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giovedì 13 dicembre 2018

Un Dolce Per i Bibliofili

Per il primo compleanno del nostro gruppo di lettura a Schio (VI), avevo preparato un dolce indiano, il Kalakand. Alcuni compagni del gruppo mi hanno chiesto la ricetta di quel dolce. Ho pensato che questa era una buona occasione per parlare anche del gruppo. Infatti, vorrei iniziare proprio dalla mia esperienza del gruppo.



Lettori in Circolo

Il nostro gruppo di lettura si chiama “Lettori in Circolo”, che si riunisce una volta al mese in un bar di Magré. Ogni incontro dura tra una o due ore. Prima di terminare l’incontro, decidiamo il nuovo libro da leggere e la data del successivo incontro.

Da quando ero bambino, ho sempre amato leggere i libri. Più di una volta ho scritto dei libri sul mio blog. Sapevo dei gruppi di lettura ma non ne avevo mai fatto parte. “Lettori in Circolo” è la mia prima esperienza in questo tipo di gruppi.

Un gruppo di lettura

A parte qualche giallo o thriller, ultimamente avevo smesso di leggere i romanzi. Leggevo soprattutto quello che in inglese si dice “Non fiction”. Invece il gruppo mi ha imposto di leggere dei romanzi. Non solo, erano libri che personalmente non avrei mai scelto di leggere – 3 Uomini e una barca, Venne chiamata due cuori e Dove porta la neve. Per ciò, a parte il piacere di trovare nuove amicizie, il gruppo di lettura mi ha costretto a uscire dalle mie abitudini e affrontare spazi mentali nuovi.

Inoltre, sapere che durante l’incontro dovrò parlare del libro, mi costringe a rallentare e soffermarmi di più su quello che leggo. Ultimamente penso di essere diventato un lettore più superficiale e affrettato. Se un libro non mi piace, lo metto via dopo poche pagine. Invece con i libri del gruppo, devo fare uno sforzo diverso. Mi ha fatto riflettere questo cambiamento di passo.

Poi è bello sentire i diversi pareri sui libri nel gruppo e osservare come lo stesso libro entusiasma alcuni, e lascia indifferenti gli altri.

La forza motrice del nostro gruppo, Michela, cerca di tenerci allineati e quando vede che le discussioni partono per le tangenti, le riporta in dietro al libro del mese. Inoltre, lei prepara degli stimoli per farci riflettere e raccoglie le proposte sui nuovi libri da far leggere al gruppo. È un ruolo che richiede passione e impegno. Se pensate di far nascere un gruppo di lettura, dovrete assicurarvi che vi sia qualcuno che assume queste responsabilità.

La ricetta di Kalakand

Dopo questa introduzione al gruppo, arriviamo alla mia ricetta. Quando ero un bambino, preparare il kalakand richiedeva molto tempo. Dovevi iniziare il giorno prima con la preparazione di Paneer, il formaggio fresco. Poi passavi delle ore a mescolare il latte che si cucinava sul fuoco basso affinché diventava solido. Invece la mia ricetta usa sostituti facilmente disponibili al mercato e richiede poco tempo.

Ingredienti

500 gm di ricotta fresca, 1 scatola di latte condensato (300-350 gm), una bustina di zafferano, semi di qualche cardamomo (pestati), una manciata di granella di mandorle, una manciata di altri semi (per esempio, semi di zucca o di melone) e zucchero secondo i gusti (solo se il latte condensato non è zuccherato).

Preparazione

In una pentola anti-aderente mettete la ricotta, versate il latte condensato e mescolate. Cucinate sul fuoco medio-basso. Aggiungete i semi di cardamomo pestati, lo zafferano e la granella di mandorle. Assicurate che la miscela non attacchi sul fondo della pentola, mescolate continuamente e cucinate per circa 20 minuti.

Versate la miscela in una scatola e sulla superficie posate i semi di zucca e di melone, premendo sopra leggermente con un cucchiaio. Lasciatelo raffreddare e poi tenetelo in frigo per qualche ora, affinché la miscela diventi solida. A questo punto potete tagliarla in pezzettini più o meno grandi secondo i vostri gusti.

Personalmente mi piace mangiare il Kalakand quando la miscela è ancora tepida. Immagino che sia pieno di calorie per cui non esagerate e andate piano con le porzioni!

martedì 15 settembre 2015

Camminare tra due mondi

I giorni corrono veloci. Siamo già a metà settembre. Avevo cominciato a scrivere questo post in agosto! Qui continuava a piovere fino a qualche giorno fa. Alcune zone della città erano sotto acqua. In alcuni distretti vicini, avevano dovuto evacuare miglia di famiglie. Il fiume dietro alla mia casa era piena ma non era mai arrivata ai livelli di pericolo. Invece ora non piove più e tutto si torna alla normalità.

Le giornate che finiscono così in fretta, mi fanno pensare alle parole di un poeta indiano, Dharmvir Bharati:

Din yun hi bit gaya, angiuri men bhara hua jal giaise rit gaya

(Il giorno si è trascorso così, come l'acqua che scorre via tra le dita delle mani)

Guwahati, Fiume Brahmaputra, India
Il fiume Brahmaputra gonfio d'acqua a Guwahati

Qualche mese fa era morto un mio cugino. Qualche settimana fa è scomparso un altro. Erano entrambi della mia generazione. Pensare a loro mi fa sentire più vulnerabile. Vi sono dei momenti della giornata quando sono tutto preso dal lavoro e al improvviso penso a loro e mi chiedo, se morirò al improvviso, e se a qualcuno importerà di quello che facevo in questi giorni, lontano dalla famiglia?

***

A metà di maggio ero tornato a casa in Italia per un mese di ferie. A Bologna, ero andato a trovare i miei ex-colleghi all'AIFO.

Era strano tornare in quel mondo fatto di scadenze e urgenze, e il vivere quotidiano con i colleghi di lavoro. E' passato soltanto un anno da quando ho lasciato il lavoro in Italia per tornare in India, ma mi sembra qualcosa di molti anni fa.

Penso che il mondo delle organizzazioni non governative (ong) è in una fase di profonda trasformazione, non solo in Italia. Non penso che sia qualcosa successa all'improvviso - le crisi dei finanziamenti governativi e le trasformazioni della società legate alla globalizzazione avevano iniziato a cambiare questo mondo già da molti anni. La crisi degli ultimi 6-7 anni ha ridotto quello che era una foresta rigogliosa delle associazioni, in un deserto con pochi alberi ancora rimasti in piedi.

Da quanto ho sentito da amici di altri paesi europei, questa trasformazione del mondo delle ong, non è solo italiana, ma ha toccato un po’ tutti. AIFO è tra quelle poche ong italiane che ancora continua a ricevere il sostegno degli privati, ma ha visto diversi cambiamenti. Comunque, penso che non è soltanto una crisi finanziaria, ma qualcosa di più profondo.

I missionari prima e le ong dopo, erano i mezzi per esprimere la solidarietà con gli altri, e per agire insieme per ragionare sui temi che ci appassionano come individui. Nel mondo digitale dove collegarsi con gli altri che condividono le nostre passioni e così con le persone che vivono al altro capo del mondo, è diventato molto facile. In questo nuovo mondo come si vivrà il desiderio della solidarietà? E come dovranno trasformarsi le ong per essere in sintonia con il mondo di oggi?

Se da una parte il mondo è cambiato, dall'altra per tanti versi la vita delle persone povere non è poi cambiata così tanto. Guardando le persone qui in India, penso che per i poveri, avere un telefono cellulare è stato il cambiamento più potente di questi ultimi decadi, perché li permette di collegarsi uno con l'altro e di scambiare informazioni.

***

Era strano essere di nuovo a Bologna. Per quasi tre decenni, la città era stata la mia casa. Forse, ancora è la città che conosco meglio di qualunque altro posto del mondo. Invece, appena arrivato, subito la sentivo diversa. Non la sentivo più come "la mia città". Mentre la giravo, sentivo di essere un’ospite, uno venuto da fuori per visitare. Non pensavo di sentire questa sensazione e mi dispiaceva. Ovviamente si tratta di qualcosa che è cambiato dentro di me e non nella città.

Scultura Leonardo Lucchi, Bologna, Italia - Foto di Sunil Deepak

Scultura di Leonardo Lucchi, Piazza 4 Novembre, Bologna, Giugno 2015 (sopra)

Poi sono andato a Schio, dove mia moglie ha la sua vecchia casa di famiglia, e dove ora lei vive. Vicino ai parenti e ai vecchi amici di famiglia, mi sono sentito più a casa.

Non ho ancora digerito queste sensazioni e non capisco il loro significato. Per tutti gli anni che ero in Italia, Bologna era la mia casa e Schio era un posto per visitare i parenti. Forse il mio senso di appartenenza in Italia è fortemente legato alla figura di mia moglie, e ora dove vive lei, sento di avere la mia casa?

Con qualche giorno in montagna al lago di Molveno (Trento) e qualche giorno al mare a Bibione (Veneto), le mie ferie italiane sono finite troppo in fretta.

Ferie, Molveno, Trento, Italia - Foto di Sunil Deepak

Era strano poi tornare a Guwahati dopo le ferie. Quando ero partito per l'Italia, si stava ancora bene a Guwahati, non pioveva ogni giorno e non c'era il caldo insopportabile. Al ritorno, ho trovato il tempo cambiato. E' spesso nuvoloso e piove molto. E' anche molto caldo e umido. Mentre il taxi mi portava a casa, avevo una sensazione di disagio, e per un attimo mi sono chiesto, che cosa ero venuto a fare qui in questo posto lontano da tutto e da tutti, questa non è la mia casa?

Quella sensazione di essere un estraneo a Guwahati era passata dopo qualche giorno. Ora non penso più alla casa di Schio e alle ferie. Le giornate passano in un attimo. Tante volte torno a casa alla sera con il cuore pesante. Spesso mi sento sconfitto e impotente perché non riesco sempre a trovare un modo per aiutare le persone come vorrei. Ma non vorrei essere da nessun altra parte del mondo.

E tutte le sere, mia moglie mi telefona e ci scambiamo le notizie e gli eventi della giornata. E' tra i momenti più belli della giornata. Forse il mio mondo ideale sarebbe quello dove posso essere qui a Guwahati per il lavoro durante il giorno per poi tornare a casa a Schio alla sera! Mi ci vuole soltanto il teletrasporto istantaneo di Star-trek.

***

Molte persone in Italia volevano sapere di più della mia scelta di lasciare Italia e di tornare a vivere in India. Delle volte mi sentivo a disagio perché mi sembrava di non darle delle risposte che volevano. Mi sembrava che alcuni di loro aspettavano da me soltanto un certo tipo di risposte.

Penso che molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano, e sognano vite meno complicate con un ritorno al passato. Vorrebero un passaggio ad una vita più semplice, dove le emozioni sono più genuine, le persone hanno più tempo, e le nostre vite hanno più certezze. Avevo la sensazione che quando le persone mi chiedevano sulle mie esperienze di vivere in India, mi chiedevano una conferma che ero riuscito a realizzare questo, che il sogno di vivere una vita più semplice e genuina è possibile.

