locali.

Penso che la sconfitta di Medha è legata anche alla sua incapacità di coinvolgere e far capire ai giovani nelle città che la costruzione di grandi dighe non è soltanto un problema dei poveri che perdono le loro case e terreni, ma è un problema della salvaguardia dell’ambiente che porta alle alluvioni e ai grandi disastri, nei territori sempre più vasti.

Negli ultimi anni, le frequenti inondazioni e i relativi gravi danni in diverse parti del Paese, hanno risollevato la questione delle grandi dighe, ma non vi sono nuove figure trainanti capaci di far nascere movimenti popolari intorno a questi temi, come Medha era riuscita a fare per più di un decennio. Negli ultimi anni, lo scrittore Amitabh Ghosh, ha sollevato la questione ambientale, ma ne anche lui ha un seguito popolare.

Penso che India ha bisogno di nuovi attivisti ambientali, capaci di raggiungere le grandi masse indiane, e che non siano visti come “contro lo sviluppo e il benessere”.

I Maoisti e le Tribù

Questa è la parte dell’articolo di Sartori, con la quale mi sento in disaccordo. Dalle parole di Sartori emerge una visione romantica della lotta dei maoisti accanto ai poveri delle tribù, sfruttati e calpestati dalle multinazionali con il benestare del governo.

Anche Arundhati Roy aveva scritto alcuni articoli su questo tema, che lui ha citato. In uno di questi articoli, Arundhati aveva descritto i maoisti come gli eredi di Mahatma Gandhi. Ammirò molto Arundhati Roy ma non concordo con queste sue parole. (Nell'immagine sotto, Arundhati al festival di Internazionale a Ferrara nel 2007)



Ho avuto 3 occasioni di entrare nei territori controllati dai maoisti, 2 volte in India e una volta nel Nepal. Penso che siano persone accecate dalla ideologia, brutali e violente, sicuramente non migliori e forse peggiori, dal sistema che dichiarano di voler cambiare. Il loro controllo sulle tribù nelle aree occupate era ferreo e spietato. Penso che chiamarli eredi o seguaci di Mahatma Gandhi vuol dire non capire la filosofia di Gandhi.

L’India delle caste, degli esclusi e dei sfruttati deve cambiare, ma non con una rivoluzione violenta che vuole sostituire il sistema democratico con un sistema totalitario basato sulle idee di Stalin o di Mao.

Conclusione

È difficile parlare delle questioni legate all’India perché è enorme e per ogni situazione esistono innumerevoli variazioni e complessità, come si vede dalla questione delle lingue indiane.

Le nuove tecnologie, i cellulari e l’accesso all’internet, stanno cambiando questa India e penso che la modificheranno molto di più nei prossimi anni. Non sarà un cambiamento deciso da gruppi di attivisti, ma sarà un cambiamento deciso dalle masse. Avrà i suoi risvolti negativi, ma penso e spero, che salvaguarderà le incredibili diversità indiane in un mondo sempre più un villaggio globale omogenizzato.


sabato 11 aprile 2015

La casa dei colori sgargianti

L’ultima volta che avevo scritto su questo blog era circa 3 mesi fa. Nel frattempo, gli solleciti per avere le mie notizie sono aumentati, per cui penso che è arrivata l’ora di mettermi a scrivere qualcosa di nuovo.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Veramente il mio dialogo con gli amici in Italia continua sempre. E’ un dialogo interno tra Sunil che vive qui e Sunil che abitava a Bologna. I miei due io parlano fra di loro continuamente. Quel altro Sunil, non ragiona esattamente come gli indiani, forse è uno straniero qui che guarda tutto con stupore e si fa delle domande che questo Sunil non farebbe mai. Peccato che non hanno ancora inventato un dispositivo che può prendere queste discussioni e le immagini che li accompagnano, per scrivere un pezzo da pubblicare su questo blog.

Scusatemi se vi sembro un po’ confuso!

***

Trovare una casa a Guwahati non era così semplice come avevo pensato. Non vi sono molte agenzie immobiliari qui. Volevo una casa in un quartiere tradizionale di Guwahati, dove abitano le famiglie locali. E la volevo nei dintorni del mio nuovo ufficio per poter venire a lavoro a piedi.

Per alcuni giorni ho girato seduto dietro sulle moto di alcuni agenti immobiliari, ma non avevo trovato niente di adatto. “Non voglio vivere in un condominio, e vorrei una casa nei quartieri di ..”dicevo, ma era come parlare con i muri.

“Cosa ne dice di questa casa? E’ proprio un bel appartamento e vogliono solo 13.000 rupie al mese”, mi dicevano sorridenti mentre proponevano una casa in un condominio in un quartiere dall’altra parte della città.

