domenica 27 agosto 2006

Convivenza

Penso che l'India è il primo paese nel mondo per capire la convivenza delle diversità. Recentemente, ho letto un articolo scritto da G.V. Dasarathi, che lo spiega molto bene. Sig. Dasarathi ha 46 anni e gestisce un’attività di preparare il software informatico in India. Lui ha scritto questo articolo in inglese sul portale indiano Rediff.com che ho pensato di tradurre e presentare qui parzialmente.
 
Diversità in India

Dall'articolo "Why I am Bullish About India"

… Miei genitori parlavano il tamil, mio papà aveva la pelle scura e invece, mia mamma aveva la pelle più chiara. La mia governante era una signora con la pelle chiara, proveniva dallo stato di UP (nell’India del nord) e parlava hindi. Abitavamo dentro una densa foresta nello stato di Jharkhand (nell’India centro-orientale) dove la maggior parte della popolazione era composto da tribù con la pelle nera che parlavano la lingua “ho”. Quando uscivo di casa vedevo persone che portavano abiti di tutti i tipi – i sadhu (i monaci indù) nudi, le persone delle tribù che erano topless, e le donne musulmane con il burqa (il velo integrale).

Maggior parte degli ospiti che veniva a trovarci parlava l’inglese. Noi eravamo indù, la mia governante era musulmana, la maggior parte delle tribù erano cristiani o animisti…Le persone che ci circondavano avevano tutte le abitudini alimentari possibili. Alcuni mangiavano solo verdure, alcuni non mangiavano carne di mucca, alcuni non mangiavano carne di maiale, altri mangiavano tutto compreso i topi e i camaleonti.

La nostra piccola comunità delle persone legate alle miniere, celebrava le feste di tutte le religioni con uguale gioia…questa era la mia introduzione all’enorme diversità della nostra meravigliosa terra. Da bambino incontravo persone con colori della pelle diversa, i loro tratti somatici diversi, le loro lingue diverse, le loro religioni diverse, il loro modo di vestirsi diverso, che mangiavano cose diverse…

Mentre crescevo, mio papà fu trasferito più volte in diversi stati dell’India. Così ho conosciuto il resto dell’India. Ho imparato che gli indiani credono in tanti dei, molto di più delle religioni che avevo conosciuto da bambino. Ho imparato che ogni stato dell’India ha almeno 3 - 4 diverse regioni. Persone di queste regioni parlano lingue o dialetti diversi tra di loro e spesso non capiscono i dialetti delle altre regioni dello proprio stato. Ogni regione ha la propria cucina diversa dalle altre, si veste diversamente e ha apparenze fisiche diverse.

Oggi nessuno può convincermi che sono superiore a qualcuno altro per la mia religione o per il colore della mia pelle o per la mia lingua. La diversità che ho vissuto, e accettato e nella quale ho gioito da bambino, non è qualcosa di unico. Penso che ogni indiano vive questa stessa esperienza, soltanto i dettagli possono essere diversi. Credo che sia questo che fa di noi il paese più tollerante del mondo…

Si è vero che ogni tanto scoppiano disordini per questa diversità, quando ci ammazziamo tra di noi per le nostre diversità. E’ tragico e vorrei che non succedesse mai più, ma guardatelo in un altro modo: i musulmani sunni, i buddisti, i cattolici romani, i sikh, i musulmani bohra, i giani digambara, i parsi, i khurmi, gli iyers, gli agarwals, i nairs, i cristiani siriani, i musulmani shia, i giani shwetambara, gli ebrei, i musulmani ismailiti, gli avventisti del settimo giorno, i bishnoi, e persone di molte altre religioni vivono insieme in India da secoli.

In Gran Bretagna e in Yemen per decenni persone di due branche diverse della stessa religione si sono ammazzati tra di loro. In Libano, per quanti anni le persone di due religioni hanno ucciso tra di loro? In Stati Uniti e in Sud Africa, per decenni le persone hanno litigato per la differenza nella colore della pelle. In Canada litigano per le due lingue diverse.

Come indiano, questi conflitti mi fanno sorridere – solo due religioni, solo due colori, due lingue! Vorrei dire a loro, “Ragazzi provate la coesistenza tra un gianista digambara, che parla gujarati, che si veste con il kurta pigiama, che mangia solo erbe e un cristiano siriano del kerala che parla malayalam, che porta un mundu e che mangia tutto”. Dove saremmo se diventassimo intolleranti come gli altri?

Penso che l’intolleranza religiosa che vediamo in questi giorni in India è una cosa limitata ad una piccola percentuale di noi, e che a lungo andare sappiamo che non è importante prendere troppo seriamente le nostre differenze, sappiamo che la maggior parte di noi è risultato di mescolanze di razze, religioni e culture…

… penso che il futuro di India sarà positivo. Non perché possiamo produrre e esportare acciaio o armi o tessuti, ma perché noi comprendiamo la convivenza.

giovedì 29 giugno 2006

La Madre del Terrorista

"La Madre del Terrorista" (1997) era un film del regista Govind Nihalani. Il film racconta il disperato tentativo di una madre di cercare di capire le scelte fatte dal suo figlio, che è stato ucciso dalla polizia.

