I giorni corrono veloci. Siamo già a metà settembre. Avevo cominciato a scrivere questo post in agosto! Qui continuava a piovere fino a qualche giorno fa. Alcune zone della città erano sotto acqua. In alcuni distretti vicini, avevano dovuto evacuare miglia di famiglie. Il fiume dietro alla mia casa era piena ma non era mai arrivata ai livelli di pericolo. Invece ora non piove più e tutto si torna alla normalità.
Le giornate che finiscono così in fretta, mi fanno pensare alle parole di un poeta indiano, Dharmvir Bharati:
Din yun hi bit gaya, angiuri men bhara hua jal giaise rit gaya
(Il giorno si è trascorso così, come l'acqua che scorre via tra le dita delle mani)
Il fiume Brahmaputra gonfio d'acqua a Guwahati
Qualche mese fa era morto un mio cugino. Qualche settimana fa è scomparso un altro. Erano entrambi della mia generazione. Pensare a loro mi fa sentire più vulnerabile. Vi sono dei momenti della giornata quando sono tutto preso dal lavoro e al improvviso penso a loro e mi chiedo, se morirò al improvviso, e se a qualcuno importerà di quello che facevo in questi giorni, lontano dalla famiglia?
***
A metà di maggio ero tornato a casa in Italia per un mese di ferie. A Bologna, ero andato a trovare i miei ex-colleghi all'AIFO.
Era strano tornare in quel mondo fatto di scadenze e urgenze, e il vivere quotidiano con i colleghi di lavoro. E' passato soltanto un anno da quando ho lasciato il lavoro in Italia per tornare in India, ma mi sembra qualcosa di molti anni fa.
Penso che il mondo delle organizzazioni non governative (ong) è in una fase di profonda trasformazione, non solo in Italia. Non penso che sia qualcosa successa all'improvviso - le crisi dei finanziamenti governativi e le trasformazioni della società legate alla globalizzazione avevano iniziato a cambiare questo mondo già da molti anni. La crisi degli ultimi 6-7 anni ha ridotto quello che era una foresta rigogliosa delle associazioni, in un deserto con pochi alberi ancora rimasti in piedi.
Da quanto ho sentito da amici di altri paesi europei, questa trasformazione del mondo delle ong, non è solo italiana, ma ha toccato un po’ tutti. AIFO è tra quelle poche ong italiane che ancora continua a ricevere il sostegno degli privati, ma ha visto diversi cambiamenti. Comunque, penso che non è soltanto una crisi finanziaria, ma qualcosa di più profondo.
I missionari prima e le ong dopo, erano i mezzi per esprimere la solidarietà con gli altri, e per agire insieme per ragionare sui temi che ci appassionano come individui. Nel mondo digitale dove collegarsi con gli altri che condividono le nostre passioni e così con le persone che vivono al altro capo del mondo, è diventato molto facile. In questo nuovo mondo come si vivrà il desiderio della solidarietà? E come dovranno trasformarsi le ong per essere in sintonia con il mondo di oggi?
Se da una parte il mondo è cambiato, dall'altra per tanti versi la vita delle persone povere non è poi cambiata così tanto. Guardando le persone qui in India, penso che per i poveri, avere un telefono cellulare è stato il cambiamento più potente di questi ultimi decadi, perché li permette di collegarsi uno con l'altro e di scambiare informazioni.
***
Era strano essere di nuovo a Bologna. Per quasi tre decenni, la città era stata la mia casa. Forse, ancora è la città che conosco meglio di qualunque altro posto del mondo. Invece, appena arrivato, subito la sentivo diversa. Non la sentivo più come "la mia città". Mentre la giravo, sentivo di essere un’ospite, uno venuto da fuori per visitare. Non pensavo di sentire questa sensazione e mi dispiaceva. Ovviamente si tratta di qualcosa che è cambiato dentro di me e non nella città.
Scultura di Leonardo Lucchi, Piazza 4 Novembre, Bologna, Giugno 2015 (sopra)
Poi sono andato a Schio, dove mia moglie ha la sua vecchia casa di famiglia, e dove ora lei vive. Vicino ai parenti e ai vecchi amici di famiglia, mi sono sentito più a casa.
Non ho ancora digerito queste sensazioni e non capisco il loro significato. Per tutti gli anni che ero in Italia, Bologna era la mia casa e Schio era un posto per visitare i parenti. Forse il mio senso di appartenenza in Italia è fortemente legato alla figura di mia moglie, e ora dove vive lei, sento di avere la mia casa?