Avevo cercato anche online ma non avevo trovato molte offerte di case. Alla fine era stato utile il consiglio di padre Paulo. “Scegli la zona che vuoi e vai a fare delle passeggiate. Le case libere avranno fuori un cartello “To let” (da affittare) con un numero di telefono da chiamare. Puoi anche suonare il loro campanello. Presto troverai la tua casa.”

Così ero andato a passeggio e dopo qualche giorno ho trovato questa casa. E’ a 10 minuti a piedi dal mio ufficio. Apparteneva ad un vice commissario di polizia di Guwahati, il quale è morto improvvisamente 2 mesi fa. La sua vedova, una signora molto gentile e un po’ timida, è una persona di cultura, abita al primo piano con i 2 figli, un nipotino e 3 cani.

La mia nuova casa ha 3 stanze, tutte in una fila per cui se avrò qualche ospite, sarà difficile avere molta privacy. Comunque, non penso che avrò molti ospiti qui. La terza stanza ha un angolo cottura.

Accanto a me, vive un’altra famiglia. Il signore di questa famiglia è il seguace di qualche guru. Ho già avuto una piccola lezioncina da lui sull’importanza di seguire le raccomandazioni del suo guru per assicurarmi di rinascere nel genere umano nella prossima vita. Non bisogna fidarsi di musulmani e di cristiani, la nostra è la vera religione, lui aveva concluso. Mi sono trattenuto da dirgli che qualche giorno fa avevo incontrato un suo gemello, un signore di qualche chiesa, vestito tutto di nero, che era convinto che la sua era l'unica vera via per raggiungere il dio.

Invece gli ho fatto un falso sorriso amichevole, mentre pensavo che non diventeremo mai amici! Anzi, cercherò di evitarlo quanto più possibile. Penso a sua moglie e figli – sicuramente avere un marito/padre così non deve essere molto piacevole!

Comunque lui non è del tutto negativo - si alza presto e mi piace ascoltare alle sue preghiere mattutine che iniziano con il suono di una conchiglia. Da qualche parte vicino, deve esserci anche una moschea, perché sento il suo richiamo presto alla mattina come prima cosa quando fuori è buio e sono ancora a letto. Poi quando mi alzo per preparare il caffè, sento le preghiere del mio vicino e il suono della sua conchiglia. Direi che almeno per le preghiere sono a posto.

La casa è circondata dagli alberi. Fuori da una finestra, c’è una piccola pianta di papaia che mi fa molta tenerezza. Durante il giorno sento i richiami dei venditori ambulanti come quello che viene a vendere il pesce fresco e quello che vuole comprare i giornali vecchi e le bottiglie vuote.

La porticina in fondo alla casa, apre su altre case di dietro, dove abitano altre famiglie e dove i loro bambini giocano fuori dalle mie finestre durante il giorno. Ogni tanto vedo qualcuno curioso sbirciare dentro.

Al inizio, mi preoccupavo per le nuvole di zanzare che entrano dalle finestre e cercavo di tenere chiuso tutto. La mia padrona di casa mi aveva rassicurato che queste zanzare non sono cattive, perché non c’è malaria in questa zona.

Comunque, avevo comprato dei vaporizzatori elettrici contro le zanzare, uno per ogni stanza. E avevo comprato anche degli spray molto efficaci contro gli insetti. Poi, un giorno ho visto un piccolo geco in casa (anche quello mi fa molta tenerezza) e ho pensato che non vorrei fargli del male. Anche adesso mentre scrivo, lui sta sul muro vicino a me e mi guarda curioso.

Così ho deciso che non voglio spruzzare spray o vapori in giro, mi basta solo una crema anti-zanzare. Penso che è stata una buona decisione, perché in ogni caso, quelli vaporizzatori non sembravano molto efficaci contro le zanzare (forse dipendeva dal fatto che le stanze sono grandi e i soffitti sono molto alti?). E ultimamente mi sembra di non vedere molte zanzare in giro.

Da fuori, si presenta bene questa casa di 3 piani, dipinta in bianco e rosso.

Casa Sunil, Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Dentro, la mia parte della casa è dipinta in rosa sgargiante. Ho anche un armadio in rosa acceso e verde pappagallo. Immagino che questi colori possano mandare in estasi qualcuno o qualcuna. Invece, nei primi giorni, solo a guardare questi colori mi faceva venire un mal di testa. Ma dopo 3 settimane, comincio a abituarmi. Chissà, se dopo farò fatica a vivere senza colori così belli?

***

Amo andare a comprare la verdura. Siamo alla periferia della città. Poco lontano da casa passa la circonvallazione di Guwahati che fa anche da frontiera, dove finisce la città e iniziano i villaggi. Dall’altra parte della strada inizia anche lo stato di Meghalaya.