Titolo originale del film era 'Hazar Chaurasi ki Ma' ('La mamma del numero 1084'), ed era basato su un romanzo di Mahashweta Devi, la scrittrice e attivista bengalese. Il film guarda con empatia, la scelta di un giovane per la rivoluzione armata. E' uno di miei film indiani preferiti per la sua intensità.

Trama del Film

Il film era ambientato a Calcutta nel 1970.

Sujata Chakraborty (Jaya Bhaduri), ha un sonno agitato, si sveglia quando suona il telefono. Accanto a lei dorme suo marito. Al telefono qualcuno le chiede se conosce Brati Charavorty? “Si, è mio figlio”risponde lei. “Venga a Kantipokhar per il riconoscimento del corpo” dice la voce e interrompe il collegamento.

Che cosa significa” si chiede Sujata, ancora intontita dal sonno, senza capire. 

Brati, non vive in casa da diversi anni e nessuno in famiglia ha le sue notizie. Soltanto il giorno dopo qualcuno spiega a Sujata che Kantipokhar è il mortuario della polizia di Calcutta. E' la polizia che vuole qualcuno della famiglia per andare al mortuario riconoscere il corpo di Brati. Il papà e il fratello maggiore di Brati non vogliono andare al mortuario.

Scioccata, Sujata va a vedere il corpo del figlio a Kantipokhar e si trova spinta in una stanza spoglia dove giacciono 5 corpi senza vita coperti da un telo lacero, macchiato di sangue secco. Vicino, sono 3 persone povere sedute per terra, le loro facce sono scioccate. Quando tolgono il telo dal corpo del suo figlio, Sujata lo sente come uno schiaffo. Il corpo di suo figlio è crivellato di pallottole, e la sua faccia è stata pestata fino a diventare irriconoscibile. Al piede porta la targa "1084".

Non si può portare via i corpi dei morti” dice la polizia, perché sono terroristi, criminali pericolosi per la società. Impotente, Sujata guarda i cinque corpi dei giovani ventenni dati alle fiamme per la cremazione.

Così inizia Hazaar Chaurasi Ki Maa (La madre del 1084), il film sulle origini del movimento maoista nel nord-est dell'India.

Il film è la storia della scoperta di se stessa da parte di Sujata e della scoperta di un mondo a lei sconosciuto. Sujata non capisce perché tutta la famiglia vuole far finta di non aver mai avuto una persona di nome Brati, di dimenticarlo e quando ne parla lo fa esclusivamente nominandolo come criminale e terrorista. Lei è dilaniata da un profondo senso di colpa, perché non l'aveva capito suo figlio? Perché aveva continuato a vedere il ragazzo sorridente di sempre che tutti i giorni usciva da casa per andare a studiare all'università senza dare peso alle sue idee di rivoluzione per un mondo meno ingiusto?

Sujata vuole capire e così torna alla famiglia di Somu, uno degli altri ragazzi uccisi con Brati (Joy Sengupta). Poi va a trovare Nandini (Nandita Das), la ragazza e compagna di Brati, resa mezza cieca dalle torture della polizia. Questo tentativo di capire le ragioni della morte del proprio figlio portano Sujata a vedere il mondo degli oppressi e a iniziare a capire le grandi disuguaglianze che caratterizzano la società indiana. Allo stesso momento, questo viaggio di scoperta fa capire a Sujata la ipocrisia della propria vita, la vita fatta di facciata, nella quale lei stessa è calpestata ogni giorno nel suo ruolo di madre, donna e moglie.

Commenti

Il film è molto forte con 3 attrici più brave del cinema indiano di Mumbai - Jaya Bhaduri, Seema Biswas e Nandita Das.

Seema Biswas nel ruolo di madre di Somu presenta un performance incredibile. Il suo urlo del pianto rituale quando Sujata entra nella sua casa per la prima volta (in diverse parti del India, dopo la morte di un famigliare, ogni volta che un amico o un parente entra in casa per la prima volta, c'è il pianto rituale) fa drizzare i peli. Quando c'è lei sullo schermo è difficile toglierle gli occhi di dosso.

La parte del film legata a Nandini, la ragazza di Brati, che spiega le motivazioni del movimento di Naxalbari, mi è sembrata un po’ meno efficace perché troppo pieno di parole. Sembra di vedere qualcuno recitare un libro piuttosto che una scena del film. Nandita Das al suo primo film nel ruolo di giovane e magra “naxalite” (rivoluzionaria) con la fibra di acciaio che non si piega alle torture, non è perfetta ma fa già intuire che diventerà un'attrice di grande sostanza.

Ma tra tutti gli attori del film, la migliore è Jaya Bhaduri, nel ruolo di Sujata. L’attrice è tornata a recitare per questo film dopo un intervallo di circa venti anni, ed è la sua interpretazione migliore in una carriera fatta di molti film belli. Il dolore nei suoi occhi, la sua confusione, la sua fatica di capire quello che sta succedendo e alla fine, la sua consapevolezza, tutto diventa credibile. In molte scene del film riesce a trasmettere sentimenti complessi senza gesti o parole.

