venerdì 5 dicembre 2008

Il colore della pelle

Ieri sera ho avuto una lunga e appassionata discussione con Chiara. Oramai ci conosciamo da quel lontano 1990-91, quando Chiara era tornata da Nicaragua e aveva letto un mio articolo sulla rivista di Aifo, dove parlavo dell’ospedale di Kimbau in Congo. Da allora Chiara vive in Congo, prima come una volontaria Aifo e negli ultimi anni come una volontaria laica della diocesi di Kenge. Quando Chiara viene a Bologna, spesso si ferma da noi. Mi piace molto Chiara e mi piace la sua sensibilità e la sua emotività e il suo ostinato desiderio di mettersi in prima fila a sperimentare su se stessa le proprie idee. Lei non si nasconde dietro una scrivania o dietro scuse ufficiali, vuole sempre scontrare direttamente contro ogni ingiustizia. Per cui è difficile che trovo argomenti dove non sono d’accordo con lei. Molte volte in passato, lei mi ha dato nuovi spunti di riflessione, un nuovo modo di guardare le questioni.

Qualche anno fa, lei mi aveva parlato delle creme e saponi a base di mercurio e a base di altre sostanze tossiche, usate in Congo per schiarire il colore della pelle, ma non ne avevamo parlato molto. Invece avevo avuto qualche discussione vivace su questo tema con alcune persone che avevano sentito Chiara parlare di questo problema e volevano lanciare delle campagne di sensibilizzazione contro l’uso di queste creme e saponi. Non ero completamente d’accordo con le loro idee, ma non ero riuscito a convincerle.

Ieri sera quando Chiara mi ha parlato di un incontro che si terrà a Roma su questo tema, allora ne abbiamo discusso. Penso che le questioni fondamentali su questo tema sono due:

(1) Le creme ed i saponi per schiarire il colore della pelle sono dannosi per la salute delle persone, contengono dei materiali cancerogeni, spesso vietati in molti paesi. Nonostante i divieti, questo tipo di prodotti si vendono anche in Europa e in Italia, sopratutto nei negozi frequentati dagli emigrati e gestiti da asiatici e africani, senza nessun tipo di controllo. Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema affinché non vi sia la possibilità di vendere questi prodotti dannosi per la salute e affinché le ditte commerciali non possono usare pubblicità ingannevole per influenzare le persone con la pelle scura.

(2) Ogni persona, qualunque sia il colore della sua pelle, è bella. Anche nero è bello perciò nessuno dovrebbe cercare di schiarirsi il colore della pelle.

Mentre concordo con il primo punto, ho alcune perplessità con il secondo ragionamento, sopratutto se a parlarne non siano i protagonisti della storia, ciò è le persone con la pelle scura, ma soltanto degli europei. Personalmente credo che tutti gli esseri umani, bianchi, neri, gialli e tutte le altre tonalità che esistono nella natura, sono belli e tutti noi dovremmo sentirci orgogliosi di come siamo, amati e valorizzati senza nessuna condizionale.

Ma se sono d’accordo con il principio, con la pratica, penso che bisogna tenere presente alcune altre considerazioni, per esempio:

(1) Quando qualcosa riguarda un gruppo di persone o un popolo, penso che sia opportuno che siano le persone di quel gruppo ad avere la possibilità e la voce per dire la propria. Se dobbiamo parlare degli emigrati, diamo spazio anche agli emigrati e non soltanto ai vari assessori, esperti, politici e associazioni. Se dobbiamo parlare del colore della pelle e chiederci perché le persone di pelle scura vogliono schiarire il proprio colore, sarebbe opportuno che vi siano alcune di queste persone a dire la propria. Purtroppo, più delle volte parliamo delle questioni senza lasciare spazio alle persone direttamente coinvolte nelle questioni.