Mercato dei contadini Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Ogni giovedì e domenica, i contadini dei villaggi vicini arrivano qui per il mercato contadino. Tutto il giorno, una corsia di una strada lunga circa 2 chilometri viene chiusa al traffico ed è occupata dai contadini. Girare in mezzo a questo mercato è bellissimo.

Spesso compro troppe verdure, ma continuo a comprarne nuove ogni volta. Qualche giorno fa ho comprato una verdura che si chiama Ishkus – sembrano delle grosse pere verdi con molta polpa. Non so ancora come si cucinano e quale gusto hanno, ma sono curioso di provarle.

Le verdure costano poco. La maggior parte costa da 10 a 20 rupie al chilo (1 Euro è pari a 66 rupie circa). E sono così belle.

Penso che diventerò vegetariano, perché l’idea di puntare il dito contro una gallina che mi guarda placida o contro un pesce che nuota nella catinella, mi fa sentire male. Sono troppo abituato a comprare il carne in un supermercato dove non vedi l’animale vivo. Trovo angosciante guardare gli animali quando li ammazzano e evito quelle parti del mercato dove vendono anatre, piccioni, galline, pesci e maiali. Per fortuna, posso ancora mangiare le uova!

Sera al mercato dei contadini Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Capisco solo la metà di quello che dicono i contadini. Nella città mi arrangio con l’hindi, ma i contadini non la parlano. Alla fine parlo hindi con quello che secondo me è l'accento assamese, e mi sento un po’ come Paolo Villaggio che parlava inglese in qualche film, stroncando la parte finale delle parole italiane. I contadini mi guardano divertiti senza capirmi.

Devo trovare un insegnante di assamese e studiarla seriamente se voglio avere un rapporto con questi contadini! 

***

Una mattina sono stato in quel villaggio dove c’è la discarica dei rifiuti di Guwahati. Per più di qualche chilometro, si vedono le montagne di rifiuti. Arrivano i grossi camion che portano i rifiuti dalla città e quando sono vicini alla discarica, persone li corrano dietro per essere i primi a poter scegliere i loro tesori. Sono soprattutto donne e non pochi sono bambini.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Una grossa colonia di cicogne giganti (Greater Adjutant storks) vive in questa zona cibandosi dei rifiuti. Girano tra i rifiuti anche molte garzette, bellissime con i loro colori delicati, bianco e giallo. E poi vi sono le mucche e i cani.


Cicogne, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Garzette, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

La mia prima impressione quando ero arrivato alla discarica, era di un senso di orrore e di repulsione. La povertà delle persone e vedere quei bimbi che portavano i sacchi dei rifiuti, era come un pugno in stomaco. La maggior parte di queste persone vivono in capanne nei dintorni della discarica, e quasi tutte sono analfabete.

La puzza dei rifiuti stava addosso a quelle persone. Era una puzza dolciastra, faceva pensare alla frutta marcia. Tra i rifiuti c'è molto materiale organico. Inoltre, probabilmente non usano molti pesticidi da queste parti, per ciò i rifiuti possano essere mangiati da diversi animali senza problemi.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Mentre li guardavo ho pensato a che cosa avrebbe detto di fronte a questa realtà, Raoul Follereau? Gli avrebbe guardati come gli ultimi della terra?

Il responsabile di un centro sanitario nel villaggio vicino mi ha raccontato che tra di loro vi sono molti con le malattie dermatologiche. Tra i bambini vi sono molti che sniffano colla e solventi, tanti cominciano a fumare da giovani, e molti adulti sono alcolisti. Non mi sapeva dire sulle malattie più comuni, le disabilità e i tassi di mortalità in questo gruppo di popolazione. “Non vengono qui per farsi curare perché chiediamo una somma simbolica per le visite. Solo quando abbiamo dei campi medici gratuiti vengono a farsi vedere”, aveva aggiunto.

Dopo qualche ora che giravo tra i rifiuti, cominciavo a chiedermi se ci poteva essere qualche aspetto positivo in questa montagna dei rifiuti? Anzitutto che era un lavoro nobile in questo mondo che odia i rifiuti ma che continua a produrne migliaia di tonnellate ogni giorno?

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Dichiararsi contro la civiltà dei rifiuti può essere romantico ma forse ciò non incide sulla realtà. Qui c’è molta ignoranza, ma anche nelle società più progredite, non è facile far ragionare le persone sull’importanza di ridurre i rifiuti. Per esempio, mi ricordo lo scambio di alcuni email con i dirigenti della Coop Adriatica in Italia alcuni anni fa, sul uso dei bollini di plastica appiccicati sulla frutta della marca Coop e la loro risposta che uso dei bollini era necessario e non poteva essere messa in discussione.