Era difficile parlare della mia realtà, per spiegare che questa vita mi dà molte piccole e grandi soddisfazioni quotidiane, ma che è sempre fatta di stress e di frustrazioni. La mia non è una vita meno complicata. Per cercare le emozioni genuine, devo sempre fare lo sforzo di uscire dal mio guscio, avvicinare gli altri ed essere disponibile. Non esiste una formula che cambi paese, casa e lavoro, e automaticamente la tua vita si trasformerà.

E anche qui vi sono molte persone che si sentono gli stress e le frustrazioni del vivere quotidiano e che sognano di vivere vite più appaganti in Europa. Penso che cambiare il paese e il lavoro può funzionare se vai a realizzare un tuo sogno o vai verso qualcosa che hai fortemente desiderato. Ma cambiare il paese, difficilmente servirà se vuoi fuggire da qualcosa.

***

"Allora cosa fai in India?", era la domanda più comune che mi facevano le persone.

Ero tornato in India con l’idea di fare il medico di base tra i poveri, come facevo 35 anni fa, prima di andare in Italia. Ho provato a farlo per alcune settimane in un ospedale, in una zona molto povera nella parte centrale dell’India, e ho scoperto che non ero ancora pronto per quel lavoro. Richiedeva un impegno e una fatica quotidiana che non mi sembrava di avere più. Il bisogno era così enorme, che anche se aiutavi centinaia di persone ogni giorno, vi sarebbero state molte altre che non saresti riuscito ad aiutare. Vivere in quell'ospedale e girare alla sera nei corridoi pieni di persone che dormivano per terra nell'attesa di essere visitati da un medico, mi lasciava con una angoscia insupportabile.

Forse avevo bisogno di un rientro graduale, tornare in quel mondo di malattie e sofferenze poco alla volta, e non trovarmi buttato dentro al improvviso? Mi vergogno ancora quando ci ripenso, per non essermi fermato in quell'ospedale. Un piccolo gruppo di medici idealisti manda avanti quel ospedale. Sicuramente loro avevano già avuto persone come me che arrivano con delle belle intenzioni ma che scappaano via quando vivano la loro realtà quotidiana.

Penso che oggi, dopo un anno in India, se torno in quell'ospedale mi troverò meglio e riuscirò a fare molto di più. Ma ora ho preso altri impegni e non sarebbe giusto abbandonare questi impegni per tornare a lavorare in quell'ospedale. Comunque l'idea di tornare in quell'ospedale è sempre presente nel mio cuore.

Ora vivo a Guwahati nella parte nord-orientale dell'India dove lavoro per un’ong indiana che si chiama Mobility India e che si occupa delle persone con disabilità. Sono coinvolto sopratutto in due tipi di attività:

(1) Preparare materiale formativo semplice e gestire corsi di formazione sui temi della riabilitazione per le persone disabili, per le loro famiglie e per gli operatori comunitari. In città come Guwahati, vi è una forte privatizzazione degli servizi sanitari. Fuori nei distretti e nei villaggi, i servizi specialistici non esistono, per cui penso che il mio lavoro volto a formare gli operatori comunitari è molto utile.

Formare agenti comunitari, India - Foto di Sunil Deepak

Per esempio, è raro trovare un logopedista da queste parti, per cui sto lavorando alla preparazione di materiale per un corso sul tema “Come facilitare la comunicazione nei bambini disabili” che si terrà verso la fine di questo anno. Avevo già svolto attività simili mentre lavoravo all'AIFO. Mi piace molto, prendere le informazioni complesse e preparare il materiale di facile comprensione per renderle accessibili alle persone con poca educazione formale.

(2) Sperimentare strategie innovative della riabilitazione su base comunitaria e dello sviluppo inclusivo comunitario. Ricerca e documentazione sono due componenti essenziali di questi progetti. Amo svolgere la ricerca sociologica nelle comunità. Anche questo tipo di lavoro l'avevo già svolto quando ero all'AIFO, ma ora lo posso fare molto meglio perché posso seguire direttamente la sua operatività sul campo.

Vorrei fare molto di più - una ricerca sui bambini che vivono tra i rifiuti e una sulle persone anziane con morbo di Alzheimer nelle famiglie povere in zone rurali - ma non ho tempo per fare il tutto.

Oltre a questo, ogni tanto arrivano a trovarmi i genitori dei bambini disabili per farli visitare e per chiedere il mio parere. E' questo che spesso mi manda in crisi, sapere che in paese sviluppato molti di questi bambini possono avere le vite piene di soddisfazioni e di non riuscire a fare molto per loro.

Qui l’assistenza medica è fortemente frammentata e privatizzata, spesso spinge verso gli interventi inutili. Molte famiglie spendono tutto quello che hanno per “guarire” i bambini con disabilità incurabili perché gli specialisti continuano a fargli fare dei test e fargli prendere delle medicine inutili con il miraggio di un futuro che non arriva mai. Tutto il sistema serve per manipolare e sfruttare l’amore e i sensi di colpa dei genitori, per spremere tutti i loro averi.

Un altro tema del quale mi hanno chiesto di occuparsi è quello di stabilire un centro regionale per gli ausili, non soltanto per le persone con disabilità, ma anche per le persone anziane e le persone che soffrono di malattie croniche come la diabete.

Come potete immaginare, da fare c'è molto e il tempo che ho, non mi basta.

***

La casa dove abito a Guwahati è una piccola comunità. Pensavo di essere uno che vive con molta semplicità, anche se privilegiato nei confronti di quelli che mi abitano intorno. Sono rimasto un po’ sorpreso quando ho capito che molti mi vedono come un oggetto di pietà, il “povero vecchio eccentrico che vive da solo come un fantasma!"

La mia casa ha 3 stanze, tutte in una fila – l’entrata, che è la stanza con il divano e il tavolo da pranzo; la stanza di mezzo che è la mia camera e che ha un bagno-toilette; e l’ultima stanza dove ho l'angolo cottura e la stendibiancheria. In fondo alla terza stanza ho un secondo bagno. Pensavo che la mia era un’abitazione semplice ma dignitosa.

Invece un mio vicino mi ha spiegato come mi vedono le altre famiglie che vivono nelle case dietro la mia, nel mio stesso cortile. C'è una grande comunità di persone che vive in questo cortile.

Circa 30 metri dietro la mia casa passa il fiume Bharalu. Più che un fiume, sembra un canale che porta via l’acqua di discarico delle case. Questo terreno fino al fiume, appartiene alla famiglia del mio padrone di casa da diverse generazioni. Fino a 10 anni fa, i padroni avevano una casa vicino al fiume e avevano delle capanne di paglia tra la casa e il fiume per i loro servitori. Davanti alla casa avevano un po’ di terreno. Poi hanno costruito una nuova casa di 3 piani sul terreno davanti alla vecchia casa.

Così, ora vi sono tre file di costruzioni in questo cortile –

• La prima fila vicino alla stradina ha una casa di 3 piani, dove occupo una parte del pian terreno e nelle 3 stanze abito da solo. L’altra parte del pian terreno con altre 3 stanze è occupata da una coppia con le loro 2 figlie adolescenti. Al primo piano vive la mia padrona di casa con il figlio maggiore, sua moglie e suo figlio, e 3 cani. Al secondo piano, c'è una camera sola dove vive il suo figlio più giovane che sta per sposarsi.

Casa, Davanti, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

• La seconda fila, dietro di noi, ha la vecchia casa di un piano, dove una volta abitava la famiglia dei padroni. Questa casa con 4 stanze e una cucina, è suddivisa in 2 parti e in ciascuna parte vive una famiglia con i figli. Accanto alla vecchia casa, vi è una fila parallela di 5 piccole stanze, dentro ogni stanza vive una famiglia con i figli.

• La terza fila di case è vicina al fiume, dove una volta c'era la vecchia casa di paglia per i servitori. Questa casa, ora con il tetto di lamiera, ha una stanza grande suddivisa in 3 parti, e qui vivono 3 famiglie con i bambini. (Nell'immagine qui sotto si vede la casa con il tetto di lamiera della terza fila e dietro, si vede una piccola parte della casa di un piano della seconda fila).

Casa, Dietro, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

In questo modo nel mio cortile di casa vivono 13 famiglie con un totale di circa 35 persone, compreso molti bambini. Intere famiglie vivono dentro una stanza sola che serve anche da cucina di giorno e da camera da letto di notte. Per fare la doccia, queste famiglie hanno alcuni bagni comuni senza acqua corrente. C'è un pozzo nella parte davanti del cortile, da dove tutte queste famiglie possono attingere l'acqua.

E le persone che vivono in queste stanze mi compatiscono perché “sono un povero vecchio che vive da solo come una fantasma!

Per capire perché mi compatiscono devi crescere e vivere in mezzo a una famiglia numerosa, anche se povera. Essere circondati da altri esseri può essere frustrante perché non hai privacy, non hai il bagno libero quando ti occorre, qualcun altro ha preso la tua camicia o ha stropicciato il tuo vestito che avevi stirato con cura. Ma essere circondati da altri esseri, ti dà molto calore umano. Hai persone con le quali condividi tutto e questo ti dà un grande senso di sicurezza e tranquillità. Crescere in questo mondo stretto vuol dire imparare sin da piccoli, i principi del compromesso e del aiuto reciproco. Impari ad essere un’entità collettiva, dove individualismo non è una virtù.

Quando sei cresciuto in collettività, trovarsi a vivere con tanto spazio e senza essere circondati dal calore umano degli altri, è un po’ freddo e triste. Per questo loro mi compatiscono.

***
La città sta cambiando ma ancora le tradizioni sono molto radicate. Ero andato ad una festa tradizionale che si celebra all'inizio della stagione delle piogge. Era bello vedere i gruppi di persone danzare insieme e cantare insieme. Un momento particolare della festa era la consegna di riconoscimenti alle persone anziane "perché hanno dato molto alla società".

Era bello vedere le persone di diverse religioni, tutti con i vestiti tradizionali a danzare insieme.

Bihu e la festa di quartiere, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

Così gli anziani - insegnanti, medici e operai in pensione da decenni, ottantenni e novantenni hanno ricevuto un cappello e una coppa con un certificato di merito della loro comunità.

Anziani a Bihu e la festa di quartiere, Guwahati, India - Foto di Sunil Deepak

Vorrei poter dire che sono ben integrato nella mia nuova comunità di adozione qui a Guwahati. Invece non sarebbe vero. Non parlo ancora la loro lingua e questo è un grande ostacolo. Comunque mi invitano sempre e sono sempre gentili.

***

Non è sempre piacevole la sensazione di essere un estraneo, uno che non appartiene.

Qualche volta è piacevole guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Gli occhi che vedono tutto nuovo, tutto diverso, tutto esotico. Gli occhi che vedono il perché degli stereotipi, che vedono le contraddizioni del nostro quotidiano.

Ma delle volte, vorrei non essere l’altro. Vorrei essere qualcuno certo della sua identità. Mi rendo conto che è stupido pensare così, perché non si può tornare in dietro. Ma tutti noi abbiamo diritto di sognare e volere cose che non possono esserci.

***

lunedì 23 giugno 2014

Gli Ultimi granelli

Avevo capovolto la clessidra e il conto alla rovescia si era iniziato. Oramai sono rimasti pochi granelli di sabbia in quella clessidra. Fra due giorni partirò per iniziare una nuova avventura in India.

