venerdì 11 aprile 2008

Danza Indiana Kathakali

Domenica 13 aprile 2008, nell'ambito dell'Human Rights Nights, il festival di cinema sui diritti umani, vi sarà un pomeriggio dedicato ai film, alla musica e alla cultura del sud asia. Il programma prevede anche lo spettacolo di danza Kathakali intitolato "Hanuman". Questa danza sarà presentata da Mario Barzaghi del Teatro dell'Albero.

Anche vestirsi e truccarsi per la danza Kathakali è uno spettacolo molto suggestivo. Potete assistere alla preparazione della danza presso Sesto Senso, Via Petroni 9, Bologna dalle 15,30 in poi. La danza invece sarà presentata in Vicolo Bolognetti 2, la sede del quartiere San Vitale più tardi.




Per gustare e capire questa danza, ecco alcune informazioni fornite da Mario Barzaghi:

Kathakali significa letteralmente: "raccontare storie", ed il frammento che vedrete è tratto dal "Kalyana Saugandikam: la ricerca del fiore meraviglioso". Uno spettacolo di Kathakali dura un'intera notte, inizia al calare del sole e termina all'alba. La storia da cui è stato tratto il frammento dura circa quattro ore.

In India esistono diversi teatri-danza classici, il Kathakali è fra questi, uno dei più importanti e conosciuti. Reso famoso, stimato e rispettato in occidente, soprattutto per il rigore e la precisione del suo allenamento, il
Kathakali è una grande macchina teatrale che attraverso uno studio pratico, (dai sei agli otto anni), mette in-forma gli attori-danzatori.


La forma classica attuale risale al 16° secolo, periodo nel quale i Maharaja diedero un grande impulso a quest'arte sacra. Il Kathakali, teatro epico per eccellenza, mette in scena l'epopea indiana, le storie sono tratte dal Mahabaratha e dal Ramayana. Nel kathakali non esiste nessuna separazione fra teatro e danza, il corpo dell'attore è impegnato su vari livelli, i piedi: danzano la storia, le mani: traducono il testo poetico attraverso un alfabeto molto elaborato basato su 24 segni o Mudra , il volto: attraverso 9 espressioni di base ed un grande controllo dei muscoli facciali, permette di seguire lo svolgimento drammaturgico della storia.

Mario Barzaghi con il Teatro dell'Albero ha iniziato un percorso che oscilla tra la filologia della tradizione e l'apertura di un dialogo, la creazione di un ponte verso l'occidente. Ha iniziato a praticare il Kathakali nel 1981, è allievo del Maestro Kalamandalam K.M. John. Dicevamo che Kathakali significa raccontare storie, allora spieghiamo di quale storia si tratti.

Hanuman,il Re delle scimmie,(figlio del vento e figlio di una regina scimmia), si trova nella foresta in profonda meditazione. All'improvviso qualcosa lo disturba, controlla a sinistra, a destra, pensa: "Che succede, per quale motivo la mia mente vacilla?". Hanuman decide, seguendo i dettami dello yoga, di eseguire un linfodrenaggio per pulire i vasi linfatici ed avere così una meditazione più profonda. Quello che prima era un piccolo disturbo si trasforma in una esplosione: "Cos'è questa esplosione che rompe i timpani delle mie orecchie?"

Segue una coreografia quadrata attorno allo sgabello, che sta ad indicare un cambiamento di spazio e di tempo, o a rendere visibile il pensiero del personaggio. "Cos'è questo fragore? Sono forse le montagne che si stanno scontrando?".

"No! Non è possibile. Molto tempo fa, Indra, con la sua spada di diamante, tagliò le ali alle montagne". Dovete sapere che, molto tempo fa, le montagne avevano le ali: un giorno, Indra ,(il capo degli DEI), stanco del traffico celeste, decise di porre fine a tutti gli incidenti tagliando le ali alle montagne e fissandole definitivamente al suolo. Hanuman ci mostra, diventando Indra, quello che è successo moltissimi anni fa: coreografia quadrata, punto di vista, taglio delle ali: "fine del traffico celeste". "Se così lui ha fatto, il fragore che sento non può essere quello delle montagne". Coreografia quadrata, si dirige verso la fonte sonora: "Laggiù, un uomo enorme con la clava gli alberi.". Hanuman, ci mostra quello che vede: una sorta di Ercole indiano che entrando nella foresta sradica ed abbatte gli alberi. "Si avvicina, lui chi è? Voglio conoscerlo".