In questa città nessuno parla della raccolta differenziata. Per fortuna, la società è ancora povera per cui molte cose si vendono senza pacchetti e sacchetti. Inoltre vi sono quelli che girano nei quartieri per raccogliere giornali vecchi, carta, plastica e bottiglie vuote, per cui le famiglie li tengono da parte e non li buttano via. Poi qui, tutto si aggiusta – dalle scarpe e dai rubinetti, ai frigoriferi, ai cellulari e alle vecchie radio. Ancora far aggiustare le cose costa poco, per ciò conviene.

Nonostante tutto ciò, la città ha circa un milione di abitanti e produce tonnellate di rifiuti al giorno. E’ soltanto grazie al lavoro di queste persone che vivono in mezzo alla puzza e alla sporcizia, che una parte di questi rifiuti possono essere riciclati. Mi chiedo se lanciare una compagna affinché queste persone non devono lavorare in mezzo ai rifiuti, senza poter cambiare il sistema, avrebbe senso?

Mentre scattavo le foto, le persone mi guardavano con simpatia e sorrisi. Gli uomini sui camion che giravano in mezzo ai rifiuti, mi chiamavano per farsi fotografare. Anche un gruppo di bambini che stava mangiando un pezzo di cioccolata in mezzo ai rifiuti si era messo in posa per farsi fotografare.

Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

E ho pensato alla vitalità di questo luogo, questo brulicare di vita in tutte le sue forme che sembrano convivere pacificamente e mi sono chiesto come è possibile avere questa vitalità? E se guardare solo la povertà, la sporcizia e la puzza, significa mancare di vedere qualche altro suo aspetto fondamentale?

Mi metteva un po’ in crisi, il loro non vergognarsi di vivere e lavorare in mezzo ai rifiuti. E il loro scherzarsi tra di loro, le loro risa, la loro apparente gioia nella vita! Come può essere qualcosa di positivo in questo inferno?

Mentre pensavo tutto questo, una bambina che aveva raccolto alcuni fiori di Bukul da un albero ai margini dei rifiuti, mi aveva fermato e chiesto se volevo un po’ di fiori. “Sono molto buoni da mangiare”, mi aveva detto. Ero rimasto senza parole.

Babina con fiori di Bukul, Discarica di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Alla fine della mattinata, mi ero seduto insieme ad un piccolo gruppo per chiedere, cosa pensavano se tenevo un ambulatorio in un loro cortile, una mattina alla settimana? “Devi parlare con il padrone”, mi avevano detto. C’è un padrone anche di quel misero gruppo di capanne!

Vorrei anche condurre una ricerca per capire meglio le loro vite e le difficoltà che affrontano. Mi hanno detto che a parte un servizio municipale, non lavora con loro nessun altro gruppo o associazione, ma bisogna approfondire questo aspetto meglio.

Sono tornato da questa visita con molte domande in testa. Sicuramente metà delle cose che mi sembra di aver capito durante questa visita risulteranno sbagliate e bisognerà tornare e riparlare con loro più volte per iniziare a capire da vero come funziona questo loro mondo!

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Poco dopo dove finiscono le montagne dei rifiuti, passa una linea ferroviaria, e dall’altra parte, inizia una grande area paludosa conosciuta con il nome di “Deepor Beel”, la palude di Deep (lampada). E’ un’area protetta con il suo ecosistema, dove vivono diverse specie di animali e di uccelli. In alcune parti della palude, c’è più acqua e là girano le barche dei pescatori.

Nella palude, dappertutto si vedono delle grandi foglie rotonde e carnose, sopra sono del colore verde smeraldo, e sotto sono rosso e viola. Forse sono una specie di ninfee? Hanno i fiori viola che sembrano diversi dalle ninfee?

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Mentre passeggiavo ai margini della palude, a parte qualche raro treno e qualche barca lontana, non c’era nessuno intorno. Sembrava impossibile che poco lontano da questo posto idillico, c’è il formicaio della discarica. Mi chiedevo, se i bambini della discarica ogni tanto vengono qui per sfuggire dalla puzza?

Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Ai margini della palude avevo incontrato Ramchandra, un originario di Bihar che vive qui da circa 2 decenni e fa il pescatore. La sua famiglia vive a Motihari, solo il suo figlio maggiore è venuto qui un anno fa, a vivere con il padre.

Cosa vuoi, è così la vita, bisogna sacrificarsi per garantire un futuro alla famiglia”, Ramchandra mi aveva raccontato, mentre le sue abili mani intrecciavano un cestino tradizionale da pesca. Lui vende il pesce al mercato e riesce a guadagnare abbastanza per mandare dei soldi a casa.

