martedì 16 settembre 2014

Nella terra degli sfollati

I villaggi intorno a Kesla nella parte centrale dell'India (provincia di Madhya Pradesh), sono circondati dalle foreste e sono pieni di sfollati - persone che hanno dovuto lasciare le loro terre e le loro case più volte negli ultimi decenni. In agosto ho visitato Kesla durante la mia ricerca per un progetto di salute comunitaria dove posso impegnarmi per i prossimi anni della vita.

Durante questa visita, oltre a tutto il resto, mi sembra di aver "scoperto" degli strani buchi nella roccia vicino al fiume di Kesla - ho pensato che potevano essere le tracce dei dinosauri. Forse un geologo o archeologo potrà darci una spiegazione corretta di questi buchi!

Questo post presenta alcuni appunti dal mio diario di Kesla. Iniziamo il post con una immagine che presenta le simpatiche scimmie langour dalla faccia nera, molto comuni a Kesla.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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La persona che mi aveva invitato a visitare Kesla era un mio omonimo, si chiamava Sunil. Aveva un dottorato in economia ma poi invece di cercare carriera, all'inizio degli anni 1980 aveva deciso di vivere a fianco dei gruppi indigeni di Kesla e a lottare con loro per i loro diritti. Era accompagnato da sua moglie Smita e da un amico Rajnarain. Dopo qualche anno, Rajnarain era morto in un incidente stradale ma Sunil e Smita erano rimasti là.

Durante gli anni 1990, affiancati da Sunil e Smita, gli indigeni sfollati dalle loro terre per la costruzione di una grande diga sul fiume Tawa, avevano lottato con il governo statale per il loro diritto di pescare nel grande lago della diga. Alla fine, il governo aveva accettato le loro richieste. In seguito, Sunil aveva aiutato i pescatori indigeni a costituirsi in cooperative ed a creare una federazione delle cooperative. Il successo dell'iniziativa aveva attirato l'attenzione di molti attivisti e ambientalisti da diverse parti dell'India. (Nell'immagine sotto, il lago creato dalla diga sul fiume Tawa).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

In ottobre 2013 avevo scambiato alcuni email con Sunil e lui mi aveva proposto di andare a lavorare con il suo gruppo per avviare un piccolo progetto di salute comunitaria nel villaggio di Kesla. Purtroppo alcuni mesi dopo, in aprile 2014, a 54 anni la vita di Sunil era stata stroncata all'improvviso da un'emorragia cerebrale.

Quando ero arrivato in India all'inizio di luglio, non sapevo se valeva la pena di andare a visitare Kesla. Invece poi Smita mi aveva assicurato che lei era intenzionata a proseguire il suo lavoro tra gli abitanti di Kesla e mi aveva rinnovato l'invito ad andare a visitarli.

Kesla è un piccolo villaggio di circa 2000 abitanti. Si trova sulla strada statale che collega il capo luogo distrettuale Hoshangabad alla città di Nagpur. A Kesla ero ospite presso la casa di Smita, in un altro villaggio vicino, Bhumkapura. Circondato da colline e da foreste, tutta l'area è molto bella. (L'immagine sotto presenta i pescivendoli al mercato settimanale del villaggio di Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Gli gruppi indigeni di Kesla

I residenti dei villaggi intorno a Kesla comprendono due gruppi indigeni - i Korku e i Gond. Alcuni villaggi hanno la maggioranza Korku mentre altri hanno i Gond.

Felix Poudel, un famoso antropologo indo-inglese, sposato con una signora Gond e studioso dei gruppi indigeni indiani, ha spiegato nel suo libro "Sacrificing people" che diversamente da quanto succedeva negli altri paesi, in India i gruppi indigeni non vivevano completamente isolati, anzi erano in contatto con la maggioranza indù da più di due millenni. Alcuni gruppi indù, sopratutto le caste chiamate "basse", avevano una lunga tradizione di vivere nei villaggi indigeni e di occuparsi di alcuni compiti specifici. Nonostante questi scambi e contatti, i popoli indigeni continuavano a mantenere le proprie tradizioni, lingue, abitudini alimentari, modi di vestirsi, ecc.

Questo equilibrio tra i popoli indigeni e il resto dell'India durato millenni, si è trasformato negli ultimi decenni grazie alla globalizzazione. L'arrivo della TV satellitare e gli altri cambiamenti sociali come le scuole private hanno contribuito a questo cambiamento. Uno dei leader della comunità Korku mi ha spiegato, "Tutti pensano che essere un adivasi (persona indigena) significa essere un po' selvaggio, non civilizzato. Anche i nostri bambini la pensano. Per cui, non vogliono parlare la nostra lingua, preferiscono parlare l'hindi. Abbiamo le scuole private dove ti insegnano che è meglio parlare l'inglese. Le scuole gestite dai missionari sono le più ambite perché ti insegnano a parlare l'inglese molto meglio ed a diventare un sahib. Dalla scuola e dalla società i nostri figli hanno imparato a vedere le nostre abitudini tradizionali come qualcosa di inferiore. Da queste scuole, e dalla TV, si impara a disprezzare tutto quello che riguarda la nostra cultura tradizionale - le nostre danze, la nostra musica, la nostra lingua, il nostro modo di coltivare e di mangiare."

Per cui quando vedi per strada una persona, non puoi riconoscere se la persona appartiene ad un gruppo indigeno e a quale gruppo. Le loro tradizioni si stanno sparendo. Oramai, anche nei villaggi indigeni si celebrano feste indù come quella di Ganesh, con tanto di musica di Bollywood suonata a volumi altissimi da un DJ.

Dall'altra parte vi sono dei programmi governativi di assistenza per i gruppi indigeni per accedere ai quali, le persone hanno bisogno di ricevere un certificato che attesti la loro appartenenza al gruppo. Sempre più spesso le persone incontrano difficoltà a convincere gli ufficiali che sono "indigeni" perché hanno oramai abbandonato i loro costumi e modi di essere tradizionali.

Tutto questo è emerso durante le riunioni con i diversi gruppi indigeni nei dintorni di Kesla (nell'immagine sotto, una riunione con le studentesse indigene presso la scuola superiore ki Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

La vita nei villaggi è molto spartana. Le persone vivono a stretto contatto con gli animali. Manca la rete fognaria e l'acqua corrente nei villaggi. Poche famiglie hanno un toilet. Fare il bagno significa lavarsi in pubblico vicino alla pompa dell'acqua. La maggior parte delle famiglie ha poche cose - per esempio, nonostante il grande caldo, quasi nessuno aveva i ventilatori (a parte che spesso mancava la corrente elettrica per cui avere il ventilatore non avrebbe cambiato niente! La prossima immagine presenta una bimba che fa il bagno all'aperto nel villaggio di Chakpura.)

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Gli sfollati di Kesla

Intorno a Kesla, diversi villaggi hanno dovuto lasciare le loro terre ancestrali ed a cercare nuovi insediamenti. Il primo gruppo di sfollati erano le persone che vivevano intorno al fiume Tawa. Erano stati costretti a lasciare le loro terre quando il governo aveva deciso di costruire la grande diga di Tawa negli anni 1960-70. Negli anni 1980 erano arrivato i militari per costruire una grande fabbrica di materiale bellico e le bombe, costringendo altre famiglie a lasciare le loro terre.

Qualche anno dopo, avevano preso una lunga striscia di altra terra  per fare le prove delle bombe e degli ordigni esplosivi. Una parte di villaggi sono stati costretti a lasciare le loro terre mentre altri villaggi sono rimasti isolati, obbligati a fare dei percorsi lunghissimi per uscire. (La seguente immagine mostra la mappa della zone è stato costruito il centro per prove sugli ordini esplosivi).

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Alla fine, sono arrivate le riserve naturali per le tigri e per gli altri animali. Per questo motivo, molte delle foreste intorno a Kesla sono state dichiarate "zone protette" per la salvaguardia degli animali.

Negli ultimi anni, il governo si è impegnato a risarcire i danni alle famiglie sfollate ma per decenni le persone sono state costrette a lasciare le loro terre senza nessun o con un minimo di sostegno. Stanche di essere costretti a cambiare case, la maggior parte delle persone ora chiedono adeguati risarcimenti per lasciare i loro villaggi e alcuni altri gruppi hanno rifiutano di lasciare.