Fine della parte introduttiva dove la musica è solo percussiva, il testo poetico introdotto , viene cantato dal 1° e dal 2° cantante e tradotto simultaneamente dall'attore. Nella prima strofa Hanuman descrive l'arroganza del personaggio che si sta inoltrando nella foresta sconvolta dalla sua violenza. Seconda strofa:" persino i leoni si sono rifugiati nelle loro tane e, nervosamente, stanno nascosti".

Segue una danza pura estremamente complicata dai cambiamenti ritmici, dove l'attrazione verso il personaggio ed una inspiegabile felicità danno il sapore alla danza stessa. "Perché, per quale motivo mi sento, da lui attratto?". Hanuman mette a fuoco, cerca di capire di chi si tratta: "Ah! È Bhima, mio fratello minore, adesso metterò a dura prova la sua forza e gli insegnerò la verità".

Hanuman e Bhima sono fratellastri, figli del vento ma non della stessa madre. Bhima è uno dei 5 fratelli Pandhavas che alla fine del Mahabharata si scontreranno con i Kauravas, facendo trionfare il bene sul male. I due fratellastri non si sono mai incontrati, questo è il loro primo incontro, utilizzando i suoi poteri Hanuman si trasformerà , salendo sullo sgabello, in una vecchia e puzzolente scimmia che ostacolerà il cammino a Bhima.

Hanuman approfitterà di questo incidente per impartire una lezione morale al fratello minore: "per superare gli ostacoli della vita, devi usare la forza della mente e non la violenza".

domenica 6 aprile 2008

Salam Namaste Mela a Bologna

Il festival del cienma sui diritti umani organizzato dalla Cineteca di Bologna organizzerà una festa della musica e cultura dei paesi del sud asia - India, Bangladesh, Sri Lanka, presso il Vicolo Bolognetti 2, nel centro di Bologna, nei pressi di Piazza Aldrovandi, la prossima domenica, 13 aprile 2008 con il seguente programma:

HUMAN RIGHTS NIGHTS

presenta

SALAM NAMASTE MELA
Domenica 13 Aprile 2008


Ore 16.00 / 19.30 Vicolo Bolognetti

· HASDA NACHDA PUNJAB / Bangra Drumming
· UNGA / Musica tradizionale Sri Lanka / Bollywood
· HANUMAN: IL RE DELLE SCIMMIE / Katakhali Dance
· ASCBMBI / Musica del Bangladesh

Al Sesto Senso: Cinema Sud Asiatico, vestizione e trucco Katakhali


Ore 20.00 Vicolo Bolognetti

Punjabi Sound System: DJ Happy
Cena Indiana con Taj Mahal, India e Baba Masala



domenica 16 marzo 2008

Pasqua, holi e la primavera

La prossima settimana vi sono diverse festività per diverse religioni. Il giovedì 20 febbraio c’è il compleanno del profeta Maometto, per cui grande festa per i musulmani. Il 21 tocca i cristiani con il venerdì santo ed i parsi con il “nau roz”. Il 22 è la festa dei colori (holi) per gli indù, gianisti e sikh. Il 23 è la pasqua. Il 24 c’è il lunedì della pasqua e il 26 il “khordad sal”, il compleanno del profeta Zaruhusthra.

Tanti auguri a tutti noi di tutte le religioni. Speriamo che sia un momento di pace per tutti. Sopratutto per tutti quelli che si trovano nelle terre dove prevale la violenza.

Mi dispiace essere lontano dall’India, per non poter celebrare holi con gli amici. Qui sarà un giorno come tutti gli altri mentre in India, tutti giocheranno i colori, balleranno e canteranno insieme.

Questa mattina, quando mi sono svegliato all’improvviso ho pensato a una domanda: come mai tutte le feste cristiane seguono il calendario cristiano ma non la pasqua?

Tutte le feste che seguono altri calendari, come le feste indù che seguono il calendario vikram-samvat, sembra che cambiano la data ogni anno perché siamo abituati a ragionare soltanto con il calendario cristiano. Non le feste cristiane, che hanno le date fisse, sono sempre il 25 dicembre, 8 dicembre, e così via. Ma non la pasqua che cambia la data ogni anno. Quale calendario segue la pasqua?

L’ho chiesto a mia moglie, ma lei non mi sapeva rispondere e ha suggerito di cercare la risposta sull’internet. Ho trovato la risposta al sito di
Lunario.com. La pasqua si celebra la prima domenica dopo la prima luna piena dopo l’equinozio di primavera (21 marzo). Quest’anno equinozio di primavera e la luna piena sono allo stesso giorno, il 21 marzo e così la pasqua è la domenica successiva, il 23 marzo.

sabato 15 marzo 2008

La Coop schizofrenica?

