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lunedì 4 marzo 2024

Camminare Diversamente: Libro - Passo Lento

Recentemente, Antonella Patete e Nicola Rabbi hanno scritto un libro, "Passo lento -
Camminare Insieme Per l'inclusione
", pubblicato da Edizioni La Merdiana. Il libro parla di alcune esperienze di camminare insieme agli altri, tra i quali anche alcune persone viste come diverse.

Conosco Nicola Rabbi forse da circa 30 anni, l'avevo incontrato al Centro di Documentazione Handicap di Bologna, dove è il responsabile della comunicazione. Per molti anni ha diretto la loro rivista HP-Accaparlante ed è un giornalista specializzato sul tema della disabilità e le differenze. Per molti anni, Nicola ha collaborato con AIFO, dove lavoravo e siamo diventati amici. Quando Nicola mi ha parlato del suo libro, ne ho voluto sapere di più.

Di cosa parla il libro?

Il libro parla di alcune esperienze di cammini insieme agli altri, tra i quali vi sono persone considerate diverse. Nel libro, Nicola ha tre scritti - Asini, Neve e Foglie; e, Antonella Patete ne ha due - Sabbia e Pioggia.

Angelo Ferracuti nella sua prefazione dice che le esperienze di camminare insieme alle persone 'diverse', "invece che un limite o un deficit comportamentale o sociale, diventa una forza per guardare in maniera originale e diversa l’altro da sé e il mondo circostante, così come una forma di riscatto ed emancipazione". 

Una chiacchierata con Nicola Rabbi

Ho parlato con Nicola riguardo questo libro, ecco quello che mi ha raccontato:

Passo Lento è nato per caso. Avevo percorso assieme a un’amica fotografa il cammino di San Benedetto che si snoda lungo gli appennini centrali. Eravamo un gruppo composto da volontari, educatori e persone con problemi di salute mentale. La cosa più originale di questa avventura era la presenza di 4 asini che portavano i nostri bagagli e a cui noi dovevamo accudire.

L’idea era quella di scrivere un servizio giornalistico corredato da alcune foto per una rivista ma, quando era stato il momento di concludere, poi il caporedattore non l’aveva pubblicata.

A me piaceva l’idea che stava dietro a questo reportage, ovvero che il camminare assieme fa stare bene tutto il gruppo per motivi vari: stai all’aria aperta, interrompi il solito ritmo di vita quotidiana, fai nuove conoscenze, ma forse ti senti meglio anche per qualcosa di atavico e misterioso: noi all’inizio, eravamo una specie nomade e ci spostavamo in gruppo per proteggerci e sopravvivere e questa esperienza è rimasta dentro di noi. Quando ho iniziato a scrivere questo articolo non avevo sviluppato un ragionamento così articolato ma mi ero buttato d’istinto, per divertimento.

Non esisteva un progetto per un libro ma questa idea è scattata quando, parlando con la mia collega Antonella Patete, ho saputo che lei partiva per un cammino di qualche giorno nel deserto del Marocco in un gruppo dove molte persone erano cieche. Da qui la proposta di fare altre viaggi e di riunirli in un libro.

A quel punto mi sono messo in contatto con associazioni che sulle Alpi italiane organizzano percorsi con le joelette e ho chiesto di partecipare. Le joelette sono delle biciclette mono ruote che permettono a persone con problemi motori di andare su in montagna. Antonella ha trovato un’altra occasione di viaggio con dei ciechi nelle terre mutate, ovvero quella zona dell’appennino colpito dal terremoto del 2016.

Il quinto e ultimo servizio giornalistico dedicato a questo tipo di viaggi, l’ho fatto con dei minori migranti non accompagnati e i loro educatori; siamo andati a camminare con le ciaspole sulle nevi degli appennini bolognesi.

Io e Antonella ci siamo dati un anno di tempo per realizzare il tutto e quindi abbiamo potuto scrivere con calma e curare molto questo aspetto.

Presentare il libro al pubblico

Nicola ha anche spiegato i loro futuri piani per far conoscere il libro.

Il libro è stato pubblicato dalle edizioni la meridiana con cui da alcuni anni curiamo una collana editoriale dal titolo I Libri di accaParlante, che si occupa di accessibilità, non solo fisica ma anche, anzi soprattutto, alla cultura.

Nel corso del 2024 saremo impegnati in una serie di presentazioni in varie parti di Italia perché questa esperienza merita di essere conosciuta: non importa la tua condizione fisica o mentale, la tua età, non occorre essere delle persone atletiche per camminare assieme, tutti lo possono fare e alla fine della giornata, probabilmente, molti avranno delle cose piacevoli da raccontare.

Conclusioni

Molti lamentano che oggi viviamo in un mondo sempre più veloce e caotico, troppo preso dalla tecnologia e il virtuale. Invece con l'esperienza dell'età, penso che più vecchi diventiamo, più facilmente scopriamo i piaceri della lentezza, di fermarci a guardare o a pensare e ricordare. Se non vi sono altri problemi, sopratutto del corpo, che non ce lo permettono, il camminare, da soli o in compagnia, anche di un cane o di un asino, diventa uno dei piaceri più grandi nel diventare vecchi!

Nicola inizia il suo primo racconto con un’esperienza di cammino sugli Appennini laziali, dove sono accompagnati da asini e parla di una compagna che aveva scoperto "il benessere che si crea in un gruppo di persone che passeggiano lente nei boschi in compagnia degli asini."

Gli asini, Alfio, Bigio e Camillo, sembrano usciti da un romanzo. Quando Nicola li incontra, scopre che "Alfio mi guarda, gli altri mi ignorano e subito mi accorgo che questi non sono animali che ti si avvicinano scodinzolando o strusciandosi e nemmeno scalpitano inquieti come i cavalli, sono più misteriosi." Devo confessare che non avevo mai pensato agli asini, tanto meno, al loro comportamento, e sono subito catturato dal suo racconto.

Un buon libro ti fa pensare a qualcosa alla quale non avevi prestato attenzione prima, ti guida verso un nuovo modo di guardare, sentire e pensare il mondo, il libro di Nicola e Antonella riesce in questo.

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domenica 12 febbraio 2023

Mortalità in Italia 2021-2022

Avevo iniziato a guardare il programma di John Campbell su YouTube nei primi mesi dell'epidemia di Covid-19 nel 2020. Da quando l'emergenza Covid è finita, non lo guardo molto spesso. Invece, stamattina per caso ho guardato il suo video di ieri (11 febbraio 2023) e ho trovato una notizia inaspettata - Europa ha continuato ad avere un alto tasso di mortalità, superiore alla media Pre-Covid, per tutto il 2022.

Hanno messo insieme i dati sulla mortalità dai vari paesi del mondo e l'hanno confrontato con la media della mortalità settimanale nei 5 anni prima del Covid. Secondo John, Inghilterra ha avuto il 9% di mortalità in più nel 2022, ciò è, intorno al 60.000 morti in eccesso.

Secondo i dati, le percentuali dell'eccesso di mortalità in alcuni dei paesi sviluppati sono le seguenti: Danimarca +30%, Francia +25%, Germania +43%, Irlanda +20%, Olanda +37% e Regno Unito +20%.

Mortalità Eccessiva in Italia

L'analisi di John non comprende l'Italia. Sono andato sul sito di Our World in Data e ho trovato che i dati italiani sono disponibili soltanto fino a fine ottobre 2022 e per questo motivo non appaiano nelle analisi internazionali.

Ho fatto due tipi di analisi sui dati italiani. 

Nel primo grafico ho controllato i dati italiani per il 2021-22, da gennaio 2021 fino all'ottobre 2022 (grafico nell'immagine qui sotto).

In questo grafico, la linea grigia sotto (segnata con 0%)  rappresenta la media della mortalità pre-covid mentre la linea verde rappresenta la mortalità post-covid. Tutte le volte che la linea verde va sotto la linea grigia, vuol dire che in quel giorno, la mortalità post-covid era meno della mortalità media pre-covid, mentre tutte le volte che la linea resta sopra, abbiamo la mortalità eccessiva.


Nel 2021, il picco della mortalità eccessiva (>25%) era stata raggiunta nel primo semestre, ma dopo questo abbiamo continuato ad avere i picchi tra il 10-15%. Nel 2022, abbiamo continuato ad avere l'eccesso di mortalità con dei picchi tra il 5-10%, tranne che in estate, quando il picco è arrivato al 35%.

Il secondo grafico (qui sotto) copre un periodo più lungo (dal settembre 2020 al 1° gennaio 2023) e confronta l'eccesso di mortalità in 4 paesi - Italia (linea verde), Francia (linea viola), Germania (linea rossa) e Stati Uniti (linea violetta).


Si vede dal grafico che il picco di mortalità eccessiva più alto in assoluto tra questi 4 paesi è stato in Italia il 22 novembre 2020, quando aveva raggiunto il +55%. Anche se dal 2020 fino all'ottobre 2022, Italia ha continuato ad avere quasi continuamente l'eccesso di mortalità, ma in confronto agli altri paesi, le percentuali mi sembrano più contenute.

Invece, tra questi 4 paesi, la Germania ha avuto maggiori oscillazioni da picchi di -10% a picchi di +43% (quest'ultimo nel 2022). 

Capire i Motivi della Mortalità Eccessiva

Ho letto qualche articolo che collega questo eccesso di mortalità alle vaccinazioni anti-covid, ma questa spiegazione non mi convince, soprattutto perché sono passati quasi 2 anni dalla terza dose del vaccino. E' possibile che qualcuno con miocardite o polmonite legato al Covid o qualcuno con una reazione legata ai vaccini sia morto a distanza di qualche mese o anno, ma questa non può essere la causa principale di questi dati.

Immagino che i ricercatori dell'Istituto Superiore della Sanità stanno esaminando le cause dei morti del 2022 e confrontandole con i dati pre-covid per capire dove sta il problema.