Personalmente penso che creare le zone protette e salvaguardare la natura sia un'ottima scelta, ma si deve trovare un modo migliore per coinvolgere le popolazioni locali in queste iniziative affinché la costruzione della riserva naturale non sia solo qualcosa per i turisti ma diventi anche un modo di migliorare la vita delle persone locali. Non sono stati gli indigeni a tagliare le foreste, a distruggere l'ambiente o a uccidere le tigri - anzi, le loro vite sono molto rispettose della natura - non è giusto che siano completamente allontanati dalle loro foreste senza cercare delle nuove sinergie di vita tra loro e le riserve naturali.

L'area è ricca di bellezze naturali ma è sprovvista di molti servizi. Le prossime due immagini presentano - il fiume Sukhtawa e  "un'ambulanza locale" per il trasporto all'ospedale di una ragazza malata.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Il gruppo di Kesla

Smita mi ha introdotto a tanti attivisti e volontari che collaborano con lei per promuovere lo sviluppo nelle comunità locali. Per esempio, signor Phag Ram è un leader comunitario Korku. E' membro del consiglio regionale di Kesla.

La signora Bistori è una giovane donna Korku, anche lei è una volontaria. Ha seguito un corso per fare l'operatrice sanitaria e promuove l'educazione alla salute nei villaggi. Quando me l'avevano presentata, mi sembrava che il suo nome forse "Bisturi" e l'avevo spiegato il significato della parola in italiano. Invece lei mi aveva spiegato che il suo nome nella lingua Korku significa giovedì. (nell'immagine seguente, Bistori con i ragazzi del villaggio mentre li spiega l'importanza di lavare le mani).

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Un'altra attivista-volontaria, Guliya Bai appartiene alla casta dei Lohar, i fabbri - una delle caste indù considerate "basse", che vive in un villaggio Gond.

Le caste e i templi di Pachmadhi

Ho incontrato un segno potente del cambiamento che l'India tradizionale sta affrontando durante un viaggio alle montagne di Pachamadhi vicino a Kesla. L'autista della nostra macchina si chiamava Dubey, ed era un bramino. Lui era un grande amico di una delle persone del nostro gruppo - Rajeev, una persona della casta degli intoccabili. Vedere loro due a scherzare ed a chiacchierare durante il viaggio e poi, a mangiare insieme, era un'sorpresa molto piacevole per me - vuol dire che anche nei villaggi lontani finalmente qualcosa inizia a cambiare.

Rajeev, il ragazzo della casta degli intoccabili, è un insegnante di storia presso una scuola superiore. Secondo lui, molto è cambiato oggi per quanto riguarda l'atteggiamento delle persone verso le caste intoccabili, anche se ogni tanto lui deve fare i conti con le discriminazioni.

Il viaggio alle montagne di Pachmadhi era stato organizzato per tutto il gruppo di volontari di Kesla. Quando me ne avevano parlato avevo immagino delle passeggiate e magari un picnic all'aperto. Invece, la visita era completamente dedicata ai pellegrinaggi ai vari templi della zona. Nella spiritualità indù, le montagne sono considerate sacre e il Pachmadhi è piena di luoghi collegati ai miti e alle legende dell'induismo e delle religioni indigene.

Purtroppo quel giorno pioveva quasi sempre, per cui non era possibile visitare i vari templi con calma. Comunque, era una giornata di svago molto piacevole. (Le prossime immagini presentano due templi di Pachmadhi).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Un viaggio a Bhopal

Un altro giorno siamo andati a Bhopal per una riunione. Bhopal è la capitale della provincia di Madhya Pradesh, ed è a circa 2 ore di treno da Kesla. Nella mia testa, l'immagine di Bhopal è inesorabilmente legato alla tragedia di Union Carbide, il disastro chimico con migliaia di vittime nel 1984. L'avevo sempre immaginato come una città secca e polverosa. Invece sono rimasto sorpreso da questa città, piena di colline verdi e di laghi, molto diversa da come l'avevo immaginato.

La parte più bella di questo viaggio era una visita al Manav Sanghrahalaya, il museo antropologico di Bhopal. Il museo è pieno di informazioni sulle leggende e sui miti dei gruppi indigeni. Ero al museo per circa 4 ore ma avrei potuto passare delle giornate intere in questo museo senza stancarmi. Penso che sia uno dei più belli musei che mai visitato. Se vi interessano le culture indigene, non perdete questo museo. (Due immagini del museo nelle prossime foto).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Progetto sanitario a Kesla

L'obiettivo della mia visita a Kesla era di valutare l'opportunità di avviare un progetto sanitario. Dopo lunghe discussioni sono arrivato alla conclusione che attualmente non vi sono le condizioni adatte per avviare un'attività del genere.

Il primo problema è la mancanza di altre figure che possono sostenermi in un progetto sanitario - penso che il bisogno è enorme e da solo, non potrò fare fronte a questo bisogno. Per avviare qualcosa del genere, avrò bisogno di altre figure.

Inoltre, loro non hanno nessuna infrastruttura per avviare un ambulatorio e non vi sono fondi per costruire qualcosa di nuovo.

Loro (Smita e altri attivisti e volontari) non vogliono prendere i fondi del governo perché pensano che ciò  comprometterebbe le loro lotte per i loro diritti. Non vogliono ne anche i fondi stranieri perché pensano che le agenzie straniere che finanziano i progetti in India sono parte di grandi corporazioni e/o multinazionali, e loro non vogliono niente dalle multinazionali.

Ho parlato a loro di AIFO, come è organizzata e come funziona, per spiegare che anche le ong straniere possono essere basate sugli ideali, ma ho dovuto ammettere che AIFO era l'unica associazione di questo tipo che conoscevo e che nei 30 anni di lavoro internazionale, non ne avevo incontrata un'altra organizzazione europea simile basata sui principi di partecipazione e democrazia.

Alla fine ho suggerito al gruppo di Kesla di aspettare per l'avvio del progetto sanitario e invece di avviare un piccolo programma di riabilitazione su base comunitaria (CBR) per aiutare le persone con disabilità dei villaggi, perché la possono avviare con le proprie forze senza chiedere i fondi a nessuno.

Abbiamo organizzato alcune riunioni nei villaggi per parlare dei problemi sentiti dalle persone con disabilità. (Le prossime due immagini presentano le riunioni comunitarie sulla disabilità).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Alla fine, questo mio suggerimento è stato accolto dal gruppo e hanno deciso di condurre una piccola indagine per capire quante persone disabili vi erano nei villaggi. Ho promesso a loro di tornare a Kelsa periodicamente per sostenere i loro sforzi e per la formazione sulla CBR.

Le orme dei dinosauri

Il fiume Sukhtawa, letteralmente il fiume secco, passava dietro la casa di Smita. Una mattina durante una passeggiata lungo il fiume, ho visto due buchi rotondi nella roccia basalto ai margini del fiume. Ogni buco poteva contenere 3-4 zampe di elefante. Avevo letto che questa rocca è vecchia milioni di anni, è tra quelle più dure e costruire dei buchi in questa roccia non è semplice. Per ciò mi sono chiesto - chi aveva fatto quelli buchi e quando? Come erano riusciti a tagliare i buchi con i bordi così netti?

All'improvviso ho pensato alla scena di un dinosauro bloccato nella palude in qualche film - potevano essere le impronte di un dinosauro? Dopo quella volta, ne ho trovato molti altri buchi lungo il fiume, alcuni più piccoli, altri ancora più grandi.

Non so se qualcuno può provare se questi buchi sono segni dei dinosauri, ma per me da quella mattina, quella era diventata "la passeggiata dei dinosauri". Nessun altro a Kesla ha voluto a sostenere questa mia tesi che quelli buchi potevano essere i segni lasciati dai dinosauri, quando la roccia non era così compatta e magari vi era una palude in quell'area! (Le prossime 3 immagini presentano alcuni buchi rotondi ai margini del fiume Sukhtawa)

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Voi cosa ne pensate di questi buchi? Come si erano formati?

Gli alberi di Kesla

Lungo il fiume, vi sono delle foreste di alberi - la maggior parte degli alberi sono di sagon (Tek), con il legno pregiato.

