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lunedì 4 marzo 2024

Camminare Diversamente: Libro - Passo Lento

Recentemente, Antonella Patete e Nicola Rabbi hanno scritto un libro, "Passo lento -
Camminare Insieme Per l'inclusione
", pubblicato da Edizioni La Merdiana. Il libro parla di alcune esperienze di camminare insieme agli altri, tra i quali anche alcune persone viste come diverse.

Conosco Nicola Rabbi forse da circa 30 anni, l'avevo incontrato al Centro di Documentazione Handicap di Bologna, dove è il responsabile della comunicazione. Per molti anni ha diretto la loro rivista HP-Accaparlante ed è un giornalista specializzato sul tema della disabilità e le differenze. Per molti anni, Nicola ha collaborato con AIFO, dove lavoravo e siamo diventati amici. Quando Nicola mi ha parlato del suo libro, ne ho voluto sapere di più.

Di cosa parla il libro?

Il libro parla di alcune esperienze di cammini insieme agli altri, tra i quali vi sono persone considerate diverse. Nel libro, Nicola ha tre scritti - Asini, Neve e Foglie; e, Antonella Patete ne ha due - Sabbia e Pioggia.

Angelo Ferracuti nella sua prefazione dice che le esperienze di camminare insieme alle persone 'diverse', "invece che un limite o un deficit comportamentale o sociale, diventa una forza per guardare in maniera originale e diversa l’altro da sé e il mondo circostante, così come una forma di riscatto ed emancipazione". 

Una chiacchierata con Nicola Rabbi

Ho parlato con Nicola riguardo questo libro, ecco quello che mi ha raccontato:

Passo Lento è nato per caso. Avevo percorso assieme a un’amica fotografa il cammino di San Benedetto che si snoda lungo gli appennini centrali. Eravamo un gruppo composto da volontari, educatori e persone con problemi di salute mentale. La cosa più originale di questa avventura era la presenza di 4 asini che portavano i nostri bagagli e a cui noi dovevamo accudire.

L’idea era quella di scrivere un servizio giornalistico corredato da alcune foto per una rivista ma, quando era stato il momento di concludere, poi il caporedattore non l’aveva pubblicata.

A me piaceva l’idea che stava dietro a questo reportage, ovvero che il camminare assieme fa stare bene tutto il gruppo per motivi vari: stai all’aria aperta, interrompi il solito ritmo di vita quotidiana, fai nuove conoscenze, ma forse ti senti meglio anche per qualcosa di atavico e misterioso: noi all’inizio, eravamo una specie nomade e ci spostavamo in gruppo per proteggerci e sopravvivere e questa esperienza è rimasta dentro di noi. Quando ho iniziato a scrivere questo articolo non avevo sviluppato un ragionamento così articolato ma mi ero buttato d’istinto, per divertimento.

Non esisteva un progetto per un libro ma questa idea è scattata quando, parlando con la mia collega Antonella Patete, ho saputo che lei partiva per un cammino di qualche giorno nel deserto del Marocco in un gruppo dove molte persone erano cieche. Da qui la proposta di fare altre viaggi e di riunirli in un libro.

A quel punto mi sono messo in contatto con associazioni che sulle Alpi italiane organizzano percorsi con le joelette e ho chiesto di partecipare. Le joelette sono delle biciclette mono ruote che permettono a persone con problemi motori di andare su in montagna. Antonella ha trovato un’altra occasione di viaggio con dei ciechi nelle terre mutate, ovvero quella zona dell’appennino colpito dal terremoto del 2016.

Il quinto e ultimo servizio giornalistico dedicato a questo tipo di viaggi, l’ho fatto con dei minori migranti non accompagnati e i loro educatori; siamo andati a camminare con le ciaspole sulle nevi degli appennini bolognesi.

Io e Antonella ci siamo dati un anno di tempo per realizzare il tutto e quindi abbiamo potuto scrivere con calma e curare molto questo aspetto.

Presentare il libro al pubblico

Nicola ha anche spiegato i loro futuri piani per far conoscere il libro.

Il libro è stato pubblicato dalle edizioni la meridiana con cui da alcuni anni curiamo una collana editoriale dal titolo I Libri di accaParlante, che si occupa di accessibilità, non solo fisica ma anche, anzi soprattutto, alla cultura.

Nel corso del 2024 saremo impegnati in una serie di presentazioni in varie parti di Italia perché questa esperienza merita di essere conosciuta: non importa la tua condizione fisica o mentale, la tua età, non occorre essere delle persone atletiche per camminare assieme, tutti lo possono fare e alla fine della giornata, probabilmente, molti avranno delle cose piacevoli da raccontare.

Conclusioni

Molti lamentano che oggi viviamo in un mondo sempre più veloce e caotico, troppo preso dalla tecnologia e il virtuale. Invece con l'esperienza dell'età, penso che più vecchi diventiamo, più facilmente scopriamo i piaceri della lentezza, di fermarci a guardare o a pensare e ricordare. Se non vi sono altri problemi, sopratutto del corpo, che non ce lo permettono, il camminare, da soli o in compagnia, anche di un cane o di un asino, diventa uno dei piaceri più grandi nel diventare vecchi!

Nicola inizia il suo primo racconto con un’esperienza di cammino sugli Appennini laziali, dove sono accompagnati da asini e parla di una compagna che aveva scoperto "il benessere che si crea in un gruppo di persone che passeggiano lente nei boschi in compagnia degli asini."

Gli asini, Alfio, Bigio e Camillo, sembrano usciti da un romanzo. Quando Nicola li incontra, scopre che "Alfio mi guarda, gli altri mi ignorano e subito mi accorgo che questi non sono animali che ti si avvicinano scodinzolando o strusciandosi e nemmeno scalpitano inquieti come i cavalli, sono più misteriosi." Devo confessare che non avevo mai pensato agli asini, tanto meno, al loro comportamento, e sono subito catturato dal suo racconto.

Un buon libro ti fa pensare a qualcosa alla quale non avevi prestato attenzione prima, ti guida verso un nuovo modo di guardare, sentire e pensare il mondo, il libro di Nicola e Antonella riesce in questo.

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sabato 24 dicembre 2022

L'Arte di fare lo Scrittore

Amo leggere i libri e mi piace parlarne. Mi piace anche scrivere - questo blog ne è la prova. Molti anni fa avevo partecipato ad un corso di scrittura creativa. Attualmente faccio parte di un gruppo dei lettori e mi piacerebbe far parte di un gruppetto delle persone che scrivono o che cercano di scrivere.

Mi è sempre piaciuto scrivere. Il mio primo racconto (pubblicato in una rivista letteraria indiana) era nel 1983. In Italia, alcuni miei racconti sono usciti in qualche rivista (Incroci, El Ghibli) e in alcune antologie (Madre Lingua, Passaparole). Ho iniziato a scrivere un romanzo per la prima volta nel 2001 e da allora, ho provato a scrivere dei romanzi più volte, ma senza mai completarli. Finalmente, recentemente (dicembre 2022) ho completato il mio primo romanzo.

Questo mio scritto tocca un po' tutti questi punti.


Scrittori e Lettori

Nel 2009-10, avevo partecipato al corso di scrittura creativa organizzato da Eks&Tra - Laboratorio di Scrittura Interculturale a Bologna. Era un'iniziativa multiculturale con persone provenienti da diversi paesi. Far parte di questo gruppo mi aveva fatto capire il piacere di stare insieme alle persone che scrivono e di parlare con loro di quello che scriviamo.

Invece, fare parte del gruppo di lettura (Lettori in Circolo) dove discutiamo dei libri che abbiamo letto, mi ha fatto capire che non esiste un libro che piace a tutti. Anche i libri che io trovo belli, c'è sempre qualcuno del nostro gruppo che trova noiosi. Capire questo è stato qualcosa di liberatorio, perché vuol dire che bisogna scrivere anzitutto per il proprio piacere.

Comunque, in vita reale, quando uno scrive, far zittire la voce critica interna è difficile se non impossibile. Per questo penso che far parte di un piccolo gruppo di persone che si trovavano con le stesse mie insicurezze e ansie, e che danno un sostegno reciproco per i nostri momenti di crisi, sarebbe bello.

Utilità dei Corsi di Scrittura Creativa

Quel corso di scrittura creativa che avevo frequentato era utile perché ci aveva costretti a sperimentare nuovi modi di espressione. Per esempio, mi piaceva (e tutt'ora mi piace) scrivere in prima persona. Invece durante il corso, avevamo ragionato sui vantaggi e svantaggi di scrivere in terza persona o come un narratore esterno onnisciente.

Avevamo anche fatto esercizi di "pensare di essere" un ombrello o una scarpa e cercare di vedere la nostra trama da un punto di vista diverso. Provare a vedere gli eventi del nostro scritto da un'angolazione diversa è un bel esercizio, perché ci potrebbe far capire degli aspetti che avevamo ignorato.

Devo riconoscere anche il ruolo giocato da Daniele Barbieri, uno degli insegnanti del nostro corso, in apprendere l'importanza delle revisioni e di togliere tutto il superfluo dal nostro scritto.

Tutti questi sono gli strumenti di lavoro degli scrittori, più o meno utili - prima del corso, non ci avevo mai pensato bene a questi "strumenti".

Il Mio Romanzo

Negli anni 1990, avevo perso quasi tutti i contatti con la mia lingua materna (hindi). Nel 2001, dovevo stare a Ginevra per circa 6 mesi, mentre lavoravo all'OMS. Ero da solo e avevo più tempo, così avevo iniziato a scrivere un romanzo in inglese - dopo 2 anni l'avevo abbandonato incompleto. Nei venti anni successivi, ho provato a scrivere diverse volte e tutte le volte li ho abbandonati i miei romanzi incompleti.