Penso che una delle cause che contribuisce all'eccesso di mortalità in Italia sia legato alle difficoltà di accedere al medico di base, alle visite e agli esami nella fase post-covid.

Fino ai primi mesi del 2020, quando stavi poco bene, ti recavi dal tuo medico di base e aspettavi il tuo turno. Ora devi chiamare, fissare l'appuntamento che potrebbe essere tra 10 giorni o anche 2 settimane, sia per vedere il medico di base o per i prelievi. Per le radiografie o gli esami particolari e le visite specialistiche, anche urgenti, ti tocca aspettare mesi, avere un appuntamento in un servizio lontano da casa o andare a pagamento. Penso che molti anziani non riescono a starci dietro a chiamare e cercare appuntamenti o sollecitarli e non hanno i soldi per pagare i privati.

Se l'analisi dei dati mostrerà che a morire sono soprattutto gli anziani, le difficoltà di accesso al SSN potrebbero essere una causa significativa dietro a questa situazione.

Il Sito di Our World in Data

Se vi interessano i dati su specifici temi, penso che dovreste provare a visitare questo sito. Su ogni argomento, potete scegliere i paesi da esaminare (e con il mouse potete trascinare il pulsante per scegliere il periodo che vi interessa).   

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sabato 24 dicembre 2022

L'Arte di fare lo Scrittore

Amo leggere i libri e mi piace parlarne. Mi piace anche scrivere - questo blog ne è la prova. Molti anni fa avevo partecipato ad un corso di scrittura creativa. Attualmente faccio parte di un gruppo dei lettori e mi piacerebbe far parte di un gruppetto delle persone che scrivono o che cercano di scrivere.

Mi è sempre piaciuto scrivere. Il mio primo racconto (pubblicato in una rivista letteraria indiana) era nel 1983. In Italia, alcuni miei racconti sono usciti in qualche rivista (Incroci, El Ghibli) e in alcune antologie (Madre Lingua, Passaparole). Ho iniziato a scrivere un romanzo per la prima volta nel 2001 e da allora, ho provato a scrivere dei romanzi più volte, ma senza mai completarli. Finalmente, recentemente (dicembre 2022) ho completato il mio primo romanzo.

Questo mio scritto tocca un po' tutti questi punti.


Scrittori e Lettori

Nel 2009-10, avevo partecipato al corso di scrittura creativa organizzato da Eks&Tra - Laboratorio di Scrittura Interculturale a Bologna. Era un'iniziativa multiculturale con persone provenienti da diversi paesi. Far parte di questo gruppo mi aveva fatto capire il piacere di stare insieme alle persone che scrivono e di parlare con loro di quello che scriviamo.

Invece, fare parte del gruppo di lettura (Lettori in Circolo) dove discutiamo dei libri che abbiamo letto, mi ha fatto capire che non esiste un libro che piace a tutti. Anche i libri che io trovo belli, c'è sempre qualcuno del nostro gruppo che trova noiosi. Capire questo è stato qualcosa di liberatorio, perché vuol dire che bisogna scrivere anzitutto per il proprio piacere.

Comunque, in vita reale, quando uno scrive, far zittire la voce critica interna è difficile se non impossibile. Per questo penso che far parte di un piccolo gruppo di persone che si trovavano con le stesse mie insicurezze e ansie, e che danno un sostegno reciproco per i nostri momenti di crisi, sarebbe bello.

Utilità dei Corsi di Scrittura Creativa

Quel corso di scrittura creativa che avevo frequentato era utile perché ci aveva costretti a sperimentare nuovi modi di espressione. Per esempio, mi piaceva (e tutt'ora mi piace) scrivere in prima persona. Invece durante il corso, avevamo ragionato sui vantaggi e svantaggi di scrivere in terza persona o come un narratore esterno onnisciente.

Avevamo anche fatto esercizi di "pensare di essere" un ombrello o una scarpa e cercare di vedere la nostra trama da un punto di vista diverso. Provare a vedere gli eventi del nostro scritto da un'angolazione diversa è un bel esercizio, perché ci potrebbe far capire degli aspetti che avevamo ignorato.

Devo riconoscere anche il ruolo giocato da Daniele Barbieri, uno degli insegnanti del nostro corso, in apprendere l'importanza delle revisioni e di togliere tutto il superfluo dal nostro scritto.

Tutti questi sono gli strumenti di lavoro degli scrittori, più o meno utili - prima del corso, non ci avevo mai pensato bene a questi "strumenti".

Il Mio Romanzo

Negli anni 1990, avevo perso quasi tutti i contatti con la mia lingua materna (hindi). Nel 2001, dovevo stare a Ginevra per circa 6 mesi, mentre lavoravo all'OMS. Ero da solo e avevo più tempo, così avevo iniziato a scrivere un romanzo in inglese - dopo 2 anni l'avevo abbandonato incompleto. Nei venti anni successivi, ho provato a scrivere diverse volte e tutte le volte li ho abbandonati i miei romanzi incompleti.

Nel 2020, grazie al Covid eravamo chiusi in casa e ero in pensione. Ho ripreso la scrittura di uno dei romanzi che avevo abbandonato, con la differenza che questa volta scrivevo in hindi. Con l'internet, negli ultimi 15 anni, mantenere i contatti con gli amici in India, leggere i libri e le riviste in hindi e guardare i programmi e film in hindi è diventato molto facile, così poco alla volta avevo ritrovato la mia lingua materna.

Ho completato la seconda stesura del mio romanzo qualche giorno fa. Una casa editrice indiana si è mostrata interessata. Se andrà tutto bene, il mio primo romanzo uscirà nel 2023 in India.

Ho altri 2 libri nella testa - penso a questi 3 romanzi come la mia trilogia "Amar, Akbar, Anthony", un film di Bollywood degli anni settanta che parlava di fratelli smarriti e genitori separati dai figli - anche i miei 3 romanzi hanno le famiglie separate e disperse. Il primo è quasi pronto e ho le dita incrociate per finire anche gli altri due.

Leggere e Giudicare i Libri degli Altri

In passato, più di una volta, alcuni scrittori italiani mi avevano chiesto di leggere le bozze dei loro romanzi ambientati in India.

Quando le persone mi chiedono un parere sulla correttezza delle informazioni sull'India, è relativamente facile dare i miei consigli. Anche quando i loro scritti mi piacciono, è facile parlare con loro e spiegare che cosa mi è piaciuto e perché.

Invece, quando un libro non mi piace, faccio molta fatica a dire allo scrittore quello che penso perché so bene quanta fatica e sudore ci si mette a scrivere qualcosa. Scrivere un romanzo richiede ore, giorni e mesi, passati in solitudine a cercare le parole. Per ciò, non riesco a esprimere critiche sincere, e spesso preferisco non esprimere il mio parere in questo caso.

Ora che ho scritto il mio primo romanzo e l'ho mandato in giro alle persone per avere il loro parere, posso vedere questo stesso dilemma dall'altra parte. Quando qualcuno non mi dice quello che pensa del mio libro, posso capire le sue difficoltà - vorrei dirgli di non preoccupare, che capisco le loro difficoltà, e che va bene lo stesso.

Conclusioni

Il mondo dei libri è nato soltanto qualche secolo fa. All'inizio del 1900, più del 50% della popolazione italiana era analfabeta, mentre in India, quando è diventata indipendente nel 1947, questa percentuale di analfabeti saliva all'88%. Eravamo un mondo basato sulla cultura orale, dove i racconti erano il dominio delle cantastorie.

Poi per qualche decennio siamo diventati una cultura che si esprime tramite gli scritti, ma ultimamente con gli smartphone e gli App come YouTube e TikTok, la comunicazione orale è tornata ad essere importante di nuovo. Chissà, nel mondo di domani, ancora la gente leggerà dei libri? Ho letto di uno studio su come oggi la gente legge online - sembra che le persone dedicano meno di mezzo minuto a scorrere un sito o una pagina web e saltano la maggior parte delle parole.

Ciò dovrebbe dare conforto agli scrittori che passano ore e giorni a leggere, rileggere e correggere quello che scrivano? Non serve tormentarci più di tanto perché in ogni caso, i nostri lettori non leggeranno i testi parola per parola.
 
Alla fine due appunti:
 
(1) Se siete di Schio o nei dintorni e vi piace/piacerebbe scrivere e volete fare parte di un gruppo di sostegno reciproco per incontrare occasionalmente e di parlare di scrivere, lasciate un commento qui sotto.

(2) Se sapete l'hindi e volete leggere la bozza del mio romanzo, fatemi sapere - lasciate un commento qui sotto. Se dopo aver letto il mio libro, non avrete la voglia di darmi il vostro parere, non preoccupatevi, vi vorrò bene lo stesso.
 
E, per concludere un'immagine di Indro Montanelli mentre scrive seduto tranquillamente in un parco pubblico di Milano.



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giovedì 8 settembre 2022

Percorsi Spirituali

Sono cresciuto in una famiglia poco religiosa, ma sono sempre stato interessato alla spiritualità. Questo post spiega il significato di spiritualità per me e presenta alcune delle mie esperienze spirituali più significative.



Per "spiritualità" intendo le idee sulla natura dell'anima, della coscienza e della realtà. Per me, le esperienze spirituali sono quelle che inducono in me sentimenti di connessione con gli altri e con l'universo,  e possono essere molto diverse tra di loro - possono essere legate alla lettura, alla meditazione, all'ascolto della musica, all'osservazione delle stelle e all'essere nella natura, e avere pochi collegamenti con le religioni. 

I Guru Spirituali

Le tradizioni indiane pongono molta enfasi sul ruolo di un Guru, un maestro spirituale. Invece per me, i miei maestri spirituali sono i libri (le mie letture spirituali preferite sono le Upanishad dell'Induismo).