Questo non è un film passatempo - è un film molto impegnativo. Fa parte dell’ ormai defunto Art cinema di Mumbai che si differenziava dal cinema commerciale (masala film) di bollywood. Alla fine possiamo concordare o meno con i ragionamenti dei suoi protagonisti riguardo le cause delle disuguaglianze sociali in India e la loro scelta della violenza della lotta armata, ma sicuramente è un film che ti fa riflettere.

Personalmente non concordo con le lotte armate perché non portano a nessun cambiamento reale, sostituiscono un'oppressione con un'altra. Anche i protagonisti del film arrivano alla stessa conclusione.

Govind Nihalani è uno dei registi dissidenti di Mumbai più importanti, iniziò la sua carriera come cinematografo nel lontano 1962. Tra i suoi film più importanti come cinematografo, c’è anche il famoso 'Gandhi' di Richard Attenborough. Dal 1981, quando lui esordì come regista con il suo primo film, Aakrosh (la rabbia), ha seguito la strada dei film denuncia.

La scrittrice Mahashweta Devi aveva passato la sua vita nella lotta per i diritti dei gruppi più poveri ed emarginati in India, dando voce a persone emarginate e senza potere, tramite i suoi romanzi. Diversi suoi libri sono stati tradotti in italiano.

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martedì 6 giugno 2006

Non ho ucciso Gandhi

Il titolo del film mi aveva molto incuriosito "Maine Gandhi Ko Nahin Mara" (Non ho ucciso Gandhi). Mi sono chiesto, con questo titolo “non ho ucciso Gandhi” cosa vogliono dire? Si sa chi aveva ucciso Mahatma Gandhi nel 1948, si chiamava Nathu Ram Godse e fu impiccato - allora è una domanda retorica?

Maine Gandhi Ko Nahin Mara (Non ho Ucciso Gandhi) Film Bollywood

Ero curioso e così ho voluto vedere questo film.

E’ il primo film del regista indiano Jahnu Barua. Il film è stato prodotto dall'attore Anupam Kher, già conosciuto al pubblico italiano come il padre sikh della ragazza indiana nel film inglese, "Bend it like Beckham".

Trama del film: Non ho Ucciso Gandhi

Il film è la storia di un vecchio professore, che si chiama Uttam Chowdhury (Anupam Kher). Il professore è in pensione, soffre di demenza e sta perdendo la sua memoria. Delle volte non si ricorda che è in pensione o che la sua moglie è morta un anno e mezzo fa. Non ha perso tutti i suoi ricordi, per esempio, delle volte si ricorda quella volta che era finito in un'aula diversa da dove doveva andare a insegnare. Lui vive con la figlia Trisha (Urmila Matondkar) e il figlio Addi (Karan Chaudhury). Invece il suo figlio maggiore, Ronu (Rajat Kapoor) vive in America.

Trisha è innamorata di Ashish ma per il loro matrimonio, lei deve essere “approvata” dai genitori di Ashish perché lui non vuole sposarsi senza il loro consenso. Addi, il fratello di Trisha è preoccupato, perché se lei si sposerà, chi baderà a suo padre? “Possiamo mandarlo in un istituto”, propone, “non voglio rovinarmi la vita”.

Trisha è sconcertata dall’insensibilità del fratello. Poi, Ashish rompe la relazione con lei perché i suoi genitori hanno paura che la malattia del professore sia ereditaria e non vogliono che il loro figlio sposi Trisha.

Improvvisamente la condizione mentale del professore peggiora, comincia ad avere delle allucinazioni e più volte borbotta “Non ho ucciso Gandhi di proposito, è stata una disgrazia. Pensavo di avere una pistola giocattolo, ma qualcuno ha messo una pallottola vera alla mia insaputa e quando ho sparato, Gandhi ha attraversato la mia strada e così è rimasto ucciso.” Nessuno riesce a capire il motivo di queste allucinazioni e le condizioni del professore si deteriorano di giorno in giorno.

Addi, il figlio più giovane telefona al fratello maggiore in America e gli racconta la situazione del padre. Ronu torna a Bombay.

Trisha va parlare con Sidharth (Praveen Dabas, conosciuto al pubblico in Italia come lo sposo nel film 'Monsoon Wedding' di Mira Nair), un altro psichiatra. Indagando si scopre il motivo di queste allucinazioni. Si tratta di una ferita dell’infanzia, mai chiusa. Quando il professore aveva 8 anni, durante un gioco con altri bambini aveva sparato una freccia alla foto di Gandhi e poi era arrivata la notizia che quello stesso giorno Gandhi era stato assassinato. Il padre del bambino, seguace convinto del Mahatma, si era arrabbiato con il figlio per aver osato a profanare la foto del Mahatma. Quel episodio era rimasto impresso nella mente del bimbo, e che ora è convinto che il suo gesto aveva fatto morire Gandhi.