Con qualche giorno in montagna al lago di Molveno (Trento) e qualche giorno al mare a Bibione (Veneto), le mie ferie italiane sono finite troppo in fretta.
Era strano poi tornare a Guwahati dopo le ferie. Quando ero partito per l'Italia, si stava ancora bene a Guwahati, non pioveva ogni giorno e non c'era il caldo insopportabile. Al ritorno, ho trovato il tempo cambiato. E' spesso nuvoloso e piove molto. E' anche molto caldo e umido. Mentre il taxi mi portava a casa, avevo una sensazione di disagio, e per un attimo mi sono chiesto, che cosa ero venuto a fare qui in questo posto lontano da tutto e da tutti, questa non è la mia casa?
Quella sensazione di essere un estraneo a Guwahati era passata dopo qualche giorno. Ora non penso più alla casa di Schio e alle ferie. Le giornate passano in un attimo. Tante volte torno a casa alla sera con il cuore pesante. Spesso mi sento sconfitto e impotente perché non riesco sempre a trovare un modo per aiutare le persone come vorrei. Ma non vorrei essere da nessun altra parte del mondo.
E tutte le sere, mia moglie mi telefona e ci scambiamo le notizie e gli eventi della giornata. E' tra i momenti più belli della giornata. Forse il mio mondo ideale sarebbe quello dove posso essere qui a Guwahati per il lavoro durante il giorno per poi tornare a casa a Schio alla sera! Mi ci vuole soltanto il teletrasporto istantaneo di Star-trek.
***
Molte persone in Italia volevano sapere di più della mia scelta di lasciare Italia e di tornare a vivere in India. Delle volte mi sentivo a disagio perché mi sembrava di non darle delle risposte che volevano. Mi sembrava che alcuni di loro aspettavano da me soltanto un certo tipo di risposte.
Penso che molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano, e sognano vite meno complicate con un ritorno al passato. Vorrebero un passaggio ad una vita più semplice, dove le emozioni sono più genuine, le persone hanno più tempo, e le nostre vite hanno più certezze. Avevo la sensazione che quando le persone mi chiedevano sulle mie esperienze di vivere in India, mi chiedevano una conferma che ero riuscito a realizzare questo, che il sogno di vivere una vita più semplice e genuina è possibile.
Era difficile parlare della mia realtà, per spiegare che questa vita mi dà molte piccole e grandi soddisfazioni quotidiane, ma che è sempre fatta di stress e di frustrazioni. La mia non è una vita meno complicata. Per cercare le emozioni genuine, devo sempre fare lo sforzo di uscire dal mio guscio, avvicinare gli altri ed essere disponibile. Non esiste una formula che cambi paese, casa e lavoro, e automaticamente la tua vita si trasformerà.
E anche qui vi sono molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano e che sognano di vivere vite più appaganti in Europa. Penso che cambiare il paese e il lavoro può funzionare se vai a realizzare un tuo sogno o vai verso qualcosa che hai fortemente desiderato. Ma cambiare il paese, difficilmente servirà se vuoi fuggire da qualcosa.
***
"Allora cosa fai in India?", era la domanda più comune che mi facevano le persone.
Ero tornato in India con l’idea di fare il medico di base tra i poveri, come facevo 35 anni fa, prima di andare in Italia. Ho provato a farlo per alcune settimane in un ospedale, in una zona molto povera nella parte centrale dell’India, e ho scoperto che non ero ancora pronto per quel lavoro. Richiedeva un impegno e una fatica quotidiana che non mi sembrava di avere più. Il bisogno era così enorme, che anche se aiutavi centinaia di persone ogni giorno, vi sarebbero state molte altre che non saresti riuscito ad aiutare. Vivere in quell'ospedale e girare alla sera nei corridoi pieni di persone che dormivano per terra nell'attesa di essere visitati da un medico, mi lasciava con una angoscia insupportabile.
Forse avevo bisogno di un rientro graduale, tornare in quel mondo di malattie e sofferenze poco alla volta, e non trovarmi buttato dentro al improvviso? Mi vergogno ancora quando ci ripenso, per non essermi fermato in quell'ospedale. Un piccolo gruppo di medici idealisti manda avanti quel ospedale. Sicuramente loro avevano già avuto persone come me che arrivano con delle belle intenzioni ma che scappaano via quando vivano la loro realtà quotidiana.