In India ho incontrato diversi Guru famosi. Nel 1968, avevo incontrato Mahesh Yogi, nei giorni in cui i Beatles erano in visita presso il suo ashram a Rishikesh. Improvvisamente era diventato il Guru per i famosi del mondo. Mi era piaciuto il suo sorriso e le sue spiegazioni sulla meditazione trascendentale. Durante gli anni 1970-80, ero diventato molto interessato a leggere i libri di Acharya Rajneesh (Osho). Infine, durante i primi anni 2000, avevo visitato l'ashram di Sree Sree Ravishanker vicino a Bangalore e poi nel 2015 ero andato ad ascoltarlo quando aveva visitato Guwahati (nell'immagine sotto).

Il Guru Ravishanker durante la sua visita a Guwahati nel 2015

Tuttavia, finora non ho mai sentito alcun desiderio di seguire un Guru. Forse, ciò significa che non ho bisogno di un Guru, o, forse, significa che non sono ancora pronto per un Guru.

Invece di un Guru, circa 40 anni fa, ho avuto la fortuna di incontrare Don Silvio Favrin, un sacerdote cattolico di Castel Franco V. nel nord-est d'Italia. È morto all'inizio di quest'anno (aprile 2022). Era un amico per me ed era un grande maestro spirituale - alcune delle nostre conversazioni hanno avuto una profonda influenza su di me. Aveva la capacità di condividere le idee più profonde in parole semplici, spesso con un sorriso disarmante ed un pizzico di ironia (Don Silvio nell'immagine sotto).

Don Silvio Favrin, Castel Franco Veneto, un amico e un grande maestro spirituale

Interazioni spirituali inaspettate

Molte delle mie memorabili interazioni spirituali con le persone sono state inaspettate. Ad esempio, durante il 2014-16, mentre vivevo a Guwahati, ho avuto un paio di esperienze spirituali.

Il primo incontro è stato nella foresta dietro il tempio Bashishtha, dove ho incontrato un Sadhu, che aveva costruito la sua casa sotto una sporgenza rocciosa. I sadhu sono persone simili ai monaci nella tradizione induista, loro rinunciano a tutto ma non vivono dentro un monastero. Lui mi ha raccontato delle sue peregrinazioni attraverso l'India. Gli ho chiesto perché avesse scelto quel posto particolare per allestire la sua casa e ha iniziato a parlare dell'energia sottile che esce dalla terra e di come si poteva sentire quell'energia in quella roccia.

Il sadhu che viveva sotto la roccia in una foresta


"Metti la mano in questo posto", indicò la roccia, "poi chiudi gli occhi e cerca di sentire l'energia". Ho provato ma non ho sentito nulla. Allora mi ha detto che per poter sentire quell'energia avevo bisogno di prima calmare la mia mente. Era una persona semplice ma ascoltarlo parlare dell'universo e della nostra connessione con la natura è stata un'esperienza meravigliosa.

Un'altra esperienza spirituale per me è stata durante la festa di Ambubashi al tempio di Kamakhya. Kamakhya è uno Shaktipeeth (ciò è, un tempio che celebra il principio femminile della natura). La festa di Ambubashi celebra la mestruazione metafisica della dea-madre. In un cortile sulla collina vicino al tempio, mi sono imbattuto in un gruppo di cantanti Baul. Alcuni di loro fumavano cannabis. Altri ballavano e cantavano i canzoni Baul. Ad un certo punto, un vecchio, una persona molto magra, si alzò, con gli occhi chiusi in una trance estatica, e cominciò a ballare. In una mano aveva una scatolina e nell'altra, aveva un barattolo di talco. Vederlo muovere lentamente seguendo una musica che sentiva dentro di sé, è stata una delle esperienze spirituali più sorprendenti che abbia mai avuto.

L'anziano Baul che danza in un trance durante la festa di Ambubashi


Ho avuto esperienze spirituali anche in altri parti dell'India. Per esempio, una volta stavo con una famiglia in un villaggio appena fuori Orchha nel Madhya Pradesh. Una ONG locale aveva organizzato il mio soggiorno. Una mattina, stavo camminando verso Sundar Mahal, il dargah di un santo sufi chiamato Sundar Shah, quando incontrai un povero mendicante, che era seduto a terra.

Mi sono fermato a parlargli. Era vedovo ed era uscito di casa a causa di maltrattamenti da parte della nuora. Aveva deciso di girovagare e di vivere di carità come fanno i sadhu. Abbiamo parlato della sua vita precedente, della sua casa e dei suoi figli, e della sua vita presente come un mendicante errante. Mi dispiaceva molto per la sua situazione che nella sua vecchiaia, invece di avere una vita tranquilla, era costretto ad andare in giro, chiedere l'elemosina e non essere mai sicuro se avrebbe trovato un posto dove riposare per la notte.

L'anziano mendicante errante vicino aldargah di Sundar Shah


"Allora, cosa desideri, cosa vuoi adesso?", gli chiesi. Sorrise e scosse la testa: "Niente, ho trovato tutto ciò di cui ho bisogno", rispose. Ricordare quell'incontro e le sue parole, può ancora farmi sentire emozionato.

I luoghi spirituali e le statue che si sciolgono

Sono stato in molti luoghi di pellegrinaggio di diverse religioni in diversi paesi. Non sono religioso e non vado da nessuna parte a pregare. Tuttavia, mi piace visitare i luoghi religiosi alla ricerca di esperienze spirituali. In India, ho viaggiato molto, dalla roccia di Vivekanand a Kanyakumari nel sud del paese al raduno di Kumbh mela a Prayagraj nel nord. Ci sono stati molti bei momenti durante questi viaggi ed è sempre appagante vedere la bellezza nei templi, nelle moschee e nelle chiese.

Eppure, quando penso ai miei momenti spirituali indimenticabili, di solito non sono associati a nessuno di questi luoghi. Invece adoro l'idea di costruire le statue di fango per le festività indiane e, alla fine delle festività, immergere quelle statue nel mare o in un fiume. La divinità diventa quindi un'espressione temporanea della natura. Adoro la vista di vecchie statue lasciate vicino ai fiumi che gradualmente si sciolgono e tornano nella terra, un po' come tutti noi esseri mortali.

Negli anni quando vivevo nel nord-est dell'India, era comune trovare le statue di divinità come Ganesh, Durga, Kali e Saraswati, lasciate vicino ai fiumi e laghi (Come nell'immagine qui sotto).

La statua che si scioglie e ritorna alla natura


Invariabilmente, mi fermavo a guardarle. Una sera, mentre passeggiavo lungo il fiume Kolong a Nagaon e mi sono imbattuto in una vecchia statua malandata di Saraswati, la dea della sapienza, illuminata dai raggi del sole al tramonto. Per un momento, mi sentii come se la Dea mi stesse parlando. Quell'esperienza era così potente che per circa altri 10 minuti, mi sembrava che tutto fosse illuminato da una luce interna.

Musica ed esperienze spirituali

Una delle esperienze spirituali più profonde che posso ricordare è stata a Mandya nel Karnataka, quando stavo con alcune suore cattoliche in un convento. Sr Leela, la superiora delle suore, era stata nostra ospite in Italia molte volte. Una mattina presto, le ascoltai cantare dolcemente le loro preghiere in una piccola cappella. Le loro voci erano come le onde della marea che si alzavano e abbassavano e mi circondavano con il loro calore, un'esperienza spirituale davvero meravigliosa.

Un'altra volta, ero in Cisgiordania in Palestina e stavo con la famiglia di un amico. Di solito mi sveglio presto alla mattina. Ricordo di essermi svegliato nella sua stanza degli ospiti, ascoltando il suono di azaan, la chiamata dei muezzin alla preghiera, proveniente da diverse moschee nei dintorni, mentre fuori era ancora buio. Le voci non erano sincrone, e ogni voce aveva un timbro diverso - anche questa volta, l'alzare e l'abbassare delle loro voci avevano creato una meravigliosa esperienza spirituale.

Un'altra occasione in cui la musica mi ha toccato profondamente è stata a Bologna durante un programma di danza. Alessandra Pizza, l'insegnante di Bharatnatyam, stava cantando una preghiera al Ganapati, accompagnata dal battito ritmico di un gong su un blocco di legno. Eravamo seduti in una galleria, sotto un'alta cupola in modo che la sua voce avesse una piccola eco. È stata un'esperienza molto travolgente.

Alessandra Pizza (seduta per terra in mezzo alle danzatrici) canta


Adoro anche ascoltare il canto di Gurubani nei gurudwara dei sikh. Spesso i raagi (cantanti) nei gurudwara sono cantanti addestrati in musica classica e le loro preghiere hanno parole semplici ma profonde, che trovo molto commoventi.

Da adolescente e giovane, alcune delle mie esperienze spirituali sono state durante l'ascolto di cantanti classici indiani come Bhimsen Joshi, Pandit Jasraj, Kumar Gandharv e Kishori Amonkar. Per esempio, per me ascoltare Kumar Gandharv mentre canta "Udd jayega hans akela" (Volerà via, il cigno solitario) è sempre un'esperienza emozionante. 

Infine, alcuni anni fa, durante un concerto di musica a Bologna, la signora Ashwini Bhide Deshpande aveva cantato "Ganpati Vighnaharan Gajanan" - l'acustica di quella sala era meravigliosa e mi sentivo circondato dalla sua voce. Solo pensare a quell'esperienza mi fa provare una grande gioia.



Alla fine

Scrivere questo post è stata un'esperienza meravigliosa. Quando l'ho iniziato, avevo un'idea molto diversa nella mia mente di cosa avrei scritto. Invece, quando ho cominciato, mi sono venuti in mente molti ricordi dimenticati e questo post è andato in una direzione inaspettata.

