Dietro la statua di Zorig, c’era un grande manifesto elettorale. Per tre settimane avevo girato in Mongolia. Ero stato a Ulgii vicino alla frontiera ovest del paese, dove vivono i Kazaki musulmani. Avevo visitato Ondorhan ad est di Ulaan Baatar dove si era abbattuta una terribile tempesta nel maggio 2008, uccidendo più di 300.000 capi di bestiame, gonfiando le file di nuovi poveri che si emigrano verso la capitale alla ricerca della sopravvivenza. Dappertutto si percepiva la febbre elettorale.
Hari, l’ex-vice sindaco di Ulgii è il coordinatore del programma di riabilitazione su base comunitaria (RBC) sostenuto da AIFO, ed è anche un esponente del partito democratico. Dorjgotov, il medico responsabile della provincia di Uvs e capo del comitato provinciale di RBC di Uvs, è un esponente del partito rivoluzionario. Partito democratico e partito rivoluzionario sono i due partiti principali, protagonisti delle elezioni previste per il 29 giugno 2008. Eravamo tutti insieme, Hari, Dorjgatov e altri, vicino al lago Achint, e parlavo con loro per cercare di capire i programmi dei due partiti.
Tuki (Tulgamma), la rappresentante di AIFO in Mongolia aveva detto, “Vedi Hari e Dorjgatov? Sono amici, anche se appartengono a due partiti diversi. Qui tutti sanno che dobbiamo pensare alle persone disabili, povere ed emarginate e la politica non entra nel nostro lavoro.
Mentre guardavo la statua di Zorig a Ulaan Baatar, pensavo alle discussioni con Hari e Dorjgatov. Non serve preoccuparsi. Le elezioni si svolgeranno in pace senza grosse difficoltà. Forse la Mongolia ha superato la fase più critica della trasformazione dallo stato protetto dell’Unione Sovietica ad una democrazia normale. Mi dicevo.
Erano così buffi questi ragazzi e ragazze con le magliette gialle e arancio che sbandieravano i programmi dei loro partiti, organizzavano piccoli comizi elettorali a sostegno dei propri candidati, giravano con le bandierine dei partiti sulle moto. Mi facevano pensare alle ragazze pom-pom del baseball americano.
Ieri sera li ho rivisti, quei ragazzi con le magliette gialle e arancio, nei telegiornali. Con i bastoni rompevano i vetri di un edificio e dietro bruciava qualcosa. “Sono scoppiati i disordini in Mongolia dopo la dichiarazione della vittoria del partito rivoluzionario... la polizia ha sparato ... i dimostranti hanno dato fuoco alla sede del partito rivoluzionario nel centro di Ulaan Baatar ... è stato dichiarato uno stato di emergenza di 4 giorni ...”, raccontano i telegiornali.
Nei 18 anni dopo lo scioglimento del regime comunista, simile situazione non si era mai vista prima, né anche quando avevano ucciso Zorig.
Come usare le enormi risorse minerali del paese sembra la vera domanda che divide i due partiti. Partito rivoluzionario vuole tenere il controllo statale per le miniere scoperte con aiuto pubblico, vuole che lo stato abbia il 51% delle azioni. Invece, il partito democratico propone la possibilità di proprietà completamente privata di queste miniere. In un mondo globalizzato, oggi le risorse naturali sono sempre più preziose. Avevo visto le enormi tendopoli dei “Ger Districts”, con i “ger”, le tende rotonde alla periferia di Ulaan Baatar, dove vivono circa 70% di oltre 1 milione di abitanti della capitale, e immagino che anche la Mongolia vuole la sua parte della torta della globalizzazione.
Forse era prevedibile che succedevano questi disordini. Quando sono di mezzo i miliardi da spartire, è naturale che vi siano dei disordini. E forse ci sono di mezzo anche gli altri? A Ulaangom, c’era un gruppo di volontari stranieri, ragazzi e ragazze venuti da paesi come Taiwan, Nuova Zelanda, Australia, Francia, Olanda, ecc. per andare in giro sulle bici e per fare la compagna per il partito democratico. Forse anche gli altri partiti hanno interessi nelle miniere mongole.
Mi dispiace per Mongolia. Spero che i miei amici, le persone conosciute durante il viaggio, riusciranno a salvarsi dall’impatto di questa violenza.