venerdì 7 gennaio 2011

Bollywood: Migliori film del 2010 (Parte 1)

L'anno appena concluso, come è stato per il mondo di Bollywood? Quali film usciti quest anno meritavano di essere visti e quali altri sono stati una delusione? Come consueto, vi presento la mia breve analisi degli film più importanti di Bollywood usciti nel 2010.

Questa prima parte della rassegna riguarda i film usciti tra gennaio e aprile 2010, e iniziamo con i film usciti in gennaio 2010.

Rann (Guerra): Il film del regista Ram Gopal Varma (Ramu) riguarda il mondo del giornalismo televisivo in India. Oggi in India vi sono più di 500 canali tv privati, dei quali più di 100 trasmettono solo telegiornali 24 ore su 24, in diverse lingue e dialetti indiani. Il film di Ramu parla di potere esercitato da queste tv e gli interessi che ne stanno dietro.

Rann, un film di R.G. Varma

L'idea di questo film è probabilmente partita nel novembre 2008, quando un gruppo di terroristi venuti dal Pakistan aveva preso in ostaggio la città di Mumbai (Bombay) per alcuni giorni.

Dopo la cattura/uccisione dei terroristi, il primo ministro dello stato di Maharashtra, sig. Vilasrao Deshmukh era andato a visitare l'hotel Taj Mahal, uno dei teatri del attacco terroristico e subito si era scoppiato uno scandalo. Qualche TV aveva filmato la vista del primo ministro statale Deshmukh, accompagnato dal figlio (attore Riteish Deshmukh) e dal regista Ramu, e aveva subito lanciato le accuse che il regista era andato a visitare l'hotel per vedere i danni creati dai terroristi perché voleva farne un film, che non gli interessava la tragedia delle persone uccise dai terroristi, ma che era uno sciacallo che voleva guadagnare dalla disgrazia degli altri.

La notizia era stata ripresa da altri canali televisivi e subito aveva infiammato le anime ferite dal attacco terroristico e alla fine, il sig. Deshmukh aveva dovuto dare le dimissioni dal ruolo del primo ministro statale. Ramu aveva cercato di chiarire che la sua presenza in quella visita era stato un fatto casuale senza nessuna premeditazione, ma nessuno gli aveva dato ascolto.

Il film Rann, non parla del attacco terroristico ma del mondo delle TV private che trasmettono notizie 24 ore su 24, e che delle volte "fabbricano" notizie o che le presentano in maniera sensazionale per guadagnare audience. Si tratta di un film serio con due buone interpretazioni di Amitabh Bacchan e di Ritesh Deshmukh. Questo film non ha i soliti ingredienti di bollywood, ciò è, danze, musica e una storia romantica, ma è un film coinvolgente, anche se non ha trovato successo commerciale in India.

Ishqiya (Innamorato): Il primo film del regista Abhishekh Chaubey, assistente e collaboratore del regista Vishal Bhardwaj, è stato il primo successo commerciale e critico del 2010. Il film racconta un triangolo d'amore insolito, condito di continui colpi di scena. E' la storia di due malviventi, Khalujaan (Naseeruddin Shah) e Babban (Arshad Warsi) e una allegra vedova, Krishna (Vidya Balan).

Ishqiya, un film di Abhishekh Chaubey

Ambientato in un piccolo villaggio del nord dell'India, il film usa il linguaggio rustico per parlare dell'amore di un vecchio furbo per una giovane e festosa donna, in apparenza modesta e timida, capace di cambiare personaggio per avere quello che vuole.

Tutti i tre protagonisti principali del film sono bravi, ma il film merita di essere visto sopratutto per Vidya Balan, nel ruolo della donna che sa quello che vuole dal mondo dominato dagli uomini. Comunque, questo film non è il solito melodramma alla Bollywood. Il film è stato presentato al festival del cinema River to River nel dicembre 2010 a Firenze.