Penso che oggi, dopo un anno in India, se torno in quell'ospedale mi troverò meglio e riuscirò a fare molto di più. Ma ora ho preso altri impegni e non sarebbe giusto abbandonare questi impegni per tornare a lavorare in quell'ospedale. Comunque l'idea di tornare in quell'ospedale è sempre presente nel mio cuore.
Ora vivo a Guwahati nella parte nord-orientale dell'India dove lavoro per un’ong indiana che si chiama Mobility India e che si occupa delle persone con disabilità. Sono coinvolto sopratutto in due tipi di attività:
(1) Preparare materiale formativo semplice e gestire corsi di formazione sui temi della riabilitazione per le persone disabili, per le loro famiglie e per gli operatori comunitari. In città come Guwahati, vi è una forte privatizzazione degli servizi sanitari. Fuori nei distretti e nei villaggi, i servizi specialistici non esistono, per cui penso che il mio lavoro volto a formare gli operatori comunitari è molto utile.
Per esempio, è raro trovare un logopedista da queste parti, per cui sto lavorando alla preparazione di materiale per un corso sul tema “Come facilitare la comunicazione nei bambini disabili” che si terrà verso la fine di questo anno. Avevo già svolto attività simili mentre lavoravo all'AIFO. Mi piace molto, prendere le informazioni complesse e preparare il materiale di facile comprensione per renderle accessibili alle persone con poca educazione formale.
(2) Sperimentare strategie innovative della riabilitazione su base comunitaria e dello sviluppo inclusivo comunitario. Ricerca e documentazione sono due componenti essenziali di questi progetti. Amo svolgere la ricerca sociologica nelle comunità. Anche questo tipo di lavoro l'avevo già svolto quando ero all'AIFO, ma ora lo posso fare molto meglio perché posso seguire direttamente la sua operatività sul campo.
Vorrei fare molto di più - una ricerca sui bambini che vivono tra i rifiuti e una sulle persone anziane con morbo di Alzheimer nelle famiglie povere in zone rurali - ma non ho tempo per fare il tutto.
Oltre a questo, ogni tanto arrivano a trovarmi i genitori dei bambini disabili per farli visitare e per chiedere il mio parere. E' questo che spesso mi manda in crisi, sapere che in paese sviluppato molti di questi bambini possono avere le vite piene di soddisfazioni e di non riuscire a fare molto per loro.
Qui l’assistenza medica è fortemente frammentata e privatizzata, spesso spinge verso gli interventi inutili. Molte famiglie spendono tutto quello che hanno per “guarire” i bambini con disabilità incurabili perché gli specialisti continuano a fargli fare dei test e fargli prendere delle medicine inutili con il miraggio di un futuro che non arriva mai. Tutto il sistema serve per manipolare e sfruttare l’amore e i sensi di colpa dei genitori, per spremere tutti i loro averi.
Un altro tema del quale mi hanno chiesto di occuparsi è quello di stabilire un centro regionale per gli ausili, non soltanto per le persone con disabilità, ma anche per le persone anziane e le persone che soffrono di malattie croniche come la diabete.
Come potete immaginare, da fare c'è molto e il tempo che ho, non mi basta.
***
La casa dove abito a Guwahati è una piccola comunità. Pensavo di essere uno che vive con molta semplicità, anche se privilegiato nei confronti di quelli che mi abitano intorno. Sono rimasto un po’ sorpreso quando ho capito che molti mi vedono come un oggetto di pietà, il “
povero vecchio eccentrico che vive da solo come un fantasma!"
La mia casa ha 3 stanze, tutte in una fila – l’entrata, che è la stanza con il divano e il tavolo da pranzo; la stanza di mezzo che è la mia camera e che ha un bagno-toilette; e l’ultima stanza dove ho l'angolo cottura e la stendibiancheria. In fondo alla terza stanza ho un secondo bagno. Pensavo che la mia era un’abitazione semplice ma dignitosa.
Invece un mio vicino mi ha spiegato come mi vedono le altre famiglie che vivono nelle case dietro la mia, nel mio stesso cortile. C'è una grande comunità di persone che vive in questo cortile.
Circa 30 metri dietro la mia casa passa il fiume Bharalu. Più che un fiume, sembra un canale che porta via l’acqua di discarico delle case. Questo terreno fino al fiume, appartiene alla famiglia del mio padrone di casa da diverse generazioni. Fino a 10 anni fa, i padroni avevano una casa vicino al fiume e avevano delle capanne di paglia tra la casa e il fiume per i loro servitori. Davanti alla casa avevano un po’ di terreno. Poi hanno costruito una nuova casa di 3 piani sul terreno davanti alla vecchia casa.