Nel 2020, grazie al Covid eravamo chiusi in casa e ero in pensione. Ho ripreso la scrittura di uno dei romanzi che avevo abbandonato, con la differenza che questa volta scrivevo in hindi. Con l'internet, negli ultimi 15 anni, mantenere i contatti con gli amici in India, leggere i libri e le riviste in hindi e guardare i programmi e film in hindi è diventato molto facile, così poco alla volta avevo ritrovato la mia lingua materna.

Ho completato la seconda stesura del mio romanzo qualche giorno fa. Una casa editrice indiana si è mostrata interessata. Se andrà tutto bene, il mio primo romanzo uscirà nel 2023 in India.

Ho altri 2 libri nella testa - penso a questi 3 romanzi come la mia trilogia "Amar, Akbar, Anthony", un film di Bollywood degli anni settanta che parlava di fratelli smarriti e genitori separati dai figli - anche i miei 3 romanzi hanno le famiglie separate e disperse. Il primo è quasi pronto e ho le dita incrociate per finire anche gli altri due.

Leggere e Giudicare i Libri degli Altri

In passato, più di una volta, alcuni scrittori italiani mi avevano chiesto di leggere le bozze dei loro romanzi ambientati in India.

Quando le persone mi chiedono un parere sulla correttezza delle informazioni sull'India, è relativamente facile dare i miei consigli. Anche quando i loro scritti mi piacciono, è facile parlare con loro e spiegare che cosa mi è piaciuto e perché.

Invece, quando un libro non mi piace, faccio molta fatica a dire allo scrittore quello che penso perché so bene quanta fatica e sudore ci si mette a scrivere qualcosa. Scrivere un romanzo richiede ore, giorni e mesi, passati in solitudine a cercare le parole. Per ciò, non riesco a esprimere critiche sincere, e spesso preferisco non esprimere il mio parere in questo caso.

Ora che ho scritto il mio primo romanzo e l'ho mandato in giro alle persone per avere il loro parere, posso vedere questo stesso dilemma dall'altra parte. Quando qualcuno non mi dice quello che pensa del mio libro, posso capire le sue difficoltà - vorrei dirgli di non preoccupare, che capisco le loro difficoltà, e che va bene lo stesso.

Conclusioni

Il mondo dei libri è nato soltanto qualche secolo fa. All'inizio del 1900, più del 50% della popolazione italiana era analfabeta, mentre in India, quando è diventata indipendente nel 1947, questa percentuale di analfabeti saliva all'88%. Eravamo un mondo basato sulla cultura orale, dove i racconti erano il dominio delle cantastorie.

Poi per qualche decennio siamo diventati una cultura che si esprime tramite gli scritti, ma ultimamente con gli smartphone e gli App come YouTube e TikTok, la comunicazione orale è tornata ad essere importante di nuovo. Chissà, nel mondo di domani, ancora la gente leggerà dei libri? Ho letto di uno studio su come oggi la gente legge online - sembra che le persone dedicano meno di mezzo minuto a scorrere un sito o una pagina web e saltano la maggior parte delle parole.

Ciò dovrebbe dare conforto agli scrittori che passano ore e giorni a leggere, rileggere e correggere quello che scrivano? Non serve tormentarci più di tanto perché in ogni caso, i nostri lettori non leggeranno i testi parola per parola.
 
Alla fine due appunti:
 
(1) Se siete di Schio o nei dintorni e vi piace/piacerebbe scrivere e volete fare parte di un gruppo di sostegno reciproco per incontrare occasionalmente e di parlare di scrivere, lasciate un commento qui sotto.

(2) Se sapete l'hindi e volete leggere la bozza del mio romanzo, fatemi sapere - lasciate un commento qui sotto. Se dopo aver letto il mio libro, non avrete la voglia di darmi il vostro parere, non preoccupatevi, vi vorrò bene lo stesso.
 
E, per concludere un'immagine di Indro Montanelli mentre scrive seduto tranquillamente in un parco pubblico di Milano.



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giovedì 8 settembre 2022

Percorsi Spirituali

Sono cresciuto in una famiglia poco religiosa, ma sono sempre stato interessato alla spiritualità. Questo post spiega il significato di spiritualità per me e presenta alcune delle mie esperienze spirituali più significative.



Per "spiritualità" intendo le idee sulla natura dell'anima, della coscienza e della realtà. Per me, le esperienze spirituali sono quelle che inducono in me sentimenti di connessione con gli altri e con l'universo,  e possono essere molto diverse tra di loro - possono essere legate alla lettura, alla meditazione, all'ascolto della musica, all'osservazione delle stelle e all'essere nella natura, e avere pochi collegamenti con le religioni. 

I Guru Spirituali

Le tradizioni indiane pongono molta enfasi sul ruolo di un Guru, un maestro spirituale. Invece per me, i miei maestri spirituali sono i libri (le mie letture spirituali preferite sono le Upanishad dell'Induismo).

In India ho incontrato diversi Guru famosi. Nel 1968, avevo incontrato Mahesh Yogi, nei giorni in cui i Beatles erano in visita presso il suo ashram a Rishikesh. Improvvisamente era diventato il Guru per i famosi del mondo. Mi era piaciuto il suo sorriso e le sue spiegazioni sulla meditazione trascendentale. Durante gli anni 1970-80, ero diventato molto interessato a leggere i libri di Acharya Rajneesh (Osho). Infine, durante i primi anni 2000, avevo visitato l'ashram di Sree Sree Ravishanker vicino a Bangalore e poi nel 2015 ero andato ad ascoltarlo quando aveva visitato Guwahati (nell'immagine sotto).

Il Guru Ravishanker durante la sua visita a Guwahati nel 2015

Tuttavia, finora non ho mai sentito alcun desiderio di seguire un Guru. Forse, ciò significa che non ho bisogno di un Guru, o, forse, significa che non sono ancora pronto per un Guru.

Invece di un Guru, circa 40 anni fa, ho avuto la fortuna di incontrare Don Silvio Favrin, un sacerdote cattolico di Castel Franco V. nel nord-est d'Italia. È morto all'inizio di quest'anno (aprile 2022). Era un amico per me ed era un grande maestro spirituale - alcune delle nostre conversazioni hanno avuto una profonda influenza su di me. Aveva la capacità di condividere le idee più profonde in parole semplici, spesso con un sorriso disarmante ed un pizzico di ironia (Don Silvio nell'immagine sotto).

Don Silvio Favrin, Castel Franco Veneto, un amico e un grande maestro spirituale

Interazioni spirituali inaspettate

Molte delle mie memorabili interazioni spirituali con le persone sono state inaspettate. Ad esempio, durante il 2014-16, mentre vivevo a Guwahati, ho avuto un paio di esperienze spirituali.

Il primo incontro è stato nella foresta dietro il tempio Bashishtha, dove ho incontrato un Sadhu, che aveva costruito la sua casa sotto una sporgenza rocciosa. I sadhu sono persone simili ai monaci nella tradizione induista, loro rinunciano a tutto ma non vivono dentro un monastero. Lui mi ha raccontato delle sue peregrinazioni attraverso l'India. Gli ho chiesto perché avesse scelto quel posto particolare per allestire la sua casa e ha iniziato a parlare dell'energia sottile che esce dalla terra e di come si poteva sentire quell'energia in quella roccia.

Il sadhu che viveva sotto la roccia in una foresta


"Metti la mano in questo posto", indicò la roccia, "poi chiudi gli occhi e cerca di sentire l'energia". Ho provato ma non ho sentito nulla. Allora mi ha detto che per poter sentire quell'energia avevo bisogno di prima calmare la mia mente. Era una persona semplice ma ascoltarlo parlare dell'universo e della nostra connessione con la natura è stata un'esperienza meravigliosa.

Un'altra esperienza spirituale per me è stata durante la festa di Ambubashi al tempio di Kamakhya. Kamakhya è uno Shaktipeeth (ciò è, un tempio che celebra il principio femminile della natura). La festa di Ambubashi celebra la mestruazione metafisica della dea-madre. In un cortile sulla collina vicino al tempio, mi sono imbattuto in un gruppo di cantanti Baul. Alcuni di loro fumavano cannabis. Altri ballavano e cantavano i canzoni Baul. Ad un certo punto, un vecchio, una persona molto magra, si alzò, con gli occhi chiusi in una trance estatica, e cominciò a ballare. In una mano aveva una scatolina e nell'altra, aveva un barattolo di talco. Vederlo muovere lentamente seguendo una musica che sentiva dentro di sé, è stata una delle esperienze spirituali più sorprendenti che abbia mai avuto.

L'anziano Baul che danza in un trance durante la festa di Ambubashi


Ho avuto esperienze spirituali anche in altri parti dell'India. Per esempio, una volta stavo con una famiglia in un villaggio appena fuori Orchha nel Madhya Pradesh. Una ONG locale aveva organizzato il mio soggiorno. Una mattina, stavo camminando verso Sundar Mahal, il dargah di un santo sufi chiamato Sundar Shah, quando incontrai un povero mendicante, che era seduto a terra.

Mi sono fermato a parlargli. Era vedovo ed era uscito di casa a causa di maltrattamenti da parte della nuora. Aveva deciso di girovagare e di vivere di carità come fanno i sadhu. Abbiamo parlato della sua vita precedente, della sua casa e dei suoi figli, e della sua vita presente come un mendicante errante. Mi dispiaceva molto per la sua situazione che nella sua vecchiaia, invece di avere una vita tranquilla, era costretto ad andare in giro, chiedere l'elemosina e non essere mai sicuro se avrebbe trovato un posto dove riposare per la notte.