Come terapia, lo psichiatra decide di organizzare una finta seduta da tribunale coinvolgendo un gruppo di attori per fare un finto-processo al professore, per aver assassinato Gandhi. Il finto-processo conclude con la dichiarazione che bmabino non ha colpa.

Il professore in un momento di lucidità, si guarda intorno nella finta aula del tribunale e riconosce che si, non fu lui ad uccidere il Mahatma, ma che ormai il Mahatma è solo un simbolo vuoto, una faccia da stampare sulle banconote, ma che tutti hanno dimenticato i suoi insegnamenti.

Commenti

L'idea del film sul trauma dell’infanzia che affiora quando le memorie iniziano a morire è interessante (anche se poco credibile), e il film è molto coinvolgente. L’attore Anupam Kher, nel ruolo del professore malato è grandioso. Anche gli altri attori, soprattutto Urmila Matondkar nella parte della figlia Trisha, sono bravi. La musica del film (Bappi Lehri) anche se alle volte troppo ripetitiva, è efficace.

La storia del fidanzato che decide di non sposare la ragazza che ama perché ha paura della demenza del padre, sembra solo una strategia per rendere il film più drammatico.

Se vi piacciono i film seri, questo film vi piacerà. L’unica parte che ho trovato meno convincente è il momento di lucidità del professore verso la fine. La sua predica finale, molto bella e commovente, non mi sembra molto logica con il resto del personaggio e la sua malattia.

Alla fine, non cercate le coerenza logica in tutti gli aspetti della storia, e accettate questi aspetti poco credibili come strategie narrative, il film è interessante.

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lunedì 5 giugno 2006

Il Mondo è Piatto?

Sto leggendo il libro del giornalista americano, Thomas Friedman, The Flat World (Il mondo è piatto). La teoria di Friedman in questo libro è che dopo la rivoluzione copernicana, oggi di nuovo la terra sta diventando piatta per una serie di sviluppi legati alla globalizzazione, allo sviluppo di alcuni paesi come Cina e India, e ai progressi dell'informatica. Secondo Friedman, questo mondo piatto richiede nuovi ragionamenti e nuovi comportamenti, altrimenti i popoli che non sapranno adeguarsi, resteranno in dietro. Lui si rivolge sopratutto all'America ma forse il suo discorso è altrettanto valido, anche per l'Europa.

In questo libro lui racconta le sue discussioni con una miriade di persone di diversi continenti per spiegare il proprio pensiero:"Vi sono due cose che mi preoccupano in questo momento", disse Richard A. Rashid, il direttore per la ricerca alla Microsoft. "La prima, il fatto che abbiamo chiuso il passaggio di arrivo in America delle persone intelligenti. Se tu pensi che abbiamo le più grandi università e istituti di ricerca, questi hanno bisogno di q.i. (quoziente di intelligenza, ndr). Nel tentativo di creare un processo che blocchi l'arrivo di emigrati indesiderabili, il governo ha effettivamente bloccato l'arrivo delle persone desiderabili. Una significativa parte dei laureati più bravi di nostri migliori istituti e università sono state persone, non nate in America ma sono persone che dopo la laurea, sono rimaste qui, hanno creato nuove imprese, sono diventati professori, ed erano i motori del nostro sviluppo economico.Vogliamo queste persone. In un mondo dove la Q.I. è il più importante prodotto sul mercato, devi cercare di avere il maggior numero di persone brave che puoi avere."

Mentre leggevo queste parole, pensavo alle discussioni con Mishra, un ricercatore indiano che si trova in un centro di ricerca in Italia. Mishra è stato qui a Bologna alcuni giorni fa. Lui mi ha detto, "Devo finire questa ricerca, poi penso di andare in Stati Uniti, qui in Italia non c'è spazio per la ricerca. Questo non è soltanto perché sono straniero. Due ragazze italiane al nostro centro, entrambe hanno concluso il dottorato. Una di loro ha cominciato a lavorare in una farmacia e l'altra si è iscritta ad un corso per diventare maestra. Se un paese non sa prendere cura dei suoi migliori cervelli, quali opportunità può dare a noi stranieri?"

Ultimamente sento diversi indiani che vengono in Italia per lavorare presso i centri di ricerca. Pratika, figlia del mio amico d'infanzia Rahul, era a Brighton dove studiava astrofisica e doveva decidere se venire a Trieste o andare in Germania per il suo dottorato. Alla fine lei ha deciso per la Germania. Invece, Sidharth che studiava in Germania, ha deciso di proseguire le sue ricerche a Trieste. Forse le università italiane hanno iniziato a cercare i cervelli migliori da altri paesi - o forse sono costretti perché non vi sono studenti italiani interessati in seguire carriere che non portano da nessuna parte?

E le teorie di Friedman, cosa significano per l'Italia? Forse anche in un mondo piatto, avranno sempre bisogno di bel paese per conoscere la storia, per ammirare le sue bellezze naturali! Non c'è bisogno che tutti i paesi abbiano ricerca e imprese di avanguardia per il proprio sviluppo! Speriamo.