(2) Le idee di bellezza dipendono dalla cultura e dal contesto. In Europa essere obese può essere considerato brutto, mentre in Africa, certo tipo di obesità può essere considerata bella. Se sei costretto a lavorare sotto il sole e la tua pelle diventa nera, generalmente non sarai considerato bello. Invece se sei ricco e avere la pelle abbronzata vuol dire che puoi permetterti delle vacanze alle Caraibi, allora quella pelle scura può essere considerata bella. Ciò è, se il colore della pelle è un’indicazione della ricchezza o povertà delle persone, se il colore della pelle è fonte dei privilegi o delle discriminazioni, sicuramente altre considerazioni decideranno se le persone vogliono avere la pelle più chiara o più scura.

(3) In molte culture, nero è considerato pari al cattivo, allo sporco e al diavolo, mentre bianco è pari al buono e al giusto. Guardate criticamente il linguaggio che usiamo tutti i giorni e diventa chiaro che questo modo di ragionare fa parte del pensiero profondo e inconscio di molte culture.

(4) Il colore più scuro della pelle, sopratutto nei paesi come India dove esistono persone di diverse tonalità della pelle, significa maggiori difficoltà a trovare lavoro, difficoltà a trovare un marito o una moglie. Basta guardare una rivista africana e troverete che tutta la pubblicità è basata sulle persone di pelle più chiara, se non di pelle bianca. Guardate un film indiano e vi rendete conto che non si vedono persone con la pelle più scura tra i personaggi. I famosi eroi di colore del cinema di Hollywood, non sono neri-neri, hanno la pelle un po’ chiara. Guardate la televisione brasiliana e vi accorgete che non si vedono le facce nere né anche tra il pubblico.

Penso che sia bello quando una persona scopre orgoglio dentro di se e sente che vale, anche se il colore della sua pelle è nera o gialla o marrone. Invece non è la stessa cosa se gli altri ci dicono che noi dobbiamo essere orgogliosi di noi stessi, sopratutto se viviamo in una cultura dove sperimentiamo sulla nostra pelle l’impatto della nostra diversità ogni giorno.

Nelle culture dove vivono persone di colore della pelle diversa, quando uno nasce con la pelle scura, impara da piccolo che è meno gradito, è meno ben voluto, in confronto agli altri che hanno la pelle più chiara. Se siete stati dentro un gruppo di bambini di colori diversi, e avete la pelle più scura lo sperimenterete, almeno con alcune persone. Invece se avete la pelle chiara, spesso non vi accorgete di questa differenza. Trovare la propria forza e sviluppare la fiducia in se stessi, quando siete diversi, per il colore della pelle, per l’orientamento sessuale, per la disabilità, per la cultura o per la religione, non è né facile né automatico. E’ un percorso.

Poi, penso ad un’altra cosa. Se la società pensa che scuro sia meno bello, la stessa società pensa anche che più vecchio vuol dire, più brutto. E’ su questo concetto che si basa molta dell’industria cosmetica con tutte le creme per diminuire le rughe. Personalmente ritengo che ogni persona dovrebbe essere orgogliosa della propria età e delle proprie rughe, ma non andrei a sindacare agli altri che non devono usare le creme per ridurre le rughe, o altri prodotti di bellezza. Ognuno deve avere la possibilità di fare il proprio percorso per arrivarci da solo, o delle volte, non arrivarci mai.

Perché siamo più indulgenti per le persone che usano le creme per sembrare meno vecchie e meno indulgenti per le persone che usano creme per schiarirsi la pelle? Non stiamo parlando della stessa cosa, avere fiducia in se stessi, sentirsi uguali agli altri?

In India la questione del colore della pelle, sopratutto per le ragazze, può diventare una questione di vita e di morte, e non soltanto in senso metaforico. L’ho visto da vicino per le 7 sorelle di mia madre, 3 delle quali avevano la pelle più scura, e so quanto può essere insidiosa, dolorosa e persistente questa discriminazione.

Il principio dell’uguaglianza degli esseri umani è bello come principio ma in realtà fare finta che siamo tutti uguali, che discriminazioni non esistono e che le persone che cercano di schiarirsi la pelle sono soltanto degli stupidi o degli ignoranti malinformati, serve solo per assicurare che non affronteremo la discriminazione in maniera seria, né cambieremo la realtà che ci circonda.