Invece negli interni, vi erano molti alberi di Mahua. E' l'albero favorito dei gruppi indigeni indiani - il suo frutto è usato per creare un liquore molto usato dai gruppi indigeni. Produrre e vendere il liquore di Mahua è contro la legge ma più volte ho trovato alcuni gruppi a distillare questo liquore lungo il fiume. (Nell'immagine sotto, la distillazione illegale di Mahua).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Conclusioni

I 10 giorni a Kesla si sono passati in un lampo. Non era un soggiorno molto comodo - dovevo condividere una camera con 2 altre persone in una capanna dove entrava l'acqua ogni volta che pioveva. Avevo paura di serpenti e di altri animali. Nei 10 giorni non mi ero mai guardato nello specchio, perché nella casa non vi era uno specchio. La casa di Smita era molto spartana, tutto ridotto all'essenziale.

Dopo qualche giorno a Kesla, avevo avuto una diarrea, e poi nonostante le cure, questa diarrea è tornata a tormentarmi più volte.

Ciò nonostante, mi sono trovato bene con Smita e gli altri attivisti-volontari. Ho passato molto tempo fuori a passeggiare, a visitare le famiglie e a parlare con le persone. Spero che le loro idee sulla CBR potranno essere realizzate e mi piacerebbe molto continuare a sostenere loro in questo loro sforzo.

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venerdì 8 agosto 2014

Il ritorno alle origini

Ero nato in questa città e sono tornato a Lucknow dopo 60 anni. Eravamo passati da qui qualche volta quando ero piccolo, ma eravamo solo di passaggio, e non conoscevo per niente questa città.

Brigeetha, la mia amica, un giorno mi ha accompagnato a vedere quella strada, Shah Najaf Road a Hazrat Ganj nella parte centrale di Lucknow, dove abitavano i miei genitori e dove in una clinica ero nato.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Cercavo di immaginare i miei genitori a passeggio lungo quella strada – all’epoca mio padre Om aveva 25 anni e mia madre, Kamala, ne aveva 20. Avevano già una bimba, Gopu, di circa 2 anni. Gopu era nata con una malformazione cardiaca - “aveva un buco nel suo cuore”, mi aveva raccontato mia mamma tanti anni dopo.

Om, lavorava per “Sangharsh” (Lotta), il giornale del partito socialista indiano e guadagnava poco. Om e Kamala abitavano in una stanza nell’edificio che ospitava gli uffici del giornale, insieme a altre due persone – una di loro, ora un professore universitario in pensione, ritrovato dopo decenni grazie al Facebook, mi aveva raccontato, “Mi ricordo ancora quando eri nato e ti avevano portato a casa. Faceva caldo e tu piangevi molto. Per avere un po’ di privacy, i tuoi genitori dovevano andare sulla terrazza.”

Circa sei mesi dopo la mia nascita, Gopu era morta a seguito di una polmonite. Om e Kamala avevano abbandonato Lucknow, per tornare a Allahabad da mia nonna paterna. L’unico nostro legame con la città di Lucknow era la signora Peeple, caposala della clinica dove ero nato e amica di mia mamma da allora - lei era rimasta in contatto con noi per tanti anni e ogni tanto ci veniva a trovare.

Mi emoziono, quando penso a Om e Kamala di allora. Vedo i due giovani, magri e preoccupati con i due bimbi, io in braccio a mia mamma e Gopu nelle braccia di mio papà. Vorrei rassicurargli di non preoccupare, che quei giorni difficili finiranno - quelli due giovani mi fanno tanta tenerezza.

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In tutti questi anni, mentre lavoravo con AIFO, ogni tanto visitavo gli ospedali e qualche volta durante queste visite, visitavo le persone malate, soprattutto i malati di lebbra. Ma avevo perso il contatto con molte delle attività ospedaliere. Per questo motivo, quando ho deciso di tornare in India per fare il medico in un’area rurale, ho subito programmato di passare un periodo iniziale in una struttura ospedaliera per riavvicinarmi alle conoscenze che avevo perduto in questi anni.

Così ero arrivato a St Mary’s Polyclinic, fondato e diretto dalla dott.sa Brigeetha (pronunciato “Brigita”). Brigeetha aveva iniziato la sua carriera presso un ospedale missionario gestito dai padri cappuccini a Shanti Nagar nel distretto di Gonda nel 1974. Nel 1984, sempre con l’aiuto dei padri cappuccini (padre Pietro degli Esposti e padre Norberto Bucci), si era trasferita a Lucknow per creare una clinica nella periferia rurale della città. Oggi quella clinica è un piccolo ospedale con 120 posti letto e comprende una scuola per la formazione degli infermieri e dei paramedici.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Brigeetha veniva spesso a Bologna, ospite dei padri francescani in Via Saragozza e aveva partecipato in diversi incontri organizzati da AIFO. Così ci conoscevamo da molti anni. Quando le ho chiesto se potevo visitarla per frequentare il suo ospedale, si era resa subito disponibile.

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Tornare a visitare i malati e a fare la vita di un medico ospedaliero, l’ho trovata molto più semplice di quello che avevo immaginato. Alla fine, non avevo dimenticato molto. Negli ultimi mesi in Italia, avevo già iniziato a ripassare diversi testi di medicina per l’aggiornamento e questo era stato utile.

Invece, in ospedale sono rimasto un po’ sorpreso da alcuni giovani colleghi – questi visitavano i malati senza toccarli, parlavano poco con loro e li ascoltavano ancora meno, facevano fare tanti test inutili e prescrivevano farmaci non sempre in maniera razionale. Comunque ho cercato di non criticarli anche se mi sentivo un po’ frustrato dalla loro aria di sapere tutto. Forse è il gap generazionale, e tutti i medici vecchi sentono così nei confronti dei giovani!

In Italia, tramite l’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale, avevo osservato un vivace dialogo con alcuni medici e studenti giovani sui temi legati alla salute globale – disuguaglianze, globalizzazione, tecnicizzazione della medicina. Penso che per le enormi problematiche in India legate alla diffusa povertà e la crescente commercializzazione dei servizi sanitari, questi temi sono importanti anche per i giovani medici indiani. Invece tra i giovani colleghi di Lucknow, vi era un disinteresse totale su questi temi e tutti i miei tentativi di avviare una discussione in questo senso, sono falliti.

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A parte una breve visita al “Bada Imambara”, il palazzo dei reggenti di Lucknow dal 18° secolo, non sono riuscito a visitare i posti turistici della città, se non per qualche sfuggente vista di qualche statua o monumento durante i passaggi in macchina. La mia visita a Lucknow ha coinciso con i monsoni, per cui in questi giorni, pioveva molto e quasi tutti i giorni. Dal l’altra parte, ciò ha reso le giornate meno calde e più umide.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

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La stazione ferroviaria centrale di Lucknow in stile misto Coloniale-Mughal-tempio indù, sembra un palazzo di qualche re eccentrico.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

Lucknow è la capitale della provincia di Uttar Pradesh (U.P.) nel nord dell’India. E’ la provincia più popolosa dell’India con più di 200 milioni di abitanti. Se fosse un paese indipendente, U.P. sarebbe tra i maggiori paesi del mondo. Purtroppo è anche una delle provincie governate peggio in India – i tassi di criminalità, povertà e sottosviluppo della provincia sono tra i peggiori del mondo, per alcuni versi, peggiori anche dell’Africa subsahariana.

Alcune zone centrali della città dove abitano gli ufficiali e i ricchi sono belle con delle strade larghe e alcuni spazi verdi, ma per la maggior parte, è una città caotica, una giungla tropicale urbana, dove nessuno sembra seguire nessuna regola. I canali TV locali, sono pieni delle notizie di stupri e di violenze varie dalle diverse parti della provincia. La corrente elettrica va via per delle ore, più volte durante il giorno.

L’ultimo decennio ha visto una crescente polarizzazione della provincia lungo le appartenenze religiose, con frequenti notizie di conflitti tra i diversi gruppi religiosi, soprattutto tra gli indù e i musulmani.