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sabato 6 maggio 2006

Diario Egiziano

Arrivo a Cairo

29 aprile, 2006. Sono alloggiato presso l'hotel Intercontinental Star di Cairo. Dopo i modesti alberghi e semplici villaggi del Nepal e del Mozambico, questa volta sono in un hotel a 5 stelle. E’ un nuovo hotel nella zona di Heliopolis, il sobborgo di Cairo, pieno di condomini, centri commerciali e alberghi di lusso. Questo perché questa volta sono ospite dell’ufficio regionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per il medio-oriente. Sono qui per una riunione che coinvolgerà 8 paesi del medio-oriente.

Vecchia Cairo - Egitto

Da una parte questo lusso è molto piacevole, ma allo stesso momento mi dispiace stare in questo hotel, perché penso che diventa una barriera che mi separa dalla vita normale degli egiziani. Inoltre, questa volta non avrò occasione di andare a visitare i villaggi. Se posso scegliere, preferisco la possibilità di conoscere le persone comuni e le loro vite, invece che questi alberghi di lusso.

Per i prossimi giorni, mi toccherà restare chiuso nella sala della riunione. Per fortuna, il 1 maggio è festivo anche qui e non dovrei avere altri impegni di lavoro. Così spero di andare al matrimonio di Shenoudah, che si sposerà il 1 maggio in una chiesa di Heliopolis. Shenoudah mi aveva fatto da traduttore durante la mia ultima visita qui 5-6 anni fa. Inoltre, la mia amica Gehane mi ha promesso di portarmi mi giro. Spero di andare con lei alla parte vecchia di "El Kahira", è così che gli egiziani chiamano il Cairo. E spero anche di poter visitare le piramidi.

La prima volta che sono stato in Egitto, ero con il dott. Enzo Zecchini, e mi ricordo che lui aveva avuto un collasso vicino alle piramidi. Disperato, avevo cercato un taxi per portarlo da un medico, pensavo che aveva avuto un infarto. Invece era solo un colpo di sole. La seconda volta ero qui con Franco Falco e subito dopo il nostro rientro in Italia, gli avevano diagnosticato un tumore al cervello, e povero Franco morì dopo due anni. Per cui, ho fatto l'idea che i viaggi in Egitto non mi portano bene.

E’ così in ogni luogo che vado a visitare. Le memorie delle cose successe in altri viaggi precedenti, viaggiano insieme a me per ricordarmi che niente dura, che tutto passa. E’ un pensiero triste e allo stesso momento, un richiamo al attimo fuggente, di vivere la vita in pieno, anche se passare cinque giorni chiusi dentro una sala delle riunioni non si può dire “vivere la vita in pieno”!

Viaggio

Questa volta ho viaggiato con Alitalia. Ormai non viaggiavo con Alitalia da 8-9 anni. La nostra agenzia di viaggi non ci propone più i voli con Alitalia, perché dicono che è troppo inaffidabile! Li capisco perché se succede qualcosa al mio volo, tocca a loro a trovare delle soluzioni.

Arrivato a Cairo, mi aspettava un incaricato dell’OMS nella confusione della sala degli arrivi. Fuori c'era il caldo secco, l'ho sentito come una sberla anche se erano solo 34 gradi. Tutto sembrava avvolto nella polvere, quella stessa sabbia che sembra un mare pallido dall’aereo. Non mi piace il deserto, mi fa sentire male, anche se vista dal cielo, mi fa venire l’ansia.

Il Centro Commerciale di Cairo

Accanto all’hotel c’è un grande centro commerciale. Ho lasciato le mie valigie in camera e subito sono andato li. Era così strano vedere tutte le donne con i foulard sulle teste, camici con le maniche lunghe e gonne fino ai piedi. C’erano alcune con il velo nero completo, affinché vedevi solo i loro occhi. Accanto a loro, c'erano gli uomini con i bottoni delle camice aperte, a maniche corte, qualche volta anche con i pantaloncini. Solo a guardarle mi fa sentire male, anche se sono cresciuto nella parte vecchia di Delhi dove la maggioranza era musulmana e dove le donne con velo nero (il burqa) erano molto comuni. Mi sembra che in confronto alle mie precedenti visite a Cairo, il numero delle donne coperte dal velo integrale sono aumentate molto.

Incontro con il Mondo Musulmano

5 maggio, 2006. Non ho avuto il tempo di scrivere il mio diario durante la settimana passata a Cairo. Oggi pomeriggio ho il volo di ritorno ma almeno stamattina ho un po’ tempo per fare i conti con questa esperienza dell’incontro con il mondo egiziano.

E’ il mondo musulmano che occupa la maggior parte delle mie riflessioni questa volta perché durante una visita qui non si può ignorare la religione. Anche durante la riunione dell’OMS, diversi relatori venuti da diversi paesi del mondo musulmano, iniziavano la relazione con un verso del Corano e la cosa mi lasciava ogni volta un po’ scioccato. Anche il direttore regionale dell’officio dell’OMS iniziò la sua relazione inaugurale con una preghiera dal Corano. Mi chiedevo se questo è giusto in una regione dove vivono anche le altre religioni, anche se sono spesso minoranze?