L'anziano mendicante errante vicino aldargah di Sundar Shah


"Allora, cosa desideri, cosa vuoi adesso?", gli chiesi. Sorrise e scosse la testa: "Niente, ho trovato tutto ciò di cui ho bisogno", rispose. Ricordare quell'incontro e le sue parole, può ancora farmi sentire emozionato.

I luoghi spirituali e le statue che si sciolgono

Sono stato in molti luoghi di pellegrinaggio di diverse religioni in diversi paesi. Non sono religioso e non vado da nessuna parte a pregare. Tuttavia, mi piace visitare i luoghi religiosi alla ricerca di esperienze spirituali. In India, ho viaggiato molto, dalla roccia di Vivekanand a Kanyakumari nel sud del paese al raduno di Kumbh mela a Prayagraj nel nord. Ci sono stati molti bei momenti durante questi viaggi ed è sempre appagante vedere la bellezza nei templi, nelle moschee e nelle chiese.

Eppure, quando penso ai miei momenti spirituali indimenticabili, di solito non sono associati a nessuno di questi luoghi. Invece adoro l'idea di costruire le statue di fango per le festività indiane e, alla fine delle festività, immergere quelle statue nel mare o in un fiume. La divinità diventa quindi un'espressione temporanea della natura. Adoro la vista di vecchie statue lasciate vicino ai fiumi che gradualmente si sciolgono e tornano nella terra, un po' come tutti noi esseri mortali.

Negli anni quando vivevo nel nord-est dell'India, era comune trovare le statue di divinità come Ganesh, Durga, Kali e Saraswati, lasciate vicino ai fiumi e laghi (Come nell'immagine qui sotto).

La statua che si scioglie e ritorna alla natura


Invariabilmente, mi fermavo a guardarle. Una sera, mentre passeggiavo lungo il fiume Kolong a Nagaon e mi sono imbattuto in una vecchia statua malandata di Saraswati, la dea della sapienza, illuminata dai raggi del sole al tramonto. Per un momento, mi sentii come se la Dea mi stesse parlando. Quell'esperienza era così potente che per circa altri 10 minuti, mi sembrava che tutto fosse illuminato da una luce interna.

Musica ed esperienze spirituali

Una delle esperienze spirituali più profonde che posso ricordare è stata a Mandya nel Karnataka, quando stavo con alcune suore cattoliche in un convento. Sr Leela, la superiora delle suore, era stata nostra ospite in Italia molte volte. Una mattina presto, le ascoltai cantare dolcemente le loro preghiere in una piccola cappella. Le loro voci erano come le onde della marea che si alzavano e abbassavano e mi circondavano con il loro calore, un'esperienza spirituale davvero meravigliosa.

Un'altra volta, ero in Cisgiordania in Palestina e stavo con la famiglia di un amico. Di solito mi sveglio presto alla mattina. Ricordo di essermi svegliato nella sua stanza degli ospiti, ascoltando il suono di azaan, la chiamata dei muezzin alla preghiera, proveniente da diverse moschee nei dintorni, mentre fuori era ancora buio. Le voci non erano sincrone, e ogni voce aveva un timbro diverso - anche questa volta, l'alzare e l'abbassare delle loro voci avevano creato una meravigliosa esperienza spirituale.

Un'altra occasione in cui la musica mi ha toccato profondamente è stata a Bologna durante un programma di danza. Alessandra Pizza, l'insegnante di Bharatnatyam, stava cantando una preghiera al Ganapati, accompagnata dal battito ritmico di un gong su un blocco di legno. Eravamo seduti in una galleria, sotto un'alta cupola in modo che la sua voce avesse una piccola eco. È stata un'esperienza molto travolgente.

Alessandra Pizza (seduta per terra in mezzo alle danzatrici) canta


Adoro anche ascoltare il canto di Gurubani nei gurudwara dei sikh. Spesso i raagi (cantanti) nei gurudwara sono cantanti addestrati in musica classica e le loro preghiere hanno parole semplici ma profonde, che trovo molto commoventi.

Da adolescente e giovane, alcune delle mie esperienze spirituali sono state durante l'ascolto di cantanti classici indiani come Bhimsen Joshi, Pandit Jasraj, Kumar Gandharv e Kishori Amonkar. Per esempio, per me ascoltare Kumar Gandharv mentre canta "Udd jayega hans akela" (Volerà via, il cigno solitario) è sempre un'esperienza emozionante. 

Infine, alcuni anni fa, durante un concerto di musica a Bologna, la signora Ashwini Bhide Deshpande aveva cantato "Ganpati Vighnaharan Gajanan" - l'acustica di quella sala era meravigliosa e mi sentivo circondato dalla sua voce. Solo pensare a quell'esperienza mi fa provare una grande gioia.



Alla fine

Scrivere questo post è stata un'esperienza meravigliosa. Quando l'ho iniziato, avevo un'idea molto diversa nella mia mente di cosa avrei scritto. Invece, quando ho cominciato, mi sono venuti in mente molti ricordi dimenticati e questo post è andato in una direzione inaspettata.

Rileggendo quanto ho scritto, mi rendo conto che la maggior parte delle miei esperienze spirituali sono legate all'India, forse perché sono cresciuto circondato da quel mondo e quel modo di pensare. Posso immaginare che qualcuno che cresce in Italia, potrebbe avere delle esperienze molto diverse dalle mie. Penso che in fondo un'esperienza spirituale è qualcosa che ci fa intuire, anche per un attimo, che la realtà della nostra esistenza va oltre il mondo vissuto attraverso i nostri sensi.

Spero che leggere questo scritto vi farà riflettere su cosa significa la spiritualità per voi e forse vi aiuterà a ricordare le vostre esperienze spirituali più importanti.



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domenica 29 maggio 2022

RRR - Il Ritorno di Bollywood

Bollywood, il mondo del cinema indiano, una volta era famoso per i suoi film masala, ciò è, i film composti da una miscela di scene prefissate, intervallate da danze e musica. Per esempio, la prima regola di questi film era che gli eroi dovevano essere belli e forti, che potevano lottare contro decine di uomini e vincere, senza scomporre la piega dei loro pantaloni, mentre le donne dovevano essere belle e sapere ballare, piangere e chiedere aiuto, ma all'occorrenza, diventare guerriere. Questi film avevano alcune scene di azione, ma anche le emozioni, soprattutto quelle legate alle questioni dell’amore e quelle famigliari. Amicizie, soprattutto quelle maschili, avevano un ruolo chiave nella trama. 

Quando andavi a vedere un film masala, ti dicevano di lasciare a casa il cervello, che ti creava soltanto degli intralci perché ti spingeva a cercare una logica negli avvenimenti. Poi, negli ultimi anni, il mondo dei film masala era andato in declino.

Dopo lo scoppio dell’epidemia di Covid, il cinema di Bollywood era entrato in ulteriore crisi. Diversi grossi film con le stelle di Bollywood, guidati dai nomi famosi di Bombay (Mumbai) e usciti negli ultimi mesi erano stati bocciati dal pubblico.

Paradossalmente, questo momento di crisi di Bollywood, è stato il momento di grande successo per i film girati nel sud dell'India. Questi film hanno registi e attori del sud, poco conosciuti nel resto dell'India. Questa reincarnazione di Bollywood masala film nel sud dell'India ha sorpreso un po’ tutti. 

L'ultimo di questi film, RRR del regista S. S. Rajamouli, uscito in India nel marzo 2022, ha avuto un enorme successo. Questo film è già disponibile su Netflix in Italia in lingua Hindi con i sottotitoli in italiano. Se vi piacciono i film di avventura e azione con l'aggiunta della salsa di Bollywood, non perdetelo.


Trama di RRR

Il film è ambientato nel India del 1920, quando era ancora una colonia inglese. Il Governatore inglese Scott e la moglie Catherine visitano una tribù indigena dei Gond nella foresta. Catherine rimane affascinata da una bambina della tribù che si chiama Molli e decide di portarla con sé a Delhi, nonostante le suppliche di sua mamma. Bheem, il capo della tribù ha il compito di andare a Delhi e riportare la bambina alla tribù.

Il governatore è stato avvertito che un uomo della tribù verrà per cercare di riprendere la piccola Molli e dà l'ordine di catturare questo uomo. Arrivato a Delhi, per sfuggire ai controlli della polizia, Bheem si traveste da un meccanico, assume il nome di Akhtar ed è ospitato da una famiglia musulmana. 

Un giorno Akhtar/Bheem vede un bambino cadere nel fiume e mentre cerca di salvarlo, incontra un uomo, Rama Raju. I due diventano grandi amici e sono inseparabili. Quando Rama è morso da un serpente, Bheem gli salva la vita. Mentre, Bheem cerca una via per entrare nel palazzo del governatore, incontra una ragazza inglese Jenny e tra i due nasce un’attrazione.

Quando Bheem sta per liberare Molli, scopre che il suo amico Rama Raju è veramente un agente speciale degli inglesi con il compito di catturarlo. Ma anche Rama Raju ha un segreto.

Allora, secondo voi alla fine Bheem riesce a liberare Molli e a riportarla nella foresta? In un film masala, la risposta è già scontata, ma il percorso che segue il film per raggiungere questo scopo, è un po' tanto lungo (oltre 3 ore) ma molto divertente, pieno di colpi di scena.

Infatti, la trama del film non ha niente di speciale o innovativo. Ciò nonostante, se vi piacciono le scene di azione e le scene di grande impatto emotivo, vi piacerà questo film. Come spiegato prima, per godere il film è importante non cercare la logica. Tutto è magnificamente esagerato e poco credibile, ma è bello da vedere. Se vi piacciono i film con i supereroi, vi piacerà questo film. 