Road to Sangam (La Strada al fiume): E' un film serio che racconta la storia di un'urna con le ceneri di Mahatma Gandhi sullo sfondo della comunità musulmana in una città del nord dell'India. Il film è ambientato a Allahabad, la città sacra dove incontrano i tre fiumi, Gange, Yamuna e la mitica Saraswati. Il punto d'incontro dei fiumi è conosciuto con il nome di Sangam (letteralmente, "incontro"), ed è il luogo privilegiato per l'immersione delle ceneri dei morti indù.

Road to Sangam di Amit Rai

Il film del regista Amit Rai è basato su un fatto realmente accaduto. Mahatma Gandhi aveva espresso il desiderio che alla sua morte, le sue ceneri fosse suddivise in piccole parti e disperse in diversi fiumi dell'India. Sembra che una delle urne con queste ceneri fosse rimasto in una cassaforte per molti anni e fu portata a Allahabad per l'immersione nelle acque del Sangam molti anni dopo.

Il film parla dell'esplosione di una bomba nella città di Allahabad e i sospetti della polizia che sia opera di terroristi islamici. Così parte l'offensiva contro i quartieri musulmani e diversi giovani sono presi dalla polizia per le interrogazioni. Nelle proteste della comunità musulmana, uno dei giovani perde la vita e la comunità musulmana dichiara lo sciopero di tutti i negozi gestiti dai musulmani affinché i poliziotti responsabili non saranno puniti.

Nel frattempo, il meccanico musulmano, Hashmat Ullah (Paresh Rawal) ha avuto incarico di mettere a posto il motore del vecchio camioncino che avevano usato per trasportare le ceneri di Gandhi e che vogliono usare anche il trasporto dell'ultima urna. Hashmat decide di sfidare lo sciopero e di aggiustare il motore, e così vengono a galla, le contraddizioni della comunità musulmana in India.

Pakistan era stato creato nel 1947 come il "paese dei musulmani", ma molti musulmani erano rimasti in India, perché i leader del congresso come Gandhi e Nehru avevano promesso a loro India come un paese aperto a tutte le religioni, senza discriminazioni. Nel film, la comunità musulmana accusa lo stato indiano di discriminazioni che sono peggiorate negli ultimi anni, dopo l'ascesa del fondamentalismo islamico, e ribadisce che le discriminazioni alimentano il fondamentalismo.

Da una parte, il film spiega le difficoltà dei musulmani moderati in India. Dall'altra, il film pone molte domande sul significato di essere musulmano in India, quando fa vedere persone che vivono in India ma danno più importanza a leader e idee del Pakistan e considerano la religione più importante dell'appartenenza ad una nazione.

Il nipotino di Mahatma Gandhi, Tushar Gandhi, ha una piccola parte nel film. Anche questo è un film serio, non adatto agli amanti del Bollywood tradizionale.

Altri film importanti di gennaio 2010 con le grandi stelle di Bollywood erano Pyaar Impossible (Amore impossibile) con Uday Chopra e Priyanka Chopra, Veer (Valoroso) con Salman Khan e Chance Pe Dance (Danza per caso) con Shahid Kapoor e Genelia D'Souza. Tutti i tre film sono stati rifiutati sia dalla critica che dal pubblico.

Il Film più importante di febbraio 2010 era My Name Is Khan (Mio nome è Khan) del regista Karan Johar, con un discreto successo commerciale e critico. Il film racconta la storia di un uomo musulmano, Rizwan Khan (Shahrukh Khan) affetto dal sindrome di Asperger (una forma di autismo), originario dell'India e residente in America. Rizwan si innamora di Mandira (Kajol), una vedova indù con un figlio, e vuole sposarla. Il fratello di Rizwan (Jimmy Shergill), non è contento che suo fratello vuole sposare una indù, ma Rizwan non lo ascolta.