Vedere il lavandino basso nel toilette degli uffici dell’OMS dove le persone si lavavano le mani e i piedi prima delle preghiere di mezzogiorno - il luogo di lavoro deve garantire che i dipendenti possono avere una sala adatta e andare a pregare. E' vero che in Italia, negli ambienti di lavoro, se i fumatori possono avere pause per andare fuori a fumare, forse è giusto che qui, le persone possono avere pause per le loro preghiere?

Mi chiedevo, cosa sarebbe successo in questa riunione se un relatore indù o cattolico invocava il suo dio prima di parlare? L'avrebbero tollerato?

I Dissidenti nei Paesi Islamici

Dall’altra parte ho incontrato persone dell’Iran, della Palestina e poi diversi egiziani, i quali, anche se credenti, mostravano il proprio dissenso da questo potere onnipresente della religione nelle loro vite. Comunque, anche loro avevano paura perché questo sfogo contro il velo, contro il potere dei mullah, avveniva sempre lontano dalle orecchie indiscrete, tranne in qualche caso eccezionale.

E’ per questo che mi è piaciuto il dott. Taghi, il quale esprimeva il suo dissenso in maniera netta e pubblica. Lui è uno psichiatra iraniano. Ho avuto paura per lui. Penso che se mi trovassi nella sua situazione, sarei molto meno coraggioso.

Palestina

In Palestina, Hamas ha vinto le elezioni. Gadda, la rappresentante Palestinese che conosco da diversi anni, si è lamentata che tutti chiedevano i palestinesi di avere le elezioni democratiche, ma ora che hanno scelto Hamas, nessuno sembra contento della loro democrazia.

Mi ha detto, "Tutti vogliono la democrazia, ma vogliono decidere chi dobbiamo eleggere."  La capisco, ma ho paura che questa loro scelta renderà le possibilità di pace con l'Israele ancora più difficile. Anzi, penso che creerà le condizioni per un'altra guerra. Comunque, sono rimasto zitto, non ho detto niente a lei.

Un Giorno con Gehane

Ho passato una giornata con Gehane. Lei non porta il velo, è educata, ha studiato in occidente, non si lascia vincolare dalle catene che legano maggior parte delle donne musulmane. Tuttavia ad un certo punto, lei mi ha detto che lei è musulmana e credente. Ha detto che sposerà soltanto un uomo musulmano. "E se ti innamori di un uomo non musulmano?" le avevo chiesto. No, lei aveva subito negato con decisione. Lei lo sa che non succederà.

Gehane mi ha spiegato che la zona dove si trova il mio albergo non è il sobborgo di Heliopolis ma si chiama Nasr city. Lei mi ha fatto da guida. Mi ha portato al giardino di Al Azhar sulla collina davanti alla cittadella, da dove si vede tutta la parte vecchia di Cairo. Un'altra volta, ha accompagnato me e Federico, alle piramidi in una mattina nuvolosa e meravigliosamente fresca. Sono state delle visite molto belle.

Le Piramidi di Gisa - Egitto

Ero già stato alle piramidi altre volte, ma quelle visite erano meno piacevoli, sia perché faceva sempre molto caldo e poi, erano visite affrettate. Invece questa volta, non c’era la fretta e potevo girare nella zona senza pensare all’orologio. E, poi, il cielo era nuvoloso.

Sheikha Hissa, Principessa del Qatar

Durante la riunione ho incontrato anche la principessa Sheikha Hissa, figlia dell’Amiro di Qatar. Sheikha è stata nominata l’inviata speciale delle Nazioni Unite per le persone con Disabilità. Anche se lei occupa questo posto da più di un anno, il mondo legato alla disabilità conosce poco di lei e molti parlano di lei in termini negativi.

Pensavo che fosse pregiudizi – è una donna musulmana, porta il velo, e appartiene ad una famiglia reale. Per questo ho apprezzato quest’opportunità a conoscerla meglio. Le ho chiesto se potevo intervistarla e lei è stata subito disponibile. Ha voluto presentarsi come una donna qualunque, una madre singola che deve fare i conti con la famiglia e le esigenze del suo lavoro. Mi ha dato l’impressione di essere una persona forte. E’ vero che sapeva molto poco del mondo della disabilità e ha molto da imparare, ma mi è sembrata una persona intelligente e capace.

Crociera sul Nilo e la Danza del Ventre 

Durante la riunione, una delle sere siamo stati invitati ad una crociera sul Nilo. La nave lussuosa apparteneva ad uno degli alberghi più esclusivi di Cairo. Durante la cena c’erano due cantanti per il divertimento degli ospiti.

Danza del Ventre, Cairo, Egitto

Dopo la cena vi è stato uno spettacolo della danza del ventre. Signora Samara, una donna prospera con il seno straripante, in un vestito di pelle color turchese, molto aderente, sembrava uscita da un film porno con l’espressione di estasi sulla faccia, mentre girava il suo culetto in maniera provocatoria. La danza del ventre era un tremolio continuo della parte inferiore del suo corpo, molto sensuale, che mi faceva pensare ad un attacco di malaria. Dopo alcune danze, tutte più o meno uguali, lei è tornata con un altro vestito, questo volta, una retina nera trasparente dalla quale si vedevano le sue sottovesti rosse, per ripetere le danze in mezzo al pubblico, toccando gli uomini, invitando le donne ad alzarsi e a provare la danza con lei.