Circa 10 anni fa, l’U.P. aveva eletto la signora Mayawati, la prima donna dalit (della casta degli intoccabili) come il suo primo ministro e ciò aveva suscitato molte speranze per un nuovo rapporto con i gruppi emarginati. Oggi il partito politico di Mayawati sembra passare un momento di eclissi mentre sono al potere gli socialisti. La eredità più vistosa di Mayawati nella città è un’enorme parco pieno di statue di elefanti, il simbolo elettorale del suo partito.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Diverse persone del partito socialista indiano, che avevo conosciuto durante la mia infanzia grazie a mio padre, oggi sono ricordate nei nomi delle strade, dei parchi e delle piazze della città di Lucknow. A parte questo campanilismo alle figure storiche del partito socialista, secondo molte persone con le quali ho parlato, l’attuale governo è visto come tra i più corrotti e meno efficienti di tutta la storia di U.P.

Mulayam Singh Yadav, il vecchio patriarca del partito socialista di U.P. è oramai conosciuto in tutto il mondo per aver difeso gli stupratori con la sua frase, "Sono soltanto dei ragazzi che hanno fatto qualche bravata."

Sembra che la maggior parte delle violenze, quelle contro le donne e quelle tra i gruppi religiosi, coinvolgono i gruppi dalit (le caste indù “inferiori” compreso i gruppi considerati intoccabili) in maniera sproporzionale. Nonostante il successo elettorale di Mayawati, il sistema delle gerarchie delle caste con l’esclusione sociale delle caste “inferiori” continua ad essere radicata profondamente, soprattutto nelle aree rurali.

La zona dove si trova l’ospedale di Brigeetha è in periferia. Fino a 10 anni fa, qui c’erano solo dei campi, invece ora vi è l’urbanizzazione selvaggia. Case singole, ville, condomini stanno nascendo da tutte le parti. Ma la strada principale della zona è stretta, ha tanti buchi, ed è sempre ingolfata di bici, carri trainati da buoi, i risciò a pedali, i camion, alcune macchine (ancora poche) e i pedoni. Tutto è accompagnato da una cacofonia dei clacsson.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Alla scuola di infermieri, ho intervistato un gruppo di studenti per una piccola ricerca sulla violenza. Volevo capire che cosa ne pensano gli studenti della violenza in famiglia. Quasi il 70% degli intervistati ha dichiarato che vi possono essere delle occasioni quando la violenza dei mariti nei confronti delle moglie può essere giustificata! Per esempio, se il marito torna stanco dal lavoro e trova che la moglie non ha preparato la cena e invece sta parlando con alcuni parenti/amici, per molti studenti (quasi il 90% di loro erano femmine), era giusto che il marito si arrabbi e picchi la moglie.

Lucknow, Uttar Pradesh, India - images by Sunil Deepak, 2014

Quando li ho chiesto, perché era giusto per il marito esprimere la sua rabbia con la violenza, ma non lo era per le donne, quasi tutti mi hanno parlato della “cultura indiana” secondo la quale, i mariti sono superiori dalle moglie e sono da venerare.

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Comunque sono felice per questo soggiorno a Lucknow che mi ha permesso un ritorno alle mie origini. Avevo un po’ di preoccupazione se saprò lavorare come medico. Ora sono più tranquillo per affrontare le sfide che mi aspettano.

Non ho ancora deciso dove andrò a fermarmi. Nelle prossime settimane, andrò a visitare 2 possibili progetti – nel distretto di Hoshangabad (nella provincia di Madhya Pradesh) e nel distretto di Bilaspur (nella provincia di Chattisgarh). Entrambi questi progetti operano in aree rurali povere e sprovviste di servizi sanitari. Ho scelto questi due posti perché vorrei lavorare con i gruppi indigeni e in entrambi i posti, la maggioranza della popolazione è adivasi (gruppi indigeni).

Se nessuno dei due progetti mi convincerà allora visiterò qualche altro progetto al nord dell’India, finché troverò il posto che mi piace!

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domenica 13 luglio 2014

L'inizio

Sono le 18, ma l'aria che entra dalla finestra del nostro appartamento al decimo piano sembra che proviene da un forno. Quest anno le piogge non sono ancora arrivate a Delhi e nei dintorni. Se la situazione non cambierà nei prossimi giorni, alcune zone del nord-ovest dell'India andranno verso una grave siccità.

Sono già passate circa 3 settimane da quando ero atterrato all'aeroporto di Delhi. Queste settimane le ho passate in un appartamento dentro un gruppo di condomini circondati da un muretto e sorvegliato da guardie. Si trova a Gurgaon, non molto lontano dal aeroporto internazionale di Delhi. Qui, 35 anni fa c'era un villaggio quando studiavo alla scuola di medicina. Negli ultimi 10-15 anni, tutta questa area si è riempita di grandi costruzioni - grattacieli, case, autostrade a sei corsie, uffici delle grandi multinazionali, ospedali privati e grandi centri commerciali.

La zona è collegata con Delhi dalla linea gialla della nuova metropolitana. Anche la metropolitana di Delhi è nata a meno di 15 anni fa.

Rete della metroplitana di Delhi, India

Sembra impossibile credere che tutto questo groviglio di linee della metropolitana non esisteva 15 anni fa. Il primo piccolo pezzo della metropolitana di Delhi era stata inaugurata soltanto nel 2002, mentre oggi la rete copre circa 200 km, ha 7 linee e sono previste tre nuove linee nei prossimi 2-3 anni. Dall'altra parte con i suoi 25 milioni di abitanti, Delhi è la seconda città più grande del mondo. Gurgaon da sola ha quasi 2,5 milioni di abitanti.

La città di Delhi è organizzata nella Nuova Regione Metropolitana della Capitale (NCR) che comprende le città satelliti come Gurgaon, NOIDA e Ghaziabad. Per capire il cambiamento, basta pensare che quando ero un bambino, Delhi contava "solo" 2 milioni di abitanti.

La liberalizzazione dell'economia indiana avvenuta nei primi anni novanta ha portato in India le grandi multinazionali e un benessere materiale per milioni di persone che fanno parte della nuova classe media. Ha anche portato il mondo in India, tramite centinaia di canali televisivi privati compreso un numero esagerato di canali di "notizie". Tutte le notizie sono "breaking news", presentate come emergenze, scandali o spettacoli con delle violente discussioni dove tutti parlano allo stesso momento, e gridano forte per presentare le proprie opinioni - mi fanno venire in mente certe serate sulla tv italiana con Vittorio Sgarbi (multiplicate una decina di volte per il volume delle discussioni).

E questo benessere e progresso hanno aumentato le diseguaglianze tra le persone ricche e povere in maniera esponenziale.

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Il quartiere Unimondo dove sto in questi giorni nella casa di mia sorella, ha i condomini dei ricchi. Qui abitano molti stranieri, soprattutto giapponesi, coreani e cinesi. Il quartiere ha la sua palestra, i suoi campi di tennis e la sua piscina. Ha un esercito di 140 dipendenti che assicurano il buon funzionamento della struttura giorno e notte - dai gruppi elettrogeni agli ascensori ai giardini. Per cui, in queste case non manca mai la corrente elettrica e gli impianti di aria condizionata non smettano mai di girare. Non manca mai l'acqua corrente. Vivi in un mondo protetto, diverso da come la vivono quelli che abitano fuori dalle mura di simili colonie. Se resti in casa, puoi anche non sentire i 42 gradi che scaldano l'aria fuori.

Comunque, manca qualcosa anche in questo mondo perfetto - senti il caldo solo quando apri il rubinetto - i serbatoi d'acqua sono sul tetto dei condomini e sono enormi contenitori di colore nero e argento. Il sole comincia a scaldare questi serbatoi dalla prima mattina, e già verso le 9 di mattina, li porta fino alla temperature bollenti. Per cui per fare il bagno devi pensarci presto alla mattina o aspettare fino alla sera o far riempire una secchia con l'acqua e poi aspettare per qualche ora affinché si raffredda. In compenso non hai bisogno di spendere soldi per scaldare l'acqua!

Oltre ai dipendenti condominiali, ogni famiglia ha il suo piccolo esercito personale di domestici, cuochi, autisti, governanti, quelli che puliscono le macchine, quelli che distribuiscono i giornali, il latte fresco e i fiori per le preghiere, quelli che portano i cani a passeggio, e tanti altri. Nei 180 appartamenti di Unimondo, probabilmente lavorano più di mille persone.