My name is khan, un film di Karan Johar

Dopo 11 settembre 2001, la percezione verso i musulmani cambia in America. Il figlio di Rizwan e Mandira diventa bersaglio di altri ragazzi della scuola perché porta un cognome musulmano, e muore in un incidente. Rizwan inizia un viaggio per andare a cercare il presidente americano per dirgli che lui è un musulmano ma non è un terrorista.

Avevo visto il film in India, e l'avevo trovato interminabile nella seconda metà con l'eroe che visita le famiglie dei soldati neri morti in Afghanistan e aiuta le famiglie colpite dal ciclone Katrina. Invece mi era piaciuto abbastanza la prima parte del film.

Il film è stato doppiato in altre lingue ed è stato accorciato per la sua uscita in America e Europa. E' stato il film più popolare del anno in medio oriente e Pakistan.

Il film è uscito anche in Italia alla fine del novembre 2010, ma forse non ha avuto molto successo, anche se i giudizi dei critici non erano del tutto negativi. Per esempio, Giancarlo Zuppolo ha scritto nella sua recensione, "Karan Johar riesce a sviluppare i molteplici argomenti della diversità senza mai assumere toni predicatori e andando a toccare tutte le corde di un pubblico semplice ma non stupido. L'handicap mentale, la separazione all'interno dell'universo religioso del subcontinente asiatico, l'irrazionale caccia al musulmano scatenatasi dopo l'attentato alle Twin Towers entrano come temi forti in un film che non disdegna la scena strappalacrime così come, nella migliore delle tradizioni, la sequenza con tanto di canzone e di danza. In un film oversize come durata ma che scorre senza mai annoiare."

Altri film importanti del febbraio 2010 erano Toh Baat Pakki (Allora il matrimonio è fissato) con Tabu e Sharman Joshi, Teen Patti (Tre carte) con Amitabh Bacchan e Madhavan, e Khartik Calling Khartik (Karthik chiama Khartik) con Farhaan Akhtar e Deepika Padukone.

Marzo 2010 ha visto diversi film nuovi compreso Love Sex aur Dhokha (attori nuovi - Amit Sial, Anshuman Jha, Arya Banerjee, ecc.), Right Yaa Wrong (Giusto o Sbagliato) con Sunny Deol Konkana Sen e Irfan Khan, Athithi Tum Kab Jaoge (Ospite quando andrai via) con Ajay Devgan, Konkana Sen e Paresh Rawal e Well Done Abba (Bravo Papà) con Manissha Lamba e Boman Irani.

Tra tutti questi, il film più importante era Love, Sex aur Dhokha (Amore, sesso e tradimento) del regista Dibakar Banerjee. Il film affronta la nuova moralità tra i giovani indiani, influenzata dalle nuove tecnologie (cellulari, internet, ecc.), i media e le reti sociali come il facebook. Alcuni amici l'hanno definito un film scioccante e allo stesso momento, il film più innovativo di Bollywood del 2010. Purtroppo, non ho avuto l'opportunità di vederlo.

Tra i film di aprile 2010, mi è piaciuto molto il nuovo film del regista Aparna Sen, The Japanese Wife (La moglie giapponese).

Ambientato in un villaggio sperduto del Bengala negli anni prima dell'epoca dei telefoni cellulari e dell'internet, The Japanese Wife racconta la storia d'amore di un'insegnante del villaggio, Snehamoy (Rahul Bose) con la sua amica di lettere, Miyage (Chigusa Takaku) che vive in Giappone.

The Japanese Wife, un film di Aparna Sen

Snehamoy vive con sua zia (Mousami Chatterjee) e decide di sposare la sua amica giapponese a distanza tramite una lettera, è un rapporto che entrambi decidono di condividere anche se, probabilmente non ha nessun valore legale. Sua moglie Miyage deve badare a sua vecchia madre in Giappone. I due scambiano regolarmente lettere e qualche dono. Qualche volta Snehamoy cerca di parlare con la moglie al telefono ma sua moglie conosce poco inglese e fa fatica a capire l'accento indiano del marito.