Mi ha sorpreso vedere diverse donne egiziane, vestite con il velo che si sono alzate per provare la danza con lei. Un mio amico egiziano che mi accompagnava mi ha spiegato che in Egitto questa danza è la parte integrante di 90% dei matrimoni, e durante queste danze è normale che le donne ballano con le danzatrici, e che la maggior parte delle ragazze egiziane impara questa danza, nonostante la crescente islamizzazione della società. Secondo lui questa islamizzazione è cresciuta dopo i fatti dell’11 settembre 2001, ma fin’ora ha risparmiato la danza del ventre.

Rientro in Italia

Non penso che tornerò a volare con Alitalia un’altra volta, almeno per un po’ di tempo. Il servizio da Cairo a Milano Malpensa non era male. Ma i problemi iniziarono a Milano. Mezz’ora prima del volo, è stato annunciato il ritardo di un’ora. Poi, hanno cancellato il volo.

L’incaricato di Alitalia era un ragazzo giovane, gentile ma un po’ sbrigativo. I passeggeri erano molto arrabbiati. Forse lui aveva già visto scene simili o peggiori molte altre volte. Qualcuno con i bambini piccoli era disperato. Alcuni altri dovevano fare ulteriori viaggi dopo l’arrivo a Bologna, e si preoccupavano per il dopo.

Se questo non bastava, arrivati a Bologna, c’era anche il solito sciopero dei treni iniziato venerdì sera che sarebbe durato fino a sabato sera.
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martedì 18 aprile 2006

Donne Mozambicane

Ero a Nampula nel nord del Mozambico.

Eravamo andati a visitare il centro dove un gruppo di vedove aveva creato una cooperativa che produceva frittelle e poi li vendeva al mercato. Le storie che queste donne raccontavano erano simili alle storie che si raccontano in tante altre parti del mondo - che le donne vedove non hanno diritti, quando muore il marito, la famiglia può cacciarti da casa, insieme ai tuoi figli.

Teatro di Strada, Nampula, Mozambico

Alcuni giorni dopo, abbiamo avuto un incontro con un gruppo di teatro comunitario, il gruppo si chiamava Etary. Durante questo incontro è riemersa la questione del ruolo della donna nella società mozambicana (forse dovrei dire "nella società di Macua" perché eravamo a Nampula dove vivono le persone dell'etnia Macua).

Il gruppo organizza spettacoli di teatro di strada per sensibilizzare la popolazione verso le malattie come la lebbra, la TBC, ecc. Nello spettacolo che ho visto, la moglie quando scopre che il suo marito ha la lebbra, decide di lasciarlo e a abbandonare la casa. Poi, dopo qualche mese, quando il marito è sulla via di guarigione, lei torna a casa e trova che il suo marito si è risposato ed ha organizzato una festa con gli amici. Questa volta, lei viene cacciata da casa perché era stata cattiva, aveva osato lasciare il suo marito perché era un malato di lebbra.

Ho chiesto al gruppo se si poteva invertire i ruoli - ciò è, se la donna avesse la lebbra e il marito la lasciasse, potrà lei risposare e poi cacciare da casa il marito quando tornerà?

No, mi hanno spiegato, le donne non possono comportarsi così.

Penso che tutta la storia del teatro era stata scritta dal punto di vista maschile. La donna premurosa che insisteva che il suo marito dovrebbe farsi vedere in ospedale, e la donna che vendeva le sue capulane (scialli per legare i bimbi alla schiena) per la cura del marito, all'improvviso diventava cattiva perché aveva paura della lebbra. E poi, quando sapeva che il marito era guarito, tornava a casa ma doveva essere cacciata perché non si era comportata bene.

Lo spettacolo mi ha disturbato anche perché secondo me aveva un immagine un po' stereotipata della lebbra tramite il personaggio del vecchio malato.

Alla fine non avevo insistito che dovevano cambiare la storia del loro pezzo teatrale, ma speravo che la nostra discussione farà riflettere loro, sopratutto alle ragazze che partecipano in questi ruoli.

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domenica 26 marzo 2006

L'Acqua - Film di Deepa Mehta

Water (L'Acqua) è il terzo film della trilogia del regista d'origine indiana, Deepa Mehta basata sugli elementi della vita. Lei aveva già girato Fire (Il Fuoco) e Earth (La Terra) come parte di questa trilogia. Deepa Mehta è d'origine indiana ma vive in Canada.

Girare questo film non è stato facile. 4 anni fa, mentre lei cercava di girare questo film nella città sacra di Varanasi (India), le riprese erano state interrotte da gruppi di indù arrabbiati con lei perché ritenevano che i suoi film fosse denigratori verso la loro religione. Forse a dare adito a queste idee era stato il suo precedente film, Fire (Il Fuoco) che parlava di rapporti sessuali tra due donne - quel film aveva sollevato molto scalpore tra alcuni gruppi in India, i quali ritenevano che l'omosessualità fosse estranea alla cultura indiana. Alla fine Mehta fu costretta ad interrompere le riprese del film e a lasciare l'India.