Rileggendo quanto ho scritto, mi rendo conto che la maggior parte delle miei esperienze spirituali sono legate all'India, forse perché sono cresciuto circondato da quel mondo e quel modo di pensare. Posso immaginare che qualcuno che cresce in Italia, potrebbe avere delle esperienze molto diverse dalle mie. Penso che in fondo un'esperienza spirituale è qualcosa che ci fa intuire, anche per un attimo, che la realtà della nostra esistenza va oltre il mondo vissuto attraverso i nostri sensi.

Spero che leggere questo scritto vi farà riflettere su cosa significa la spiritualità per voi e forse vi aiuterà a ricordare le vostre esperienze spirituali più importanti.



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lunedì 22 agosto 2022

Mammolo e la Regina dei Cuori Sanguinanti

Nota: Nel 2009-10, avevo seguito un corso di scrittura creativa a Bologna. Questo racconto è il risultato di quel corso, che era uscito nella antologia degli scritti dei corsisti.



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Primavera poteva arrivare anche in autunno? Come si faceva a sapere che non era solo un’illusione? E cosa doveva fare Fernanda, ascoltare la musica che si sentiva dentro o quella voce interiore che le diceva di non essere sciocca?

“Allora vi siete baciati?” Alba le aveva chiesto e Fernanda era diventata rossa come un peperoncino. “Non dire sciocchezze” aveva risposto bruscamente all’amica.

Ma Alba la conosceva da tutta la vita e aveva insistito: “Perché non puoi ammettere che Mammolo ti piace? Lo guardi come fosse George Clooney. Non devi sposarlo, ma solo farci un po’ di sesso”.

Fernanda aveva guardato l’amica con irritazione ma poi si era messa a ridere: “Hai una bella fantasia, dici le cose più assurde. Dovevamo parlare del banchetto per il mercatino, invece non so perché hai tirato fuori questa storia”.

Dopo una vita passata tra gli scaffali della libreria dove lavorava e le medicine della mamma, Fernanda aveva trovato terrificante il vuoto creato dal suo pensionamento e la scomparsa della mamma. Così si era rifugiata tra gatti randagi, piccioni affamati, anziani abbandonati e le attività della parrocchia.

Anche Alba si era messa a ridere, ma poi aveva aggiunto con un tono più serio: “Ti piace fare la regina dei cuori sanguinanti, invece per una volta nella vita dovresti pensare a te stessa. Forse hai paura”.

La sua amica aveva ragione, Fernanda lo sapeva. Aveva conosciuto Mammolo qualche mese prima nel parco mentre portava Blu, la cagnetta di Alba, a passeggio. Alba era andata a trovare la figlia a Roma e aveva affidato Blu a Fernanda per qualche giorno. Faceva freddo. Mammolo era seduto su una panchina e Blu aveva cominciato a abbaiargli.

“Non badi a lei, abbaia soltanto, non morde nessuno, vuole solo salutare” Fernanda aveva cercato di rassicurare ma poi aveva visto che la faccia dell’uomo era bagnata di lacrime: “Scusi, va tutto bene?”

Imbarazzato, l’uomo aveva cercato di asciugare la sua faccia. Si era alzato e andato via, balbettando qualcosa. Fernanda era rimasta lì a guardare la sua schiena mentre lui si allontanava, colpita dal dolore nei suoi occhi. Non l’aveva mai notato prima. Sembrava uno straniero. Forse aveva perso qualcuno?

Da quella volta aveva cominciato a cercarlo ogni volta che passava dal parco. Dopo qualche giorno, mentre tornava con la spesa, l’aveva visto di nuovo e si era fermata per salutarlo. L’uomo era arrossito ma aveva cercato di sorriderle. Sembrava una persona timida.

La volta successiva, quando l’aveva visto camminare nel parco, si era sforzata per raggiungerlo e camminare accanto a lui. Avevano scambiato qualche parola sul freddo e passeggiato insieme in silenzio.

“Abito in quella casa, vuole venire per un tè?”

L’aveva invitato a casa sua senza pensare ed era rimasta un po’ sorpresa dalla propria audacia. Lui aveva balbettato qualcosa riguardo un impegno.

“Magari un’altra volta?” lei aveva proposto e lui aveva annuito con un piccolo sorriso.

“Chi era?” Alba le aveva chiesto.

“L’ho conosciuto nel parco”, Fernanda non aveva voluto parlarne.

“Ti piace, vero?” Alba aveva insistito.

“Sei fuori di testa, dici la prima cosa che ti passa per la mente”.

Alba non si lasciava intimidire facilmente, “Nanda ti conosco da troppi anni, non puoi ingannarmi. Ti piace. Invece il tuo principe azzurro mi fa pensare a Mammolo “.

“Chi è Mammolo?” Fernanda aveva chiesto.

“Sai quel nano in Biancaneve e i sette nani, quello timido che continua ad arrossire?” Alba aveva strizzato l’occhio all’amica: “Mi piacerebbe tanto nascondermi nell’armadio della tua camera e guardarvi di nascosto. Sarà come vedere la matrigna di Biancaneve che va a letto con uno dei nani”.

Fernanda si era imbronciata, ma era difficile restare arrabbiati con Alba per lungo tempo. L’immagine di sé stessa, alta e magra con il caschetto di cappelli color bianco cenere, e lui così piccolo e calvo, le era sembrata così buffa che aveva cominciato a ridere insieme all’amica.

Intanto aveva continuato a incontrarlo. Avevano iniziato a parlare. Era venuto anche a sua casa. Lui si chiamava Puran, era originario dell’India e viveva a Bologna da circa 40 anni. Aveva sempre lavorato come cuoco in un ristorante indiano, uno dei primi in Italia, ed era andato in pensione alcuni mesi prima.

Dopo alcuni giorni, Fernanda gli aveva chiesto aiuto. “Puoi darci una mano? E’ per una festa dei popoli che si terrà nel parco di Corticella. Parteciperanno tutte le associazioni di Bologna. Ogni associazione deve presentare la cucina tipica di un Paese. Se ci dai una mano, possiamo presentare la cucina indiana”.

Così si erano incontrati più volte a casa sua e Fernanda aveva imparato a cucinare il “ciapati”, il pane indiano. Aveva avuto un po’ di problemi con qualche altro piatto, perché aveva scoperto di non sopportare il forte odore delle spezie indiane. Qualche giorno dopo Puran aveva cucinato il pollo e lei aveva subito voluto rassicurarlo per non urtare i suoi sentimenti: “Penso che questo pollo sarà squisito, sembra così gustoso e cremoso”. Invece quando lui era andato via, aveva cercato di assaggiarlo e poi l’aveva dato da mangiare a Blu.

“Allora raccontami dove sei arrivata con lui? Vi siete almeno baciati?” Alba le aveva chiesto alcuni giorni dopo.

“Allora non vuoi proprio capire?” Fernanda era esplosa. “Non c’è niente tra noi e non voglio andare a letto con lui! Voglio solo aiutarlo. È vedovo, non ha nessuno. È andato in pensione sei mesi fa e questo l’ha mandato in crisi. Era tornato in India, ma non è riuscito a adattarsi. Si sentiva cambiato, non andava d’accordo con i parenti. Alla fine è tornato qui di nuovo, ma non sa cosa fare. È depresso, e ha ammesso che ha anche pensato al suicidio. Ha appena cominciato a parlare di queste cose con me, ma fa fatica a parlarne”.

Per evitare le spezie, lei aveva trovato una soluzione: “Puran, penso che dobbiamo fare un bel dolce indiano, qualcosa di semplice ma diverso che può attirare le persone. Tutti i soldi che raccoglieremo serviranno per operare i bimbi nati con il labbro leporino.”

All’inizio lui non aveva capito bene di quali bambini lei parlava. “Sono i tuoi nipotini?” aveva chiesto.

“Non ho nipotini, né i figli, non mi sono mai sposata”, Fernanda aveva risposto.

Lui non aveva detto niente ma lei aveva capito la domanda non detta del suo sguardo. “Seguivo mia mamma che non stava bene e poi forse non ho mai trovato la persona giusta.” lei aveva aggiunto.

“E i bambini?”

“Sono bambini poveri del sud dell’India. Li opereranno e poi potranno frequentare la scuola”, Fernanda aveva spiegato.

“Andranno a scuola?” lui aveva chiesto, come se non riuscisse a capire quello che lei diceva. Allora Fernanda aveva cercato una copia della rivista dell’Associazione che le arrivava a casa: “Guarda qui, vedi questo appello per aiutare i bambini?”

Lui aveva annuito con la testa. Quando stava per andare via, Fernanda aveva allungato la rivista verso di lui: “Vuoi portarla con te, così puoi leggerla con più calma”.

Ma lui aveva scosso la testa con un piccolo sorriso: “Faccio fatica a leggere, non solo l’italiano ma anche la mia lingua. Ho cominciato a lavorare quando ero piccolo e ho studiato poco”.

Il giorno dopo quando lui era tornato, lei lo aveva portato in sala: “Puran, non facciamo nessuna ricetta oggi. Voglio parlarti. Cosa volevi dire quando hai detto che lavoravi da quando eri piccolo?”

Per un po’ lui l’aveva guardata in silenzio ma poi aveva raccontato la sua storia. Era nato in un villaggio di montagna nel nord dell’India. Studiava in seconda elementare quando suo padre era morto. Insieme a sua madre, abitavano con i fratelli di suo padre. Aveva smesso di andare a scuola, doveva badare alle capre e portarle al pascolo. Poi un parente aveva proposto di portarlo a Delhi, dove poteva lavorare in un ristorante e guadagnare di più. A Delhi era finito in una mensa universitaria e per due anni aveva avuto un padrone violento e ubriacone.