La giovane ragazza, Anju, che viene tutti i giorni a lavorare nella casa di mia sorella, ha 18 o 19 anni. E' venuta da un villaggio del Bengala. Lei si occupa soprattutto della cucina mentre sua mamma fa le pulizie della casa. Insieme le due donne mantengono il resto della loro famiglia, soprattutto i maschi che si occupano dei campi nel loro villaggio in Bengala. Anju non è suo nome vero, ha scelto questo nome per sembrare indù perché sa che diverse famiglie non vogliono avere i musulmani in casa.

Naturalmente tutto costa di più nel mondo di Unimondo. Appena fuori dalle mura, nei dintorni si può vedere le case degli ex-contadini, gli ex-proprietari dei terreni dove è stato costruito il nuovo Gurgaon dei grattacieli. Loro hanno le case basse, con giardini, alberi, maiali, mucche, pavoni e tante macchine - sembrano un incrocio tra un villaggio e un quartiere coloniale dei bunglow inglesi.

Tra questi due mondi, vi sono le baraccopoli, agglomorati di stanze con i tetti di lamiera, affittate all'esercito delle persone come Anju, che lavorano nelle case degli altri.

Anju scuote la testa quando le dico che forse la vita nel suo villaggio era più bella. "Qui sono indipendente, le mie amiche del villaggio sono già sposate con dei figli. Risparmio e metto via dei soldi ogni mese, un giorno aprirò un mio negozio o un ristorante. Preferisco vivere qui", mi dice con un sorriso.

***

In tutti questi anni, avevo sempre viaggiato. Stavo via da casa per delle settimane. La decisione di tornare a fare il medico in India, l'avevo discusso con mia moglie e mio figlio per molto tempo. Per ciò, quando ho avuto la crisi di panico qualche giorno prima della mia partenza da Bologna, era completamente inaspettata.

Al pensiero di lasciare Nadia e Marco e non vederli per un anno intero, mi ero piombato in crisi depressiva e mi veniva da piangere continuamente. La mattina del 25 giugno quando partì da Bologna, mi sembrava di avere un infarto e pensavo che questa mia decisione era un grande sbaglio.

I primi due-tre giorni a Delhi erano terribili, continuavo a pensare a loro. Poi invece, poco alla volta il mio umore si è migliorato. Ho parlato con loro al skype e vederci mentre parlavamo mi ha calmato un po'. Spero che il peggio della mia crisi sia passata.

***

Questi giorni a Delhi sono serviti a mettere a posto le questioni pratiche - aprire il conto bancario, richiedere il codice fiscale, richiedere la patente indiana, ecc. Non sono più un cittadino indiano, ma sono un cittadino italiano anche se ho un documento indiano che riconosce il mio origine indiano e mi garantisce alcuni diritti (Overseas Indian Citizen). Tuttavia, per alcuni versi sono un immigrato straniero e devo seguire le diverse leggi indiane per avere i documenti e tutto richiede tempo e visite ai vari uffici, dove si deve compilare un infinità di moduli e allegare delle foto. Comunque, più o meno tutte le questioni pratiche sono state risolte.

Domani partirò per Lucknow, per passare 4 settimane in un piccolo ospedale sostenuto dai francescani di Bologna. L'ospedale è gestito dalla dott.sa Brigitha che avevo conosciuto circa 20 anni fa durante una delle sue visite a Bologna. Farò il tirocinio con lei per riabituarmi al sistema sanitario indiano.

Ho incontrato le persone con le quali penso di stabilirmi e lavorare. Loro vivono nel villaggio di Kesla nel distretto di Hoshangabad, nella parte centrale dell'India. E' una zona adivasi (popoli indigeni), persone che appartengono alle tribù. Andrò a visitarli nella terza settimana di agosto e vivrò con loro per qualche mese per capire se riuscirò a adattarmi alle loro condizioni di vita.

Mi piace quello che raccontano del loro lavoro con le ragazze delle tribù, con i gruppi sradicati dalle loro terre per la costruzione di una diga e per i diritti delle tribù dei pescatori. Sono animati da ideali ispirati da Mahatma Gandhi. Vogliono che lavoro con loro per creare un ambulatorio e un programma di salute e riabilitazione comunitaria. Ma vogliono fare tutto questo senza diventare un'ong, vogliono continuare ad essere un movimento. Ciò significa che non possono avere dei progetti finanziati dalle istituzioni locali o internazionali.

Quando ho detto che per costruire e equipaggiare un ambulatorio serviranno dei fondi, mi hanno detto di non preoccupare, "Noi tutti cercheremo dei fondi. Anche tu puoi cercare dei fondi tramite i tuoi contatti personali." Non so se iniziare il progetto come la vedono loro sarà fattibile. Comunque, sarà una bella sfida che non vedo l'ora di iniziare!

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Qui di seguito troverete alcune immagini di Gurgaon.


Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak
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Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

Gurgaon, India - immagini di Sunil Deepak

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lunedì 23 giugno 2014

Gli Ultimi granelli

Avevo capovolto la clessidra e il conto alla rovescia si era iniziato. Oramai sono rimasti pochi granelli di sabbia in quella clessidra. Fra due giorni partirò per iniziare una nuova avventura in India.

In questi giorni incontro continuamente amici, colleghi e parenti. E’ il momento di dire addio. Tutti mi chiedono, "Come ti senti?" E spesso non so da dove iniziare. Alla fine sorrido e rispondo qualcosa, ma faccio fatica a spiegare tutte le mie sensazioni, spesso così contraddittorie, forse perché non saprei spiegarle anche a me stesso.

Il controllo e la pulizia dei cassetti e degli armadi si era iniziata mesi fa. La mia collezione di libri in hindi è andata ad una biblioteca di Bologna e quelli di libri sull'India in inglese è andata ad un'altra biblioteca specializzata.

I vestiti sono stati controllati e divisi in diversi mucchietti - questi li porterò via, questi bisogna tenerli qui, questi si possono dare via, questi sono da buttare, e così via.

Mio figlio ha guardato la mia collezione di cravatte con stupore, anche perché non mi aveva visto con una cravatta da diversi anni. Chissà perché così tante persone mi avevano regalato le cravatte in tutti questi anni? Comunque, non mi piace portarle e ne ho diverse ancora imballate. "Forse puoi venderle sull'ebay?", ho suggerito a mio figlio.

Dischi, foto, scatole varie, statuine, ricordi dei viaggi – tutte cose che si accumulano senza rendersene conto, e ora bisogna che decido cosa ne voglio fare. Tutto questo mi dà strane sensazioni. Penso che se morivo improvvisamente, qualcun altro avrebbe fatto questo stesso lavoro al mio posto.

Mi sveglio durante la notte e mi sento male. Cerco di leggere qualcosa per calmarmi, ma spesso sto sveglio per delle ore. In altri momenti penso al lavoro che farò in India e mi sento felice per questa mia scelta. In quelli momenti, non vedo l'ora che inizi questa mia nuova vita. Poi penso a mia moglie e a mio figlio e mi chiedo se sono pazzo per pensare di andare via così lontano da loro!

Dopo aver preso un salario mensile e la sicurezza del lavoro da dipendente, partire senza sapere esattamente che cosa farò e dove vivrò, mi fanno un po' di paura. Devo continuamente ricordarmi che non vado via per cercare la sicurezza. Ogni volta che mi sento tentato da una proposta di collaborazione, devo ricordarmi che non voglio niente che richiederà di passare maggior parte del mio tempo in un ufficio o a partecipare alle riunioni.

Un’idea di quello che farò in India c’è l’ho. E' molto probabile che andrò a vivere con un piccolo gruppo di idealisti che lavorano con alcune tribù, soprattutto con le donne e le bambine delle tribù, nella parte centrale dell'India. Mi hanno chiesto di aiutarli ad iniziare le attività di salute comunitaria in questa zona. Non ho illusioni romantiche per questa scelta, ma tra tutte le proposte che ho ricevuto, è quella che mi convince di più.