Dopo una pausa di 4 anni, questo film è stato girato in grande segreto in Sri Lanka e tutto il cast di attori è stato cambiato per non destare sospetti e per evitare che simili disordini si sollevassero un'altra volta.

Il film parla del trattamento delle vedove nell'India del 1938.

Trama del film

Il film inizia con la piccola Chuiya (Sarla), ancora bambina, ma già sposata e ora vedova. Le rasano la testa e le mettono il vestito bianco delle vedove e suo padre l'accompagna alla casa delle vedove lungo il fiume. Chuiya, è troppo piccola per capire tutto quello che sta succedendo, e cerca di ribellarsi.

La vecchia vedova Madhumati (Manorama) regna nella casa delle vedove con un pugno di ferro, con l'aiuto della donna trans, Gulabo (Rajpal Yadav).

Chuiya trova sostegno e amicizia in Shakuntala (Seema Biswas), una vedova di mezza età, una donna di poche parole e l'unica nella casa che riesce a contrastare la vecchia Madhumati. Successivamente, Chuiya fa amicizia con la bella Kalyani (Lisa Ray), la vedova che vive al primo piano della casa, separata da tutte le altre vedove.

Le vedove dovrebbero sopravvivere con l'elemosina ma questo non basta a sfamare le donne e a pagare l'affitto della casa. Per questo, con l'aiuto di Gulabo, Kalyani deve prostituirsi. Lei va a frequentare le case degli uomini ricchi dopo il calare del sole.

Kalyani e Chuiya conoscono Narayan (John Abraham), un giovane di ricca famiglia tornato a casa in città dopo gli studi. Narayan è seguace di Gandhi e vuole fare parte del movimento per l'indipendenza dell'India. Lui si innamora di Kalyani e vuole sposarla. Nella casa delle vedove, Madhumati tenta in tutti i modi di bloccare questo matrimonio e nella casa di Narayan, la madre non è contenta della scelta del figlio, ma Narayan insiste.

Solo quando Kalyani sta per arrivare alla casa di Narayan, si accorge che è la stessa casa dove è già stata altre volte e rifiuta di proseguire. Quando Narayan le chiede il motivo lei gli risponde di parlarne con il proprio padre. (Nella foto sotto, Kalyani e Narayan)

Tornata alla casa delle vedove, Madhumati non la lascia entrare dentro perché è stata disobbediente. Alla fine, Kalyani si suicida nel fiume. Narayan litiga con suo padre e va a cercare Kalyani, ma è troppo tardi e Kalyani è già spirata.

Madhumati vuole trovare una sostituita per Kalyani da mandare alle case dei ricchi per la prostituzione e decide di mandare la bambina, Chuiya. Shakuntala quando lo scopre, va a cercare Chuiya ma è troppo tardi, ormai la bimba è stata violentata. Shakuntala è disperata. Tutte le sue certezze sul comportamento corretto per le vedove sono crollate. Sente parlare che Gandhi passerà dalla loro città e segue la folla per andare a vederlo.
Gandhi parla alla gente e dice che Dio non è la verità, bensì che la verità è dio, e che dobbiamo essere veri. Shakuntala corre dietro il treno di Gandhi e consegna Chuiya a Narayan nello stesso treno.

Commento

Il film è molto bello dal punto di vista della scenografia e tutta la parte relativa alla vita delle vedove nella casa sono commoventi. Il film racconta senza sentimentalismi la dura realtà delle vedove di quell'epoca, emarginate da tutti.

Seema Biswas nel ruolo di Shakuntala e Sarla nel ruolo di Chuiya sono molto brave. Tutte le attrici nel ruolo delle vedove sembrano autentiche a partire da Madhumati.

Lisa Ray nel ruolo di Kalyani è bella ma non sempre convincente. John Abraham nel ruolo di Narayan è soddisfacente.

Il film merita di essere visto.

Religioni e Cinema

Non penso che con questo film, Deepa Mehta ha voluto denigrare la religione indù, ha soltanto voluto far vedere l'ingiustizia che esisteva nel nome della religione. Tutte le religioni hanno aspetti negativi, sopratutto se vogliamo misurarli con i criteri dei diritti umani di oggi.

Se una religione ha la capacità di interrogarsi e di cambiare con i tempi, riformando i suoi aspetti negativi, ciò la rende più forte e adatto ai tempi. Se invece, la religione si fossilizza e non può cambiare perché deve continuare a seguire le idee vecchie nel nome della tradizione, penso che quello sia un grande problema.

Il cinema può soltanto far vedere uno specchio alla realtà che esiste nella società, sta alla società guardare l'immagine riflessa e cercare riparo e consiglio. Vietare che i film non parlino degli aspetti negativi di una cultura è come chiudersi gli occhi e rifiutare di guardare la realtà.

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