Ramchandra e figlio, Deepor Beel, palude di Guwahati - Immagini di Sunil Deepak

Motihari? Non è quel posto famoso dove Mahatma Gandhi aveva iniziato il suo famoso satyagraha?” gli avevo chiesto.

Per un attimo un sorriso aveva illuminato la sua faccia, “Si, è proprio quello, il villaggio di Mahatma Gandhi dove ho la mia famiglia!” aveva detto orgoglioso.

Era a Motihari nel distretto di Champaran (Bihar), che nel 1917, Mahatma Gandhi aveva iniziato a sperimentare la strategia dello satyagraha (protesta non violenta).

Anche il famoso scrittore inglese George Orwell era nato a Motihari quando India era una colonia inglese. Ma Ramchandra non conosceva il nome di George Orwell.

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martedì 16 settembre 2014

Nella terra degli sfollati

I villaggi intorno a Kesla nella parte centrale dell'India (provincia di Madhya Pradesh), sono circondati dalle foreste e sono pieni di sfollati - persone che hanno dovuto lasciare le loro terre e le loro case più volte negli ultimi decenni. In agosto ho visitato Kesla durante la mia ricerca per un progetto di salute comunitaria dove posso impegnarmi per i prossimi anni della vita.

Durante questa visita, oltre a tutto il resto, mi sembra di aver "scoperto" degli strani buchi nella roccia vicino al fiume di Kesla - ho pensato che potevano essere le tracce dei dinosauri. Forse un geologo o archeologo potrà darci una spiegazione corretta di questi buchi!

Questo post presenta alcuni appunti dal mio diario di Kesla. Iniziamo il post con una immagine che presenta le simpatiche scimmie langour dalla faccia nera, molto comuni a Kesla.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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La persona che mi aveva invitato a visitare Kesla era un mio omonimo, si chiamava Sunil. Aveva un dottorato in economia ma poi invece di cercare carriera, all'inizio degli anni 1980 aveva deciso di vivere a fianco dei gruppi indigeni di Kesla e a lottare con loro per i loro diritti. Era accompagnato da sua moglie Smita e da un amico Rajnarain. Dopo qualche anno, Rajnarain era morto in un incidente stradale ma Sunil e Smita erano rimasti là.

Durante gli anni 1990, affiancati da Sunil e Smita, gli indigeni sfollati dalle loro terre per la costruzione di una grande diga sul fiume Tawa, avevano lottato con il governo statale per il loro diritto di pescare nel grande lago della diga. Alla fine, il governo aveva accettato le loro richieste. In seguito, Sunil aveva aiutato i pescatori indigeni a costituirsi in cooperative ed a creare una federazione delle cooperative. Il successo dell'iniziativa aveva attirato l'attenzione di molti attivisti e ambientalisti da diverse parti dell'India. (Nell'immagine sotto, il lago creato dalla diga sul fiume Tawa).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

In ottobre 2013 avevo scambiato alcuni email con Sunil e lui mi aveva proposto di andare a lavorare con il suo gruppo per avviare un piccolo progetto di salute comunitaria nel villaggio di Kesla. Purtroppo alcuni mesi dopo, in aprile 2014, a 54 anni la vita di Sunil era stata stroncata all'improvviso da un'emorragia cerebrale.

Quando ero arrivato in India all'inizio di luglio, non sapevo se valeva la pena di andare a visitare Kesla. Invece poi Smita mi aveva assicurato che lei era intenzionata a proseguire il suo lavoro tra gli abitanti di Kesla e mi aveva rinnovato l'invito ad andare a visitarli.

Kesla è un piccolo villaggio di circa 2000 abitanti. Si trova sulla strada statale che collega il capo luogo distrettuale Hoshangabad alla città di Nagpur. A Kesla ero ospite presso la casa di Smita, in un altro villaggio vicino, Bhumkapura. Circondato da colline e da foreste, tutta l'area è molto bella. (L'immagine sotto presenta i pescivendoli al mercato settimanale del villaggio di Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Gli gruppi indigeni di Kesla

I residenti dei villaggi intorno a Kesla comprendono due gruppi indigeni - i Korku e i Gond. Alcuni villaggi hanno la maggioranza Korku mentre altri hanno i Gond.

Felix Poudel, un famoso antropologo indo-inglese, sposato con una signora Gond e studioso dei gruppi indigeni indiani, ha spiegato nel suo libro "Sacrificing people" che diversamente da quanto succedeva negli altri paesi, in India i gruppi indigeni non vivevano completamente isolati, anzi erano in contatto con la maggioranza indù da più di due millenni. Alcuni gruppi indù, sopratutto le caste chiamate "basse", avevano una lunga tradizione di vivere nei villaggi indigeni e di occuparsi di alcuni compiti specifici. Nonostante questi scambi e contatti, i popoli indigeni continuavano a mantenere le proprie tradizioni, lingue, abitudini alimentari, modi di vestirsi, ecc.