Alla fine Chiara concordava con alcune delle mie considerazioni. Lei parlerà sopratutto sull’impatto sulla salute delle creme e saponi per schiarire la pelle, ma ha detto che solleverà le altre questioni per promuovere una riflessione.

giovedì 4 dicembre 2008

Terrore a Mumbai e la risposta dei Musulmani Indiani

Gli attacchi terroristici a Mumbai sono stati un incubo durato 3 giorni e circa una settimana dopo, ancora le proteste in India contro i politici non si placano. Mentre i volti dei giovani terroristi e la loro palese gioia nel massacro degli innocenti mi faceva sentire orrore, ma allo stesso momento le notizie che questi erano ragazzi pakistani e forse tra di loro vi erano ragazzi inglesi di origine pakistana mi facevano sentire una certa disperazione. E’ un ciclo vizioso, pensavo, già molti pensano che i musulmani e sopratutto i ragazzi musulmani di origine pakistana siano dei terroristi, e un episodio del genere che resta sui teleschermi di tutto il mondo per interi giorni, non farà che a peggiorare questa percezione e il loro senso di alienazione.

Penso che questo stesso circolo vizioso ha creato un certo grado di alienazione anche tra i musulmani indiani, i quali si sentono sotto osservazione e per ogni episodio di terrorismo, si chiede a loro di dare qualche prova della loro lealtà verso la nazione. Delle volte penso che chiediamo a loro di rinnegare la propria religione per dare prova della loro non condivisione dei valori fondamentalisti.

Resta innegabile che tra i musulmani vi sono delle frange estremiste e dei personaggi ultra conservatori, i quali sono molto aggressivi nell’esprimere la propria visione del mondo e purtroppo, la stampa e le media danno degli spazi sproporzionati alle loro esternazioni. In confronto le voci dei musulmani più moderati si sentono con molta più difficoltà, e probabilmente molti di loro hanno paura di esprimere i propri pensieri perché rischiano di diventare i bersagli delle frange estremiste.

E’ per questo motivo che la notizia della decisione del consiglio islamico di Mumbai di non seppellire i corpi dei terroristi morti a Mumbai durante la scorsa settimana è stata una decisione forte e inequivocabile. Il consiglio islamico di Mumbai ha detto che questi ragazzi non si sono comportati secondo i concetti fondamentali dell’islam di pace e fratellanza, per cui non erano dei veri musulmani e che loro non si sentono di pregare per le anime di questi ragazzi né di lasciare che essi siano sepolti nei cimiteri musulmani della città, e chiedono che questi corpi siano mandati ai paesi di origine di questi ragazzi.

Ali, un giornalista musulmano ha detto, “Condivido questa decisione perché quello che questi ragazzi hanno fatto in nome della comunità islamica e della religione, non può essere giustificato in nessun modo.”


Altri capi religiosi musulmani importanti dell’India, compreso l’imam del moschea di Delhi e il capo della comunità Dar ul-Uloom di Deoband, hanno espresso sostegno per questa decisione del consiglio islamico di Mumbai.

Penso che sia una decisione molto forte ed è un segnale forte anche ai ragazzi musulmani indiani che si sentono attratti dalla filosofia Jihadista.

Dopo secoli di convivenza in una terra dove vivono molte religioni, con alcuni momenti di lotte feroci e di barbarie alternanti con i momenti di pace, i musulmani indiani hanno trovato una versione tollerante e pacifica dell’islam, influenzata fortemente dal sufismo. A nuova Delhi, nella casa dove sono cresciuto, avevamo i vicini di casa, una famiglia musulmana da una parte e una famiglia sikh dall’altra. Jude, un ragazzo cattolico che abitava tre case più avanti ed era il mio migliore amico per alcuni anni, prima che sua famiglia decidesse di emigrare in Australia.