In questi giorni incontro continuamente amici, colleghi e parenti. E’ il momento di dire addio. Tutti mi chiedono, "Come ti senti?" E spesso non so da dove iniziare. Alla fine sorrido e rispondo qualcosa, ma faccio fatica a spiegare tutte le mie sensazioni, spesso così contraddittorie, forse perché non saprei spiegarle anche a me stesso.

Il controllo e la pulizia dei cassetti e degli armadi si era iniziata mesi fa. La mia collezione di libri in hindi è andata ad una biblioteca di Bologna e quelli di libri sull'India in inglese è andata ad un'altra biblioteca specializzata.

I vestiti sono stati controllati e divisi in diversi mucchietti - questi li porterò via, questi bisogna tenerli qui, questi si possono dare via, questi sono da buttare, e così via.

Mio figlio ha guardato la mia collezione di cravatte con stupore, anche perché non mi aveva visto con una cravatta da diversi anni. Chissà perché così tante persone mi avevano regalato le cravatte in tutti questi anni? Comunque, non mi piace portarle e ne ho diverse ancora imballate. "Forse puoi venderle sull'ebay?", ho suggerito a mio figlio.

Dischi, foto, scatole varie, statuine, ricordi dei viaggi – tutte cose che si accumulano senza rendersene conto, e ora bisogna che decido cosa ne voglio fare. Tutto questo mi dà strane sensazioni. Penso che se morivo improvvisamente, qualcun altro avrebbe fatto questo stesso lavoro al mio posto.

Mi sveglio durante la notte e mi sento male. Cerco di leggere qualcosa per calmarmi, ma spesso sto sveglio per delle ore. In altri momenti penso al lavoro che farò in India e mi sento felice per questa mia scelta. In quelli momenti, non vedo l'ora che inizi questa mia nuova vita. Poi penso a mia moglie e a mio figlio e mi chiedo se sono pazzo per pensare di andare via così lontano da loro!

Dopo aver preso un salario mensile e la sicurezza del lavoro da dipendente, partire senza sapere esattamente che cosa farò e dove vivrò, mi fanno un po' di paura. Devo continuamente ricordarmi che non vado via per cercare la sicurezza. Ogni volta che mi sento tentato da una proposta di collaborazione, devo ricordarmi che non voglio niente che richiederà di passare maggior parte del mio tempo in un ufficio o a partecipare alle riunioni.

Un’idea di quello che farò in India c’è l’ho. E' molto probabile che andrò a vivere con un piccolo gruppo di idealisti che lavorano con alcune tribù, soprattutto con le donne e le bambine delle tribù, nella parte centrale dell'India. Mi hanno chiesto di aiutarli ad iniziare le attività di salute comunitaria in questa zona. Non ho illusioni romantiche per questa scelta, ma tra tutte le proposte che ho ricevuto, è quella che mi convince di più.

Diversi amici dall’Europa e dall’America, mi hanno raccomandato di informarli qualora avrò bisogno di aiuto, ma credo che il mio lavoro dovrebbe svilupparsi in maniera sostenibile, adatto alle esigenze locali e alle idee delle persone con le quali collaborerò. Credo che le grandi opere e tanti fondi non portano sviluppo reale nelle comunità povere, penso invece che lo sviluppo dovrebbe nascere dal basso. Venite a trovarmi se potete, gli ho risposto!

Per concludere questo post, vi riporto un estratto di una lettera che mi hanno scritto Don Silvio e Maria Grazia, due amici con i quali i miei legami di affetto durano da diversi decenni e che sono stati testimoni di diversi momenti fondamentali della mia vita:
"Sappiamo che in AIFO tu hai sempre lavorato per i più deboli, più poveri e sfortunati, e i diversamente abili, in modo dirigenziale, su progetti, prospetti e realizzazioni; ora tu desideri esercitare la tua professione di aiuto in modo diretto a tu per tu con i poveri.
Sia questo tuo desiderio accompagnato anche dalla nostra 'condivisione', da quella di Nadia, tua moglie e da Marco, tuo figlio.
Non sia incapacità di comprendere o sofferenza per vederti andare per nuove vie, ma gioia di lasciarti libero e contemporaneamente amato come sempre e forse di più.
Il tuo Dio e il nostro Dio, ti accompagnino in questa nuova strada facendoti percorrere la giusta via, reale, esatta per la tua realizzazione umana e professionale, senza dimenticare mai, ciò che hai costruito sinora."

***

mercoledì 8 maggio 2013

Uomo Posseduto

Produzioni Dal Basso vogliono realizzare un film documentario Ghora (Uomo Posseduto) ambientato in India e cercano finanziatori. Con un contributo di 10,00 Euro (Dieci euro) potete sostenere una quota del loro documentario. Troverete maggiori informazioni sul loro sito:
http://www.produzionidalbasso.com/pdb_1758.html

GHORA.
LA DANZA DEGLI DEI.

film-documentario in fase di preparazione

India: Devidas, 50 anni, é cassiere in banca ma ogni anno ad agosto viene posseduto dalla dea Manasa, signora dei cobra, nel tempio hindu di Kamakhya. Il ghora (uomo posseduto) della dea Bogola, invece è molto più giovane; ha 20 anni e lavora per la security del tempio. Entrambi vivono l’ambivalente statuto di uomo/dio. L’India di oggi, in bilico tra la sua antichissima tradizione spirituale e gli svettanti shopping mall, sempre più numerosi, fa da sfondo al nostro viaggio tra sacro e profano.


venerdì 19 ottobre 2012

Traduzioni italiane della letteratura indiana


Nota: Post aggiornato in agosto 2022

Carola Lorea mi ha informato della sua iniziativa di creare un blog INDIASENZAFILTRO per riunire le persone che possono tradurre in italiano la letteratura indiana (scritta nelle lingue indiane).

E' un tema che mi sta molto al cuore. Da hindi a Urdu, da bengalese a tamil, da malayalam a kashmiri, da marathi a oriya, vi sono numerosi scrittori bravi ma quasi sconosciuti fuori dalle loro cerchie locali. Auguro tutto il successo a questa iniziativa e spero che tante persone vorranno collaborare con essa!

***
INDIA SENZAFILTRO – call for collaborators!

NON NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

INDIASENZAFILTRO è un blog di letteratura indiana in traduzione italiana, che ospiterà la pubblicazione di un vasto repertorio di traduzioni dalle lingue moderne indiane: hindi, bengali, urdu, eccetera.

INDIASENZAFILTRO ha lo scopo di creare un archivio digitale di traduzioni (letterarie e non: shortstories e articoli di giornale, estratti di romanzi, travelogues, saggi e poesie, canzoni e pièce teatrali) che non passano per il ''filtro'' dell'inglese.

INDIASENZAFILTRO  servirà da piattaforma di lancio per giovani traduttori e da database digitale di letteratura indiana in italiano. L'augurio è quello di garantire ampia visibilità agli aspiranti traduttori sollecitando media e case editrici ad affacciarsi sul mondo, ancora largamente inesplorato, delle pubblicazioni tradotte direttamente dalle lingue moderne del subcontinente indiano.

Prima di mostrarsi in pubblica piazza, la squadra di INDIASENZAFILTRO ha bisogno di nuovi e aitanti collaboratori (AAA max serietà – no perditempo) che possano coprire un ampio raggio di produzioni letterarie in varie lingue dell'India:

sei interessato a contribuire con virtuose traduzioni inedite? Vuoi diffondere i tuoi esercizi di stile fra i curiosi del web? Sistema i tuoi brani e inviali, insieme a una tua piccola biografia, a indiasenzafiltro(at)gmail.com.

Per la protezione dei tuoi contenuti dai più biechi malintenzionati, il blog si tutela con licenza di copyleft (http://www.creativecommons.it).

Ti invito a diffondere il progetto di INDIASENZAFILTRO tra amici, colleghi o chiunque possa contribuire con delle belle traduzioni. Altro che Chetan Bhagat: noi c'abbiamo Premchand.

***
Aggiornamento 23 agosto, 2022: Ho cercato sull'internet  per verificare se questa iniziativa continuava e mi dispiace dirlo, non ho trovato niente.

Qualche mese fa, mentre parlavo con un'amica che ha tradotto i libri di molti autori indiani in italiano, lei mi aveva raccontato che non vi sono case editrici che vogliono pubblicare i libri di autori indiani sconosciuti in occidente. Soltanto quando qualche autore è già conosciuto, per esempio perché la traduzione in inglese o in francese di un suo libro è stato un successo o ha vinto qualche premio, le case editrici italiane potrebbero accettare di pubblicare quei libri. Questo significa che non c'è lavoro per le persone che possono tradurre direttamente dalle lingue indiane all'italiano.

Invece, una ricerca sull'internet ha mostrato che Carola Lorea, che aveva lanciato l'idea del progetto IndiaSenzaFiltro, dopo aver finito il suo dottorato presso l'istituto degli studi orientali era andata a lavorare in un'università australiana nel 2018.

martedì 29 maggio 2012

Dialoghi e festival

Bologna è sempre vivace culturalmente ma con l'arrivo d'estate lo diventa ancora di più. Per questo amo giugno e l'inizio di estate a Bologna! Ci sono in programma anche 3 momenti culturali legati al sub-continente indiano durante il mese di giugno.

Ma prima di parlare degli eventi legati al subcontinente indiano, un'altra notizia. Quest anno sembra che vi sarà un nuovo festival a Bologna - "la Repubblica delle idee" - dal 14 al 17 giugno 2012.

Nonostante i festival bolognesi come la Par Tot, ero un po' invidioso di Ferrara per il festival annuale organizzato da Internazionale. Oramai, tante città organizzano questi festival che portano scrittori, pensatori, filosofi, musicisti, artisti, matematici e scienziati nelle piazze. Per cui era impensabile che Bologna non ne aveva un festival tutto suo e sono felice che La Repubblica se ne accorta!

Potete guardare il programma di questo festival al sito de La Repubblica. Il festival inizierà con l'anteprima italiana del nuovo film di Bernardo Bertolucci "Io e te", il 14 giugno sera in Piazza Maggiore.

Invece per quanto riguarda gli eventi legati al subcontinente indiano, il primo è "Dialogo 2012" organizzato da Articolture in collaborazione con la facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'università di Bologna, il centro interculturale Zonarelli e le comunità straniere di Bologna.

Qui sotto c'è il programma di questa iniziativa (cliccate sull'immagine per ingrandire).

Locandina Dialogo 2012

Il programma comprende una serata sul Sud Asia che parlerà di Kip, il soldato indiano nel romanzo "Il Paziente inglese" dello scrittore originario dello Sri Lanka, Michael Ondaatje.

Io parlerò degli uomini giovani delle colonie inglesi venuti in Italia durante la seconda guerra mondiale come parte delle truppe alleate. Il programma prevede anche uno spettacolo di danza dello Sri Lanka.

Questa serata si svolgerà l'8 giugno 2012 alle 18,00 presso il giardino Parker Lennon in Via Sacco (alle spalle del centro interculturale Zonarelli). Per favore diffondete le informazioni a tutti coloro che possono essere interessati.