Diversi amici dall’Europa e dall’America, mi hanno raccomandato di informarli qualora avrò bisogno di aiuto, ma credo che il mio lavoro dovrebbe svilupparsi in maniera sostenibile, adatto alle esigenze locali e alle idee delle persone con le quali collaborerò. Credo che le grandi opere e tanti fondi non portano sviluppo reale nelle comunità povere, penso invece che lo sviluppo dovrebbe nascere dal basso. Venite a trovarmi se potete, gli ho risposto!

Per concludere questo post, vi riporto un estratto di una lettera che mi hanno scritto Don Silvio e Maria Grazia, due amici con i quali i miei legami di affetto durano da diversi decenni e che sono stati testimoni di diversi momenti fondamentali della mia vita:
"Sappiamo che in AIFO tu hai sempre lavorato per i più deboli, più poveri e sfortunati, e i diversamente abili, in modo dirigenziale, su progetti, prospetti e realizzazioni; ora tu desideri esercitare la tua professione di aiuto in modo diretto a tu per tu con i poveri.
Sia questo tuo desiderio accompagnato anche dalla nostra 'condivisione', da quella di Nadia, tua moglie e da Marco, tuo figlio.
Non sia incapacità di comprendere o sofferenza per vederti andare per nuove vie, ma gioia di lasciarti libero e contemporaneamente amato come sempre e forse di più.
Il tuo Dio e il nostro Dio, ti accompagnino in questa nuova strada facendoti percorrere la giusta via, reale, esatta per la tua realizzazione umana e professionale, senza dimenticare mai, ciò che hai costruito sinora."

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lunedì 24 febbraio 2014

Il conto alla rovescia

Ho girato la clessidra e guardo la sabbia che va giù. Il conto alla rovescia è iniziato.

Mi sveglio di notte e mi sembra di sentire il rumore della sabbia che cade giù nella clessidra. E mi perdo nelle fantasie.

Mi vedo con la barba lunga e con un vestito arancione di quelli che hanno rinunciato il mondo, mentre girovago da un villaggio all'altro. ... Mi vedo sui sentieri di montagna accompagnato da una persona che è venuta a chiamarmi perché qualcuno non sta bene a sua casa. ... Mi vedo sotto un albero con un gruppo di donne sedute per terra mentre spiego qualcosa sul corpo umano e disegno su una lavagna consumata. ...

"E' un bel ospedale in una zona tribale", mi ha scritto il figlio di una cugina, "e sono persone meravigliose. Ti troverai sicuramente bene con loro, zio!"

"Grazie caro!" Gli ho risposto, "Ho preso nota del loro ospedale. Sicuramente andrò a visitarli, te lo prometto."

Posso soltanto promettere che andrò a visitare tutte le persone e i loro progetti se mi ispireranno, ma non posso garantire che lavorerò con loro. Questa ultima fase della mia vita è per fare soltanto ciò che il mio cuore mi dirà.

Dopo 30 anni in Italia, fra 4 mesi tornerò in India. E non ho ancora deciso dove andrò e che cosa farò. So solo che passerò qualche settimana con Brigitta, nel suo ospedale a Lucknow, per rifamiliarizzarmi con il lavoro da medico nel contesto indiano. Poi visiterò alcune persone e alcuni progetti. Se non troverò niente che mi ispirerà, viaggerò finché troverò quello giusto.

"Dopo tutti questi anni, cambiare non sarà facile", mi ha detto mia sorella.

Lo so già. Ho visto i missionari tornare in Italia dopo 40 anni in una giungla e la loro fatica a reinserirsi qui. Ho visto i volontari che hanno passato la vita lavorando nei progetti che poi fanno tanta fatica a  tornare alla vita normale in Italia. Sarà così anche per me, ma questo non mi spaventa.

"Cosa ti piacerebbe fare?" Mi ha chiesto mia sorella.

Non è facile rispondere a questa domanda. Sicuramente vorrei fare il medico in una zona dove c'è bisogno. Penso che mi piacerebbe lavorare con i malati di lebbra e con le persone disabili. Vorrei occuparmi della ricerca comunitaria. Ma non voglio rinchiudermi nella sicurezza di quello che già conosco. Per cui resisto a tutti quelli che mi dicono quello che dovrei fare.

Questo blog sarà il mio diario. Ho promesso ad alcuni amici che scriverò regolarmente.

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domenica 10 novembre 2013

L'India che cambia

Eravamo a casa di un cugino per la festa di "Bhai-duuj", letteralmente "il secondo giorno della luna per il fratello", la festa durante la quale le sorelle pregano per la lunga vita dei loro fratelli. Due giorni prima, in una notte senza la luna, avevamo celebrato la festa della luce (Diwali), quando le case erano state addobbate con le lampade e le candele.

Negli altri giorni precedenti e successivi a Diwali, vi sono altre feste del calendario indù come il Dhanteras e il Vishwakarma puja. E' infatti il periodo festivo più importante in India.

A casa di mio cugino, per celebrare la festa del fratello eravamo in 33 - mio cugino, sua moglie, sua figlia, suo figlio con la moglie, e altre 28 persone, tra i quali altri miei cugini e diversi parenti con i loro figli.

Nella nostra famiglia, come nella maggior parte delle famiglie indiane, tradizionalmente, tutti i cugini e le cugine sono considerati fratelli e sorelle, sia per le festività ma anche per i diritti e i doveri sociali e culturali. Per cui, la cerimonia della festa di Bhai-duuj aveva coinvolto quasi tutti, ad iniziare con la "sorella" più anziana e il "fratello" più anziano.

Un piatto di aarati era stato preparato per il rito con incenso, una lampada e il polvere di roli (polvere di curcuma arrostito affinché diventa quasi marrone-rosso) mescolato con i chicchi di riso. La sorella doveva girare il piatto in un movimento circolare intorno alla testa del fratello, ripetere la preghiera per la salvaguardia del fratello, poi, con il dito indice della mano destra, applicare una punta di roli e di riso sulla fronte del fratello, e alla fine offrire un po' di dolce al fratello. In cambio, il fratello doveva offrire un po' di dolce alla sorella e poi darle un regalo (di solito, soldi) con la promessa di assistere e aiutare la sorella in caso di bisogno.

Bhaiduuj, festa del fratello, Delhi, India - immagini di Sunil Deepak, 2013

Il cugino che ci ospitava quest'anno per la festa del fratello, gli era stato diagnosticato un tumore qualche mese prima. Da quando aveva iniziato la chemioterapia, era dimagrito e aveva perso la maggior parte di suoi capelli. Un altro cugino venuto per la cerimonia, era stato sottoposto recentemente alla chirurgia cardiaca. Per cui, nella gioia di rivedere tante persone che non avevo visto da tanto tempo, c'era anche un po' di malinconia e paura per il futuro.

Partecipavo in questa cerimonia famigliare dopo più di 25 anni. Con alcuni di miei cugini, dall'ultima volta che eravamo stati tutti insieme per questa cerimonia,  erano passati 40-50 anni. Mentre guardavo i loro figli e ascoltavo le loro storie, pensavo a come erano cambiati i tempi.

Soltanto uno dei miei cugini ha avuto un nipotino - nessun altro dei figli e delle figlie di miei cugini ha avuto dei figli. L'età dei circa 20 giovani riuniti quel giorno variava da 25 a 40 anni, ma tranne uno di loro, nessun altro aveva voluto avere dei figli. Voleva dire che i giovani della nostra famiglia erano simili ai giovani in Europa o in America. Penso che 20 anni prima, trovare un simile gruppo di giovani indiani senza figli sarebbe stato difficile.

Uno dei giovani del nostro gruppo convive con una ragazza cristiana di origine cinese mentre un altro si è sposato qualche anno fa con una ragazza di religione sikh. Una delle ragazze che lavora per una multinazionale in India, era accompagnata dal suo compagno cattolico, e mi aveva raccontato che non avevano ancora deciso se e quando volevano sposarsi. Uno dei figli di una cugina convive con una donna divorziata che aveva avuto una figlia dal suo primo matrimonio. Comunque, nessuno di questi fatti aveva creato dello scandalo in famiglia.

Infatti, tutti sembravano accettare questo cambiamento tranquillamente. Durante la serata, una delle giovani ragazze single aveva scherzato che forse avrebbe preferito avere una relazione omosessuale e né anche questo aveva creato un grande scompiglio tra i miei cugini. Invece, un cugino, chiaramente arrivato alla disperazione, aveva sollecitato i giovani a fare dei figli anche se non avevano intenzione di sposarsi!

