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martedì 29 luglio 2008

Amitav Ghosh sulla Birmania

In India è uscito il nuovo libro di Amitav Ghosh, The Sea of Poppies (Il mare dei papaveri). Ne avevo già parlato poco tempo fa. Dopo pochi giorni ho scelto di tornare a parlare di Ghosh, anche perché è tra i miei scrittori preferiti.

In occasione dell'uscita del suo nuovo libro, Rediff.com ha pubblicato un’intervista molto interessante con Ghosh, fatta da Bijoy Venugopal. Se conoscete l’inglese e vi piace Amitav Ghosh, vi consiglio di leggere questa intervista.

Come sempre, Ghosh è schietto e chiaro, non cerca di nascondersi dietro i giri di parole. Il libro riguarda il commercio dell’oppio dell’impero inglese. Secondo lo scrittore, questo commercio di droga, prodotta in India e venduta in Cina, ha costruito la base della ricchezza dell’impero inglese del diciannovesimo secolo.


Qui presento un estratto di quest’intervista di Ghosh dove lui parla della situazione nella Birmania, perché è una posizione che quasi non si sente mai in Europa:
“Uno dei problemi reali della Birmania è che è diventata una fronte per il confronto dei poteri tra il Cina e gli Stati Uniti. Spesso le persone con intenzioni buone diventano parte di questo confronto, che mira soltanto al cambiamento del regime.
Ero rimasto scioccato dall’impatto del ciclone Nargis nella Birmania. Ma ero ugualmente scioccato dal modo in cui i media americane parlavano di questo in un modo puramente politicizzato – non riguardava le persone che morivano; riguardava il regime. E’ molto cinico usare una tragedia umana per promuovere un obiettivo politico.
Penso che dobbiamo preoccupare per la Birmania, ma è importante riconoscere che un cambiamento improvviso e catastrofico in Birmania sarà un disastro non solo per il popolo Birmano ma anche per altri nella regione. Non penso che qualcuno di noi lo vorrebbe.
La Birmania è una pentola in ebollizione – non dobbiamo dimenticare che ha avuto 16 guerre civili etniche. L’attuale situazione della Birmania è dovuta quelli disturbi. Quello che vorremmo per la Birmania è un cambiamento graduale dove Aung San Suu Kyi potrà assumere la guida del governo. Ciò non è qualcosa che vorresti all’improvviso o in una notte.
Quando leggo alcune dichiarazioni europee e americane, penso che non pensano per il bene del popolo birmano. Vogliono soltanto realizzare i propri progetti politici in Birmania. Era così anche in Iraq, dove si è deciso di fare uno sperimento politico nella quale le vite dei cittadini iracheni sono state sacrificate.
Trovo rivoltanti le prediche di Laura Bush al governo birmano riguardo ai morti dovuti al ciclone. Dove era lei, quando era arrivato il ciclone Katrina a New Orleans? Ma aveva sentito un po’ di pietà umana per la tragedia nazionale? Perché non è andata ad aiutare le persone colpite a New Orleans? Ancora oggi centinaia di persone restano senza i loro beni a New Orleans. All’improvviso, è così interessata alla situazione in Birmania, non vi fa venire un sospetto?”
Chiaramente, la posizione di Ghosh riguardo al cambiamento in Birmania è di cauzione e lui paragona la situazione in Birmania alla situazione in Iraq ai tempi di Saddam Hussein.

Ghosh conosce bene la Birmania. Ha già scritto più volte di suoi viaggi nella Birmania e di suoi incontri con la sig.ra Aung San Suu Kyi. Uno di suoi libri, “Il Palazzo degli Specchi” (ed. Neri Pozza, 2007) era ambientato nella Birmania. Consiglio vivamente anche suo libro, “Circostanze incendiare” (Neri Pozza, 2005), dove troverete i suoi articoli sulla Birmania.
Ho letto le recensioni del nuovo libro di Anita Nair (Goodnight and Godbless) e dicono che sia il suo migliore libro. Ho sentito bene anche di due altri libri scritti da scrittori indiani, Salman Rushdie e Jhumpa Lahiri. Spero che tutti questi libri uscirono presto anche nella versione italiana!

mercoledì 4 giugno 2008

La Camera Della Musica

E’ il miglior libro che ho letto quest anno. “The Music Room” di Namita Devi Dayal (Random House, India, 2007). I giudizi come “il migliore libro” sono molto soggettivi. Perché ci piace un libro? Forse quando riesce a evocare forte emozioni?

Avevo iniziato a leggere The Music Room, durante il mio viaggio a Ginevra. Accanto a me avevo due persone che parlavano continuamente. Quando non parlavano tra loro, parlavano al telefono. Con la voce alta. All’inizio sentivo questo senso di irritazione che mi viene quando penso che persone sono poco educate e non riuscivo a concentrare a quello che leggevo. Invece ci è voluto poco e ho dimenticato completamente i due chiacchieroni, emerso nella lettura. Ho finito il libro poco prima che siamo arrivati a Ginevra.


E’ un libro difficile da classificare. E’ in parte una auto-biografia della scrittrice, in parte è la storia di Dhondhutai, la sua insegnante di musica, in parte è la storia degli insegnanti di Dhondhutai e in parte un saggio sulla musica classica indiana.