Il secondo evento è la festa buddista che si terrà il 3 giugno pomeriggio presso il centro Zonarelli di Bologna, organizzata dall'Associazione dello Sri Lanka (cliccate sull'immagine sotto per ingrandirlo).

Locandina Festa Buddhista, associazione Sri Lanka di Bologna

Il terzo evento di giugno è la cerimonia di "Puja al Guru Loknath Baba" organizzato dall'associazione Benglaese di Bologna, Sanatan Sanskritik Parishad, anche questa si terrà il 3 giugno 2012.

***

domenica 25 settembre 2011

Stregato dalle donne di Villa Spada

Oggi ho visitato la Villa Spada per la prima volta e sono rimasto stregato dalla fila delle statue delle donne di terracotta ai bordi del suo giardino all'italiana. Le loro espressioni, i loro vestiti, le loro diverse età e pose, sono meravigliose.

Avevo già visto le famose Marie di Nicolò dell'Arca in centro di Bologna e sono molto belle, ma mi sono piaciute ancora di più le statue di Villa Spada, perché sono all'aperto e sono rimaste esposte agli elementi per circa due secoli, per cui hanno cambiato i colori, alcune sono scrostate, su alcune statue piccole piante crescono sulle loro teste, e tutto questo le rende ancora più belle.

Tornato a casa dalla visita, ho subito cercato informazioni su queste statue sull'internet, ma sembra che non esistono. Che nessun altro le abbia trovato belle, mi sembra impossibile.

Diversi siti parlano dei belli giardini all'italiana che fanno da cornice a queste statue. Qualche sito parla della statua di Ercole che si trova in centro del giardino. Invece nessuno parla di queste statue di terracotta.

E' vero che se guardiamo dal giardino all'italiana, vediamo solo le loro schiene e non ci rendiamo conto che sono così belle. Se andiamo sul terrazzo del tempietto, le statue si vedono ma non si vedono le espressioni sui loro visi. Per vederle bisogna passare sul terrazzo che passa sotto le statue.

Sono rimasto a guardarle per molto tempo, una ad una, e mi sento stregato.

Ecco per voi, alcune immagini di queste statue.


Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

E alla fine, la mia favorita, la donna in cinta. L'espressione sulla sua faccia è bellissima.

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Wonderful Terracotta statues of Villa Spada in Bologna - S. Deepak, 2011

Secondo voi queste statue non sono meravigliose? Magari qualcuno di voi conosce queste statue e il nome dell'artista che le ha fatte?

***
Invece per quanto riguarda il museo della Tappezzeria che si trova in Villa Spada, penso che dovrebbero abolire il biglietto di entrata per questo museo. Non penso che riceve molte visite.

Invece forse si può far pagare il biglietto per vedere queste statue?

***

giovedì 21 aprile 2011

Profezia

A Jean-Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di Alì dagli Occhi Azzurri.

Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri

sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,

a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a malandrini:
« Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio! »
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe della Storia Antica,
voleranno davanti alle willaye.

Essi sempre umili
essi sempre deboli
essi sempre timidi
essi sempre infimi
essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi sempre piccoli,

essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare,
essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi
in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,

essi che si costruirono
leggi fuori dalla legge,
essi che si adattarono
a un mondo sotto il mondo
essi che credettero
in un Dio servo di Dio,
essi che cantarono
ai massacri dei re,
essi che ballarono
alle guerre borghesi,
essi che pregarono
alle lotte operaie...

. deponendo l’onestà
delle religioni contadine,
dimenticando l’onore
della malavita,
tradendo il candore
dei popoli barbari,
dietro ai loro Ali dagli occhi azzurri

– usciranno da sotto la terra per rapinare –
saliranno dal fondo del mare per uccidere, – scenderanno dall’alto del cielo
per espropriare – e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita –

per insegnare ai borghesi
la gioia della libertà –
per insegnare ai cristiani
la gioia della morte
– distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno come zingari
su verso l’Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento.

(Pier Paolo Pasolini)

Sembra che questa poesia parli proprio di quello che sta succedendo in questi giorni. Grazie a Luisella per aver condiviso questa poesia.

martedì 8 febbraio 2011

Museo comunale e unità d'Italia

Eravamo riuniti al secondo piano del edificio comunale, in attesa dell'inizio della visita guidata per conoscere le tracce dell'unità d'Italia lasciate dalla storia in questo luogo nel centro di Bologna. Ogni volta che torno in questa lunga e rettangolare sala, riscopro lo stupore, come la prima volta quando l'avevo vista. I muri coperti da affreschi delle tonalità calde della terra, dal marrone scuro al siena bruciato al nero, con in fondo la luce che entra dalle due finestre, è un luogo magico che mi incanta ogni volta.

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna

La nostra guida era Mirtide Gavelli. Lei aveva subito chiarito che non era una storica dell'arte, ma soltanto una storica, per cui non dovevamo aspettare di conoscere il patrimonio artistico di questo meraviglioso museo dalla sua visita guidata.

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna

Negli ultimi 13 anni, da quando ci siamo trasferiti a Bologna, sono stato al museo comunale dell'arte diverse volte. Ogni visita è stata una nuova scoperta, per conoscere la cultura, la storia, l'arte della città. Oramai cerco ogni volta che posso, ad aggregarmi alle meravigliose visite guidate che la città organizza periodicamente. Queste visite hanno cambiato profondamente il mio rapporto con Bologna, ma anche con il mondo.

Sembra incredibile, ma penso che non si riesce a vedere ne anche un elefante, se non sai che cosa è un elefante. Quando ero arrivato a vivere a Bologna, pensavo che i musei erano dei posti noiosi. Prima di venire a Bologna, avevo visitato tanti musei in diverse città del mondo. Non voglio dire che non avevo apprezzato i quadri di Van Gogh quando li avevo visit al museo d'arte di Londra, o la cappella Sistina ai musei vaticani, ma era un apprezzamento artistico, un po' distaccato e asettico.

Invece, sentire la storia come qualcosa di vivo, qualcosa che che mi riguarda personalmente, l'ho imparato a sentire a Bologna. I vari musei di Bologna, dal museo archeologico, al museo medievale, e al museo d'arte contemporanea, poco alla volta li ho scoperti tutti, tramite queste visite guidate.

Forse ha aiutato il fatto che a Bologna, l'entrata ai musei è gratuita. Non penso che sia la questione  di risparmiare 4-5 Euro, ma quando paghi un biglietto, vuoi avere il tempo necessario per visitare e vedere tutto per bene. Non paghi il biglietto per passare solo 5-10 minuti dentro il museo. Non lo senti come qualcosa che ti appartiene, non entri dentro solo per 5 minuti perché stai passando e vuoi rivedere solo un quadro che ti era piaciuto.

Questa mia scoperta di vedere la storia e la cultura di Bologna, non l'ho tenuta solo per me. Oggi Bologna ha molti studenti stranieri, compreso quelli che arrivano per gli studi specializzati e per i dottorati. Ho avuto occasione di conoscere molti studenti indiani venuti qui solo per alcuni mesi o magari per qualche anno. Più delle volte loro non parlano italiano, e non hanno il tempo di imparare la lingua, forse perché vivono in mezzo ad altri studenti stranieri, dove tutti parlano inglese, e studiano le loro materie in inglese. Così sento il mio dovere di farli conoscere la città, oltre l'apparenza superficiale. Già alcune volte ho accompagnato piccoli gruppi di studenti indiani per ripercorrere una visita guidata che avevo seguito, per farli conoscere una piccola parte di questo patrimonio.

Anche la visita di ieri sera era molto interessante. La storia del cardinale legato che governava Bologna, l'arrivo delle truppe francesi nel 1796, i dipinti dei fasci littorio nel palazzo comunale per simboleggiare la repubblica giacobina, la scelta dei tre colori della bandiera che sono stati dipinti in diversi modi nel palazzo, le repubbliche cispadana e cisalpine, l'avvio del periodo di 60 anni di rivoluzioni e attacchi che portarono all'unità d'Italia, ho capito alcune parti della storia italiana che prima non conoscevo.

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna
Il fascio littorio dal 1797

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna
Simbolo della repubblica cispadana giacobina

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna
I colori della bandiera italiana espressi nel dipinto

Unità di Italia nel palazzo comunale di Bologna
Le città della repubblica cispadana (forse), poi cambiate e ridipinte con i colori della lega pontificia

Voglio esprimere un grazie alla città di Bologna per queste esperienze, e anche a Mirtide Gavelli, la nostra guida per questa visita.

***

sabato 18 dicembre 2010

Mussolini e Tagore

Le sorprese non finiscono mai. Chi avrebbe pensato che Benito ammirava Ravindranath, o ancora più improbabile, una volta Ravindranath aveva elogiato il Duce?

Invece era successo, nel 1926. La storia è apparsa sulla rivista indiana Outlook con una foto del poeta indiano premio nobel per la letteratura, scattata dal Duce e regalata al poeta.

Una volta per andare in Inghilterra, non c'erano gli aerei, o forse c'erano ma molto più costosi, e si viaggiava sopratutto con le navi che arrivavano fino al porto di Brindisi. Così la maggior parte dei personaggi indiani, attraversavano l'Italia e la Francia per andare al Regno Unito. Anche Mahatma Gandhi aveva attraversato Italia nel dicembre 1931 e anche lui aveva incontrato Benito Mussolini.

La foto di Tagore scattata da Mussolini è custodita in un museo dimenticato di Kerala nel sud dell'India, nel villaggio di G. Ramachandra, un discepolo di Gandhi e Tagore. Nella foto (da Outlook) qui sotto, si vede quella foto e Sr Mythili, l'attuale curatrice del museo.

Sr Mythili and Tagore picture

Potete leggere la storia completa sulla rivista indiana Outlook.

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venerdì 17 dicembre 2010

Natale e le altre religioni

Ieri c'era una notizia in La Repubblica, che parlava della scelta di una scuola italiana di non organizzare la consueta festa di natale per "rispetto verso i bambini delle altre religioni" presenti nella classe:
All’asilo ci sono tanti figli di genitori non cristiani e per questo le maestre decidono di non fare la tradizionale festa di Natale aperta alle famiglie. Ai bambini, per di più, non saranno insegnate canzoni su Gesù e Betlemme, ma solo quelle che parlano di renne e di Babbo Natale. La decisione del collegio dei docenti della scuola materna comunale di via Forze Armate 59 però non piace a tutti. A quei genitori che si lamentano, sostenendo che «la festa di Natale non fa male a nessuno», la direzione risponde con una lettera: la tradizionale “canzoncina per le mamme” non si farà, «data la presenza di un’alta percentuale di bambini appartenenti ad altre culture e religioni — si legge — e di stranieri appena ammessi alla frequenza, che non parlano neppure italiano».
Non è la prima volta che si sentono questo tipo di discussioni. L'anno scorso, anche a Londra parlavano di non avere i tradizionali addobbi e luci di natale per "non urtare" la sensibilità delle persone di altre religioni.