Forse i miei cugini e i loro figli non sono un campione rappresentativo dell'India. Loro rappresentano la classe educata, molti sono professionisti, altri lavorano per le grandi corporazioni, qualcuno di loro vive all'estero. Tutti sono benestanti e fanno parte della borghesia medio-alta dell'India. Per cui non si può generalizzare il loro mondo per capire come è cambiata l'India.

Tutta via, sono rimasto molto colpito da questo cambiamento generazionale.

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martedì 8 ottobre 2013

La storia delle vecchie foto

E' una vecchia storia, scoperta per caso, che coinvolgeva i miei genitori. Non so quanto importante era questa storia per mio padre, ma probabilmente aveva tormentato mia madre profondamente.

Il mondo è pieno di queste piccole storie. Si poteva lasciare che anche questa storia resti nel dimenticatoio, dove era rimasta per quasi cinquanta anni. Poi ho pensato che oramai tutti i protagonisti di questa storia erano scomparsi. Non poteva più fare del male a nessuno a parlarne. E per me, forse l'aspetto più importante di questa storia era come le sue foglie, cadute da un albero oramai secco e morto, erano state trasportate sul vento del tempo, e mi avevano trovato.

Tutto è iniziato da una vecchia foto in bianco e nero, nascosta tra le vecchie carte in una logora borsa di plastica nel armadio di mia mamma.

Una foto dal passato

Era il febbraio 2010, a Nuova Delhi in India. Mia mamma morì dopo 10 giorni di coma. Nel 2001, le avevano diagnosticato il morbo di Alzheimer. Ossessionata dalla paura di dimenticare e di perdersi, scriveva dappertutto l'indirizzo di casa e il numero di telefono di mia sorella, con la quale viveva. Rimasta vedova a 42 anni, mia mamma aveva fatto l'insegnante in una scuola elementare e poi quando era andata in pensione, aveva passato molto tempo con gli scritti di mio padre, curandone la conservazione e la ristampa. Teneva un diario dove notava con precisione le sue spese quotidiane insieme agli appunti sulla sua solitudine dopo la morte di mio padre.

Alcuni giorni dopo la sua morte ero nella sua casa con mia sorella Vinni, dove aveva vissuto prima di ammalarsi. Controllavamo le sue carte per decidere che cosa tenere e che cosa buttare via. Il suo armadio era pieno di libri, riviste e vecchi sacchetti di plastica, dove teneva suddivisi i vari scritti di mio padre, la corrispondenza, le varie bollette, e le altre cento mila cose che si accumulano durante le nostre vite.

In uno di quelli sacchetti di plastica avevamo trovato delle vecchie foto e alcune lettere. Avevo intravisto una foto che mi aveva subito incuriosito - una foto in bianco e nero, di una donna occidentale con i cappelli ricci.

"Guarda c'è una foto di Margo!", avevo detto a Vinni. Non avevo dovuto a pensarci, il suo nome mi era tornato in mente in un lampo.

"Chi era?" Vinni mi aveva chiesto.

"Era un'amica di papà. Lavorava con il partito socialista e l'avevamo incontrata a Hyderabad, prima della tua nascita. Una volta ci aveva mandato anche dei regali dall'America", le avevo spiegato. Le memorie sono strane, chissà dove dormono dentro di noi, e all'improvviso si svegliano. Mi erano venuti in mente i due morbidi guanti-pupazzi, uno con la faccia di gatto e l'altro di coniglio, che Margo ci aveva mandato in un pacco.

Nel sacchetto avevo trovato un'altra foto di Margo e una sua cartolina mandata a mio padre da Firenze. Avevo messo da parte queste cose, tra quelle che volevo guardare con calma.

I primi dubbi

Dopo alcuni mesi, quando avevo guardato la foto di Margo, avevo capito che c'era qualcosa di strano in quella foto. A Delhi, non l'avevo guardata con l'attenzione. Non era una foto normale - la foto era attaccata alla pagina strappata da un passaporto, ed era il passaporto di Margaret Louise Skinner.

Margaret Louise Skinner story

Come mai mia mamma aveva una pagina strappata dal passaporto di Margo?

Ho ripensato a quelli anni quando avevo conosciuto Margo. Era il 1960. Mia mamma, io e mia sorella Pinki, abitavamo a Delhi. Avevo 6 anni e mia sorella ne aveva 4. Dal 1958, mio papà viveva a Hyderabad nel sud dell'India, dove lavorava nel giornale del partito socialista. Nell'estate 1960, durante le ferie estive, noi tre eravamo andati a Hyderabad per passare le ferie con lui.

Di quelle ferie ho alcuni ricordi vaghi. Avevamo incontrato Margo, e ho un ricordo di un viaggio in città seduti su un risciò, mentre ero seduto in mezzo a Margo e mia mamma. Era un risciò senza pedali, tirato da un "uomo cavallo" e ricordo le sue gambe scure e magre che correvano sul asfalto.

Invece non ho nessun ricordo di una tensione o dei litigi tra mia mamma e mio papà.

Dopo alcuni mesi della nostra visita a Hyderabad, mio papà era stato trasferito alla sede del partito socialista di Delhi. Di quei giorni ho il ricordo di essermi svegliato una notte per una lite furibonda tra il mio papà e la mia mamma.

Non avevo altri ricordi legati a Margo, se non quelli di un pacco con dei regali arrivato dall'America. Oltre ai guanti-pupazzi per me e mia sorella Pinki, il pacco aveva anche delle cose di trucco per mia mamma - creme, rossetti e matite per colorare gli occhi. Ricordo l'apertura del pacco quando il postino l'aveva portato, ma non mi ricordo di aver mai giocato con quelli guanti-pupazzi. Tutte le cose di quel pacco erano sparite. Penso che mia mamma mi aveva spiegato che erano dei regali costosi per cui lei li aveva messi via per tenerli con cura. Comunque, dopo un po', avevo dimenticato quel pacco.

Allora perché mia mamma aveva una pagina strappata dal passaporto di Margo?

L'unica spiegazione che mi è sembrata plausibile era che mia mamma aveva strappato la pagina dal passaporto di Margo. E perché mia mamma aveva fatto una cosa del genere? Forse perché era molto arrabbiata con Margo e questo era un gesto di rabbia?

Così mentre guardavo la foto di Margo, mi chiedevo se vi era stata una relazione tra mio padre e Margo? Che il nostro viaggio a Hyderabad in un momento quando avevamo grandi difficoltà finanziarie era stato organizzato perché qualcuno aveva informato mia madre di quella relazione? Che la nostra visita a Hyderabad centrava in qualche modo con il trasferimento a Delhi di mio padre alcuni mesi dopo? E la mia sorella Vinni nata un anno dopo, era il gesto di ripacificazione tra i nostri genitori?

Altri indizi

La seconda foto di Margo era stata scattata nelle Filippine, dove Margo era stata come una borsista Fullbright nel 1958. Invece la cartolina da Firenze, era timbrata il 16 ottobre 1961, ed era con la foto del Palazzo Vecchio. La cartolina iniziava con un "Caro Deepak", e parlava di palazzi di Firenze, di Lorenzo il magnifico, di Leonardo e di Dante, piena di piccole parole scritte fitte fitte. "Sono alloggiata in una pensione che era un vecchio palazzo dei Medici, pago 5 dollari al giorno, compreso tre pasti toscani al giorno e il vino." E alla fine era firmato, "la tua M".

Una volta che il sospetto di una relazione tra mio papà e Margo si è insinuato nella mia mente, volevo capire di più. Avevo parlato di miei dubbi con mia sorella Pinki, ma non ero riuscito a convincerla della mia ipotesi.

"Come fai a pensare che avevano una relazione, solo sulla base di una pagina di un vecchio passaporto? Può darsi che Margo l'aveva perso e poi l'hanno ritrovato ma nel frattempo, lei ne aveva già fatto fare un altro o era già partita per l'America?" Pinki mi aveva detto.

Ma ero convinto che c'era stato qualcosa di più tra mio papà e Margo. Così ho iniziato a fare qualche ricerca sull'internet.