“Una sera il padrone aveva organizzato una festa per gli amici. Lui mi aveva chiesto di prendere una bottiglia di alcolico dall’armadio. Mentre camminavo verso il tavolo, sono scivolato e la bottiglia mi è caduta dalle mani. Lui era già ubriaco, è diventato furioso. Ha cominciato a picchiarmi”. Puran aveva alzato la manica sinistra della camicia per farle vedere una lunga cicatrice che passava intorno al gomito: “Mi sono tagliato contro un pezzo di vetro caduto per terra. Sanguinavo, ma lui continuava a picchiarmi e alla fine, mi ha cacciato fuori dalla porta. Diceva che per punizione dovevo restare fuori tutta la notte”.

Puran era rimasto in silenzio per un po’, perso nei pensieri. Poi con un lungo sospiro, aveva ripreso il filo della sua storia: “Era inverno, faceva freddo, ma non conoscevo nessuno, non sapevo dove potevo andare. Così ho passato tutta la notte fuori, vicino la porta della mensa, tremavo. La mattina dopo, mi ha trovato il marito di una delle professoresse che lavoravano all’università. A lui piaceva andare a passeggio presto. Lui mi ha portato a casa sua. Avevano fatto una denuncia al preside e quell’uomo che gestiva la mensa ha dovuto andare via”.

Fernanda aveva ascoltato la sua storia con un crescente senso di orrore e a un certo punto si era trovata con le lacrime negli occhi.

Puran le aveva sorriso e per la prima volta, aveva messo la sua mano sopra la sua: “Quel momento, quando sono scivolato e caduto, ha cambiato il corso della mia vita. Quando penso a quella notte, mi sento felice. Era un piccolo prezzo da pagare per avere un destino diverso”.

Lui aveva guardato fuori dalla finestra. Era una giornata calda. Nel parco, i bambini giocavano. Qualcuno si era disteso sull’erba per prendere il sole. Ma forse lui non vedeva tutto questo e invece vedeva il suo passato: “La professoressa e suo marito sono stati molto gentili con me. Dovevo aiutarli nei lavori di casa, ma potevo mangiare quanto volevo, potevo riposare e dormire senza preoccupazioni. Hanno provato a mandarmi a scuola, ma non volevo andarci. Mi sentivo troppo vecchio e non capivo niente, gli altri bambini mi prendevano in giro. Invece col tempo sono diventato bravo a cucinare”.

Qualche giorno dopo, quando Fernanda si era ripresa, aveva fatto una proposta a Puran: “Per tutta la vita ho lavorato in una libreria. Proviamo a leggere insieme dei libri? Non è detto che imparerai ad amare la lettura ma possiamo provare? Se ami i libri, non devi più preoccuparti per la solitudine, avrai sempre compagnia e conoscerai tanti mondi nuovi”.

Si sente confusa Fernanda, non sa cosa sente per Mammolo. Sa solo che si trova bene con lui. Oramai si incontrano ogni giorno. Fernanda cerca i suoi libri preferiti per leggerli insieme a lui.

È amore questo? Fernanda non lo sa.

Quando si siedono sul divano per leggere un libro, delle volte i loro corpi si toccano, le loro mani si sfiorano. Ieri avevano guardato insieme un film alla tv e a un certo punto si erano girati uno verso l’altro per guardarsi negli occhi. Per un attimo, Fernanda aveva pensato che lui stava per baciarla e presa da un piccolo attacco di panico si era alzata con la scusa di andare a bere qualcosa.

Vorrebbe dirgli che lei non è mai stata con un uomo prima d’ora ma non sa come affrontare questo argomento.

È cambiata. Dopo tanti anni, non è più terrorizzata all’idea di non fare niente. Resta seduta vicino alla finestra per guardare la primavera che si è esplosa nel parco con i fiori di diversi colori come i fuochi artificiali.

Primavera può arrivare anche nell’autunno della vita? Cosa deve fare Fernanda, ascoltare la musica che si sente dentro o quella voce interiore che le dice di non essere sciocca?

***

domenica 21 agosto 2022

Covid, Vaccino e Mortalità

Una recente analisi dei dati raccolti in Inghilterra ha mostrato un aumento del tasso settimanale di mortalità nella popolazione. In confronto alla media dei morti nei 5 anni precedenti, ogni settimana muoiono circa il 13-14% di persone in più. Soltanto una parte di queste morti può essere imputata al Covid, ma tutti i motivi di questo aumento non sono chiari. In tanto sembrano aver trovato delle sorprese riguardo il numero delle persone con reazioni legate ai vaccini anti-covid.

Il Video di John Campbell

Dott. John Campbell, è un bravo divulgatore delle informazioni mediche con circa 2,4 milioni di seguaci su YouTube. L’avevo scoperto nel 2020 perché riusciva a fornire gli aggiornamenti sulle diverse tematiche legate al Covid in maniera chiara e semplice. È una persona pacata che misura bene le sue parole. Lui ha parlato dell’eccesso della mortalità in Inghilterra nel suo video del sabato 20 agosto mattina.

Eccesso di Mortalità

L’eccesso di mortalità settimanale (intorno al 13-14%) si nota negli ultimi 2-3 mesi. Nel periodo precedente, il tasso di mortalità settimanale sembrava meno in confronto al passato perché l’anno scorso in questo periodo vi erano stati molti più morti dovuti al Covid.

Una parte di questi morti in più sono dovuti al Covid. Inoltra, una parte potrebbe essere dovuto alla continuazione del disfunzionamento dei servizi sanitari causato da questioni legate al Covid, in quanto sembra che le persone fanno fatica ad accedere ai servizi.

Mortalità Eccessiva e il Vaccino Anti-Covid

La domanda che lui si è posto era: L’eccesso di mortalità di questi giorni può essere legata alla vaccinazione anti-covid? Ha cercato le informazioni e ha fatto una domanda alle autorità sulla base della legge “Right to Information” che garantisce il diritto di accesso alle informazioni – secondo queste informazioni, vi erano 10 persone morte legate alle complicazioni del vaccino anti-covid.

A questo punto lui ha controllato i rapporti del “Cartoncino Giallo” per i tre vaccini anti-Covid principali che sono stati usati in Inghilterra (Pfizer, Astra-Zeneca e Moderna). Il sistema del Cartoncino Giallo è usato in Inghilterra per segnalare le reazioni averse alle medicine e ai vaccini. Secondo l’analisi di questi rapporti, un totale di circa 2.100 persone erano morte dopo aver ricevuto uno dei vaccini Covid.

Non è facile capire tutte le cause di questi morti. Una parte di questi 2.100 morti erano “morti in concomitanza temporale” ma non dovuti al vaccino, ciò è, le persone sono morte entro 1-2 settimane del vaccino per altre cause. Per ciò realmente soltanto una parte di questi morti erano dovuti al vaccino.

Un’altra possibilità è che le morti dovute al vaccino erano molte di più, perché gli studi hanno mostrato che soltanto il 10% di persone con reazioni gravi legate alle medicine e ai vaccini si registrano nel sistema del Cartoncino Giallo.

Reazioni Averse ai Vaccini in Italia

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha un sistema per la segnalazione delle reazioni ai farmaci e ai vaccini simile al sistema del Cartoncino Giallo in Inghilterra. Sia il personale sanitario che i singoli cittadini possono compilare un modulo online per segnalare la reazione aversa. 

AIFA valuta tutte le segnalazioni di reazioni averse e inoltre prepara un rapporto trimestrale sulle reazioni ai vaccini anti-Covid. Secondo l’ultimo rapporto di AIFA uscito alla fine di giugno 2022 sulle reazioni a questi vaccini, vi sono state 0,1% di segnalazioni di reazioni averse (ciò è, 100 reazioni per ogni 100.000 vaccinazioni) e circa il 18% di queste erano definite gravi.

Immagino, come in Inghilterra, anche in Italia soltanto una piccola parte delle persone con le reazioni le hanno segnalate.

Per esempio, 6 giorni dopo la seconda dose del vaccino Pfizer, ho iniziato ad avere molti extra-sistoli, anche 10-15 al minuto. L’ecocardiografia effettuata dopo circa 15 giorni ha evidenziato questi extra-sistoli ed ha assicurato che non vi era un impatto negativo sul funzionamento cardiaco. L’esame con holter cardiaco 4 mesi dopo evidenziato la persistenza degli extra-sistoli, anche se erano meno frequenti (3-5 al minuto). Più di un anno dopo continuo ad averli. Nel frattempo, ho anche avuto la 3° dose (con vaccino Moderna). Questi erano dovuti al vaccino, non lo so. In ogni caso, non sono stati segnalati a nessuno.

Conclusioni

In Italia e nel mondo, tra alcuni gruppi di persone vi è stato un forte sospetto verso i vaccini, compreso tra il personale sanitario, e queste hanno rifiutato di farsi vaccinare. Ciò rende importante non creare nessuna psicosi sull’aumento della mortalità settimanale in Inghilterra.

Dall’altra parte, penso che gli scienziati hanno bisogno di analizzare i dati sull’impatto reale dei vaccini anti-Covid e anche sui loro effetti collaterali compreso le eventuali morti in eccesso. Per questo motivo, i dati inglesi richiedono attento controllo e analisi. Se dovesse venire fuori che i sistemi sanitari hanno nascosto delle informazioni a questo riguardo, creerebbe un ulteriore senso di sfiducia verso i governi e verso i sistemi sanitari per le future epidemie.

Aggiornamento (29 agosto 2022)

Dopo una settimana, vi sono ulteriori conferme riguardo l'eccesso di mortalità non legata al Covid. Ieri, la Scozia ha confermato che vi è circa 10% di eccesso di mortalità. Analisi dei dati mostra che questo eccesso di mortalità tocca tutte i diversi gruppi di età. Secondo alcuni scienziati, tra 2020-21, molti anziani con co-morbidità sono morti per l'infezione da Covid, per cui, quest'anno si aspettava un calo nel tasso di mortalità.

venerdì 21 agosto 2020

I Significati della Danza

Danza è arte. È un modo di illustrare emozioni, soprattutto l'emozione della gioia. È un modo di esprimersi, un linguaggio. È cultura, tradizione e anni di lavoro. È un modo di comunicare con il divino, è un modo di esprimere il divino. Danza può essere tutto questo e molto altro.