Commenti

Il film è ispirato da due personaggi realmente esistiti, i quali avevano lottato contro gli inglesi per l’indipendenza dell’India. Il film prende le storie di questi 2 personaggi, li riunisce in una storia inventata della realtà alternativa.

I coloni inglesi del film sono delle figure brutali e crudeli senza pietà, tranne la bella Jenny, pronti a tutto pur di mantenere il controllo dell'impero inglese sulla colonia indiana. Alcune scene di brutalità sono molto forti e crude.

Invece il punto forte del film è la grandezza delle sue scenografie e le sue scene di azioni. Il film è pieno di effetti speciali, dove i leoni e leopardi si mescolano con treni e carri che bruciano, le moto che sono lanciate in aria come dei sassolini e gli uomini che non devono seguire la legge della gravità.

La letteratura e i film sulle lotte indiane contro gli inglesi hanno sempre privilegiato le figure di Mahatma Gandhi, di suoi seguaci e del partito del congresso. Invece, questo film sceglie di raccontare le storie delle persone che credevano nella lotta armata contro gli inglesi e non nella linea della non violenza di Mahatma Gandhi. Molti di questi personaggi indiani che credevano nella lotta armata sono sconosciuti in occidente.

I due personaggi del film, Ramaraju e Bheem, sono modellati come gli eroi delle due storie religiose-mitologiche conosciute in tutta l'India - il Ramayana e il Mahabharata. Nell'ultima parte del film, Rama Raju, il poliziotto che lavora per gli inglesi, si veste e comporta come il personaggio di Rama, compreso l’arco e le frecce. Anche il nome della sua fidanzata Seeta, è ripreso dal libro. In Ramayana, Rama mangia il cibo offerto da una donna Dalit, mentre in RRR, il personaggio di Rama mangia insieme al suo amico e una famiglia musulmana per dare il messaggio di fratellanza.

 

Bheem invece incarna il personaggio eponimo dalla storia di Mahabharata, uno dei fratelli Pandava del libro, un personaggio conosciuto per la sua grande forza fisica. In Mahabharata, Bheem si sposa con Hidimba, una donna di una tribù indigena mentre nel film, il Bheem appartiene ad una di queste tribù.

Allo stesso momento, per assicurare che il mondo multi-religioso dell’India non si senta sopraffatto dalla mitologia indù, per la maggior parte del film, Bheem si traveste da un musulmano e convive con una famiglia musulmana nazionalista. Questa era una delle caratteristiche dei film masala di una volta - assicurare che le principali religioni dell’India, possono essere rappresentante da personaggi postivi in alcuni ruoli chiave di questi film. Il collegamento tra i personaggi del film e gli eroi mitologici di storie ben conosciute al pubblico, è stato citato dai critici indiani come una delle ragioni per il grande successo ottenuto dal film.

Il film ha anche due stelle del mondo di Mumbai, Ajay Davgn e Alia Bhatt, ma entrambi hanno relativamente piccole parti - Ajay Devgn interpreta il padre e Alia Bhatt interpreta la fidanzata di Rama Raju. Invece il film è dominato da due attori del sud dell’India – NT Rama Rao Jr nel ruolo di Bheem e Ram Charan nel ruolo di Rama Raju.

Il titolo del film RRR significa Rise, Roar, Revolt (Alzare, Ruggire, Ribellare), ma secondo i fan del film, è anche un acronimo delle iniziali delle 3 persone – i 2 attori Rama Rao e Ram Charan, e il regista Rajamouli. Quest’ultimo si fa vedere negli ultimi minuti del film, quando appare insieme ai due eroi nella danza-canzone di chiusura.



Se avete guardato questo film su Netflix, fatemi sapere se il film vi è piaciuto o meno. Era tanto che non guardavo un film di Bollywood di questo tipo senza nessuna pretesa intellettuale. Come si direbbero in India, è un'ottimo timepass!

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lunedì 23 maggio 2022

Il Poeta delle Rivoluzioni

Dushyant Kumar, il poeta indiano scomparso nel 1975, è chiamato "il poeta delle rivoluzioni". È uno dei poeti contemporanei più amati dell'India.
  
Se parliamo di scrittori indiani, alcuni nomi conosciuti a livello internazionale sono Arundhati RoyVikram Seth e Amitabh Ghosh - sono tutti scrittori che scrivono in inglese. Invece, tra gli scrittori che scrivono in lingue indiane, soltanto una piccolissima parte è conosciuta fuori dai confini nazionali. Negli ultimi anni, vi è stato un tentativo di tradurre nelle lingue europee le opere di alcuni, ma la maggior parte di loro rimane sconosciuta. Quest'anno (2022) per la prima volta un libro scritto in Hindi è entrato nei candidati per il premio Booker per le opere tradotte ("La Tomba della sabbia" di Geetashree).

Per quanto riguarda i poeti indiani, penso che oltre al nome di Rabindranath Tagore, nessun altro poeta indiano è conosciuto fuori dall'India.

Questo articolo parla delle poesie di Dushyant Kumar (pronunciato Dusciant). Penso che in qualche modo la sua figura può essere paragonata al mitico James Dean che incarnava i giovani ribelli nel cinema di Hollywood. Anche Dushyant era morto giovane e le sue poesie scritte circa 50 anni fa, sono ancora oggi cantate e gridate dai giovani indiani durante le proteste. Alcune di queste poesie sono state usate anche nei film di Bollywood.


Dushyant Kumar – Brevi Cenni Biografici

Dushyant era nato il 27 settembre 1931 nel distretto di Bijnor, a circa 200 km a nord-est di Delhi. Per le sue prime poesie, scritte quando era ancora adolescente, aveva scelta il pseudonimo di “Vikal” (malinconico). Si dice che l'improvvisa morte di 2 suoi fratelli in quelli anni l’avevano mandato in crisi e determinato il tono malinconico delle sue prime poesie.

Nel 1949, quando aveva 18 anni, era stato sposato con una ragazza di nome Rajeshwari, che allora aveva 16 anni. Dushayant morì per infarto nel 1975 all'età di 44 anni. Invece sua moglie Rajeshwari si è spenta nel 2021. La coppia aveva avuto 2 figli - Alok e Apoorv.

Dushyant si era laureato in letteratura indiana presso l’università di Allahabad. Il suo primo libro scritto in quelli anni, era una critica sui poeti locali. Era famoso per il suo modo di cantare e recitare le sue poesie nei raduni dei poeti. Oltre a centinaia di poesie raccolte in 5 collezioni, ha scritto qualche racconto, qualche critica letteraria e 2 pezzi teatrali, uno dei quali in verso. Tuttavia, ha trovato la fama per le sue poesie. 

Aveva passato la maggior parte della vita professionale nella città di Bhopal dove lavorava nel servizio radiofonico statale. Si sentiva attratto dalle lotte dei contadini e dei poveri lavoratori manuali. Molte delle sue poesie parlano della corruzione.

Le sue opere più popolari che esprimono la rabbia e sono usate nelle proteste, risalgono all’inizio degli anni settanta, l’epoca quando nasceva il mito dell’attore Amitabh Bachchan come “the angry youngman”, il giovane arrabbiato. Dushyant aveva frequentato la casa Bachchan quando studiava a Allahabad perché era un'ammiratore del padre, il poeta Harivansh Rai Bachchan.

Quelli erano gli anni di proteste in India, iniziate nello stato di Bihar nel nord-est, capeggiate da Jaiprakash Narayan (JP), e poi diffuse in diversi altri stati del paese. JP incolpava Indira Gandhi, allora il primo ministro, di un regime autoritario e invocava il Sampurna Kranti (rivoluzione totale).

La signora Gandhi aveva risposto con la dichiarazione dello stato di emergenza e messo in prigione la maggior parte dei politici dell’opposizione mentre tutti i giornali venivano censurati. Le poesie più infuocate di Dushyant risalgono a quel periodo. Pochi mesi dopo, Dushyant morì nel dicembre 1975 per un infarto.

Poco alla volta, i giovani hanno scoperto le sue poesie e hanno iniziato a recitarle durante le proteste e durante gli scioperi. Per esempio, dieci anni fa, India aveva avuto una serie di proteste contro la corruzione, che avevano messo in difficltà il governo. Quelle erano guidate da Anna Hazare e Arvind Kejriwal. Più volte Kejriwal, oggi il capo del governo di Nuova Delhi, aveva recitato le poesie di Dushyant durante i raduni.

Una selezione delle poesie di Dushyant, tradotta in inglese con il titolo “Redeeming Fuzzy Reflections” (Redimere Pensieri Sfumati) è uscita nel 2018 ed è disponibile su Amazon.

Due Poesie di Dushyant

Qui presento 2 delle sue poesie più famose, cantate spesso durante le proteste nel nord dell’India e usate più volte nei film di Bollywood. Per esempio in un video su Youtube, il famoso attore di Bollywood, Manoj Bajpai parla del fascino di Dushyant Kumar e recita una sua poesia

Le due poesie che presento qui sono: “Ho Gayi hai Pir Parvat Si” (Il dolore è diventata una montagna) e “Iss Nadi Ki Dhar” (Dalla corrente di questo fiume). Entrambe le poesie fanno parte della collezione “Saaye me Dhoop” (Sole nell’Ombra) del 1975.

Non penso di essere all’altezza di tradurre delle poesie. Penso che per tradurle, serve qualcuno che conosce la lingua meglio di me. Comunque, l'ho fatto con la speranza che ciò motiverà qualche studente italiano di hindi di approfondire le sue opere e magari preparare una collezione di sue poesie da pubblicare in Italia.