So che alcune persone di altre religioni approvano di queste scelte perché per loro non è accettabile che i loro figli imparano cose relative al cattolicesimo. Personalmente ho molti dubbi su questo tipo di ragionamenti. Penso che conoscere un'altra religione, o meglio ancora, conoscere altre religioni, non è soltanto bello, ma è fondamentale per le società multiculturali e multireligiose. Per i bambini festeggiare le feste religiose insieme è il modo più bello per rispettare e valorizzare le nostre diversità.

Secondo me, per rispettare i bambini delle altre religioni e culture presenti nelle classi, è importante celebrare non soltanto natale, ma anche le feste degli altri. L'Idd dei musulmani, Gurupurab dei sikh, Deewali e Holi degli indù, sono opportunità per i bambini di conoscere le altre religioni attraverso la gioia delle feste. Le società multiculturali e multireligiose, hanno bisogno di conoscenze reciproche e non di "ignoranze rispettose" che creano i ghetti.

La soluzione non è di non avere gli addobbi e le luci di natale sulle strade. La soluzione è permettere che le diverse comunità religiose presenti nelle nostre città, hanno la possibilità di praticare le proprie religioni e di festeggiare le proprie ricorrenze religiose, in maniera rispettosa dei valori civili dei paesi dove hanno scelto di vivere, senza suscitare paure e reazioni.

Avere una festa in più, non fa male a nessuno. Fanno male i muri e le diffidenze che stanno nascosti nei cuori.

mercoledì 8 dicembre 2010

I fiumi del cinema indiano a Firenze

Finalmente dopo tanti anni ieri sono riuscito a andare al festival del cinema di Firenze. Il festival River to River organizzato sotto la guida di Selvaggia Velo è il più importante appuntamento annuale con il cinema indiano in Italia che offre la possibilità di vedere il meglio del cinema d'arte indiana e di incontrare i suoi protagonisti. Per esempio, quest anno si ha la possibilità di vedere i lavori più importanti di tre registi bengalesi, Satyajit Ray, Aparna Sen e Onir. Sen e Onir sono presenti al festival con i loro ultimi film, insieme al Rahul Bose, il protagonista comune di questi film.

Inoltre, il festival offre la possibilità di vedere alcune delle novità del mondo di Bollywood in versione integrale (con le canzoni e la musica) e con i sottotitoli in italiano. I film più importanti in programma quest anno comprendono Ishqiya di Vishal Bhardwaj, Love Aaj Kal di Imtiaz Ali (con Saif Ali Khan), Rajneeti di Prakash Jha e Peeple Live di Anusha Rizwi.

Oramai il festival sta per concludere, ma se volete siete ancora in tempo per vedere qualche film importante. Il programma completo lo potete trovare sul sito di River to River Festival. Ho perso la prima parte del festival e mi dispiace molto sopratutto per aver perso la prima europea di Iti Mrinalini del regista e attrice, Aparna Sen e un film in lingua marathi, Maati Maay di Chitra Palekar, della quale avevo sentito parlare molto. Comunque, sono contento che alla fine ho potuto vedere almeno alcuni film.

Ieri, martedì 7 dicembre, ho parlato con il regista Onir. E' stata una conversazione molto interessante perché abbiamo parlato di un tema che mi sta al cuore - il tema dell'emigrazione. Stasera Onir presenterà il suo nuovo film I Am (Io sono) che dovrebbe uscire nelle sale in febbraio 2011. Ho contribuito anch'io a questo film, in quanto ho tradotto parte dei sottotitoli in italiano. Comunque non voglio anticipare altro, nei prossimi giorni scriverò di questa discussione. Oggi, 8 dicembre, spero di parlare anche con Rahul Bose e Aparna Sen.

Invece oggi voglio scrivere brevemente di film visti ieri.

Minimo Maharaja di Franco La Cecla è un lavoro in corso, ciò è un film non ancora completo, che presenta un piccolo ex-re di un piccola città di periferia in Gujarat. Lo spezzone presentato al festival parla sopratutto di una serata di canti organizzata dall'ex-re sulla storia e le imprese dei suoi antenati. Le spiegazioni di La Cecla, dopo il film sulla lingua Pingala usata per scrivere le storie famigliari dei reali locali, erano molto interessanti. Tra i collaboratori, il film riporta anche il nome del amico Dennys.

Mumbai. La cour des Peintres di Louise de Champfleury e Dominique Dindinaud, era sulla preparazione manuale di una grande tela per pubblicizzare il nuovo film di Karan Johar (Il mio nome è Khan), una arte in via di estinzione. Oramai i manifesti creati digitalmente hanno sostituito completamente le tele dipinte manualmente. Mentre proiettavano questo film, parlavo con Onir, per cui ne ho visto solo una parte.

Grant St. Shaving Co. (15') di Payal Sethi era primo dei 4 cortometraggi del pomeriggio sul tema dell'identità. Il film racconta un pomeriggio di ricordi a New York, quando un anziano venuto dall'India per visitare la sua figlia, va in giro per la città insieme a un fattorino e continua a vedere nei negozi e nelle strade, il fantasma di sua giovane moglie scomparsa molti anni fa. E' un film tenero e dolce.

Grant St. Shaving Co. by Payal Sethi

Looking For You (12') di Cary Rajinder Sawhney è ambientato in Inghilterra e in qualche modo somiglia al Grant St. Shavig Co. Con un linguaggio sintetico ma efficace, il film racconta la storia sul tema della reincarnazione.

Un uomo di mezz'età d'origine indiana accompagna la moglie per le compere e viene avvicinato da una giovane donna che lo avvicina, lo guarda in modo strano e dice, "Avevi detto che saresti venuto a prendermi. Sono salita sul treno e mi hanno ucciso." L'uomo ha uno strano flash, una visione di se stesso vestito in una kurta bianco insieme alla giovane donna. Intanto torna la moglie e lui torna a casa un po' perturbato. Poi vede la giovane donna ancora fuori dalla sua casa, che gli ripete le stesse cose. Questa volta la sua visione è dei giorni della separazione tra l'India e Pakistan, e dei disordini violenti tra gli indù e musulmani. La giovane donna si aggrappa a lui e piange disperata, è ancora intrappolata nei ricordi. Arriva una funzionaria che porta via la ragazza piangente, forse è scappata dai servizi psichiatrici.

Looking for you by Cary Rajinder Sawhney

The Road Home (21') di Rahul Gandotra riguarda Pico, un ragazzo di origine indiana, nato e cresciuto in Inghilterra che si trova in una scuola collegio molto prestigiosa nelle montagne in India. Il ragazzo con la pelle bruna, non si sente indiano, non sa parlare hindi, non vuole mangiare cibo speziato e parla con l'accento inglese, ma il colore delle sua pelle significa che per tutti lui è un ragazzo indiano. Il film è la storia di un giorno, quando Pico decide di scappare dalla scuola per tornare in Inghilterra e le persone che lui incontra.

La giovane ragazza francese dice a Pico, "Puoi essere entrambi, inglese e indiano", mentre il tassista dice, "E' il tuo destino, sei scuro di pelle e devi accettarlo che per tutti tu sarai indiano".

Road to Home by Rahul Gandotra

E' il film che mi ha stimolato di più per riflettere sull'identità. Il film parla di questioni che la maggior parte dei giovani emigrati, nati in Italia o venuti qui da piccoli, sperimentano sulla propria pelle. Anche se loro si sentono molto italiani, anche perché è l'unica patria che hanno mai conosciuto, comunque la prima domanda che le persone si fanno a loro è spesso, "Di quale paese sei?". In qualche modo, penso che la questione riguarda anche tutti i bambini di pelle scura o con la fisionomia non europea adottati in Italia.

Il quarto e ultimo cortometraggio di ieri era Kharboozey (19') di Rizwan Siddiqui. C'è un proverbio indiano che riguarda le kharboozey (meloni) - dice che si cambiano il colore come i camaleonti secondo a chi li vicino. Il film riguarda l'identità mussulmana in India, dove per paura di essere oggetti di violenze, due uomini mussulmani quando passano da una zona abitata da indù, fanno finta di essere indù. I due uomini che condividono un passaggio in un risciò, non si fidano uno del altro e del uomo che guida il risciò, e per non destare sospetti raccontano storie razziste contro i mussulmani.

Rizwan Siddiqui and Selvaggio Velo in Florenze, River to River Festival

Penso che il film sarebbe stato più interessante e efficace se finiva al momento quando i due uomini si incontrano inaspettatamente presso la casa di un famigliare. Invece il film continua con le immagini in bianco e nero delle persone mussulmane mescolate con immagini di esplosioni e morti, e poi alcune spiegazioni finali che i due l'avevano fatto per salvaguardarsi perché oramai il nome dell'islam è visto come sinonimo di bombe e terrorismo.

Ho parlato con Rizwan. Lui è di Lucknow e ha lavorato presso un'agenzia di pubblicità a Nuova Delhi. Lui continua a vivere e lavorare tra queste città. Kharboozey è suo primo film, realizzato con mezzi molto limitati a Lucknow, ed ha già guadagnato apprezzamento presso un festival del cinema in India. "Non ho piani per il futuro, preferisco non fare i piani. Voglio vivere quello che sarà. Sono una persona molto sicura e non mi piace pianificare", Rizwan ha detto, sottolineando il suo rapporto con la sua città natale, "mi piace andare in giro sulla mia moto con mai moglie e due figli, mi piace che dove vivo tutti conoscono il mio nome, il mio fruttivendolo conosce i nomi dei miei figli, questo rapporto con le persone con i luoghi è la cosa più importante per me."

Dei 4 cortometraggi visti ieri, i primi due parlavano di identità nel senso personale o privato, mentre gli altri due parlavano di identità sociale. Per quanto riguarda il linguaggio cinematografico, penso che i primi tre film erano molto più sofisticati, mentre il film di Rizwan era un po' più "raw". In modo diverso ho apprezzato tutti i film, ma mi ha stimolato di più il film di Rahul Gandotra, "The Road Home".

mercoledì 25 agosto 2010

Shahrukh torna su Rai Uno - Non dire mai addio

E’ confermato. Shahrukh Khan tornerà sugli schermi di Rai Uno il prossimo sabato. La serie “Stelle di Bollywood 2010” si concluderà il sabato 28 agosto con “Non dire mai addio” (nome originale, “Kabhi alvida na kehna”, regista Karan Johar, il titolo originale è la traduzione letterale del titolo italiano). Il film uscito nel 2006, non aveva trovato grande successo in India per il suo tema “contro le tradizioni indiane” ma era stato molto apprezzato dalla diaspora indiana che vive all’estero.

Non dire mai addio - Kabhi alvida na kehna

Dopo una serie di film mielosi, di amori infiniti e impossibili (Kuch kuch hota hai, Kabhi Khushi Kabhi Gham, Kal ho na ho), molto amati dal pubblico in India, “Non dire mai addio” ha segnato la maturità del regista Karan Johar e la sua entrata nel mondo adulto. Era sempre un film di Bollywood con le sue canzoni, le sue danze e i suoi colori, ma il suo tema era un tabù per la maggioranza degli indiani – divorzio e amore extra coniugale. Forse per evitare controversie in India, il film era stato ambientato nel mondo degli indiani emigrati in America, perché è più facile accettare “gli indiani lontani dalla madre patria abbiano dimenticato le tradizioni”.