Per la Giornata Internazionale della Danza, venite con me per un breve viaggio nel mondo della danza.

I Primi Ricordi

I miei primi ricordi della danza risalgono a quando avevo 6-7 anni e con mia sorella più giovane andavo alla scuola d'arte dove lei studiava la danza Kathak e io la pittura. Per alcune settimane, la scuola era rimasta senza il suo insegnante di pittura e così non avevo lezioni e stavo li a guardare le lezioni di danza di mia sorella.

La danza di Kathak assomiglia la danza spagnola, flamenco, per l'importanza che dà al battere dei piedi per creare un ritmo. In flamenco, i danzatori portano le scarpe con i tacchi che li aiutano a suonare il ritmo sul pavimento. Invece in kathak, i danzatori hanno i piedi nudi e un nastro con dei campanellini avvolto intorno alle caviglie, così il ritmo battuto sul pavimento è accompagnato da quelli dei campanellini (Ghungru).

Il Kathak può essere di due tipi - quello che racconta una katha (storia), accompagnato da bhava (espressioni) e mudra (gesti); e quello astratto che esprime danza pura senza una storia.


Kathak fa parte delle danze classiche indiane e ciò significa, che i ritmi dei piedi, le espressioni e i gesti sono tutti codificati, e i danzatori devono esprimersi eslusivamente tramite essi. Il suo ritmo di base ha 4 battiti e inizia con il piede destro - sinistro - destro - sinistro. Il successivo ritmo di 4 battiti inizia con il sinistro. In questo modo ogni quarto battito è doppio. Per capire meglio il ritmo di base di Kathak, potete guardare un breve video su Youtube.

Dopo qualche settimana di guardare mia sorella che imparava questo ritmo, l'avevo imparato anche io. Ripeterlo con i piedi, ancora oggi, risveglia dentro di me il ricordo di quei giorni di 60 anni fa. Per questo penso che danza è anche nostalgia.

Danza è Libertà

L'anno scorso (2019), un sabato sono uscito per andare in giro a Rio de Janeiro. Molti musei di Rio sono situati di fronte al mare. Dopo aver visitato la bella mostra di Ai Wei Wei, sono andato al museo dell'arte contemporanea. La zona di fronte al mare era piena di giovani di qualche scuola che si facevano fotografare con le toghe nere e capelloni per aver conseguito la laurea. Girai tra di loro per un po', prima di entrare in museo.

Finita la visita al museo al primo piano, sono sceso giù e mi sono trovato di fronte a gruppi di ragazzi che facevano le prove di danza dall'altra parte del vetro. Uno dei gruppi più bravi aveva molti ragazzi transgender. Mi sono seduto su una panca per guardare le loro prove. Era un'esperienza indimenticabile.

Penso che in Brasile, l'accettazione popolare dei ragazzi transgender è molto migliore che nel resto del mondo e forse hanno opportunità nel mondo di arte e moda, che non hanno in molti altri paesi del mondo. Ho visto il gruppo di danza composto da ragazzi transgender in India e so che devono lottare contro forti pregiudizi sociali.



Danza è Cultura

Una delle mie più belle esperienze di danza di strada sono state a Bologna. Intorno al 2004-05, un gruppo di giovani legati all'ambiente universitario aveva iniziato "Par Tot", una festa di strada. Per un sabato di giugno, la città si trasformava in un vivaio brulicante di colori, costumi, ritmi e suoni. Per prepararsi per la parata, i laboratori per imparare le danze e a confezionare i costumi iniziavano 2-3 mesi prima. La festa annuale è andata avanti fino al 2013, e ogni anno la partecipazione popolare cresceva, con gruppi provenienti da tutta l'Europa.



L'Associazione Oltre ... che organizzava la parata Par Tot ha cercato di continuare, ma forse la festa era diventata troppo grande per essere sorretta solo sulle spalle di giovani e meno giovani volontari. Non so bene tutti i motivi perché non hanno potuto continuare, ma mi dispiace molto che non si fa più. Penso a quella festa come un momento di grande vitalità culturale, un evento che poteva dare un'identità unica a Bologna, un po' come l'OktoberFest di Monaco, richiamando persone e gruppi da tutto il mondo.



Insieme a ParTot, per alcuni anni il Comune di Bologna aveva dato via ad altre iniziative culturali legate alla danza, come la Giornata Internazionale della Danza celebrata sulle strade e nelle piazze della città. Penso che erano gli anni del sindaco Cofferati. Invece negli ultimi anni, mi sembra che la città ha privilegiato eventi musicali.

Danza e il Sacro

Qualche anno fa, ero a Kannur, nel nord del Kerala nel sud dell'India. Un giorno andai a vedere la celebrazione di Theyam in un villaggio. Theyam è un evento di preghiera annuale organizzato dalle famiglie benestanti di questa zona. L'evento è organizzato dentro il bosco sacro della famiglia - un pezzo di terreno considerato sacro, spesso vicino ad un fiume o un laghetto, dove le famiglie hanno un piccolo tempio privato e dove è vietato tagliare gli alberi. La celebrazione dura 2-3 giorni e va avanti senza interruzioni, durante il quale un gruppo di persone vestono i panni di diversi dei indù, danzano davanti al tempio e benedicono le persone e le famiglie.



Tutti sono benvenuti alla celebrazione di Theyam. Spesso folle di persone dai villaggi circonstanti arrivano alla celebrazione per venerare i dei e guardare le loro danze sacre.

Questo è solo uno degli esempi del legame tra la danza e il sacro in induismo. Molte danze classiche dell'India - Kathakkali, Bharatnatyam, Mohiniattam e Odishi, sono legate ai templi e agli specifici momenti religiosi, anche se sempre più spesso, è possibile vederli come spettacoli fuori dai contesti religiosi.

Conclusioni

Mi piacciono tutti i tipi di danze. Amo sentire il ritmo dei tamburi e ammirare i danzatori. Sento un po' di invidia per loro perché non sono capace di lasciarmi andare in pubblico e mi sento goffo. Forse per questo sono così affascinato da loro! Spero che vi sia piaciuto questo piccolo viaggio nel mondo della danza.



lunedì 10 agosto 2020

Per Salvare i Bambini

Qualche giorno fa rimasi esterrefatto dalla pubblicità in tv di un’associazione che si occupa dell’infanzia nel mondo. Si vedevano immagini dei bambini africani piccoli gravemente malati e denutriti mentre una voce parlava della siccità nel loro Paese e chiedeva contributi per portare aiuto a queste popolazioni.

Conosco il mondo delle associazioni di volontariato, in Italia e a livello internazionale, da circa 35 anni. Per circa tre decenni ho lavorato con AIFO, un’associazione nazionale con sede a Bologna. Per cui ho seguito da vicino i dibattiti sulle esigenze della raccolta fondi e il diritto di rispettare la dignità delle persone e delle popolazioni con le quali lavoriamo.



Voglio parlarvi di questi dibattiti e delle scelte fatte da alcune associazioni di volontariato in Italia sull’uso della pubblicità.

Persone da Salvare?

Fino a qualche decennio fa l’uso di simili immagini era considerato normale. Nella rivista e nel materiale pubblicitario di AIFO spesso si usavano immagini dei malati di lebbra con gravi disabilità. Io sentivo un senso di fastidio quando guardavo quella pubblicità. Da una parte, parlavamo della solidarietà e della carità, dei diritti umani e della dignità delle persone e poi usavamo le immagini più brutte che potevamo perché avrebbero fatto colpo sui potenziali donatori e avrebbero aumentato le donazioni.

Almeno in parte, il mio senso di fastidio era dovuto anche al fatto che mi sentivo colpito in prima persona, perché l’India era il Paese con il più alto numero dei malati di lebbra e spesso quelle immagini riguardavano l’India. È vero che l’India aveva molti milioni di poveri; e nonostante il grande progresso di queste ultime decadi tutt’ora ne ha, anche se meno di prima. Ma vi era qualcosa fra i nostri proclami e quella pubblicità che stonava.

Primi Dibattiti sull’Uso della Pubblicità

Penso che le prime discussioni serie sulle immagini e sui messaggi nelle associazioni umanitarie siano iniziate negli anni della grande crisi in Corno d’Africa. La grave siccità in Etiopia intorno al 1984-85 aveva visto migliaia di foto simili nei giornali e telegiornali di tutto il mondo. Forse vi ricorderete la terribile fotografia del bimbo morente con l’avvoltoio in attesa seduto dietro, l’emblema di una tragedia che scosse il mondo.

Quelle immagini avevano fatto nascere molte discussioni, non solo dentro le associazioni ma anche nelle nostre piattaforme comuni. Negli anni Novanta avevo partecipato in molte discussioni anche nelle federazioni europee e internazionali. In alcune discussioni parteciparono anche i rappresentanti dei “beneficiari” degli interventi e delle associazioni di volontariato nei Paesi meno sviluppati, i quali fecero presente che quel tipo di pubblicità era contro la dignità delle persone e a volte vanificava i risultati dei nostri interventi. Per esempio: da una parte lamentavamo i pregiudizi e promuovevamo interventi di sensibilizzazione, dall’altra parte – con immagini e messaggi – fomentavamo gli stessi stereotipi.

Risultato di Quelle Discussioni

Eravamo giunti alla conclusione che l’uso di simili immagini e messaggi era in contrasto con i nostri obiettivi. In AIFO e nelle diverse associazioni internazionali che lottano contro la lebbra decidemmo di non usare più foto “forti” di persone con gravi disabilità. Infatti sono circa 20 anni che in AIFO non si utilizzano e qualche volta – quando ho voluto usarne una per illustrare le disabilità e le complicazioni che possono insorgere se le persone non vengono curate in tempo – ho dovuto limitarmi alle immagini “soft”.