Quando penso ai rapporti tra le religioni in India, mi piace pensare a quelli anni come l’espressione migliore delle diversità religiose in India, dove era naturale festeggiare le feste di tutte le religioni e dove nei venti anni di convivenza, non mi ricordo né anche una volta, delle discussioni per le differenze religiose.

Negli ultimi anni ho avuto la sensazione che questa visione pacifica, tollerante e gioiosa delle religioni fosse minacciato dagli estremismi. E per questo che sono contento della scelta del consiglio islamico indiano che ha un forte valore simbolico ed è una netto rifiuto del fondamentalismo islamico e la sua cultura dell’intolleranza, dell’odio e della morte. Allo stesso momento, spero che sarà anche un esempio anche per i conservatori di altre religioni.

venerdì 28 novembre 2008

In mezzo alla Guerra

Comincio a svegliarmi poco alla volta, ad uscire dallo shock. Sarà così il futuro? E’ stata una reazione molto particolare la mia e vorrei capire che cosa significa. Possiamo subire il trauma della guerra anche se siamo migliaia di chilometri lontani? Sento affiorare tante domande.

Era come essere travolti da un’alta marea che ha lasciato dietro di se terrà bagnata dentro di me, dove sono ammucchiati i detriti, dove le notizie che continuano a arrivare lasciano le loro impronte. Sento un piccolo vuoto e un leggero mal di testa. Ma forse bisogna ripartire da capo per capire cosa è successo.

Sono mesi che sto dietro all’organizzazione di alcuni incontri a Bangkok. In settembre sono stato in Tailandia per la preparazione logistica di questi incontri. Registrazioni, cambiamenti, relatori, coordinatori, partecipanti, circa 240 persone provenienti da diversi continenti, è stato un lavoro continuo e impegnativo negli ultimi mesi. L’improvviso peggioramento della situazione di Bangkok con disordini, proteste, occupazione degli aeroporti, cancellazione dei voli, ha mandato in aria tutto questo lavoro di mesi.

Mercoledì mattina quando avevo letto la dichiarazione di alcuni dipendenti dell’Alitalia riguardo al loro scioperò, che non avevano scelta, che scioperare era il loro diritto per esprimere il proprio disagio, avevo pensato che almeno questa volta, il duro lavoro e la preparazione dei mesi non era andato in aria per colpa loro. Ormai, abbiamo imparato dalle nostre esperienze passate e ora per organizzare eventi internazionali importanti, cerchiamo di evitare Alitalia. Anche se gli scioperi li fanno un po’ tutte le linee aree ma forse Alitalia si piazza al primo posto a livello mondiale?

Dopo tante discussioni che non portavano da nessuna parte, la sera ero tornato a casa frastornato e stanco, ma non riuscivo a lasciar perdere. A casa, avevo acceso il computer ed ero andato a cercare se vi erano nuovi sviluppi in Tailandia, quando avevo visto le notizia dell’attacco terroristico a Mumbai. Subito avevo cercato uno dei canali televisivi indiani che trasmettono notizie 24 ore su 24, e all’improvviso mi ero trovato in mezzo alla guerra.

Questa volta non c’era soltanto la notizia fresca della bomba esplosa da qualche parte che aveva ucciso delle persone, questa volta si trasmettevano live le sparatorie e le esplosioni. Altre volte quando trovavo notizie delle esplosioni, telefonavo a mia sorella o a qualche altro parente per chiedere la conferma se tutti stavano bene. C’era l’angoscia e la rabbia, ma non mi sentivo coinvolto direttamente. Dopo un po’ l’angoscia acuta passava, restava soltanto un sordo senso di impotenza davanti al mondo che sta cambiando e anche un po’ di senso di fatalismo.

Nella notte tra mercoledì sera e giovedì mattina ho dormito poco e a tratti. Continuamente tornavo al computer per guardare la trasmissione live dell’attacco, scambiavo qualche parola con i tanti amici giornalisti e scrittori indiani che erano davanti ai computer e alle televisioni in India. Chattavo con parenti e amici sparsi in mezzo mondo, a Manchester, a Berlino, in America, scambiavo notizie e aggiornamenti.