1. Iss Nadi Ki Dhar Se – Dalla corrente di questo fiume

इस नदी की धार से ठंडी हवा आती तो है, नाव जर्जर ही सही, लहरों से टकराती तो है
एक चिंगारी कहीं से ढूँढ लाओ दोस्तो, इस दिये में तेल से भीगी हुई बाती तो है
एक खँडहर के हृदय-सी, एक जंगली फूल-सी, आदमी की पीर गूँगी ही सही, गाती तो है 
एक चादर साँझ ने सारे नगर पर डाल दी, यह अँधेरे की सड़क उस भोर तक जाती तो है 
निर्वसन मैदान में लेटी हुई है जो नदी, पत्थरों से ओट में जा-जा के बतियाती तो है 
दुख नहीं कोई कि अब उपलब्धियों के नाम पर, और कुछ हो या न हो, आकाश-सी छाती तो है 

Dalla corrente di questo fiume arriva un po’ di aria fresca. Anche se malridotta, questa barca sa alle onde resistere.
Trovatemi una scintilla da qualche parte amici. Lo stoppino di questa lampada ha ancora un po’ di olio da bruciare.
Come il cuore delle rovine, come un fiore nella foresta. Il dolore dell’uomo sarà anche muto, ma esso sa cantare.
La sera ha steso una coperta sulla città. Questa strada buia, proprio in quella direzione vuole andare.
Il fiume svestito è steso per terra nella piazza. Dietro le pietre, di nascosto continua a chiacchierare.
Non abbiamo raggiunto nessun traguardo, non importa. Almeno un petto grande come il cielo c'è l'abbiamo.

2. Ho Gayi Hai Pir Parvat Si – Il dolore è diventata una montagna

हो गई है पीर पर्वत-सी पिघलनी चाहिए, इस हिमालय से कोई गंगा निकलनी चाहिए।
आज यह दीवार, परदों की तरह हिलने लगी, शर्त लेकिन थी कि ये बुनियाद हिलनी चाहिए।
हर सड़क पर, हर गली में, हर नगर, हर गाँव में, हाथ लहराते हुए हर लाश चलनी चाहिए।
सिर्फ हंगामा खड़ा करना मेरा मकसद नहीं, मेरी कोशिश है कि ये सूरत बदलनी चाहिए।
मेरे सीने में नहीं तो तेरे सीने में सही, हो कहीं भी आग, लेकिन आग जलनी चाहिए।

Il dolore è diventata una montagna che deve sciogliersi. Un fiume che nasce da questa montagna, ci vuole.
Oggi questo muro trema come una tenda. Una scommessa per far traballare le sue fondamenta, ci vuole.
In ogni strada, ogni viuzza, ogni città e ogni villaggio. Ogni cadavere che cammina con le braccia in aria, ci vuole.
Non voglio soltanto una baraonda. Tentare che vi sia un cambiamento in questo volto, ci vuole.
Se non è nel mio petto, che sia nel tuo. Non importa dove sta il fuoco, ma un fuoco che arde, ci vuole.

Le Poesie che Piacciono a Me 

Personalmente, mi piacciono di più le poesie romantiche di Dushyant. Per esempio, mi piacciono molto le ultime righe della sua poesia "Chandani Chhat Pe Chal rahi Hogi" (Il raggio di luna passeggerebbe sulla terrazza):

तेरे गहनों सी खनखनाती थी, बाजरे की फ़सल रही होगी
जिन हवाओं ने तुझ को दुलराया, उन में मेरी ग़ज़ल रही होगी

Quelle che tintinnavano come i tuoi braccialetti, forse erano le spighe di miglio
Quelle correnti d'aria che ti hanno accarezzato, forse c'era anche la mia poesia tra esse.

Conclusioni

Penso che tradurre le poesie è il compito più arduo per un traduttore. Le poesie di Dushyant hanno un ritmo e una melodia, è difficile mantenere almeno un'eco di quelle nella traduzione.

Penso anche che i pensieri che compongono una poesia sono molto legati alle culture e ai contesti dei loro poeti. Ciò rende le loro traduzioni più complicate. Le emozioni come il dolore e la rabbia, possono perdere almeno una parte della loro forza espressiva, isolati dal loro contesto storico e culturale. Per esempio, la seconda poesia di Dushyant (Il dolore è diventata una montagna) presentata qui sopra, fa riferimento ad un episodio quando la polizia aveva sparato sui manifestanti, uccidendo alcuni di loro. All’epoca, sentire le parole di questa poesia, che invitavano i cadaveri ad alzarsi, di continuare la marcia e di continuare a nutrire il fuoco della protesta, mi aveva fatto venire i brividi.



Ancora oggi, sentire una folla che recita insieme queste parole, mi emoziona, anche quando non condivido i motivi della loro protesta.

Ci ho messo molto tempo per scrivere questo post. L’idea di tradurre le parole di Dushyant Kumar mi faceva paura. Sono contento che alla fine l’ho fatto, anche se ogni volta che rileggo le poesie tradotte, mi sembrano tutte sbagliate. Se qualche lettore italiano che conosce hindi e ha dei suggerimenti per migliora queste traduzioni, ne sarò grato.

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venerdì 20 maggio 2022

Una Storia d'Amore Insolita

Barfi (2012), il film di Anurag Basu, racconta una storia d’amore insolita, quella tra un ragazzo sordo-muto e una ragazza autistica. Questo film di Bollywood è disponibile sul Netflix in lingua originale con i sottotitoli in italiano. Anche se il tema può sembrare serio, si tratta di un film gioioso e poetico.
Barfi - un Film di Anurag Basu (Bollywood)

È raro che le cosiddette “stelle di Bollywood” accettano i ruoli delle persone con disabilità. Invece in Barfi, vi sono due attori famosi – Ranbir Kapoor nel ruolo dell’eponimo Barfi, il ragazzo sordo-muto, e Priyanka Chopra nel ruolo di Jhilmil, la ragazza con autismo. Il film aveva vinto molti premi in India nel 2013, compreso quello per il miglior film dell'anno.

Molti tratti di questo film non hanno i dialoghi, per cui, se non siete abituati a leggere i sottotitoli, dover leggerli vi peserà meno in questo film. Invece, il film ha molte canzoni che servono a sottolineare le emozioni dei protagonisti e leggere i sottotitoli in queste parti non è obbligatorio per seguire la trama del film.

Il Riassunto della Trama del Film

Barfi - un Film di Anurag Basu (Bollywood)

Il film ha 3 personaggi principali – Barfi (Ranbir Kapoor) il ragazzo sordo e muto, che vive nella città montana di Darjeeling nel nord-est dell’India. Shruti (Ileana d’Cruz) una giovane ragazza che sta per sposarsi, e della quale il giovane Barfi s’innamora. Per un po’ sembra che anche Shruti lo ama, ma alla fine lei decide di sposare il ragazzo con il quale si era già fidanzata, spezzando il cuore a Barfi.

La terza è Jhilmil (Priyanka Chopra), la ragazza autistica. Barfi conosce Jhilmil da quando erano piccoli perché suo papà è l'autista del papà della ragazza. Eventi costringono Barfi a rapire Jhilmil e poi convivere con lei per diversi mesi. Poco alla volta, i due si innamorano, ma poi torna Shruti nella loro vita. Jhilmil si sente insicura davanti alla bella Shruti e un giorno sparisce. Soltanto quando Barfi perde Jhilmil, si rende conto di quanto l'ama e la cerca disperatamente.

Il film è raccontato in flashback da Shruti ed è organizzato in 3 periodi temporali principali -
  • il primo periodo è ambientato nei primi anni 1970 quando Shruti ha poco più di 20 anni e ha una piccola storia d'amore con Barfi;
  • il secondo periodo è verso la fine degli anni 1970 quando Barfi rapisce Jhilmil; 
  • l'ultimo periodo è circa 30 anni dopo, intorno a 2011-12, quando Barfi, orami vecchio, è ricoverato in ospedale.
La trama del film non si muove in maniera lineare – invece la storia si sposta continuamente in avanti e in dietro tra questi 3 periodi, il che la rende un po' difficile da seguire.

Il film è raccontato in episodi, un po' come delle brevi vignette. Questo approccio permette il regista di presentarli come delle scene scollegate in ordine sparso. Uno pensa di aver capito quello che succede nella vita dei suoi protagonisti, ma dopo qualche altra scena si rende conto che il significato di quello che aveva visto era diverso.

Commenti sul Film

I 3 protagonisti del film sono legati a 3 emozioni predominanti. L'emozione dominante del film è l'esuberanza di Barfi e la sua gioia di vivere. L'emozione dominante delle scene di Jhilmil è il suo particolare modo di percepire il mondo, un po' sfuocato che qualche volta va a rallento. Invece l'emozione dominante di Shruti, a parte alcune scene all'inizio quando lei sta con Barfi, è il rimpianto.

È Shruti ad avere le due canzoni più belle della colonna sonora del film - Iss dil ka kya karun (Cosa faccio di questo cuore) nella prima parte del film quando lei s'innamora di Barfi; e Fir le aaya dil mazbur kya kige (Il cuore mi ha portato di nuovo da te) verso la fine del film quando lei capisce che oramai Barfi ama Jhilmil.

Visivamente il film è uno splendore di colori. Molte parti del film dove Barfi è al centro della scena fanno pensare ai film muti di Charlie Chaplin, mentre le parti dove lui balla fanno pensare ai film di Fred Astair. La musica e le canzoni del film, e ne ha molte, sono molto belle - all'epoca avevano riscosso un grande successo in India.

La tecnica del film, di mescolare continuamente gli eventi di diversi periodi temporali, un po' disorienta - dà la sensazione di essere sommersi in un sogno, e può creare anche qualche problema per capire la trama del film. Avevo guardato il film 3 volte e ogni volta avevo capito qualcosa di nuovo che mi era sfuggito prima. Purtroppo, penso che questo aspetto del film, lo renderà più difficile da seguire per le persone sorde e per le persone con autismo.