Per quanto riguarda i minori nel 1989 è arrivata la Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini. L’articolo 16 di questa Convenzione riguarda il rispetto della privacy. L’articolo 34 chiede ai governi di proteggere i bambini dallo sfruttamento mentre l’art. 36 demanda ai governi di salvaguardare i bambini da tutto ciò che li danneggia. Infine l’articolo 39: i bambini che hanno sofferto diverse forme di violenza e negligenza dovrebbero essere aiutati a recuperare la loro salute, la dignità e l’autostima.

In Italia la firma della Convenzione aveva innescato molte discussioni. Infatti, La Carta di Treviso era stata firmata il 5 ottobre 1990, per l’iniziativa della Federazione Nazionale della stampa, dell’Ordine dei Giornalisti e di “Telefono Azzurro”. La Carta di Treviso regolamenta il rapporto fra due diritti-doveri costituzionalmente garantiti: esercitare la libertà di informazione e proteggere un cittadino al di sotto dei 18 anni nel suo sviluppo, garantendo una corretta formazione.

Nel 2006 a livello europeo la confederazione delle associazioni umanitarie CONCORD ha deciso un Codice di Condotta sulle Immagini e sui Messaggi nelle strategie di comunicazione pubblica. Questo Codice chiede che la scelta delle immagini e dei messaggi rispetti 3 princìpi fondamentali: la dignità delle persone coinvolte, l’uguaglianza di tutti i popoli e il bisogno di promuovere un trattamento equo, solidarietà e giustizia.

Pubblicità sui Bambini Gravemente Malati

Questa pubblicità è di Save the Children Fund (SCF) Italia. Devo dire che durante i miei anni di lavoro in AIFO più volte ho collaborato con la SCF inglese e ho appreso molto da loro, per esempio nel campo dell’educazione inclusiva. Ho ammirato la dedizione e impegno di diversi colleghi che lavorano per la SCF. So anche che SCF era uno dei motori dietro l’approvazione della Convenzione sui diritti dei bambini. Forse è per questo che vedere quella pubblicità, secondo me contraria ai princìpi fondamentali che segue SCF, mi ha così turbato.

Nei telegiornali spesso vedo che i volti dei minorenni sono resi sfuocati e invisibili, ma quelle misure valgono soltanto per gli italiani. I bambini africani nella pubblicità di SCF Italia non hanno simili diritti? Anche se un simile uso delle immagini dei bambini può essere legale perché l’opinione pubblica non condanna questo tipo di sfruttamento?

Il Garante per i diritti dei minori cosa dice di questa pubblicità? Nel 2017 un gruppo di lavoro guidato dall’Autorità garante per l’infanzia e adolescenza aveva elaborato un documento sulla tutela dei minorenni nel mondo della comunicazione. Questa tutela copre anche i bambini africani usati nella pubblicità?

All’inizio pensavo che soltanto SCF-Italia adottasse questo tipo di strategie per la raccolta dei fondi ma una ricerca su internet ha fatto emergere simili preoccupazioni anche in altri Paesi. Per esempio un articolo uscito nel 2015 dal titolo “A quale punto la pubblicità per la raccolta fondi supera i limiti?” parlava di simili preoccupazioni riguardo la pubblicità di SCF inglese e chiedeva se «la porno-povertà era tornata». L’articolo prendeva atto che «le immagini che sfruttano i poveri stanno tornando nelle campagne di raccolta fondi».

Conclusioni

Il mondo delle associazioni di volontariato italiane era molto ricco e aveva le radici nelle comunità locali. Insieme a centinaia di gruppi parrocchiali, le associazioni come Mani Tese, Cuamm-Medici con l'Africa e AIFO avevano molte offerte e progetti. Negli ultimi 10-15 anni, gradualmente questo mondo è andato in crisi con un calo delle offerte. Molte piccole associazioni umanitarie hanno dovuto chiudere.

Non è successo solo in Italia ma in tutta l’Europa. Forse per questo alcune associazioni europee e americane più forti sono diventate internazionali e hanno aperto i loro uffici in diversi Paesi. Questi hanno più risorse e possono organizzare campagne di comunicazione molto efficaci per la raccolta dei fondi. Save the Children Fund è tra queste. Forse è l’unico modo per loro di continuare a portare avanti le loro attività?

Devo dire che è deprimente dopo tutte le discussioni, convenzioni e linee guida, tornare a dove eravamo partiti!

domenica 14 aprile 2019

Ricerca Emancipatoria

Il 5-6 aprile 2019, ero a Milano al convegno “Essere Persona: La Disabilità nel Mondo” organizzato da AIFO, OVCI e Fondazione Don Gnocchi. In questo convegno ho parlato sul tema “Ricerca Emancipatoria ed Effetti Politici: barriere, discriminazione ed empowerment”.

La ricerca emancipatoria è un approccio innovativo e potrebbe essere di interesse per quanti operano a favore dei gruppi vulnerabili. Per questo motivo, in questo post presento alcuni punti della mia presentazione.

Tipologie di Ricerche

Quando si usa la parola “ricerca”, pensiamo subito ai laboratori e agli scienziati che svolgono delle attività complicate, difficili da capire. Di solito queste sono le “Ricerche Scientifiche”, dove i ricercatori devono mantenere un certo distacco da quello che studiano, per arrivare alle loro conclusioni in maniera neutra.

In campo sociologico, vi sono le “Ricerche Partecipatorie”, dove i ricercatori non sono distaccati dai loro soggetti. Anzi, in queste ricerche, i ricercatori coinvolgono e lavorano insieme alle comunità. Le idee del pedagogista e pensatore brasiliano, Paulo Freire, hanno influenzato lo sviluppo di questa metodologia.

Invece nella “Ricerca Emancipatoria”, sono le comunità stesse in prima persona a svolgere la ricerca. Il concetto di questa metodologia era stato proposto nel 1990 da Mike Oliver, un ricercatore e attivista inglese per i diritti delle persone con disabilità.

Ricerca Emancipatoria sulla Disabilità (RED)

Nella RED, le persone con disabilità sono formate come ricercatori e assistite dagli esperti per svolgere la ricerca. Loro ragionano sui propri problemi che vogliono approfondire e decidono la metodologia di raccolta di informazioni. Sono sempre loro che ragionano sulle informazioni raccolte, e ne traggono le conclusioni. Ciò significa che in una ricerca emancipatoria, le persone con disabilità hanno il potere decisionale su tutti gli aspetti della ricerca.

RED hanno bisogno degli esperti (compreso academici, specialisti, pedagogisti, e rappresentanti delle DPO) – essi hanno il compito di sostenere le diverse fasi della ricerca.

Le RED sono basate sul modello sociale della disabilità e seguono i principi della Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD).

Realizzare RED

La metodologia della ricerca emancipatoria può essere utilizzata con tutti i gruppi vulnerabili, anche se la mia esperienza personale è focalizzata soprattutto sul tema della disabilità.

Verso la metà degli anni 1990, i primi progetti di RED sono stati realizzati da persone con disabilità che studiavano nelle università inglesi. Da allora, il concetto è stato adottato da altri e sperimentato in diversi paesi sviluppati. Alcuni ricercatori di RED, che studiavano nelle università occidentali, sono andati nei paesi in via di sviluppo per svolgere le loro ricerche in collaborazione con le comunità locali.

Invece sono state rare le esperienze di RED, sviluppate e sperimentate interamente nei paesi meno sviluppati. Tra le organizzazioni impegnate nella cooperazione internazionale, AIFO ha colto l’innovazione di questa metodologia ed ha cercato di sperimentarla nei suoi progetti.

Nei progetti AIFO, tra il 2009-2019, sono state realizzate 7 iniziative di RED. Voglio presentare brevemente 6 di queste iniziative, nelle quali ero coinvolto, realizzate in India, Palestina, Italia, Liberia e Mongolia.

RED – SPARK, India (2010)

Il progetto aveva identificato e formato come ricercatori 16 persone disabili (8 donne e 8 uomini). Altre 8 persone disabili erano state formate per svolgere il ruolo di facilitatori durante le riunioni. Tra questi 24 individui, vi erano persone con diversi tipi di disabilità compreso quelle intellettuali, quelle dovute alla lebbra e quelle legate alle malattie mentali. Qualcuno di loro aveva frequentato l’università mentre alcuni di loro erano analfabeti. Rappresentavano vari gruppi di età.

I ricercatori avevano identificato 16 temi prioritari e poi organizzato incontri residenziali di 4 giorni su ciascun tema. Su alcuni temi, vi erano riunioni separate degli uomini e delle donne. Circa 350 persone con disabilità avevano partecipato alle riunioni residenziali e complessivamente la ricerca aveva coinvolto circa 3000 persone.



La foto sopra presenta i ricercatori con alcuni membri del gruppo degli esperti, che comprendevano ricercatori academici, specialisti e rappresentanti delle DPO. Nella foto c’è anche il dott. Enrico Pupulin, ex-responsabile del reparto di Disabilità e Riabilitazione dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), il quale ha dato un grande contributo allo sviluppo della metodologia di Riabilitazione su Base Comunitaria ed è stato uno dei primi sostenitori della RED.

RED – Bidar, India (2013)

Era focalizzata sul tema della violenza subita dalle persone con disabilità. Tra i ricercatori, vi erano diverse persone con personali esperienze di violenza.

Questa ricerca aveva riscontrato diversi problemi. Anzitutto, aveva i tempi molto stretti e non vi era sufficiente tempo per il follow-up. Dall’altra parte, la ricerca aveva fatto emergere una situazione grave e diffusa di violenze subite dalle persone con disabilità, con poche possibilità di trovare un sostegno nelle famiglie e nelle comunità. La situazione richiedeva tempo e risorse per rispondere ai bisogni emersi, in collaborazione con le altre organizzazioni presenti sul territorio.