Giovedì mattina ho guardato la TV indiana fino all’ultimo minuto e poi sono partito per l’ufficio. Mi rendevo conto di sentire un po’ strano. Non ero completamente presente, la mia testa era piena di immagini, suoni, odori e parole di Mumbai. Avevo questa sensazione di non essere veramente, di essere sospeso in aria, una sensazione di dissociazione tra il mio corpo e me. Ho un vago ricordo di piangere in macchina. Probabilmente quella mattina potevo avere qualche incidente. Che il mondo poteva continuare senza accorgere della guerra mi sembrava incredibile. Ne ho parlato un po’ con i colleghi ma per la maggior parte sono rimasto chiuso dentro il mio ufficio e tutto il giorno ho guardato a tratti e ascoltato continuamente una TV indiana, più volte sono andato a cercare aggiornamenti delle notizie sui siti indiani. Non riuscivo a staccarmi da quello che succedeva in India e le parole, immagini e suoni continuavano a girare dentro la mia testa.

Alla sera, tornato a casa, per ore ho guardato Rai news 24, Al Jazeera, BBC world e CNN, e poi di nuovo sono tornato dalla TV indiana via internet. Non riuscivo a pensare a niente, sentivo un fremito continuo dentro di me. Verso le 23,00 ieri sera alla fine sono crollato esausto.

Oggi è tutto diverso. Continuo a seguire quello che succede in India ma non ho la strana sensazione di dissociazione dalla realtà, non piango più. Sento soltanto questa marea dentro che ha lasciato tutto bagnato. Continuo a leggere le notizie, ogni tanto sento gli occhi umidi:


.. Nell’atrio della clinica i 4 corpi distesi per terra sembrano stranamente pacifici, come bambini che riescono a addormentarsi in mezzo al caos. Tranne che per la grande macchia del sangue che si è seccato sotto di loro… Uno dei corpi con le ferite nello stomaco e nel torace sta con gli occhi aperti, ha la faccia calma senza nessun segno dell’orrore che avrà
certamente vissuto prima di morire…
.. dice che hanno avuto 71 morti da questa mattina, 60 di loro arrivati morti, altri 11 morti dopo l’arrivo all’ospedale …
“… non riusciamo a seguire tutte le persone e di fare quello che serve, alla fine abbiamo dovuto mandare una parte di loro agli altri ospedali Jaslok e JJ”, dice...
E’ un incubo logistico, non sai dove cercare i tuoi dispersi. Trovi i nomi delle persone, ma nel frattempo quelle persone sono state spostate in altri ospedali. I familiari cercano di far passare le informazioni tra loro, stanno lì a guardare le foto dei corpi sfigurati per capire se può essere la persona che stanno cercando …
..l’atrio della stazione sembra la sala mortuaria. C’è polizia da tutte le parti. Somiglia a Beirut o a Baghdad, non è la mia Mumbai che conoscevo.. dicono che sono morti in 56 qui..
…la polizia saluta la bara con il corpo del poliziotto Murlidhar Laxman Chaudhary, i passanti che non l’hanno mai conosciuto piangono, ma Priyanka sua figlia 24enne non piange, sta lì composta mentre depone una ghirlanda sul corpo di suo padre…
..tra le persone che guardano con ansia le lavagne con la lista dei nomi dei morti vi sono diverse famiglie musulmane. Una copia musulmana trova il nome che speravano di non trovare e piange disperatamente … un anziano si è accasciato contro il muro, le lacrime
scorrono sulle sue guance in silenzio …
.. le tre corpi erano messi uno accanto all’altro, padre, madre e figlio. Non si sa cosa sia successo alla loro figlia. Sorella della donna piange sconsolata. Erano andate a festeggiare
il compleanno del ragazzo …
Storie ordinarie di ogni terrorismo e di ogni guerra.