Dopo diversi tentativi ho scoperto la Margaret Louise Skinner, che coincideva con i dati sul suo passaporto - era nata a San Francisco il 10 aprile 1921 ed era morta a San Francisco nel 1992. Aveva anche scritto un libro di poesie, "As green as emeraude" (Verde come smeraldo) che era uscito nel 1990. Ho continuato a scavare sull'internet e un giorno ho trovato l'indice di questo libro. Tra i titoli delle poesie di questo libro, c'era anche - "To Deepak" (A Deepak). Forse avevo finalmente trovato la mia prova?

Quel libro di Margo era fuori stampa. Per cui avevo chiamato mia sorella Pinki per raccontarle della mia scoperta e per chiederle di cercare una copia di questo libro. Lei vive in America, forse poteva trovare il libro in una biblioteca. Questa volta, Pinki concordava con me - intestare una poesia al mio padre, poteva essere un indizio!

Dopo qualche settimana Pinky mi aveva chiamato, "Avevi ragione. Ho trovato il libro di Margo. Il libro è dedicato al papà e la poesia 'A Deepak', è chiaramente una poesia d'amore. Era stata scritta alla sua morte nel 1975."

Dopo il 1960, non avevo più sentito parlare di Margo, era completamente sparita dalle nostre vite. Allora come aveva fatto lei a sapere della morte di mio papà nel 1975? Voleva dire che qualche amico di mio papà era a conoscenza del loro rapporto e le aveva scritto per informarla?

La mia ricerca sembrava conclusa. Avevano avuto un rapporto o forse era solo un'amicizia profonda, o una relazione platonica - comunque oramai non era importante sapere tutto questo. Mia mamma, Margo e mio papà, non c'erano più. Era forse una storia importante per mio papà? Chi lo sa! In ogni caso, lui aveva scelto di restare con noi, era tornato a Delhi e un anno dopo, era nata la mia sorella più piccola. Lo strappo tra i miei genitori, se c'era stato, era stato cucito.

Nel maggio 2010, avevo scritto della scoperta della foto di Margo sul mio blog in inglese, senza parlare della possibile relazione tra lei e mio papà. E avevo dimenticato questa storia.

Una nuova lettera

Qualche mese fa mi è arrivata un'email di una poetessa americana, Charlene Ungstad, la quale mi ha scritto di aver visto la foto di Margo sul mio blog. Charlene si interessa di vecchie foto e di vecchie memorie e cerca le loro inter-connessioni in quello che lei chiama il "movimento browniano". Lei aveva conosciuto Margo nel 1981 e così mi ha fornito ulteriori informazioni su Margo:
"Margaret pensava di non avere molto talento come scrittrice-poetessa e aveva scelto di lavorare come giornalista. Suo Marito Fritz Reuter Leiber (ndr: famoso scrittore di fantascienza) aveva perso la sua prima moglie Jonquil e aveva cominciato a bere, e Margaret l'aveva fatto venire da Chicago a San Francisco, dove convivevano. Voleva aiutarlo a superare il problema del alcolismo, anche se lei stessa aveva qualche problema con l'alcol. Lei era molto attiva con la comunità sud asiatica di San Francisco e scriveva anche per la rivista settimanale asiatica. La maggior parte dei loro amici erano quelli che si possono definire socialisti, artisti, bohemiani, e persone che pensavano di essere delle streghe o degli antichi guerrieri (per via dei libri di Fritz). Avevano partecipato anche alla marcia della protesta contro la guerra nel golfo.

Quando li avevo conosciuti vivevano in un ex-albergo-diventato-condominio. Le case editrici avevano truffato Fritz per decenni dei suoi diritti d'autore. Lui scriveva i suoi racconti e gli articoli per le riviste su una vecchia macchina da scrivere appoggiata su un tavolino basso - era così alto e vederlo tutto curvo per scrivere, mi dispiaceva molto.

Nel 1977, in una conferenza sulla serie Star Trek a San Francisco avevo visto Harlan Ellison, che era l'ospite d'onore, chinarsi giù su un ginocchio per parlare di Fritz come uno degli scrittori più importanti d'America che doveva vivere in grande povertà, perché gli avevano truffato dei suoi diritti d'autore. 
Una volta avevo dormito nella casa di Margo e Fritz, e ho visto degli scarafaggi che correvano sugli suoi trofei Nebula e Hugo che lui aveva ricevuto e che usava come ferma libri.

Persone come Ellison e Robert Silverberg avevano lanciato una campagna per cercare giustizia per Fritz. Grazie a questa campagna Fritz era riuscito ad avere dei soldi dalle sue case editrici. Così, Margo e Fritz hanno potuto lasciare quello squallido appartamento e a trasferirsi in una casa più solare e bella su Post Street. 
In quei giorni, Margo era stata diagnostica con la leucemia. Si erano sposati perché così Fritz poteva coprire le sue spese mediche. Poi Margaret stava meglio, ma nel 1992 Fritz ha avuto un ictus e dopo alcune settimane in ospedale in coma, era morto. Poco dopo di lui, anche lei se ne andata. Sono stata ai loro funerali. Diversi loro amici che facevano parte della Society for Creative Anacronisms (Società per gli anacronismi creativi), fondata da Fritz, avevano partecipato.

Quando aveva bevuto un po', Margo telefonava agli amici, anche alle 2 di notte, per fargli la domanda del suo personaggio televisivo favorito, Kojak, "Chi ti vuole bene, baby?"
La foto di Margo e Fritz qui sotto è del 1984 - era stata scattta da Dik Daniels - l'ho trovta sull'internet.

Margaret Louise Skinner story

Tramite Charlene ho trovato una recensione del libro di poesie di Margo scritto da un autore indiano, dott. Sanjiva Dev, che forse aveva conosciuto Margo quando era stata in India ed era rimasto in contatto con lei. In questo articolo lui aveva scritto di Margo:
"Era un'amante della cultura orientale, in particolare apprezzava i pensieri, l'arte e il popolo dell'India, dove lei aveva vissuto per 2 anni nel 1960-61. Era stata la capo redattrice della rivista in inglese "Mankind" che si occupava di politica e di cultura. Il dott. Ram Manohar Lohia (ndr: fondatore del partito socialista indiano) era stato il fondatore di questa rivista.

Poi la signorina Skinner era tornata a San Francisco dove lavorava come critico di cinema, faceva programmi radio e scriveva articoli per le riviste e le agenzie come Bay Guardian, Hollywood Reporter, Sacramento Bee, S.F. Chronicle, Toronto Star, Associated Press, Reuter, ecc. Si interessava anche di diversi sport. Aveva viaggiato in paesi come Hawaii, Filippine, Birmania, Hong Kong, India, Inghilterra, Francia e Italia. Si interessava di temi come antropologia culturale, ecologia e politica, e amava gli animali. Aveva avuto due gatti siamesi e un cane."
Il libro di Margo


Storia di Margaret Luoise Skinner
Qualche giorno fa, ho ricevuto il libro di poesie di Margo inviatomi da Charlene. Il libro è dedicato a mio papà Om Prakash Deepak con le seguenti parole: Poeta, filosofo e amico, un grande scrittore indiano, e un rivoluzionario non violento, il suo nome significava "luce".

Nella sua poesia "A Deepak" lei aveva scritto:
Le mie mani sentono ancora il tuo tocco
Vedo i tuoi occhi
Sento la tua voce nel cielo indiano acceso
Sei veramente partito per la tua grande notte?
O sei dentro il mio corpo e il mio cuore?
Anche in alcune altre sue poesie, mi sembra di intravvedere le ombre della loro storia. Per esempio, nella su poesia "Canzone" lei aveva scritto:
Un giorno il telefono squillerà
I cavi canteranno ..
e tutte le nostre ore di stasi
saranno dimenticate mentre attraverserò il mare
per incontrarti, amore
Con il libro di Margo nelle mie mani, penso alle nostra vite che durano solo un attimo. A parte le persone coinvolte, le nostre storie non interessano a nessuno.

Probabilmente se sapevo di questa storia quando ero un bambino, forse ne avrei sofferto anch'io. Invece, l'ho scoperta adesso, 50 anni dopo. Penso che la loro storia merita un ricordo tenero, senza altri giudizi.

Ed è per questo che l'ho voluta scrivere.

***

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