Ieri mentre tagliavo un pomodoro, ho trovato un bollino della Coop attaccato ad essa. Incredulo sono andato a controllare tutti i pomodori che mia moglie aveva comprato. Su ogni pomodoro c’era un bollino.

Un bollino significa una piccola etichetta di 2,5 cm circa, con un pezzo di carta sulla quale è stampato il marchio Coop con il blu, verde e rosso, e una pellicola di plastica dietro con la colla adesiva. Cosa serve questa etichetta? Serve a ricordarti che è un prodotto Coop.

Poi cosa ne fai di questa etichetta? Ma che tipo di domanda è questa, è ovvio che cerchi di staccarla e buttarla via nella pattumiera. Non si mangiano queste etichette. E non hanno le vitamine.

Il nuovo numero di Consumatori Coop ha una pattumiera piena di rifiuti sulla copertina e parla di rifiuti quotidiani.

Immagino come me, tanti altri soci di Coop ci credono in una cooperativa che parla di rispetto dei consumatori, rispetto dell’ambiente, rispetto della natura. In ogni caso, con il caro prezzi che c’è, non penso che comprerò un pomodoro o una mela soltanto perché hanno il bollino di una marca. Comprerò il prodotto che da buona qualità ad un prezzo accessibile.

Allora perché la Coop spreca diversi centinaio di Euro per far confezionare questi bollini che non aggiungono niente al prodotto, ma contribuiscono alle montagne di rifiuti inutili e sicuramente non fanno bene all’ambiente?

Quello che è peggio è che a nessuno dei dirigenti della Coop frega un cazzo di questi discorsi. Provate a protestare. So già cosa vi risponderanno. “Siamo un sistema di mercato e i bollini sui prodotti Coop servono a salvaguardare il marchio dell’azienda …”

venerdì 14 marzo 2008

Le diverse facce dell’estremismo

La protesta del rabbino di Bologna contro la presenza dell’Europarlamentare Luisa Morgantini in una cerimonia che parlava delle vittime dell’olocausto, “perché parla a favore di palestinesi e contro lo stato di Israele”, mi ha fatto pensare molto.

Spesso si sentono storie di bambini abusati da genitori alcolizzati o violenti che crescono con una rabbia dentro di loro e diventati adulti, ripetono gli stessi abusi e violenze contro i propri figli. Forse le scelte del governo israeliano nelle ultime decadi seguono un po’ questa stessa storia? Se no, come si può spiegare che alcuni governanti di un popolo uscito da esperienze terribili, dall’olocausto, dalle camere di gas, delle persone chiuse dentro i ghetti, delle persone bersagli di tante ingiustizie, possono diventare altrettanto feroci contro altri popoli? O forse si tratta della sindrome di paranoia dei perseguitati, che reagiscono con troppa ferocia alle minacce per non essere perseguitati un’altra volta?

Penso che gli estremisti del popolo palestinese vanno condannati senza equivoci, ma le risposte delle autorità israeliane che basano sulla filosofia di “uccidere venti per ogni cittadino colpito”, punire tutta la popolazione palestinese, chiuderli nei ghetti dentro i muri, rendere la loro vita sempre più difficile e stremata, sono ingiuste e di sicuro non portano alla via della pace in quella terra martoriata. Anzi a me puzzano di atteggiamenti simili a quelli usati dai nazisti nei confronti degli ebrei.

Penso che i responsabili e i rappresentanti delle comunità ebree sbagliano se equiparano le critiche verso certi comportamenti dello stato israeliano all’antisemitismo. E’ successo la stessa cosa al nipote di Mahatma Gandhi, sig. Arun Gandhi, quando è stato costretto a lasciare il suo incarico presso l’Istituto M.K.Gandhi per la Non Violenza negli Stati Uniti perché aveva criticato le politiche dello stato israeliano verso i palestinesi. La ferocia del lobbi degli ebrei conservatori americani che sostengono le azioni dei falchi del governo israeliano per silenziare qualunque critica verso l’Israele è ben saputa, ma immaginavo maggiore saggezza da parte della comunità ebraica di Bologna.