Lista dei Morti e dei feriti a Mumbai India

Se avete parenti e amici a Mumabi e cercate notizie, guardate questa lista dei morti e dei feriti gestita da alcuni volontari.

Per le altre liste di contatti, indirizzi e numeri telefonici a Mumbai (Bombay) guardate qui.


Se volete sentire le voci dei terroristi, potete sentire questa telefonata registrata dal giornalista di una TV indiana - la persona si chiama Imran, ha 25 anni, si trovava nella residenza di Nariman point dove abitava il rabbino con la famiglia e in questa registrazione parla delle ingiustizie contro i musulmani che secondo lui "giustificano" il loro attacco terroristico.

Mumbai come Baghdad

L’incubo non è ancora finito. Questa notte esausto mi sono addormentato e stamattina mi sento diverso. Il senso di shock e di stordimento si è attenuato. Riesco a leggere i racconti dei sopravvissuti come storie sul giornale che succedono a qualcun altro, lontano, che commuovono ma non creano terrore.

Ieri pensavo ai giorni di guerra in Iraq e del ragazzo che scriveva degli attacchi sul suo blog, mentre attorno a lui cadevano le bombe. A Bologna, migliaia di chilometri lontano, mi sentivo in mezzo alla guerra di Bombay. Sui chat scambiavo info sui parenti, amici e conoscenti –

- Per fortuna Juhi sta bene, non era in hotel
- E’ stata lì vicino al presidente tutta la notte ...sai sono rimasti diversi suoi colleghi e poi hanno ucciso la moglie e tre bambini del suo GM
- Vinny è rimasta in ufficio per la seconda notte
- Si, si sentono gli spari da quella parte
- Ho scattato le foto all'hotel mentre bruciava

IBN 7 è un TV in lingua Hindi, e alla fine era l’unica che riuscivo a vedere. Tutte le altre web TV erano forse prese da assalto da indiani e parenti delle vittime da tutto il mondo, e la banda larga non bastava più. Su IBN 7 le parole “Breaking News” continuano a lampeggiare da 36 ore, il news dal vivo, raccontato mentre succede e i giornalisti continuano a gridare come fosse in eterno momento eccitante di una partita di calcio. Ascoltarli mi stordisce e mi fa diventare la bocca secca, e mi sento tutto tremante dentro di me. E’ così sono rimasto per quasi 24 ore fino a cadere esausto sul letto.

Non si capisce cosa succede. Taj Mahal hotel è stato liberato, non vi sono più terroristi vivi dentro l’hotel, si continuano a sentire le esplosioni da dentro l’hotel, c’è ancora un terrorista ferito nascosto dentro da qualche parte con degli ostaggi stranieri, tutto è possibile e dopo un po’ le notizie contrastanti sembrano normali.

Un uomo piange in TV, “Mio papà era dentro, lavora in un negozio. Non è tornato a casa, nessuno mi dice niente, non so cosa fare ...” E si puliscono il sangue seccato sul pavimento dell’atrio della stazione.

giovedì 27 novembre 2008

Attacchi terroristici a Mumbai

Sembrava un incubo. La cupola viola dell’hotel Taj Mahal era in fiamme. Vi erano persone aggrappate alle finestre mentre i pompieri cercavano di tirarli fuori. Nell’atrio del vecchio VT sangue si mescolava con le valige sparse per il pavimento. I poliziotti sembravano impauriti, guardavano con rabbia alle telecamere che filmavano la loro impotenza. Persone piangevano.

Dopo 12 ore, l’incubo continua ancora. Le notizie si susseguono senza sosta. Forse sono nascosti in Cama hotel, hanno preso ostaggi in hotel Taj Mahal e in hotel Trident. Hanno sparato davanti al ristorante Leopold dove eravamo andati a fare colazione. Hanno ucciso Karkare, il capo della squadra anti terrorista della polizia.