Questo equilibrio tra i popoli indigeni e il resto dell'India durato millenni, si è trasformato negli ultimi decenni grazie alla globalizzazione. L'arrivo della TV satellitare e gli altri cambiamenti sociali come le scuole private hanno contribuito a questo cambiamento. Uno dei leader della comunità Korku mi ha spiegato, "Tutti pensano che essere un adivasi (persona indigena) significa essere un po' selvaggio, non civilizzato. Anche i nostri bambini la pensano. Per cui, non vogliono parlare la nostra lingua, preferiscono parlare l'hindi. Abbiamo le scuole private dove ti insegnano che è meglio parlare l'inglese. Le scuole gestite dai missionari sono le più ambite perché ti insegnano a parlare l'inglese molto meglio ed a diventare un sahib. Dalla scuola e dalla società i nostri figli hanno imparato a vedere le nostre abitudini tradizionali come qualcosa di inferiore. Da queste scuole, e dalla TV, si impara a disprezzare tutto quello che riguarda la nostra cultura tradizionale - le nostre danze, la nostra musica, la nostra lingua, il nostro modo di coltivare e di mangiare."

Per cui quando vedi per strada una persona, non puoi riconoscere se la persona appartiene ad un gruppo indigeno e a quale gruppo. Le loro tradizioni si stanno sparendo. Oramai, anche nei villaggi indigeni si celebrano feste indù come quella di Ganesh, con tanto di musica di Bollywood suonata a volumi altissimi da un DJ.

Dall'altra parte vi sono dei programmi governativi di assistenza per i gruppi indigeni per accedere ai quali, le persone hanno bisogno di ricevere un certificato che attesti la loro appartenenza al gruppo. Sempre più spesso le persone incontrano difficoltà a convincere gli ufficiali che sono "indigeni" perché hanno oramai abbandonato i loro costumi e modi di essere tradizionali.

Tutto questo è emerso durante le riunioni con i diversi gruppi indigeni nei dintorni di Kesla (nell'immagine sotto, una riunione con le studentesse indigene presso la scuola superiore ki Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

La vita nei villaggi è molto spartana. Le persone vivono a stretto contatto con gli animali. Manca la rete fognaria e l'acqua corrente nei villaggi. Poche famiglie hanno un toilet. Fare il bagno significa lavarsi in pubblico vicino alla pompa dell'acqua. La maggior parte delle famiglie ha poche cose - per esempio, nonostante il grande caldo, quasi nessuno aveva i ventilatori (a parte che spesso mancava la corrente elettrica per cui avere il ventilatore non avrebbe cambiato niente! La prossima immagine presenta una bimba che fa il bagno all'aperto nel villaggio di Chakpura.)

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Gli sfollati di Kesla

Intorno a Kesla, diversi villaggi hanno dovuto lasciare le loro terre ancestrali ed a cercare nuovi insediamenti. Il primo gruppo di sfollati erano le persone che vivevano intorno al fiume Tawa. Erano stati costretti a lasciare le loro terre quando il governo aveva deciso di costruire la grande diga di Tawa negli anni 1960-70. Negli anni 1980 erano arrivato i militari per costruire una grande fabbrica di materiale bellico e le bombe, costringendo altre famiglie a lasciare le loro terre.

Qualche anno dopo, avevano preso una lunga striscia di altra terra  per fare le prove delle bombe e degli ordigni esplosivi. Una parte di villaggi sono stati costretti a lasciare le loro terre mentre altri villaggi sono rimasti isolati, obbligati a fare dei percorsi lunghissimi per uscire. (La seguente immagine mostra la mappa della zone è stato costruito il centro per prove sugli ordini esplosivi).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Alla fine, sono arrivate le riserve naturali per le tigri e per gli altri animali. Per questo motivo, molte delle foreste intorno a Kesla sono state dichiarate "zone protette" per la salvaguardia degli animali.

Negli ultimi anni, il governo si è impegnato a risarcire i danni alle famiglie sfollate ma per decenni le persone sono state costrette a lasciare le loro terre senza nessun o con un minimo di sostegno. Stanche di essere costretti a cambiare case, la maggior parte delle persone ora chiedono adeguati risarcimenti per lasciare i loro villaggi e alcuni altri gruppi hanno rifiutano di lasciare.