Nella casa di Snehamoy arriva Sandhya, una giovane vedova (Raima Sen) con il suo giovane figlio. In un momento di debolezza, Snehamoy ha un contatto con Sandhya, ma poi pieno di senso di colpa, confessa tutto a sua moglie.

E' un film molto poetico sul senso dell'amore, anche se penso che le generazioni di oggi, in India come in Italia, faranno fatica ad accettare un rapporto d'amore a distanza, fatto solo di sentimenti senza la fisicità. Ovviamente il film non è il solito film romantico di Bollywood, ma mi è piaciuto molto. Il film è stato presentato anche al festival del cinema River to River a Firenze in dicembre 2010.

Housefull: Il secondo film più significativo dell'aprile, Housefull era il primo vero film "masala" di Bollywood del 2010 che ha anche avuto successo commerciale. Il trama del film era contorto e non molto logico, ma era pieno di danze, colori e balli.

Housefull, un film di Sajid Khan

Arush (Akshay Kumar) è uno che porta sfortuna e lavora in un casinò per assicurare che nessun cliente vinca troppo. Lui arriva a Londra da suo amico Bob (Riteish Deshmukh) e da sua moglie Sheetal (Lara Dutta) che lavorano in un casinò. A Londra, Arush si sposa con Devika (Jia Khan) figlia del padrone del casinò, ma poi scopre che sua moglie è innamorata di un ragazzo inglese e che aveva sposato Arush solo per far contento suo padre (Randhir Kapoor). Devika va via con il suo ragazzo inglese e Arush rimasto da solo, si innamora di Sandy o Saundarya (Deepika Padukone). Nel frattempo, papà di Sheetal (Boman Irani) arriva dall'India. Per un disguido, Papà di Sheetal pensa che sua figlia è moglie di Arush, e che i due hanno un bambino. Tutti accettano di stare al gioco. Bob fa finta di essere il maggiordomo e Saundrya diventa la balia di un bimbo rubato a una signora d'origine africana. Inoltre, Papà di Sheetal è un sonnambulo.

Se non avete capito niente del trama, non è molto importante. Per confondere ulteriormente, nel film vi sono anche i reali inglesi, tra il principe Carlo, la regina Elisabetta e Camilla. Se potete guardare questo film senza cercare di trovare qualche senso di logica, il film vi piacerà.

Altri film importanti dell'aprile 2010 erano Prince (Principe) con Vivek Oberoi e Dia Mirza, e Paathshaala (Scuola) con Shahid Kapoor. Entrambi questi film sono stati rifutati dalla critica e dal pubblico.

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lunedì 3 gennaio 2011

Strumentalizzare Gandhi?

E' naturale che quando una persona diventa un personaggio pubblico, tutti possono commentare e interpretare i suoi gesti e le sue scelte. Quando un personaggio diventa un'icona, ciò è il simbolo di un'idea, spesso nelle comunicazioni perde la sua complessità umana e viene capito e conosciuto dalla maggior parte delle persone in forma semplificata, non più come un essere umano ma come qualcosa di astratto, strumentale all'idea che rappresenta.

Mahatma Gandhi in a prayer meeting

In questo senso oggi per molte persone, Mahatma Gandhi non è più un persona ma è piuttosto, un icona e forse per questo motivo, Vittorio Messori nel suo articolo "La leggenda dell'uomo che aveva una grande anima", uscito sul Sette, il settimanale di Corriere della Sera lo scorso 23 dicembre 2010, ha scritto, ".. ma su Gandhi molti ignorano molto, seguendo miti orecchiati"?

L'articolo di Messori è stato scritto per presentare il libro "Teoria e Pratica della Nonviolenza" che sarà distribuito con il quotidiano nei prossimi giorni. Ho letto questo articolo con un senso di disagio, perché penso che questo articolo si parla di Gandhi in termini un po' strani.