Così, ora vi sono tre file di costruzioni in questo cortile –
• La prima fila vicino alla stradina ha una casa di 3 piani, dove occupo una parte del pian terreno e nelle 3 stanze abito da solo. L’altra parte del pian terreno con altre 3 stanze è occupata da una coppia con le loro 2 figlie adolescenti. Al primo piano vive la mia padrona di casa con il figlio maggiore, sua moglie e suo figlio, e 3 cani. Al secondo piano, c'è una camera sola dove vive il suo figlio più giovane che sta per sposarsi.
• La seconda fila, dietro di noi, ha la vecchia casa di un piano, dove una volta abitava la famiglia dei padroni. Questa casa con 4 stanze e una cucina, è suddivisa in 2 parti e in ciascuna parte vive una famiglia con i figli. Accanto alla vecchia casa, vi è una fila parallela di 5 piccole stanze, dentro ogni stanza vive una famiglia con i figli.
• La terza fila di case è vicina al fiume, dove una volta c'era la vecchia casa di paglia per i servitori. Questa casa, ora con il tetto di lamiera, ha una stanza grande suddivisa in 3 parti, e qui vivono 3 famiglie con i bambini. (Nell'immagine qui sotto si vede la casa con il tetto di lamiera della terza fila e dietro, si vede una piccola parte della casa di un piano della seconda fila).
In questo modo nel mio cortile di casa vivono 13 famiglie con un totale di circa 35 persone, compreso molti bambini. Intere famiglie vivono dentro una stanza sola che serve anche da cucina di giorno e da camera da letto di notte. Per fare la doccia, queste famiglie hanno alcuni bagni comuni senza acqua corrente. C'è un pozzo nella parte davanti del cortile, da dove tutte queste famiglie possono attingere l'acqua.
E le persone che vivono in queste stanze mi compatiscono perché “
sono un povero vecchio che vive da solo come una fantasma!”
Per capire perché mi compatiscono devi crescere e vivere in mezzo a una famiglia numerosa, anche se povera. Essere circondati da altri esseri può essere frustrante perché non hai privacy, non hai il bagno libero quando ti occorre, qualcun altro ha preso la tua camicia o ha stropicciato il tuo vestito che avevi stirato con cura. Ma essere circondati da altri esseri, ti dà molto calore umano. Hai persone con le quali condividi tutto e questo ti dà un grande senso di sicurezza e tranquillità. Crescere in questo mondo stretto vuol dire imparare sin da piccoli, i principi del compromesso e del aiuto reciproco. Impari ad essere un’entità collettiva, dove individualismo non è una virtù.
Quando sei cresciuto in collettività, trovarsi a vivere con tanto spazio e senza essere circondati dal calore umano degli altri, è un po’ freddo e triste. Per questo loro mi compatiscono.
***
La città sta cambiando ma ancora le tradizioni sono molto radicate. Ero andato ad una festa tradizionale che si celebra all'inizio della stagione delle piogge. Era bello vedere i gruppi di persone danzare insieme e cantare insieme. Un momento particolare della festa era la consegna di riconoscimenti alle persone anziane "perché hanno dato molto alla società".
Era bello vedere le persone di diverse religioni, tutti con i vestiti tradizionali a danzare insieme.
Così gli anziani - insegnanti, medici e operai in pensione da decenni, ottantenni e novantenni hanno ricevuto un cappello e una coppa con un certificato di merito della loro comunità.
Vorrei poter dire che sono ben integrato nella mia nuova comunità di adozione qui a Guwahati. Invece non sarebbe vero. Non parlo ancora la loro lingua e questo è un grande ostacolo. Comunque mi invitano sempre e sono sempre gentili.
***
Non è sempre piacevole la sensazione di essere un estraneo, uno che non appartiene.
Qualche volta è piacevole guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Gli occhi che vedono tutto nuovo, tutto diverso, tutto esotico. Gli occhi che vedono il perché degli stereotipi, che vedono le contraddizioni del nostro quotidiano.
Ma delle volte, vorrei non essere l’altro. Vorrei essere qualcuno certo della sua identità. Mi rendo conto che è stupido pensare così, perché non si può tornare in dietro. Ma tutti noi abbiamo diritto di sognare e volere cose che non possono esserci.
***