Trama: Dev (Shahrukh Khan) è un giocatore di Rugby a Newyork ed ha appena firmato un contratto con un grande club. E’ sposato con Rhea (Preity Zinta), una donna in carriera e la coppia ha un figlio, Arjun (pronunciato Argiun). Dev incontra Maya (Rani Mukherjee), vestita da sposa e piena di dubbi, in un parco.

Non dire mai addio - Kabhi alvida na kehna
Maya è insegnante, e sta per sposare Rishi (Abhishekh Bacchan), il figlio di Samarjit o Sam, come lui preferisce essere chiamato (Amitabh Bacchan). Sam e Rishi sono la famiglia dove lei è cresciuta dopo la morte di suoi genitori. Si sente in debito verso Sam e Rishi, e per questo non ha coraggio di dirgli che lei non ama Rishi e non lo vuole sposare. E così lei scappa nel parco, non sa cosa deve fare.

Dev consiglia a Maya di dimenticare i dubbi e di sposare Rishi, “perché è la persona che l’ama”, e va via. Poco dopo aver lasciato Maya, Dev ha un incidente e si rompe il ginocchio. Così finisce la sua carriera del giocatore di Rugby.

Dopo 4 anni, Rhea e Dev incontrano Rishi e Maya. In questi 4 anni, tutti sono cambiati.

Rhea ha trovato grande successo, è la responsabile di un'importante rivista di moda americana e guadagna molti soldi, mentre Dev è pieno di rancore per il suo destino. Lui guadagna poco, si sente inferiore e incapace. Se la prende con il proprio figlio, “perché è una femminuccia, non è un giocatore di rugby, ma invece è un ragazzo timido che ama leggere i libri”.

Dall’altra parte, Maya è stanca del suo matrimonio e si sente in colpa perché non ama il marito e non può avere figli. Rishi non sa cosa fare per avere un po’ di amore dalla moglie e si sente frustrato.

Sam, il papà di Rishi, è sempre in giro con le ragazze giovanissime, vuole far vedere a tutti che fa il galletto in pollaio. Sam ha simpatia per Kamaljit (Kiron Kher), la mamma chiacchierona di Dev. I due diventano amici, anche se Kamaljit non approva il comportamento “poco dignitoso” di Sam con le ragazzine.

Dev si rende conto che Maya non è felice nel suo matrimonio, lui le confida che ne anche lui è felice nel proprio matrimonio. Entrambi sanno che il problema sta dentro di loro perché i loro coniugi sono persone buone e meravigliose. Dev e Maya si incontrano altre volte e nasce una simpatia tra loro due. All’inizio cercano di controllarsi, ma alla fine ammettono di amarsi. Ora devono decidere, se vogliono continuare con i loro matrimonio o vogliono realizzare il loro amore.

Commenti: Il film ha una visione molto occidentale dell’amore.

In India, i miei amici potevano capire la frustrazione e il rancore di Dev (Shahrukh Khan), perché è un fallito e guadagna meno della moglie, ma non riuscivano a capire il problema di Maya (Rani Mukherjee).

Come fa Maya a non amare suo marito Rishi, che è bello e simpatico e che l’ama, e come fa amare uno fallito come il petulante e pieno di rancore, Dev”, si chiedevano in India. In fatti il sistema dei matrimoni combinati in India, si basa sul amore che deve nascere tra due persone quando si sposano, anche se prima del matrimonio non si conoscono. Questa visione del matrimonio è qualcosa di culturale che pervade la società indiana e da quando sei un bambino o una bambina, senti che sarà così anche per te un giorno. E’ come una profezia che si realizza continuamente anche se ogni tanto questa visione si inceppa, soprattutto quando lo sposo o la sposa sono innamorati di qualcun altro.

Se sei cresciuto con questa logica, che il matrimonio dura per sette vite e il tuo futuro sposo o la tua futura sposa, verrà da te tramite il destino che opera dentro il meccanismo del matrimonio combinato, mentalmente sei preparato a amare la persona che sposi.

Invece, Maya non ragiona come le ragazze in India che sognano di innamorarsi della persona che sposeranno, lei ragiona alla maniera individualista all’occidentale, lei vuole sposare la persona della quale è innamorata.

Non la maltratta, non è un ubriacone o uno che va dalle altre donne, anzi l’ama. E’ lei non è anche una donna completa perché non può avere i figli! Come mai lei vuole lasciare il marito che la ama? Forse è matta? Non capisco queste ragazze moderne!”, aveva detto una mia zia dopo aver visto il “Non dire mai addio”.

In alcune scene, Rishi (Abhishekh Bacchan) si comporta da un bambinone e la sua caratterizzazione non è molto chiara, comunque Abhishekh Bacchan è bravo e raccoglie la simpatia del pubblico. Dall’altra parte, penso che il personaggio di Rhea (Preity Zinta) è più freddo e controllato.

La coppia principale, Shahrukh e Rani, devono interpretare ruoli più rischiosi in questo film. Potrebbe essere facile sentire antipatia per i loro personaggi, soprattutto per quello di Dev (Shahrukh Khan) che spesso si comporta male con tutti, soprattutto con il figlio. Rare volte nel mondo di Bollywood, abbiamo avuto un eroe così poco eroe e tanto villano. Comunque nonostante tutto, il film riesce a farvi sentire e capire i sentimenti e le frustrazioni di Dev e Maya, e così possiamo identificare con la loro storia d’amore.

Per gli spettatori occidentali, il film può sembrare una bella storia d’amore tormentato e niente di più, ma in India, solo i film d’arte (cinema d’essai) indirizzati alle fasce più istruite e consapevoli della popolazione, possono rischiare di dare messaggi “contro” le tradizioni. In questo senso, questo film dava dei messaggi forti, come per esempio la scena dove lo suocero (Sam, Amitabh Bacchan), sul letto dell’ospedale dice alla nuora, “Lascialo, non siete felici insieme, separatevi”.

Mi era piaciuto questo film e mi era piaciuto Shahrukh Khan in questo film, anche se era nella parte di un uomo imperfetto, qualche volta debole e egoista alla sua ricerca di se stesso.

Mi piaceva molto una canzone di questo film, “Mitwa” (“Compagno del cuore, ascolta quello che dice il battito del tuo cuore, non nasconderlo da te stesso ..). Non penso che faranno vedere questa canzone su Rai Uno, ma lo potete guardare su Youtube. E’ la canzone che presenta la fase iniziale di innamoramento tra Dev (Shahrukh Khan) e Maya (Rani Mukherjee). Tutte e due si comportano ancora da amici un po’ incerti dei sentimenti dell’altro ma entrambi hanno fantasie di un’intimità che deve ancora arrivare.

domenica 25 luglio 2010

Un appartamento per tre - Stelle di Bollywood

E' difficile sapere con anticipo i film programmati per il ciclo Stelle di Bollywood su Rai 1. Sul sito della Rai, le poche informazioni arrivano soltanto qualche giorno prima. Comunque sembra che il prossimo film, programmato per il 31 luglio sarà "Un appartamento per tre" (titolo originale "Dostana").

Un appartamento per tre - Dostana

"Dostana" (letteralmente "la storia dell'amicizia") è il primo film importante di Bollywood che parla di gay, anche se in maniera indiretta perché "i protagonisti non sono veramente gay ma solo facevano finta di essere gay".

Il film ambientato a Miami (USA) inizia con Samir (Abhishekh Bacchan) e Karan (John Abraham) che si incontrano casualmente alla colazione dopo una notte con le rispettive ragazze nello stesso appartamento. Samir è un infermiere mentre Karan è un fotografo. Dopo qualche giorno si incontrano di nuovo mentre cercano un taxi e poi scoprono che stanno andando allo stesso indirizzo, per vedere un appartamento in affitto. La padrona di casa gli informa che non può affittare le due camere disponibili a due scapoli, perché nella terza camera vivrà anche la sua nipote Neha (Priyanka Chopra).

I due rimangono abbagliati da Neha e decidono di far finta di essere due gay molto innamorati per poter abitare vicino alla ragazza nello stesso appartamento. "Se saremmo noi in casa, vigileremo sulla tua nipote e la proteggeremo", promettono alla zia di Neha (Sushmita Mukherjee), e riescono ad avere le due camere in affitto.

Karan deve fare la domanda per avere il suo permesso di residenza e scopre che i tempi di attesa sono più brevi per i gay, così chiede a Samir di far finta di essere gay anche all'ufficio municipale. La mamma (Kirron Kher) di Samir viene a sapere che suo figlio è gay e arriva a Miami da Londra per confrontare il suo figlio. Tra tutta la confusione, i due finti gay, continuano a cercare di avvicinare Neha, la quale li tratta solo da amici.

Un appartamento per tre - Dostana

Poi Neha si innamora del suo nuovo capo, Abhimanyu (Bobby Deol), che ha un figlio da un precedente matrimonio. Karan e Samir inventano un nuovo piano per allontanare Neha da Abhimanyu.

Come potete immaginare, si tratta di una commedia romantica, con il sottofondo del mondo gay di Miami. Il film uscito nel 2008, ha avuto grande successo in India. Durante i titoli di apertura, il film ha una danza dell'attrice Shilpa Shetty, diventata famosa in Europa qualche anno fa quando aveva partecipato alla reality Grande Fratello in Gran Bretagna.

In un piccolo ruolo (Murli o M, primo capo di Neha) c'è anche Boman Irani, uno degli attori più bravi di Bollywood, anche se in questo film non era molto convincente.

Dopo questo film, l'attore John Abraham è diventato il "sex symbol" di Bollywood. Se avete visto Water (l'Acqua di Deepa Mehta) uscito qualche anno fa, forse lo ricorderete più serio - in l'Acqua, John Abhram aveva interpretato il ruolo di Narayan, ragazzo innamorato della vedova Kalyani (Lisa Ray).

Un appartamento per tre - Dostana

domenica 1 novembre 2009

Marrazzo e la sessualità

Da diversi giorni penso alla storia di Marrazzo. Una mia amica mi ha scritto:

Mi ha molto impressionato la vicenda di Marrazzo. Ma perchè questi politici non riescono a tenere il pipino nei pantaloni? Mi stupisce il fatto che delle pulsioni sessuali siano così totalizzanti da far mettere a rischio la propria carriera, la propria vita.
Poi ho letto su L'Unità di domenica 25 ottobre, un intervista di Pippo Delbono, "Il Paese della falsa morale dove la sessualità è vergogna", dove lui dice:
Ma perché Boffo non dice: "Io sono gay"? Perché Marrazzo non dice: "Io sono gay"? E dillo! Si vergogna... E' un atto di responsabilità, un atto politico fondamentale dichiararsi ...
Non sono completamente d'accordo con Pippo Delbono - può darsi che Boffo o Marrazzo si sentono effettivamente omosessuali e si nascondono, e in questo caso Delbono avrebbe ragione, ma penso che la sessualità umana non è fatta di due paesi con le frontiere che si chiamano Eterosessualità e Omosessualità.