Giù in fondo a questo post, troverete la storia del film spiegata in maniera più articolata e lineare. Suggerisco di prima guardare il film e poi se vi sembrerà di non aver capito qualcosa, potrete leggere questa parte.

In Conclusione

La trama del film è un po’ complicata. Il regista l’ha resa ancora più complessa mescolando gli eventi che hanno luogo in diversi momenti temporali. Ma nonostante questo, o forse proprio per questo, il film ha una magia che probabilmente una storia raccontata in maniera più lineare non avrebbe avuta. Questo approccio, permette il regista di trattare le diverse scene come episodi di genere, dalla commedia alla danza, come avveniva nei film muti del '900.
Barfi - un Film di Anurag Basu (Bollywood)

Barfi l’eroe del film, è nevrotico, ha paura che tutti lo lasceranno, che lui non avrà più nessuno e resterà da solo. Per questo lui sottopone ogni nuovo amico ad un test del palo della luce - lui taglia i pali di legno e li fa cadere a pochi centimetri dai propri piedi. Se gli amici hanno paura del palo e si spostano, lui sa che non si può fidare di loro. L’unica persona che riesce a superare questo test è Jhilmil, forse perché non capisce cosa sta per succedere. Questa è una delle sequenze del film che mi è rimasto impresso dopo tanti anni.

Un altro aspetto che mi aveva colpito molto quando l'avevo guardato, era la rappresentazione del mondo visto e sentito da Jhilmil, in quanto una persona con autismo. Lei non vuole essere toccata e non vuole toccare nessuno. Invece quando s'innamora di Barfi, vorrebbe toccarlo e così va contro ad un conflitto interiore! Lei osserva le donne con i loro mariti e cerca di comportarsi nello stesso modo con Barfi, anche se ciò vuol dire andare contro i suoi istinti. Ma quando lei fallisce, e non riesce a vincere il suo istinto, lui la capisce, sdrammatizza tutto e trova un modo per farla ridere.

Il film è una tenera storia d'amore. Se avete accesso ai film di Netflix e vi piacciono i film di Bollywood, il mio consiglio è di non perdete Barfi.

Sul Netflix, sono disponibili altri due film del regista Anurag Basu - Jagga Jasoos (La spia Jagga, un film con Randhir Kapoor e Katrina Keif, vagamente ispirato dalla figura del eroe dei fumetti, Tintin) del 2017 e Ludo (Il gioco da tavolo, Non T'arrabbiare, un film con Pankaj Tripathi, Rajkummar e Abhishekh Bachchan che ha 3 storie parallele, collegate da un evento che coinvolge un piccolo gangster che ama portare le reggi-calze) del 2020. Mi piace la sensibilità di Basu come regista e penso che anche questi due film meritano di essere guardati.

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Parte Extra: Storia Dettagliata del Film

Leggete la parte seguente riguardo la storia dettagliata del film solo se l'avete già guardato e non vi sia chiaro qualcosa!

Nel 1971-72: Shruti torna a casa a Darjeeling e incontra Barfi. I due hanno una storia d’amore. La mamma di Shruti le consiglia di pensare bene perché Barfi, oltre ad essere sordo e muto, non ha soldi ed ha studiato poco, per cui non potrà offrirle una vita agiata. Alla fine Shruti decide di sposare Ranjit, con il quale era fidanzata, anche se non lo ama. Barfi si trova con il cuore spezzato.
Barfi - un Film di Anurag Basu (Bollywood)

Da quando era piccola, Jhilmil era stata lasciata in Casa Muskan, una casa per i bambini disabili, dove il vecchio responsabile le è molto affezionato. Invece è costretta a tornare a casa sua perché suo nonno morente la vuole vedere. Il nonno muore e lascia tutti i suoi soldi in un fondo fiduciario intestato a Jhilmil. I suoi genitori, soprattutto sua mamma, la vedono come un imbarazzo sociale. Il papà di Barfi lavora come autista nella casa di Jhilmil, per cui i due (Barfi e Jhilmil) si conoscono. Quando Jhilmil torna a vivere con la sua famiglia, qualche volta vede Barfi insieme a Shruti.

Nel 1978-79: Il papà di Barfi ha avuto un infarto e Barfi ha bisogno di soldi per pagare l'ospedale. Prima lui cerca di rapire una banca ma è fermato dal poliziotto Dutta (Saurav Shukla). Poi, lui decide di rapire Jhilmil e richiedere un riscatto, ma non la trova a casa perché c'è qualcun altro che la vuole rapire quello stesso giorno.

Per caso, Barfi trova Jhilmil priva di sensi in un furgone insieme ai soldi del riscatto. Lui la porta a propria casa e poi con i soldi torna all'ospedale ma trova che nel frattempo suo papà è morto. Intanto, la polizia sa che Barfi ha rapito Jhilmil, e lo insegue.

Barfi decide di scappare. Lui pensa che Jhilmil dovrebbe tornare a Casa Muskan, la casa dei bambini disabili dove viveva, ma nonostante tutti i suoi tentativi Jhilmil non vuole lasciarlo e continua a venirgli dietro.

Barfi e Jhilmil passano da un villaggio all'altro, seguiti da Dutta, ma il polioziotto non riesce a prenderli. Dopo alcuni mesi sulla strada, Barfi e Jhilmil arrivano nella città di Calcutta, dove Barfi trova una camera in affitto e un lavoro. Un giorno per caso lui incontra Shruti e la porta a casa per farle conoscere Jhilmil. I tre cominciano a uscire insieme qualche volta. Jhilmil si sente insicura nei confronti di Shruti. Un giorno mentre i tre sono insieme, Barfi sgrida Jhilmil per qualcosa, lei si sente offesa e decide di andare via.

Barfi cerca Jhilmil disperatamente ma non la trova. Shruti si rende conto che oramai Barfi ama Jhilmil. Per aiutarlo lei va dalla polizia per denunciare la scomparsa di Jhilmil. Il rapporto sulla scomparsa di Jhilmil raggiunge il poliziotto Dutta a Darjeeling, il quale parte per Calcutta e finalmente cattura Barfi con l'accusa di aver rapito Jhilmil. Barfi e il poliziotto tornano a Darjeeling. Shruti vorrebbe seguirli, ma il suo marito è geloso di trovare sua moglie sempre in giro con Barfi e la riporta a Calcutta.

Mentre Barfi è chiuso in prigione, nessuno sa dove è finita Jhilmil. Il suo padre riceve un'altra lettera che chiede un riscatto per liberare Jhilmil. La polizia segue il padre di Jhilmil quando lui va a consegnare i soldi ai rapitori, i quali prendono i soldi ma prima di scappare spingono la macchina che porta Jhilmil dentro il lago. Tutti pensano che Jhilmil si è morta annegata, anche se poi non riescono a trovare il suo corpo nel lago.

Nessuno sa chi erano i rapitori e i suoi superiori fanno pressione su Dutta per dichiarare Barfi come rapitore e assassino della ragazza. Dutta sa che Barfi era chiuso in cella e non poteva essere lui il colpevole della morte della ragazza e non vuole essere ingiusto verso il ragazzo. Lui telefona Shruti e le chiede di venire a Darjeeling per aiutare Barfi. Il marito di Shruti le vieta di uscire di casa, ma Shruti finalmente decide di lasciarlo. Quando lei arriva A Darjeeling, Dutta le spiega che i suoi superiori vogliono incastrare il ragazzo perché non sanno cosa sia successo alla ragazza e sanno che il ragazzo sordo non saprà difendersi. Lui fa scappare Barfi dalla prigione e chiede a Shruti di portarlo via a Calcutta.

Barfi e Shruti tornano a Calcutta, ma Barfi continua a pensare a Jhilmil, e rifiuta di credere che lei è morta. Un giorno in casa, Barfi vede il numero di telefono della Casa Muskan scritto sul muro e si ricorda del forte legame di quel luogo per lei. Pensa che forse le persone di Casa Muskan sapranno dove è finita Jhilmil.

Barfi trova Jhilmil in Casa Muskan e i due si sposano con la benedizione del vecchio responsabile della casa.

Il vecchio spiega a Shruti che i rapimenti di Jhilmil erano stati organizzati dal suo padre, il quale voleva usare i soldi del suo fondo fiduciario, ma non voleva fare del male alla figlia. Per questo aveva inscenato il rapimento e la morte della figlia, e poi l'aveva fatta accompagnare di nascosto alla Casa Muskan. Il vecchio aveva accettato questo inganno per assicurarsi che la ragazze stesse bene e protetta, senza essere inseguita per i suoi soldi.

2011-12: Barfi oramai vecchio, è molto malato. Dall’ospedale chiamano Shruti che insegna in una scuola per i bambini sordi a Calcutta. Lei parte in treno per Darjeeling. Quando arriva all’ospedale, Barfi non è più cosciente. Arriva anche Jhilmil, che saluta Shruti e le fa capire che vorrebbe restare da sola con il suo marito. Si mette nel letto insieme a Barfi e si addormenta.

Il giorno dopo, tutte le persone che conoscevano Barfi e Jhilmil, tra i quali anche il poliziotto Dutta, oramai in pensione da molti anni, si radunano in ospedale, dove Shruti li informa che Barfi e Jhilmil sono morti a distanza di poche ore uno dall’altro.