Personalmente penso che creare le zone protette e salvaguardare la natura sia un'ottima scelta, ma si deve trovare un modo migliore per coinvolgere le popolazioni locali in queste iniziative affinché la costruzione della riserva naturale non sia solo qualcosa per i turisti ma diventi anche un modo di migliorare la vita delle persone locali. Non sono stati gli indigeni a tagliare le foreste, a distruggere l'ambiente o a uccidere le tigri - anzi, le loro vite sono molto rispettose della natura - non è giusto che siano completamente allontanati dalle loro foreste senza cercare delle nuove sinergie di vita tra loro e le riserve naturali.

L'area è ricca di bellezze naturali ma è sprovvista di molti servizi. Le prossime due immagini presentano - il fiume Sukhtawa e  "un'ambulanza locale" per il trasporto all'ospedale di una ragazza malata.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014


Il gruppo di Kesla

Smita mi ha introdotto a tanti attivisti e volontari che collaborano con lei per promuovere lo sviluppo nelle comunità locali. Per esempio, signor Phag Ram è un leader comunitario Korku. E' membro del consiglio regionale di Kesla.

La signora Bistori è una giovane donna Korku, anche lei è una volontaria. Ha seguito un corso per fare l'operatrice sanitaria e promuove l'educazione alla salute nei villaggi. Quando me l'avevano presentata, mi sembrava che il suo nome forse "Bisturi" e l'avevo spiegato il significato della parola in italiano. Invece lei mi aveva spiegato che il suo nome nella lingua Korku significa giovedì. (nell'immagine seguente, Bistori con i ragazzi del villaggio mentre li spiega l'importanza di lavare le mani).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Un'altra attivista-volontaria, Guliya Bai appartiene alla casta dei Lohar, i fabbri - una delle caste indù considerate "basse", che vive in un villaggio Gond.

Le caste e i templi di Pachmadhi

Ho incontrato un segno potente del cambiamento che l'India tradizionale sta affrontando durante un viaggio alle montagne di Pachamadhi vicino a Kesla. L'autista della nostra macchina si chiamava Dubey, ed era un bramino. Lui era un grande amico di una delle persone del nostro gruppo - Rajeev, una persona della casta degli intoccabili. Vedere loro due a scherzare ed a chiacchierare durante il viaggio e poi, a mangiare insieme, era un'sorpresa molto piacevole per me - vuol dire che anche nei villaggi lontani finalmente qualcosa inizia a cambiare.

Rajeev, il ragazzo della casta degli intoccabili, è un insegnante di storia presso una scuola superiore. Secondo lui, molto è cambiato oggi per quanto riguarda l'atteggiamento delle persone verso le caste intoccabili, anche se ogni tanto lui deve fare i conti con le discriminazioni.

Il viaggio alle montagne di Pachmadhi era stato organizzato per tutto il gruppo di volontari di Kesla. Quando me ne avevano parlato avevo immagino delle passeggiate e magari un picnic all'aperto. Invece, la visita era completamente dedicata ai pellegrinaggi ai vari templi della zona. Nella spiritualità indù, le montagne sono considerate sacre e il Pachmadhi è piena di luoghi collegati ai miti e alle legende dell'induismo e delle religioni indigene.

Purtroppo quel giorno pioveva quasi sempre, per cui non era possibile visitare i vari templi con calma. Comunque, era una giornata di svago molto piacevole. (Le prossime immagini presentano due templi di Pachmadhi).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Un viaggio a Bhopal

Un altro giorno siamo andati a Bhopal per una riunione. Bhopal è la capitale della provincia di Madhya Pradesh, ed è a circa 2 ore di treno da Kesla. Nella mia testa, l'immagine di Bhopal è inesorabilmente legato alla tragedia di Union Carbide, il disastro chimico con migliaia di vittime nel 1984. L'avevo sempre immaginato come una città secca e polverosa. Invece sono rimasto sorpreso da questa città, piena di colline verdi e di laghi, molto diversa da come l'avevo immaginato.

La parte più bella di questo viaggio era una visita al Manav Sanghrahalaya, il museo antropologico di Bhopal. Il museo è pieno di informazioni sulle leggende e sui miti dei gruppi indigeni. Ero al museo per circa 4 ore ma avrei potuto passare delle giornate intere in questo museo senza stancarmi. Penso che sia uno dei più belli musei che mai visitato. Se vi interessano le culture indigene, non perdete questo museo. (Due immagini del museo nelle prossime foto).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Progetto sanitario a Kesla

L'obiettivo della mia visita a Kesla era di valutare l'opportunità di avviare un progetto sanitario. Dopo lunghe discussioni sono arrivato alla conclusione che attualmente non vi sono le condizioni adatte per avviare un'attività del genere.

Il primo problema è la mancanza di altre figure che possono sostenermi in un progetto sanitario - penso che il bisogno è enorme e da solo, non potrò fare fronte a questo bisogno. Per avviare qualcosa del genere, avrò bisogno di altre figure.