Inoltre, la parte quantitativa della ricerca con le sue analisi statistiche era troppo difficile da capire per i ricercatori.

La foto sopra presenta un momento durante la formazione dei ricercatori mentre essi esercitavano le tecniche di fare le domande durante le interviste. “Role Play”, ciò è, i giochi di ruolo, sono una parte fondamentale della formazione dei ricercatori.

RED – Gaza, Palestina (2014)

Ero coinvolto soltanto nella prima fase di questa ricerca, soprattutto nella formazione delle ricercatrici. Questa era la mia unica esperienza di RED che coinvolgeva soltanto le donne con disabilità.

Il gruppo delle ricercatrici comprendeva 4 donne sorde (che si vedono nella foto sotto), che è uno dei gruppi difficili da coinvolgere in una RED perché devono essere accompagnate da persone che possono capire e tradurre il linguaggio dei segni, spesso difficili da trovare nelle aree rurali dei paesi meno sviluppati. In questo caso, il progetto era riuscito a garantire il sostegno dei traduttori.



Questa ricerca aveva evidenziato come le barriere legate alle disabilità si sommavano alle barriere imposte dalla difficile situazione politica e sociale in Palestina.

RED – Ponte San Niccolò, Italia (2016-17)

Questa ricerca riguardava le persone anziane che vivono nel comune di Ponte San Niccolò alle porte di Padova nel nord-est di Italia, ed è stata la mia unica esperienza di RED che non si limitava al tema della disabilità ma aveva un focus più ampio.

Questa ricerca coinvolgeva diversi esperti dell’Università di Padova e dopo una fase iniziale svolta dalle persone anziane, era stata allargata ad uno studio quantitativo più approfondito sulla situazione degli anziani, svolto da volontari appositamente formati.

Per questo motivo, il ruolo delle persone anziane coinvolte nella ricerca era limitato solo alle prime fasi dell’indagine e da un’iniziativa RED, si era trasformata in una ricerca scientifica.

RED – Mongolia (2018)

Questa ricerca è tutt’ora in corso. La ricerca coinvolge circa 35 persone giovani con disabilità, tutti abitanti della capitale Ulaanbaatar, che sono stati formati come ricercatori. Tra loro vi sono molte persone con disabilità gravi compreso una persona con tetraplegia e un gruppetto di persone con paralisi cerebrale. In generale, loro hanno un livello alto di istruzione, compreso alcune persone con un dottorato.

Il progetto è limitato alle aree urbane. Durante l’approfondimento su alcuni temi, qualche ricercatore ha voluto affrontare anche gli aspetti quantitativi. Un altro aspetto innovativo di questa ricerca è la presenza di alcuni funzionari governativi e alcuni quadri delle DPO come ricercatori - anche se all’interno del gruppo, loro sono presenti in veste individuale e non come rappresentanti delle istituzioni. Sarà interessante valutare l’impatto di questa presenza istituzionale in una RED.



La foto sopra presenta il gruppo degli esperti, dominata dalle donne, che sostiene questa ricerca e che comprende alcuni academici, alcuni funzionari governativi, qualche specialista e qualche rappresentante delle DPO.

RED – Liberia (2018)

Anche questo progetto è tutt’ora in corso e dovrebbe concludere nel 2020. La ricerca svolge in 3 distretti rurali del paese e comprende alcune zone con grandi difficoltà logistiche. Il gruppo di ricercatori è piccolo (12 persone, 75% maschi) e molti di loro rappresentano un basso livello socioeconomico con poca istruzione.

La Liberia ha affrontato lunghi anni di guerra civile finita 15 anni fa e una grave epidemia di Ebola tra 2014-16. Entrambi questi eventi continuano avere i loro riflessi sulla vita delle persone del paese e influiscono anche sulla ricerca.



Le persone scelte come ricercatori, sono soprattutto persone con disabilità fisiche mentre le altre disabilità sono poco rappresentate. Nelle prime indagini condotte da questi ricercatori, si evidenziano molte difficoltà sia per la raccolta di informazioni che per capire il ruolo dei ricercatori.

Mongolia e Liberia

In confronto ai ricercatori in Mongolia, il gruppo Liberiano parte con molti più svantaggi e barriere, anche se i suoi ricercatori hanno disabilità meno gravi.

Le informazioni raccolte, il livello di discussioni e le strategie proposte per superare le barriere identificate, sono molto diverse nelle ricerche in corso nei due Paesi.

Nonostante tutte le differenze, penso che ciascuna ricerca, in modo suo, innesca significativi processi di empowerment tra i partecipanti. Queste differenze sono la ricchezza della RED ed è importante riconoscere e valorizzare queste differenze per cogliere i cambiamenti che queste ricerche possono portare.

Gli obiettivi di una ricerca emancipatoria sono scelti dai ricercatori. Se i ricercatori hanno un basso livello di istruzione e vivono nei paesi con poche infrastrutture e servizi, i loro obiettivi, le loro capacità di raccogliere informazioni e le loro strategie proposte per superare le barriere, saranno diverse da quando i ricercatori sono persone istruite e vivono nei paesi più sviluppati.
Informazioni Raccolte Nelle RED

In generale, le ricerche emancipatorie focalizzano sulle informazioni qualitative. La metodologia RED non è adatta alle indagini quantitative. Come spiegato sopra, in qualche ricerca vi sono individui con capacità di lavorare anche sui dati quantitativi, ma difficilmente i gruppi riescono a ragionare sopra e capire il significato di questi dati.

Spesso gli esperti sono delusi quando guardano le informazioni raccolte in una RED, soprattutto nelle fasi iniziali. Invece con tempo, la qualità delle informazioni raccolte migliora, e si vedono i collegamenti tra le caratteristiche specifiche sociali e culturali delle persone e le barriere che essi incontrano.

Oltre alla raccolta delle informazioni in maniera sistematica, l’obiettivo della RED è di promuovere riflessioni sul significato di quelle informazioni tra i ricercatori e le comunità. Loro ragionano su che cosa possono fare per superare le difficoltà identificate. Sono queste riflessioni che promuovono l’empowerment delle persone e spesso stimolano la nascita di azioni comunitarie. In questo senso, una ricerca emancipatoria, spesso diventa una “ricerca azione”, anche se è difficile prevedere o programmare le azioni che potrà far scaturire.

Difficoltà di Realizzare una RED

Spesso le iniziative di RED sono parte di programmi più ampi. Il personale di questi programmi e gli esperti che sostengono la ricerca, possono avere delle aspettative non realistiche verso il suo processo. Inoltre, spesso questi non capiscono la gradualità dei cambiamenti e qualche volta intervengono con troppa forza, interrompendo il processo.

L’obiettivo principale di RED è di promuovere l’empowerment delle persone ma non sappiamo come misurare questo empowerment. Alcune metodologie sono state proposte per misurare l’empowerment, per esempio, dalla Banca Mondiale, ma esse sono difficili da applicare nel contesto di RED. A livello aneddotico, possiamo avere molte storie raccontate dalle persone coinvolte nella RED che testimoniano il loro empowerment, ma queste storie non sono sufficienti come indicatori.

Un’altra difficoltà riguarda l’identificazione della persona che dovrebbe documentare tutto il processo della ricerca. Per svolgere questo lavoro, idealmente abbiamo bisogno di qualcuno istruito e capace, che può ascoltare i ricercatori con empatia senza cercare di influenzarli o di dominarli – e questo è difficile.

Le discussioni durante le riunioni formali di RED sono una piccola parte del suo processo. Quando parte il processo di ricerca, vi può essere una grande vivacità di discussioni e attività tra i ricercatori e tra loro e le comunità, ma tutto questo avviene fuori dalle riunioni formali e non sempre i responsabili della documentazione hanno la possibilità di raccogliere queste informazioni.

In fine, le discussioni e le interviste sul territorio avvengono nelle lingue locali. Nelle riunioni formali, i tempi sono limitati e spesso i ricercatori non sanno esprimersi bene. Alcune parole e concetti delle lingue locali sono difficili da tradurre. Tutte queste difficoltà creano barriere per la raccolta di queste informazioni nei rapporti.

Per esempio, in un progetto di RED in India, i ricercatori avevano raccolto 18 ore di testimonianze video delle persone dei villaggi. La maggior parte di queste testimonianze erano nei vari dialetti della lingua locale, che variano secondo i villaggi. I traduttori basati nelle città non erano in grado di capirli. Per la loro trascrizione bisognava girare nei villaggi e parlare con le persone locali, il che richiedeva tempo e risorse. Per cui non è stato possibile utilizzare queste testimonianze per documentare la ricerca.
Conclusioni

La ricerca emancipatoria non può sostituire le ricerche tradizionali, ma essa può fornire informazioni che sono difficili da raccogliere in altri tipi di ricerche. Nei programmi comunitari, questo approccio alla ricerca può promuovere la partecipazione e inclusione dei gruppi vulnerabili, e allo stesso momento, può stimolare l’avvio di diverse attività da parte dei gruppi emarginati per contrastare la propria esclusione.

Ricerca emancipatoria può essere realizzata soltanto come un’attività inserita dentro un programma comunitario più ampio, perché richiede la piena partecipazione della comunità. Essa deve essere vista come un processo e ha i suoi tempi di realizzazione.

RED può fornire informazioni specifiche legate al contesto e alla cultura locale delle persone, difficili da raccogliere altrimenti, e promuove empowerment delle persone disabili coinvolte nella ricerca.

La metodologia della RED è nuova e ha bisogno di essere sperimentato. Diversi aspetti della RED, come per esempio, la misurazione dell’empowerment, hanno bisogno di essere definiti.

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