Dicono che i terroristi sono arabi, nigeriani e somali, che chiedono di quelli con passaporti inglesi e americani. Ma il terrorista nella foto sembra un ragazzo indiano qualunque, in jeans e maglietta nera.

Sembra che la mia famiglia è salva. Juhi che lavora al Taj, aveva finito il turno ed era tornata a casa, Tuki è ancora a Delhi, Mukul sta bene, era in tutta un’altra parte della città.

Più di 100 morti, 300 feriti. Ragazzi con sangue che esce dalle ferite, si fanno fotografare davanti alle telecamere. L’orrore è diverso questa volta perché non vi sono bombe che esplodano, ma questa volta è una battaglia che puoi vedere dal vivo. Sembrano impazziti i reporter sulla TV indiana, gridano, parlano in continuazione. Orrore trasmesso live, siamo nell’era dell’informazione. Incubo live in casa tua, dentro il tuo cuore, non puoi più nasconderti da nessuna parte.

sabato 22 novembre 2008

Ambizioni per un nuovo secolo

Ogni anno il quotidiano indiano di lingua inglese, The Hindustan Times, organizza un “leadership summit”, durante il quale alcuni personaggi “leader” indiani e stranieri provenienti da diversi ambiti sono invitati a parlare di uno specifico tema che riguarda India. Ieri è iniziato il summit 2008 che ha per tema, “Ambitions for a new century” (Ambizioni per un nuovo secolo).

Quest anno il leadership summit ha come ospite principale Tony Blair e la moglie Cherie Blair. Veramente non so cosa può insegnare Tony Blair agli altri!

Comunque, ieri sera guardavo alcuni webcast di questo summit e così guardai le relazioni di alcuni personaggi indiani.

La relazione che mi è piaciuta di più è quella di Sonia Gandhi. La avevo sentito parlare altre volte 5-6 anni fa e la mia impressione era quella di una persona poco sicura che non sapesse parlare molto bene. Invece ieri sembrava di vedere tutta un’altra persona, una persona sicura di sé che parlava molto bene. Mi è piaciuto anche quello che lei ha detto a proposito delle riforme economiche pensando alle persone povere. Durante la sua relazione più volte lei ha parlato di “noi indiani”, “miei concittadini”, “nostri contadini”, “nostra India”. Potete guardare questo webcaste.

Per fortuna, in India non esiste il sistema di denigrare e chiamare le persone di origine straniera, “gli extracomunitari”, e nessuno ha parlato di “Sonia Gandhi di origine italiana” come fanno quasi sempre i giornalisti italiani quando parlano di “extracomunitari”. Mentre ascoltavo Sonia Gandhi pensavo che anche le persone più improbabili possono avere una forza e un’energia dentro di loro ma hanno bisogno di una possibilità per crescere e affermarsi. Un paese saggio deve saper valorizzare tutte le persone affinché esse contribuiscono al suo benessere e sua ricchezza e armonia.


Ho sentito alcuni altri leader politici per la prima volta, come il primo ministro indiano, Manmohan Singh. Ha fatto una bella relazione ma non è un bravo oratore. Preferisco leggere il suo intervento piuttosto di sentirlo parlare. Ha parlato della necessità di uscire da considerazioni egoiste e locali che si chiudono nella propria comunità, nel proprio gruppo religioso e pensare al bene di tutta la comunità indiana. Mentre parlava del bisogno di convivenza armoniosa tra le fedi religiose e la tradizionale via indiana di rispetto di tutte le religioni ha accennato anche agli attacchi contro i cristiani. Potete guardare questo webcast.

Invece mi è piaciuta molto la relazione di ministero delle ferrovie indiane, Laloo Prasad Yadav. Lui parla in Hindi e fa le battute che si possono sentire tra i contadini, semplice e immediato, ma capace di provocare e far riflettere. Invece l’altro leader regionale, Chandrababu Naidu dall’Andhra Pradesh, conosciuto come la persona delle nuove tecnologie e del progresso, mi ha deluso. Non ha detto niente di interessante e non aveva carisma.

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