Inoltre, loro non hanno nessuna infrastruttura per avviare un ambulatorio e non vi sono fondi per costruire qualcosa di nuovo.

Loro (Smita e altri attivisti e volontari) non vogliono prendere i fondi del governo perché pensano che ciò  comprometterebbe le loro lotte per i loro diritti. Non vogliono ne anche i fondi stranieri perché pensano che le agenzie straniere che finanziano i progetti in India sono parte di grandi corporazioni e/o multinazionali, e loro non vogliono niente dalle multinazionali.

Ho parlato a loro di AIFO, come è organizzata e come funziona, per spiegare che anche le ong straniere possono essere basate sugli ideali, ma ho dovuto ammettere che AIFO era l'unica associazione di questo tipo che conoscevo e che nei 30 anni di lavoro internazionale, non ne avevo incontrata un'altra organizzazione europea simile basata sui principi di partecipazione e democrazia.

Alla fine ho suggerito al gruppo di Kesla di aspettare per l'avvio del progetto sanitario e invece di avviare un piccolo programma di riabilitazione su base comunitaria (CBR) per aiutare le persone con disabilità dei villaggi, perché la possono avviare con le proprie forze senza chiedere i fondi a nessuno.

Abbiamo organizzato alcune riunioni nei villaggi per parlare dei problemi sentiti dalle persone con disabilità. (Le prossime due immagini presentano le riunioni comunitarie sulla disabilità).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Alla fine, questo mio suggerimento è stato accolto dal gruppo e hanno deciso di condurre una piccola indagine per capire quante persone disabili vi erano nei villaggi. Ho promesso a loro di tornare a Kelsa periodicamente per sostenere i loro sforzi e per la formazione sulla CBR.

Le orme dei dinosauri

Il fiume Sukhtawa, letteralmente il fiume secco, passava dietro la casa di Smita. Una mattina durante una passeggiata lungo il fiume, ho visto due buchi rotondi nella roccia basalto ai margini del fiume. Ogni buco poteva contenere 3-4 zampe di elefante. Avevo letto che questa rocca è vecchia milioni di anni, è tra quelle più dure e costruire dei buchi in questa roccia non è semplice. Per ciò mi sono chiesto - chi aveva fatto quelli buchi e quando? Come erano riusciti a tagliare i buchi con i bordi così netti?

All'improvviso ho pensato alla scena di un dinosauro bloccato nella palude in qualche film - potevano essere le impronte di un dinosauro? Dopo quella volta, ne ho trovato molti altri buchi lungo il fiume, alcuni più piccoli, altri ancora più grandi.

Non so se qualcuno può provare se questi buchi sono segni dei dinosauri, ma per me da quella mattina, quella era diventata "la passeggiata dei dinosauri". Nessun altro a Kesla ha voluto a sostenere questa mia tesi che quelli buchi potevano essere i segni lasciati dai dinosauri, quando la roccia non era così compatta e magari vi era una palude in quell'area! (Le prossime 3 immagini presentano alcuni buchi rotondi ai margini del fiume Sukhtawa)

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Voi cosa ne pensate di questi buchi? Come si erano formati?

Gli alberi di Kesla

Lungo il fiume, vi sono delle foreste di alberi - la maggior parte degli alberi sono di sagon (Tek), con il legno pregiato.

Invece negli interni, vi erano molti alberi di Mahua. E' l'albero favorito dei gruppi indigeni indiani - il suo frutto è usato per creare un liquore molto usato dai gruppi indigeni. Produrre e vendere il liquore di Mahua è contro la legge ma più volte ho trovato alcuni gruppi a distillare questo liquore lungo il fiume. (Nell'immagine sotto, la distillazione illegale di Mahua).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Conclusioni

I 10 giorni a Kesla si sono passati in un lampo. Non era un soggiorno molto comodo - dovevo condividere una camera con 2 altre persone in una capanna dove entrava l'acqua ogni volta che pioveva. Avevo paura di serpenti e di altri animali. Nei 10 giorni non mi ero mai guardato nello specchio, perché nella casa non vi era uno specchio. La casa di Smita era molto spartana, tutto ridotto all'essenziale.

Dopo qualche giorno a Kesla, avevo avuto una diarrea, e poi nonostante le cure, questa diarrea è tornata a tormentarmi più volte.

Ciò nonostante, mi sono trovato bene con Smita e gli altri attivisti-volontari. Ho passato molto tempo fuori a passeggiare, a visitare le famiglie e a parlare con le persone. Spero che le loro idee sulla CBR potranno essere realizzate e mi piacerebbe molto continuare a sostenere loro in questo loro sforzo.

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