Il fatto che il movimento per i diritti delle persone omosessuali ha scelto di chiamarsi GLBT (Gay, Lesbian, Bisexual e Transgender) fa capire che la sessualità umana è più ampia di "eterosessualità" e "omosessualità". In fondo, parole come gay, lesbiche, bisessuali, ecc. sono solo delle etichette, sicuramente utili se dobbiamo parlare dei diritti negati, ma allo stesso momento possono essere delle gabbie che cercano di recintare le infinite variazioni della sessualità, intesa non solo come orientamento sessuale ma anche come bisogni affettivi e sentimentali delle persone.

Nella storia di Marrazzo vi sono due aspetti - il tradimento e la diversità, che forse sarebbero meglio separare.

In Italia, per certi versi sembra che il tradimento coniugale per sé non fa storia, sembra parte del comportamento umano, per cui accettato dalla società. Se lo scandalo Marrazzo coinvolgeva la sua storia con una donna, avrebbe avuto lo stesso impatto? Sarebbe diventato uno scandalo?

Invece penso che la diversità si che fa ancora scandalo, sopratutto se sei in una posizione di potere o di alta visibilità.

Il mondo è cambiato molto per quanto riguarda l'espressione dei gusti sessuali personali negli ultimi decadi, e continua a cambiare. Grazie a internet ed a nuove tecnologie, ogni piccolo gruppo di "diversi" può trovarsi e costruirsi una propria comunità, all'inizio virtuale ma poi anche reale, che li aiuta a sostenersi reciprocamente. Nei prossimi decadi, immagino che questo fenomeno diventerà sempre più evidente.

Invece torniamo alla domanda di mia amica, "perché gli uomini non riescono a tenere il pipino nei pantaloni"? Perché questi scandali riguardano quasi sempre gli uomini e non le donne? Le donne non hanno impulsi sessuali altrettanto forti?

In questi giorni sto leggendo un libro di Susan Parker, "Il paradosso dei sessi", dove lei parla delle differenze biologiche, sociali, culturali e comportamentali tra gli uomini e le donne. C'è tutto un capitolo dedicato all'influenza di testosterone sul cervello degli embrioni maschi e come questo cambia le loro interconnessioni neurali. Secondo lei, il testosterone rende gli uomini più spericolati, meno capaci di valutare i rischi ed a provare un piacere nelle situazioni di rischio. Forse la frase "testa di cazzo" si è evoluta sulla base di una verità ormonale e biologica?

La visita

Il nostro gruppo aspettava fuori nella piazza del Quirinale. Nel gruppo vi erano anche Jose venuto dall'America, Zilda venuta dal Brasile e Kofi venuto dal Ghana. Tutte le tre persone erano ospiti un po' particolari per il Quirinale. Erano venute in Italia per la canonizzazione di Padre Damiano e tutte le 3 persone avevano avuto la lebbra in passato.

Quando avevamo scritto al Quirinale per chiedere un incontro con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, avevamo spiegato l'importanza di questo incontro. "Oggi la lebbra è facilmente curabile. Quando le persone iniziano a prendere le medicine, diventano non contagiose quasi subito, per cui alla fine, oggi la lebbra dovrebbe essere una malattia come tante altre. Invece non è così. I muri di pregiudizi che circondano questa malattia, continuano ad essere alti come sempre e le persone che hanno avuto la malattia continuano a subire discriminazioni."

Per questo motivo, l'incontro con il Presidente Napolitano doveva essere un gesto simbolico forte, per far capire le persone che non vi era bisogno di avere paura.

Qualche giorno prima dell'incontro abbiamo saputo che il Presidente Napolitano era occupato ma che potevamo incontrare il segretario generale del Quirinale. Eravamo li per questo incontro.

Avevo sentito che per entrare al Quirinale vi sono controlli di sicurezza e non possiamo portare la macchina fotografica. Invece, quando siamo entrati, nessuno ci fermò o ci controllò. Avevo la macchina fotografica e scattavo diverse foto, e nessuno mi ha detto di lasciare la mia macchina fotografica fuori. Tutto il personale era molto cortese, molto gentile, ma mi è sembrato che nessuno si è avvicinato troppo a noi.

Mentre eravamo nella sala d'attesa, mi è venuto il dubbio che forse il personale del Quirinale aveva paura delle persone guarite dalla lebbra, e per questo nessuno ci aveva controllato o avvicinato. Ho avuto un attimo di paura che avremmo fatto una brutta figura davanti a questi ospiti venuti da altri paesi.

Invece il segretario generale del Quirinale, consigliere Donato Marrà è stato bravissimo. Ha ascoltato tutti senza mostrare segni di impazienza e alla fine, ha salutato i nostri tre ospiti con un abbraccio. Mi sono sentito orgoglioso di essere li come parte del gruppo italiano e i nostri tre ospiti si erano emozionati.


Alla fine mentre tornavamo Kofi ha detto, "E' una persona molto generosa e gentile. Non ho visto persone di suo livello comportarsi in questo modo!"

sabato 11 luglio 2009

Il G8 e Berlusconi nella stampa inglese


Forse Berlusconi non ha mai avuto degli ammiratori nella stampa inglese. Anzi, la maggior parte degli articoli sul tema che ho letto nei giornali inglesi anche negli anni passati, erano sempre critici verso la sua figura.

Non sono mai stato un ammiratore di Berlusconi, ma comunque, la ferocia degli attacchi contro di lui in questi giorni, mi ha sorpreso un po’. La critica di Berlusconi nella stampa inglese contiene una critica sottointesa di tutti gli italiani per dire come “che tipo di persone sono questi italiani che nonostante tutti gli scandali scelgono un tipo come Berlusconi?” Qualche volta, anch’io mi chiedo la stessa cosa, ma penso che l’attuale critica è diventata un po’ isterica e ipocrita.

L’ultimo numero di Internazionale (n. 803) riporta un editoriale di The Guardian, dove è scritto:

“La cosa più difficile da capire è se l’Italia, dopo un decennio di difficoltà economiche, abbia oggi i requisiti per sedere a un qualsiasi tavolo internazionale. Nel suo indice di libertà economica, che misura la libertà di lavorare, consumare e investire senza limitazioni imposte dallo stato, la Heritage Foundation mette l’Italia al 76° posto, dietro Kirghizistan, Mongolia e Madagascar. .. I politici italiani, insomma, sono considerati meno affidabili di quelli del Pakistan, della Bielorussia, dell’Azerbaigian, del Senegal e della Sierra Leone.”

Non so cosa sia l’Heritage Foundation ma questa fondazione forse misura la facilità con cui le multinazionali possono entrare e agire in un paese in un esempio di liberalismo sfrenato, e in questo caso, forse è meglio così che il governo italiano non ha completamente dimenticato le proprie responsabilità. Comunque, secondo me fare questo tipo di paragoni, non è da una persona normale. Probabilmente, l’autore non è mai stato fuori dall’Europa, e sicuramente non è stato in Pakistan or Sierra Leone o in altri paesi che nomina.

L’altro giorno ero a Londra e sul giornale serale, The Evening Standard di 9 luglio, ho trovato un articolo di Rachel Johnson, “Shame on the no shows for the Silvio’s big day” (Vergogna a tutti quelli che hanno deciso di abandonare il grande momento di Silvio). In questo articolo, pieno di sprezzante sarcasmo, la signora Johnson parla di Mara Carfagna come “un ex modella che posava in nudo e era stata una delle concorrenti al concorso di Miss Italia”. Non so molto della signora Carfagna, e se la conoscessi forse non mi piacerà né anche lei, ma parlare di una persona in questi termini mi sembra tanto sessista e bigota. Le ragazze che posano in nudo o le concorrenti di Miss Italia sono tutte ragazze senza cervello da disprezzare, secondo lei. Dato che la signora Carfagna, già fa la ministra da molti mesi, sarebbe stato meglio parlare del suo lavoro come ministra e criticare suo operato invece di lanciare attacchi contro la sua persona.

Concordo pienamente che il cosidetto “pacchetto sicurezza” varato dal governo italiano contiene misure populiste vergognose, ma il comportamento del governo inglese riguardo le misure contro gli emigrati non mi sembrano poi così tanto diverse.

Mi ricordo ancora gli orrori dei test di verginità ai quali venivano sottoposte le ragazze asiatiche che venivano in Regno Unito per sposare un inglese-asiatico. Non so se queste misure sono ancora vigenti. Mi ricordo anche i racconti di violenze anti-"paki" e anti-neri in Regno Unito, che mi facevano tanto paura qualche decennio fa, quando ancora l’Italia non conosceva il fenomeno dell’emigrazione.

Penso che il Regno Unito ha avuto più tempo per fare i conti con l’emigrazione e forse ha trovato un suo equilibrio oggi, mentre gli italiani stanno ancora cercando di abituarsi al fatto che anche le persone di pelle nera o con gli occhi a mandorla possono essere italiani. In questo senso forse la violenza contro gli stranieri in Italia può essere paragonata alla violenza contro gli stranieri in Regno Unito degli anni settanta e ottanta, e che forse anche Italia troverà un suo equilibrio, sopratutto se avrà i governi capaci che non vorrano cavalcare l’onda populista e avrà le nuove generazioni cresciute in classi miste di oggi.

E’ vero che in The Evening Standard, quando parlano di persone di origine straniera, non parlano delle origini delle persone, usano soltanto il nome e cognome, e basta. Per esempio, nello stesso giornale del 9 luglio, c’è la notizia del suicidio del giovane manager Anjool Malde e la notizia del racket per i DVD pirati gestiti da famiglia Khalid Sheikh, due nomi chiaramente “non inglesi”, ma le notizie parlano di loro come qualsiasi persona inglese senza parlare dei loro origini. Dal articolo essi sembrano cittadini inglesi e basta, il loro origine non è importante.

In confronto, in Italia ogni volta che succede qualcosa, i giornalisti insistono a nominare le origini delle persone, parlano di romeni, marrochini, pakistani, ecc. in toni che suscitano diffidenza e rabia contro gli stranieri. Anche quando la persona ha la cittadinanza italiana, i giornalisti italiani né parlano in termini che sottolinea le loro origini straniere (per esempio, “egiziano con passaporto italiano”, quasi per dire che la persona non è veramente italiana), per non riconoscere il loro diritto di considerare l’Italia come il proprio paese. La parola “extra-comunitario” che piace così tanto ai giornali italiani, avrà tutte le sue gistificazioni burocratiche ma penso che sia una parola molto violenta, perché esclude le persone di considerarsi parte di una comunità dove vive.

Ma forse questo atteggiamento dipende dal fatto che come molti italiani, molti giornalisti non si sono ancora abituati a questa Italia multietnica e multiculturale, e spero, con tempo le nuove generazioni di giornalisti sapranno essere più realiste e meno razziste.

Non voglio dire che dobbiamo smettere di lottare contro le leggi ingiuste e la società ingiusta, ma allo stesso tempo, non si può disprezzare e denigrare tutto il paese solo perché Berlusconi non ci piace.

martedì 7 luglio 2009

I due fratelli - Gil Rossellini e Raja Dasgupta



Alcune persone nascono nel segno del destino, che le prende e poi disegna per loro delle vite improbabili che sembrano inventate dalla fantasia di qualche scrittore. Anche la storia dei fratelli Raja e Gil sembra scritta da uno scrittore.