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lunedì 2 maggio 2022

Il Clan dei Bachchan

Qualche settimana fa, a seguito di un mio scritto sulle difficoltà di parlare delle caste da parte degli scrittori e dei giornalisti occidentali, avevo avuto uno scambio di messaggi con Vincenza Venti. Vincenza gestisce un gruppo italiano molto popolare sull’attore di Bollywood, Amitabh Bachchan. In quello scambio, avevo ipotizzato un mio scritto sul signor Bachchan e il tema delle caste. Dopo diverse settimane sono riuscito a trovare il tempo per onorare la mia promessa.

Prima di iniziare questo scritto, voglio subito chiarire che in più occasioni il sig. Bachchan si è espresso contro le discriminazioni legate alle caste e ha fatto parte di alcuni film importanti (compreso il recente “Jhund”) che parlano dell’emancipazione delle persone delle cosiddette “caste basse”.

Il grande clan dei Kayastha

Ognuno delle 4 principali caste (Varna) è suddiviso nei sottogruppi dei grandi clan. Il clan della famiglia Bachchan, come quello di mio papà, si chiama Kayasth. Questo clan fa parte della casta dei commercianti. Secondo mia nonna paterna, anticamente i Kayasth svolgevano i lavori manuali, per cui facevano parte della quarta casta, ciò è, dei Shudra. Loro si occupavano di preparare il materiale di scrittura usato dai bramini. Poi hanno iniziato ad aiutare i bramini nella copiatura dei manoscritti e così hanno imparato a leggere e scrivere. Dopo le invasioni musulmane e poi dopo l’arrivo degli inglesi, hanno trovato lavoro nei tribunali e nelle amministrazioni e hanno iniziato a accumulare proprietà e potere. Sono stati tra i primi a studiare inglese. Così con l’aumento della ricchezza e del potere, sono saliti di grado nel sistema dei Varna. Molti insegnanti, professori, scienziati, poeti e scrittori nel nord dell’India appartengono a questo clan.

All’interno del clan dei Kayasth, vi sono diversi “Jaati” (pronunciato “Giati”), ognuno con il suo cognome. I cognomi più importanti tra i Kayasth sono – Srivastava o Shrivastava, Singh, Sinha, Saxena Kishore e Varma. Secondo le regole della casta, il clan dei Kayasth è endogamo, ciò è, per i matrimoni combinati, dovrebbero sposare all’intero del clan, ma solo tra le persone di cognomi diversi. Per esempio, uno Srivastava non può sposare un altro Srivastava ma potrebbe sposare uno Sinha o Saxena.

Oltre al matrimonio, i vari Jaati di un clan possono essere legati tra di loro con altre strutture sociali di sostegno, per esempio, le scuole ed i sistemi tradizionali di ricevere prestiti. Le persone dello stesso clan che provengono da una specifica zona geografica possono trovare ospitalità presso i confratelli e se devono assumere delle persone, dovrebbero privilegiare i confratelli. I clan condividono le mitologie, i rituali religiosi, i tabù alimentari, e spesso hanno le stesse ricette e modi di cucinare alcuni piatti speciali, e anche lo stesso uso del linguaggio.

Ogni clan di ogni casta, compreso i clan delle cosiddette "caste basse", sono organizzati più o meno nello stesso modo. Per questo motivo, sembra così difficile eliminare completamente le caste, soprattutto nelle piccole città e nelle aree rurali. Invece nelle grandi città, le caste hanno sempre meno importanza.

La Famiglia Bachchan

La città di Allahabad (conosciuta anche come Prayag o Prayagraj) è considerata la roccaforte dei Kayasth. La famiglia di mio padre erano i Shrivasta di Allahabad come lo era la famiglia Bachchan.

Il papà Bachchan si chiamava Harivansh Rai Shrivastav. Aveva 19 anni nel 1926 quando era stato sposato con Shyama, che allora aveva 14 anni. La coppia non aveva avuto figli, e nel 1936, Shyama morì a 24 anni per la tubercolosi. Laureato in letteratura inglese, Harivansh era diventato famoso nel 1935 per il suo libro di poesie intitolato Madhushala (La casa del vino), per il quale aveva scelto il pseudonimo di “Bachchan” (Ragazzino).

Nel 1941, 5 anni dopo la morte della prima moglie, Harivansh si sposò per la seconda volta. Questa volta fu un matrimonio d’amore e la sua sposa Teji, era di religione Sikh. Nel frattempo, altri due volumi delle sue poesie (Madhubala o la ragazza del vino e Madhukalash o l’anfora del vino) avevano avuto grande successo e oramai, lui era diventato famoso come “il poeta Harivansh Rai Bachchan”. Insegnava inglese all’università di Allahabad e la famiglia aveva buoni rapporti con Pandit Jawaharlal Nehru e la sua figlia Indira Nehru (dopo diventata Indira Gandhi) che erano i loro vicini di casa. Abitavano nella zona di Civil Lines di Allahabad, una delle zone più chic della città. Il primo genito Amitabh nacque nel 1942, mentre il primogenito di Indira Gandhi, Rajiv nacque nel 1944, e i due diventarono amici.

Nel 1968, quando Rajiv sposò Sonia, la sposa fu ricevuta all’aeroporto di Delhi da Amitabh e fu alloggiata presso la casa della sua mamma, Teji Bachchan.

Un anno dopo, nel 1969 usci “Saat Hindustani”, il primo film di Amitabh. Due anni dopo, nel 1971 usci, Reshma aur Shera, il suo secondo film, nel quale aveva una piccola parte di un ragazzo sordo e muto. Il successo e riconoscimento popolare arrivarono qualche mese più tardi con il film “Anand”, nel quale era nel ruolo di un medico, triste e serio.

Rapporti con la Famiglia Bachchan

Mio nonno era tesoriere di un’associazione dei Kayasth a Allahabad e conosceva la famiglia Bachchan. Noi eravamo cresciuti a Delhi, ma ai primi anni settanta, quando veniva qualche parente da Allahabad, qualche volta si parlava di Amitabh, come “quel ragazzo magro e alto che girava sulla sua bici”.

Suo papà era così famoso che per molti anni, si parlava di Amitabh come “il figlio più grande di Bachchan ji”. Soltanto negli anni ottanta e novanta, Amitabh è divenuto più famoso del suo papà e la gente ha iniziato a riferire a Harvansh Rai come “il papà di Amitabh”.

Amitabh Bachchan e le Caste

Mentre abitavamo a Bologna, seguivo il festival River-to-River organizzato da Selvaggia Velo a Firenze. Così nel 2011, ho avuto l’opportunità di partecipare alla conferenza stampa di Amitabh Bachchan. Da quel incontro, ricordo ancora il mio pensiero quando l’avevo sentito parlare – “Ma parla proprio come i cugini di Allahabad”!

In quell’occasione, lui aveva parlato della sua famiglia con le seguenti parole: “Mio papa era tra le prime persone a Allahabad ad andare contro il sistema delle caste, predominante in quei tempi. Lui si sposò con una ragazza della religione Sikh e diceva spesso che, ‘Vorrei che i miei figli e nipoti, tutti possono sposarsi con le persone provenienti da diverse parti dell’India.’ In fatti, ho sposato una bengalese, mio fratello si è sposato con una ragazza sindhi, mio figlio ha sposato una ragazza tulu e mia figlia si è sposata in una famiglia punjabi.



Alla fine

Ho voluto scrivere delle caste collegandolo alla storia famigliare di Amitabh Bachchan con la speranza che in questo modo si potrà capire meglio come funziona il complesso sistema delle caste, come sta cambiando nelle città e perché si fatica ad eliminarlo.

Spesso si parla delle caste esclusivamente come l’esclusione sociale di alcuni gruppi emarginati e si chiede come mai dopo tutti questi anni, l’India non riesce a cancellare questo sistema.

Tra i gruppi emarginati, oltre a tutte le sue funzioni sociali, il sistema delle caste serve anche ad avere accesso privilegiato all’educazione e al mondo del lavoro, grazie ai programmi speciali del governo indiano. Per cui, mentre questi gruppi lottano contro la violazione dei loro diritti umani e contro la loro esclusione sociale, essi continuano ad avere la casta come un sistema di aggregazione comunitaria. È per questo che soltanto poche persone lottano per abolizione delle caste, la maggior parte lotta soprattutto per abolire l’esclusione sociale legate ad esse.

domenica 10 aprile 2022

Raccontare le Caste

Ogni mese il nostro gruppo di lettura sceglie un libro da leggere e poi ci riuniamo per scambiare le nostre opinioni. Questo mi costringe a leggere dei libri che altrimenti eviterei.

Per esempio, il libro di questo mese (aprile 2022) è “La Treccia” scritto originariamente in francese da Laetitia Colombani e tradotto in italiano da Claudine Turla. Non penso che l'avrei cercato senza la spinta del mio gruppo.

La casta di uno dei personaggi indiani di questo libro gioca un ruolo importante nello sviluppo della sua trama, ma le descrizioni della sua vita hanno molti errori. In questo scritto voglio parlare di alcune delle difficoltà di raccontare le caste.

Le immagini usate in questo scritto sono di un gruppo emarginato che si occupa dei rifiuti nel nord-est dell'India, con il quale avevo lavorato alcuni anni fa.

La Complessità delle Caste

Penso che sarebbe meglio iniziare con qualche informazione sulla casta della mia famiglia, per darvi un’idea della complessità del tema. Miei genitori venivano da due parti diverse del subcontinente indiano e appartenevano a due caste diverse. Entrambi erano seguaci di Mahatma Gandhi. Mio padre, ancora giovane, aveva deciso di "uscire" dalla sua casta, rinunciando al cognome della famiglia e assumendo un cognome inventato, “Deepak” (lampada). Perciò formalmente non appartengo ad una casta specifica.