Quando si parla di musica classica indiana, persone con un minimo di cultura musicale conoscono il sitar ed i nomi come quello di Ravi Shanker, ma sono pochi che conoscono la musica vocale classica, che si può paragonare all’opera ma forse somiglia di più alla musica sinfonica perché usa la voce come uno strumento musicale e non per cantare parole. Questa musica vocale indiana può essere suddivisa grossolanamente in due filoni principali, Hindustani ciò è la musica del nord, e Carnatak, la musica del sud dell’India. La musica Carnatak è l’antico sistema di canto indiano mentre il sistema Hindustani è la musica influenzata dall’incontro con i sistemi musicali persiani e arabi.

Anche in India non sono in molti che capiscono e apprezzano la musica Hindustani o Carnatak. Mentre nella musica sinfonica occidentale è relativamente facile identificare un ritmo e una melodia, apprezzare la musica classica indiana richiede maggiori sforzi. Il sistema musicale indiano è basato sulle 7 note come il sistema occidentale, ma il sistema indiano usa anche le ottave delle note, il che significa che la variazione tra le note è minore e bisogna ascoltarlo con maggior attenzione. Questa musica indiana è organizzata in Raga, ogni raga è regolato dalle norme sulle note, mezze note e ottavo delle note che si possano usare.

Le sinfonie occidentali sono scritte e i musicisti sono richiamati a rispettare le note scritte in maniera scrupolosa. Dall’altra parte i raga non hanno la musica scritta. Il musicista deve rispettare le regole del raga ma dentro quelle norme è libero di improvvisare e sviluppare la melodia come vuole. Ogni presentazione del raga si inizia con una fase lenta ed esplorativa delle note che si possono usare in quel raga, durante la quale si usano soltanto le note musicali indiane (sa, re, ga, ma, pa, dha, ni) senza parole. Nella fase conclusiva del raga si usano parole che esprimono le emozioni di quel raga.

Da bambino non mi piaceva la musica classica indiana, pensavo che era fatta di lamenti continui, ripetitiva e noiosa. Poi un mio zio mi fece ascoltare alcune bhajan cantate da Kumar Gandharav basate sulla musica classica indiana e iniziai a ascoltare la musica con maggiore attenzione ed a apprezzarla. All’università dove insegnava mia zia spesso venivano i cantanti della musica classica per promuovere questa musica tra gli studenti e iniziai ad andare a ascoltarli. Scoprì l’estasi quando ascoltai la cantante Prabha Atre (che potete ascoltare su Music India Online ).

Leggere il libro di Namita Devi Dayal era una riscoperta di questi ricordi. Non avevo mai pensato alla vita di questi artisti che continuano a seguire la loro musica come una preghiera anche senza un guadagno dignitoso.

Dhondutai, l’insegnante di musica di Namita e l’eroina del libro è una signora oggi oltre settantacinquenne. Namita racconta il suo primo incontro la sua insegnante 20 ani fa quando lei aveva 8 anni e Dhondhutai ne aveva più di cinquanta. Allora Dhondhutai viveva in una piccola camera in affitto insieme alla vecchia madre e per sopravvivere dava lezioni di musica. Poco alla volta Namita scopre che la sua semplice insegnante che vive nella povertà è uno degli ultimi artisti di una tradizione musicale importante per la musica classica indiana.

Dhondutai non vuole essere registrata, non vuole i dischi, chiede soltanto persone che ascoltano la sua arte con attenzione e dignità e cerca uno studente che è pronto a sacrificare la sua vita per la musica.

Il libro è anche la storia di cantanti indù e musulmani che si mescolano fede e musica in un modo che l’India deve sapere a valorizzare e insegnare al mondo, sempre più diviso con i muri e con gli scontri delle civiltà.

Spero che il libro sarà tradotto in italiano e anche se non si capisce la musica classica indiana, penso che riuscirete a apprezzare questo mondo che scompare, sotto assedio dalla globalizzazione e dal mondo frenetico di oggi. Non potete sentire la voce di Dhondutai, ma potete sentire la voce di Kesarbai Kerker, uno dei personaggi del libro, nell’unica registrazione si era concessa sul sito di Music India online.

domenica 18 maggio 2008

Nuovo libro di Amtav Ghosh

La rivista indiana Outlook ha pubblicato un lungo estratto del nuovo libro di Amitav Ghosh, "The Sea of Poppies" (Il mare dei pappaveri) che uscirà prossimamente.

Mi piace molto Amitav Ghosh, penso che sia tra i più importanti scrittori di oggi. Il suo ultimo libro, "Il Paese delle Maree" era bello non solo per la trama e ma anche per la sua ambientazione in una terra poco conosciuta tra le isole nel delta del fiume Gange e la baia del Bengala e per le descrizioni dei delfini che vivono in quella zona, tutti elementi mescolati in maniera sapiente che informa, provoca e diverte allo stesso momento.



Il suo nuovo libro è la prima parte di una nuova trilogia ed è ambientato nell'India del 18° secolo nei campi di pappaveri nel nord dell'India e tocca il viaggio di alcune persone dall'India verso le isole Mauritius. Come tutti i suoi lavori, questo libro ha richiesto lunghe accurate ricerche.



Deepti, la moglie di Hukum Singh un uomo drogato di oppio e madre di una bambina Kabutri e Raja Neel Rattana, un nobile senza soldi, sono alcuni dei personaggi di questo nuovo libro di Amitav Ghosh, presentati nel estratto uscito su Outlook. L'estratto mi è piacuto molto e non vedo l'ora che esce questo libro anche in Italia.

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