Circa 9 mesi fa, il 3 ottobre 2008, Gil è morto a Roma. Non aveva ancora compiuto 52 anni. Con la notizia della sua morte, i giornali italiani hanno parlato di lui come il “figlio adottivo di Roberto Rossellini, che fu compagno della donna indiana Sonali Dasgupta”. Insieme, vi erano poche righe sulla sua malattia a causa della rara patologia che l’aveva costretto su una sedia a rotelle negli ultimi anni e sull’ultimo episodio del suo documentario riguardo alla sua malattia, “Kill Gil volume 2 e ½”.

Non ho mai avuto l’occasione di conoscere Gil Rossellini, ma conosco suo fratello maggiore, Raja Dasgupta, che fa il regista e vive a Calcutta in India con sua moglie, l’attrice Chaitali e con suo figlio e giovane regista, Birsa Dasgupta.



Inizio della storia: Vorrei iniziare questa storia dagli eventi alla fine del 1956 e all’inizio del 1957 che avevano coinvolto i loro genitori, quando Raja aveva 4 anni e Gil aveva pochi mesi e ancora si chiamava Arjun, come l’eroe guerriero del poema epico indiano Mahabharata.

Raja e Arjun, erano figli di Harisadhan e Sonali Dasgupta.Quando nacque a Bombay il suo secondogenito Arjun, il 23 ottobre 1956, Harisadhan aveva 34 anni, era un regista benglaese molto stimato, compagno, collaboratore e amico di registi come Satyajit Ray. Il primo figlio, Raja, era nato nel 1952.

Nel frattempo, il famoso regista italiano, Roberto Rossellini, che allora stava con l’attrice svedese Ingrid Bergman, fu invitato in India dal primo ministro indiano, Pandit Jawahar Lal Nehru con l’idea di girare un film sull’India.

In dicembre 1956, quando Roberto arrivò in India, aveva 51 anni. Sonali fu assunta come una sua collaboratrice per le riprese del film. La storia d’amore tra il regista italiano e la donna sposata e madre di 2 figli, aveva suscitato grande scandalo e i giornali chiedevano l’allontanamento di Rossellini dall’India.

Nel settembre 1957, circa 9 mesi dopo l’arrivo di Roberto in India, una notte Sonali arrivò con il piccolo Arjun in braccio all’hotel di Roberto a Bombay. Avevano deciso di sfuggire a Delhi e poi in Europa. Sonali viaggiò in treno a Nuova Delhi accompagnata da Husein, travestita come una signora musulmana.

Nonostante le proteste popolari contro questa storia d’amore proibito, il primo ministro indiano Pandit Nehru e la sua figlia, Indira Nehru Gandhi, aiutarono Roberto e Sonali a lasciare l’India, insieme al piccolo Arjun. Due mesi dopo, a Parigi, Sonali partorì una bambina, Raffaella.

La trasformazione di Arjun in Gil: In Italia, Arjun Dasgupta fu legalmente adottato da Roberto e diventò Gil Rossellini.

Suo fratello maggiore, Raja, non si ricorda il trauma di quei giorni, dice che era circondato dai nonni, zii, zie e cugini della famiglia allargata e non aveva sentito la mancanza della mamma.

In Italia, anche Gil si trovò subito circondato da una grande famiglia, composta dai figli che Roberto aveva avuti dalle sue precedenti unioni con Marcellina e Ingrid. Gil aveva un buon rapporto con il padre adottivo Roberto e si identificava con lui, come si può intuire dalla sua passione per le macchine da corsa, dichiarata in un’intervista al festival del cinema di Venezia nel 2005, “Quella per la Formula 1 è sempre stata una mia passione. E' una cosa che ho nel sangue. La zia di mio padre, la baronessa Maria Antonietta Avanzo, correva per la Ferrari alla fine degli anni Venti e mio padre corse anche la Mille Miglia".

Dall’altra parte, la stampa italiana parlava di lui quasi sempre come “il figlio adottivo”, forse questo urtava la sua sensibilità? Gil aveva ereditato anche il colore della pelle più scura da suo padre naturale, e forse anche questo creava qualche difficoltà per lui, sopratutto quando era giovane?

Per esempio, Palmira Rami, moglie del giardiniere di Villa Bergman a Santa Marcellina (RM) si ricorda così l’infanzia di Gil, “Roberto era andato in India ed aspettava lì l'arrivo di Ingrid ma Ingrid non vi andò, stava girando un film con Lars e così Roberto tornò dall'India con una nuova fiamma, la bellissima Sonali. Avevo grande simpatia per il figlio Jill, un simpaticissimo negretto che Sonali aveva avuto dal suo precedente marito. Ricordo che mio figlio Sergio non voleva giocare con Jill, perché aveva paura e i grandi sforzi di Giovanna Ralli per cercare di convincere Sergio a giocare con Jill. Jill era un bambino molto buono e faceva di tutto per guadagnarsi l'amicizia di mio figlio. Jill era un bambino molto sensibile e soffriva molto quando nella villa veniva tanta gente e lui essendo scuro di pelle si sentiva molto osservato, allora correva da me e da Iva la cuoca e si metteva a piangere dicendo che voleva essere un bianco.”

Gil studiò a Roma e poi, nel 1971 si trasferì in America, dove frequentò l’Università di Rice e l’università di Houston. Dopo gli studi universitari, lui lavorò come musicista a Houston per sei anni fino al 1980.

Nel 1984 quando oramai aveva 28 anni, Gil aveva incontrato suo padre naturale, Harisadhan Dasgupta, per la prima volta dopo la fuga dall’India nel 1957. Non tornò per incontrare Harisadhan altre volte, ma era rimasto in regolare contatto con il fratello Raja. Harisadhan si ritirò dal mondo dal cinema nel 1986 e morì a Santiniketan nel 1996.

Raja sceglie il mondo del cinema: Raja aveva frequentato la scuola Calcutta Boy’s school e poi si era laureato presso l’università di Nuova Delhi nel 1974, l’anno in cui incontrò anche sua madre per la prima volta dopo un intervallo di 17 anni.

Tra il 1976 e il 1982, Raja ha assistito il padre nella realizzazione di diversi documentari. Ha realizzato il suo primo documentario nel 1979, “Una canzone per Birsa”, vincitore del premio dei giornalisti per il migliore documentario. Quello stesso anno era nato suo figlio Birsa.

Negli ultimi 30 anni, Raja ha girato un centinaio di film, tra i quali telefilm, documentari, pubblicità e fiction. (Completa filmografia di Raja Dasgupta)

Raja si presenta come una persona molto tranquilla e calma. Quando gli chiedo di parlare di quegli anni, quando sua madre era andata via con suo fratello, lui risponde senza grande enfasi, “Per molti anni non lo sapevo, ero circondato da parenti e dalla famiglia!” Dice anche che non sente nessun rancore per quello che era successo tra i suoi genitori e che ha un rapporto tranquillo con la madre.

Gli anni di lavoro di Gil: Nel 1981 Gil iniziò a lavorare nell’ ambito della produzione cinematografica a New York, e continuò in questo campo fino al 1984. In questo periodo, lui aveva partecipato nell’ equipé di diversi film compreso “Il re della commedia” di Martin Scorsese e “C’era una volta in America” di Sergio Leone.

Nel 1984 Gil iniziò la sua carriera di regista, scrittore, produttore di film, cortometraggi, documentari, reportage, video musicali e eventi multi-mediali, dando avvio al “Rossellini & Associates” che aveva uffici in New York (USA), Roma (Italia) e Nuova Delhi (India).

I suoi più importanti lavori (film e documentari) sono stati realizzati tra il 1985 e il 2004.

Lui si era sposato con Eddy Fortini e poi la coppia aveva divorziato. Sembra che non avessero figli. Eddy è venuta al festival del cinema di Roma in ottobre 2008, per presenziare la proiezione di “Kill Gil 2 e ½”, dopo la scomparsa di Gil.

La tragedia improvvisa: La tragedia arrivò con passi felpati nell’autunno del 2004, quando un giorno Gil scivolò nella vasca da bagno a Roma e batte le testa contro un vecchio specchio. Fu portato al pronto soccorso e gli fu riscontrata una ferita e una contusione. Tornò a casa incerottato e con un collarino. Il 19 novembre 2004, era al festival del cinema di Stoccolma in Svezia per presenziare la proiezione di “La Principessa di Ledang”, quando avvertì un malore e all’improvviso entrò in coma. I medici del Karolinska institute di Stoccolma gli diagnosticarono una rara infezione da stafilococco, dovuta al trauma nel bagno a Roma.

Dopo 3 settimane di coma e dopo diversi interventi, Gil aveva ripreso coscienza, ma oramai aveva paraplegia ed è stato trasferito in una clinica specialista in Svizzera, dove è rimasto fino al 2005, ed è uscito su una sedia a rotelle.

Negli ultimi anni, oltre alla sua passione per il cinema, Gil era diventato anche un sostenitore dei diritti delle persone con disabilità. In un’intervista rilasciata nel 2006, Gil aveva detto, “Vi siete mai chiesti perché mai si vedono così pochi disabili in Italia? Molti si vantano dicendo che siamo un popolo di persone sane. Ma non è vero: sono tre milioni gli italiani disabili. Tre milioni di persone che non escono di casa.”

Così con il “Kill Gil 2”, Gil si era deciso "ad affrontare non con mano pesante e, senza fare comizi, l'impossibilità di abitare a Roma per chi vive questa condizione. E parlo di Roma solo perché è la città in cui vivo, non solo per i problemi oggettivi di questa città piena di saliscendi, ma per il fatto che anche quando l'amministrazione ha lavorato bene si incontra l'indifferenza della gente. Negli scivoli per i portatori di handicap trovi parcheggiati dei motorini e anche nei posti auto riservati sono occupati da chi non ha il permesso".

Conclusioni: Raja e Gil, due fratelli, cresciuti migliaia di chilometri lontani uno dall’altro, avevano trovato la stessa passione del cinema, quello che riuniva anche i loro padri, Harisadhan e Roberto. Il destino aveva preso per mano Gil e gli avevo dato la possibilità di crescere circondato dal mondo del cinema internazionale, mentre Raja è rimasto più ancorato al cinema bengalese.

Forse dentro di sé Gil portava le ferite dal suo passato, ma sembra che alla fine avesse trovato un suo equilibrio. Quando tutto sembrava procedere per il meglio per lui, all’improvviso, il destino era intervenuto di nuovo, portando Gil in una direzione inaspettata, fino alla sua scomparsa.

Con l'aiuto di Gil, Raja pensava di realizzare un film sulla vita di Mir Zafar, un personaggio della storia indiana ai tempi del colonialismo inglese. Dice, “Questo film ha bisogno di sostegno internazionale. Gil era entusiasto all’idea del film. Ma dopo la sua scomparsa, penso che il mio sogno resterà solo un sogno.”

Raja spera che la sua eredità artistica troverà una nuova direzione tramite suo figlio Birsa. In questi giorni, Birsa ha finito il primo film “033” che dovrebbe uscire nelle sale cinematografiche indiane fra 1-2 mesi. Il lavoro di Birsa ha ottenuto importanti riconoscimenti ed è considerato tra i più importanti registi emergenti del cinema bengalese indiano.

Lo scandalo per la storia d’amore tra Roberto e Sonali ormai è una pagina sbiadita della storia.


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