Nei forum di discussioni indiani, vi è molta ammirazione verso queste politiche dell’Israele da parte degli indù più conservatori, i quali vorrebbero reagire con maggiore durezza verso gli estremisti islamici in India. Dopo un po’ di discussioni salta fuori che per loro India deve diventare un paese senza musulmani. E citano spesso il modo di agire dell’Israele, per proporre che “anche noi dobbiamo uccidere venti o cinquanta o cento di loro per ogni indù ucciso”. Penso che sia una pazzia che questo sogno all’Hitler sia lanciato proprio dall’Israele. Ho chiesto a loro, “Quanti decenni sono che Israele prosegue con questo tipo di politiche? Tutto questo spargimento di sangue ha fermato le bombe e gli attacchi terroristici in Israele? Se sono costretti a costruirsi un muro e chiudersi dentro come gli animali allo zoo?”

Leggere del coraggio delle persone semplici, vittime del nazismo e del antisemitismo, è stata la mia ispirazione da bambino. A partire da Leon Uris, difficilmente rinuncio a leggere un libro su questo tema. Se le critiche alle politiche repressive dell’Israele ed i richiami alle scelte di pace e di dialogo possono essere strumentalizzate per dimostrare che sono antisemiti, come è successo a Luisa Morgantini, penso che sia una faccia di estremismo anche questa.


***

Le discussioni in Italia per rivedere la legge 194, tutti questi proclami verso “rispetto della vita”, mi fanno pensare ad un’altra guerra santa, giocata sulla pelle degli altri.

Durante la mia esperienza di medico in India ho tenuto in braccio una donna che moriva da un’emorragia dopo aver tentato un aborto clandestino. Sono stato vicino alla moglie di un amico, la quale aveva scelto di abortire perché aveva due gemelli con meno di un anno e pensava di non potersi permettere un altro figlio e ho visto la sua disperazione e il suo dolore. Conoscevo anche un’infermiera, la quale aveva preferito abortire perché ancora non era sposata, ma aveva avuto delle complicazioni e dopo non aveva potuto avere figli.

Penso che la scelta di abortire di una donna sia una questione delicata e difficile. Ha tante sfaccettature. Personalmente posso essere contrario, ma non sono io che porterò un bimbo dentro di me e penso che la decisione aspetta a loro. Non penso che sia giusto costringere una donna a tentare l’aborto clandestino e di morire dissanguata. La prevenzione degli aborti è più efficace se il paese e la società hanno politiche di sostegno alle mamme e alle famiglie.

In Italia le discussioni sul sostegno alle famiglie finiscono per parlare contro gli aborti e contro i matrimoni tra gli omosessuali. Secondo me si sbagliano. Non sono gli aborti ed i matrimoni tra gli omosessuali che minacciano le famiglie, intese come persone con i figli. Invece non parlano di quasi mai di creare leggi sulle questioni economiche, sociali e culturali, che rendono la vita difficile per le famiglie con bambini.

Se la vita è il valore supremo, non si deve abortire, e non si deve lasciare che una persona in coma può morire, come mai nel mondo continuano a morire ogni anno più di 10 milioni di bimbi con meno di 5 anni per cause facilmente prevenibili? L’economia di ingiustizia del mondo globalizzato, la vendita delle armi, la corruzione, lo strapotere delle grandi multinazionali, non sono anche questi gli strumenti contro la vita?

George Monbiot, in un recente articolo sul giornale inglese The Guardian, ha scritto che i tassi di aborto sono inversamente correlati con l’uso dei contraccettivi, e che il tasso di aborti è più alto nei paesi più religiosi: 12 per mille nel nord Europa, 18 per mille nel sud Europa, 23 per mille in America del nord, 33 per mille in sud America, 39 per mille in Africa orientale.

Secondo OMS, ogni anno 65-70 mila donne muoiono di aborti illegali e 5 milioni hanno le complicazioni dovute agli aborti illegali.

Penso che parlare di vietare l’aborto non tiene conto della realtà del mondo. Lo scandalo di Genova per il quale si è suicidato il ginecologo Rossi perché “praticava aborti clandestini” in un paese dove si può avere aborto terapeutico legale secondo la legge 194, dimostra che le cause degli aborti clandestini sono molteplici. Lanciare crociate contro l’aborto terapeutico e invocare una legge che li vieti o che li rende ancora più difficile, non aumenterà la clandestinità? Penso che le persone che propongono queste politiche forse non capiscono il dramma delle donne che decidono di abortire.

E’ importante avere una legge che cerchi di sostenere le donne, di aiutarle a trovare soluzioni e se non trovano nessuna soluzione, sostenerli nella loro scelta. E’ già drammatica e dolorosa, e sicuramente non merita la pena di morte e di malattia che di fatto si infligge su di loro costringendole agli aborti clandestini.

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