Questo ci porta alla mia prima spiegazione per le persone che si chiedono come mai l'India non riesce a superare questo sistema – le caste delle famiglie si esprimono attraverso i loro cognomi. Quindi, pensate a come si potrebbe far cambiare i cognomi ad un miliardo di indiani senza creare altri problemi burocratici?

Il sistema è anche incredibilmente complesso, perché si esprime attraverso i Jaati, i sottogruppi delle caste - ogni casta è suddivisa in centinaia di Jaati principali, ognuno dei quali suddiviso in numerosi sottogruppi e con una diversità di regole da osservare che riguardano soprattutto i matrimoni, il mangiare insieme e i rapporti sociali. Qualche volta, i gruppi ed i sottogruppi possono avere gli stessi nomi ma che occupano livelli molto diversi tra di loro nella gerarchia sociale in diverse parti del paese. È come un albero gigante con centinaia di tronchi, e ogni tronco con centinaia di rami e ramoscelli. Raccontare la vita di un sottogruppo delle caste è difficile anche per i narratori indiani, se non li hanno osservati o studiati da vicino.

Il secondo aspetto che complica tutto è che il sistema delle caste non si limita soltanto alle discriminazioni verso alcuni gruppi emarginati, il che potrebbe essere visto come un suo effetto collaterale, ma la sua funzione principale è quella di delineare le regole della vita sociale dei gruppi e per questo è valorizzato dalle comunità. Le caste, per centinaia di milioni di persone, rappresentano i legami con i loro clan. Per cui, non è realistico pensare all’eliminazione del sistema delle caste a breve termine, piuttosto, bisogna pensare a come eliminare le discriminazioni sociali legate ad esse. Con urbanizzazione i vecchi legami dei clan spariscono, così un giorno spariranno anche le caste, ma in tanto bisogna agire per eliminare il suo impatto negativo sulla vita delle persone.


Dopo questi chiarimenti, ora possiamo parlare del libro.

La Treccia di Laetitia Colombani

Il libro racconta la storia di tre donne in tre paesi diversi – Smita, una donna della casta degli intoccabili in India, Giulia che lavora nel laboratorio del padre in Sicilia, e Sarah, un avvocato in carriera in Canada. In questo scritto, mi soffermerò sul personaggio di Smita.

La storia di Smita, ha delle descrizioni molto intense ed emotivamente forti. Per esempio, l’autrice descrive in maniera molto vivida che cosa significa raccogliere gli escrementi delle persone con le mani nude o come si sente quando si va nei campi a catturare i ratti con le mani, per poi ammazzarli, cucinarli e mangiarli. Sicuramente l’autrice ha fatto delle ricerche approfondite e forse ha parlato con delle persone che conoscono il sistema delle caste e la situazione degli intoccabili. Tuttavia, è evidente che l’autrice non ha mai vissuto con loro o visto la loro vita da vicino.

Le Descrizioni Errate: Per esempio, partiamo dai nomi dei 3 personaggi della famiglia (Smita, Lalita e Nagarjun) – questi non sono nomi giusti per i personaggi nella situazione descritta nel libro, perché denotano un contatto con la cultura popolare e urbana. Se questa famiglia aveva un televisore o abitava in un centro urbano, i nomi di Smita e Lalita potevano starci. Invece, Nagarjun, è il nome di una divinità venerata nel sud dell’India e non sta bene in una famiglia ambientata nel nord. È come se una famiglia tradizionale in Sicilia ai primi del novecento avesse nomi come Walter e Elisabeth.

La descrizione del loro villaggio, la posizione del loro pozzo d’acqua, le descrizioni della loro capanna e delle preghiere al dio Vishnu, sono tutte sbagliate. I mestieri di Smita (raccogliere escrementi) e di Nagarjun (catturare ratti) appartengono a due gruppi diversi, i Bhangi e i Musahar, che normalmente non si sposano tra di loro perché hanno diverse collocazioni nella gerarchia delle caste. Questi sono alcuni esempi e il libro è pieno di dettagli errati riguardo la vita di Smita, che è descritta senza nessun riferimento al suo gruppo sociale, alle persone della sua casta che vivono nelle case intorno a lei.

Un lettore che non si rende conto di tutto questo può immergersi nella storia e lasciarsi trasportare dagli eventi. Invece per me questi errori erano come dei sassolini nella scarpa che ostacolavano la mia lettura.

Difficoltà di Scrivere delle Caste

Comunque come ho spiegato sopra, il sistema delle caste in India è complesso ed è difficile da capire per le persone che non sono cresciute dentro. Per cui, spesso gli autori e i giornalisti stranieri, anche quelli che vivono per anni in India, possono commettere degli errori quando ne parlano.

Per esempio, nella recensione del filmLa Tigre Bianca”, scritta da Piero Zardo e uscita sulla rivista “Internazionale”, iniziava con le seguenti parole: “Tratto dal romanzo di Aravind Adiga (Booker prize nel 2008), La tigre bianca racconta la parabola di Balram (Adarsh Gourav), un ragazzo di una famiglia poverissima del Rajastan. Balram è un giovane brillante ma la sua condizione sociale gli impedisce di ricevere un’istruzione e di nutrire ambizioni all’altezza della sua intelligenza. Del resto è così che funziona il sistema delle caste.

Quando avevo letto questa frase sul sistema delle caste, ero rimasto un po' perplesso perché nel libro, la casta di Balram non aveva un’influenza significativa sulla trama. Inoltre, avevo visto delle immagini del film dove il ragazzo lavorava in un ristorante o dove si sedeva al tavolo con il padrone. Entrambe queste immagini facevano pensare che la posizione del ragazzo nella gerarchia sociale non era di una casta bassa. Per cui, il sistema delle caste centrava poco con la sua situazione, centravano molto di più, la povertà, la classe sociale e le rigide gerarchie di classi che sono una parte fondamentale della società indiana. Allora perché Zardo aveva fatto riferimento al sistema delle caste?

Penso che i giornalisti e gli scrittori occidentali, quando guardano la povertà e l'esclusione in India, lo fanno soprattutto attraverso la lente delle caste, anche dove questa centra poco, perché associano la povertà economica esclusivamente all’appartenenza alle caste “basse”.


Visione Superficiale delle Caste

Il sistema delle caste in India è in grande evoluzione ed i rapporti di potere tra le diverse caste continuano a cambiare, soprattutto negli ultimi tre decenni. Continuare a pensare e vedere le persone che appartengono alle caste “basse” esclusivamente come vittime e senza capacità di lottare, è uno sbaglio comune.

Anche i giornalisti bravi ed esperti come Federico Rampini possono dimostrare di non capire questi cambiamenti. Per esempio, nel suo libro "L'Eta del Caos" (Mondadori, 2015), lui aveva scritto: “L'obiezione è come fa (India) a chiamarsi democrazia finché esistono le caste? ... La stortura indiana è enorme, macroscopica, innegabile. Le caste esistono da quando esiste la religione induista ...

Mettere in discussione la democrazia indiana perché esistono le caste dimostra una non conoscenza delle lotte politiche intraprese dalle cosiddette caste basse negli ultimi settant'anni. Loro hanno i loro partiti e più volte hanno vinto le elezioni in diverse regioni, hanno fatto parte dei governi a vario livello e più volte hanno occupato i ruoli di primo piano compreso quello del presidente della repubblica. Tutto questo non poteva accadere se l’India non era una democrazia.

Alla Fine

Il sistema delle caste è un mondo complesso che permea ogni strato della società indiana, soprattutto nei rapporti sociali. Nelle città il sistema ha perso molte delle sue funzioni discriminatorie e se uno ha i soldi, la sua casta potrebbe non avere nessun impatto sulla sua vita. Certo, può succedere che una persona benestante di una casta "bassa" non sia invitata a cena da un vicino di una casta più alta, ma le famiglie benestanti di qualunque casta possono avere come impiegati e collaboratori, le persone di tutte le caste.


Il governo indiano ha messo in atto un enorme programma di assistenza e di aiuti per le caste emarginate. Per esempio, questo programma prevede che una percentuale di posti siano riservati per loro nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro. Per accedere a queste agevolazioni servono i certificati di appartenenza alle specifiche caste. Secondo me, questi certificati rendono ancora più forte e radicato il sistema delle caste, ma i gruppi emarginati sono contrari a qualunque cambiamento in questo sistema. Per cui, non penso che il sistema delle caste in India potrà smettere di esistere entro breve.

Nei prossimi decenni, penso che le caste continueranno ad esistere come i clan, ma perderanno ulteriormente la loro capacità di emarginare gruppi di persone. La diffusione dei cellulari e dell’internet a basso costo, stanno arrivando anche nei villaggi indiani più lontani, e portano consapevolezza. Le ribellioni dei gruppi emarginati rimasti nei villaggi costringeranno a cambiare i vecchi mondi ed i vecchi modi di pensare delle persone.

Nota (26 luglio 2022): Ieri, 25 luglio 2022, signora Draupadi Murmu è diventata la quindicesima presidente della repubblica indiana. Signora Murmu appartiene alla tribù indigena dei Santali ed era nata in uno sperduto villaggio del distretto di Mayurbhanj nello stato di Odisha nel nord-est dell'India nel 1958. Aveva faticato a frequentare le scuole elementari perché il suo villaggio non ne aveva una. Aveva iniziato la sua carriera come un'insegnante delle scuole elementari. La sua famiglia vive ancora in quel villaggio sperduto. Nel sistema delle caste, i gruppi Adivasi, ai quali appartiene la signora Murmu, è in fondo alla gerarchia. Penso che per una persona come la signora Murmu diventare il presidente della repubblica indiana sia il trionfo della democrazia, ed è un segno di come il sistema delle caste sta cambiando, anche se molto lentamente.

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