Secondo Messori, i vari concetti della filosofia di Gandhi, come pacifismo, non violenza e resistenza passiva, sono concetti evangelici presi dalla Bibbia. E' vero che in diverse occasioni, Gandhi aveva parlato degli insegnamenti della Bibbia, ma penso che i concetti di pacifismo e resistenza passiva, così importanti per Gandhi, avevano anche molte altre radici.

Per esempio, penso che l'ispirazione fondamentale per il concetto di non violenza enunciato da Gandhi, era l'ambiente famigliare che l'aveva circondato da quando era un bambino, un'ambiente fortemente influenzato dai concetti Gianisti di Ahimsa di Mahavira (dalla religione Gianismo, basato sui principi della non violenza verso tutti gli esseri viventi). Inoltre, in diverse occasioni Gandhi aveva parlato degli insegnamenti di Bhagvadgita, un testo sacro degli indù.

Comunque, non penso che sia un problema se Messori vuole fermarsi sull'influenza della Bibbia sul pensiero di Gandhi, ma mi è parsa strana la giustificazione che lui usa per questo, ".. pacifico di certo non era e non è l'induismo da cui Gandhi veniva. I cristiani e i musulmani (nelle zone in cui questi ultimi erano in minoranza) furono e sono perseguitati spesso in modo sanguinoso."

I conflitti religiosi che si scoppiano ogni tanto in India, sono ben noti. Come tutti i gruppi religiosi, anche tra gli indù, i gruppi più conservatori e fondamentalisti non mancano, e molti di loro credono nella violenza. Ma da questi episodi, per arrivare alla conclusione che l'induismo è una religione non pacifica, ci vuole una certa superficialità e anche, una non-conoscenza dell'induismo.

Nonostante i tanti conflitti religiosi, India è sempre stata e continua ad essere un paese tollerante e aperto, anche se gli indù sono più dell'84% della popolazione. Nei 63 anni trascorsi dalla sua indipendenza nel 1947, tutte le minoranze religiose indiane sono cresciute numericamente, a dispetto di tutti gli altri paesi della regione. In India vivono 120 milioni di musulmani, ed è il secondo paese nel mondo per il numero dei musulmani. Inoltre, in questi 63 anni di indipendenza dell'India, i diversi stati (paragonabili alle regioni italiane) del nord-est del paese sono diventati di maggioranza cristiana. Alla fine, diversi gruppi religiosi come i parsi, i bahai, gli ebrei e gli armeni, perseguitati in diverse parti del mondo, hanno trovato rifugio sicuro in India dai tempi lontanissimi. Penso che tutti questi fatti testimoniano, che come le altre religioni, anche i valori fondamentali dell'induismo parlano di pace e di amore.

La storia umana è piena di racconti di conflitti e perseguitazioni. Anche l'Europa e il cristianesimo non ne sono assenti, basta pensare al medioevo e all' inquisizione. Nel nome del loro Dio, i gruppi più conservatori delle diverse religioni hanno spesso scelto violenza contro gli altri. Recentemente, ho visto il film "Agorà" di Alejandro Amenàbar che racconta le violenze religiose nell'Alessandria del quarto secolo d.c..

Mahatma Gandhi cartoon by Laxman

Tuttavia, penso che spesso le religioni sono solo un pretesto per i cosiddetti "conflitti religiosi" e vi possono essere altri fattori dietro questi conflitti, come il potere, l'invidia, il risentimento e il controllo. Ciò è vero anche per i "conflitti religiosi" in India, anche se spesso i giornali preferiscono "semplificare" le notizie per non confondere i lettori, e anche perché è più facile spiegare tutto sulla base delle differenze religiose.

Le sfide che India deve affrontare sono molte. I conflitti religiosi che ogni tanto scoppiano nel paese, sono fin'ora rimasti abbastanza circoscritti e lo Stato ha sempre reagito con forza per fermarli, anche se qualche volta con un po' di ritardo. La globalizzazione e la crescita economica degli ultimi due decadi, ha messo in moto profondi cambiamenti nella società patriarcale e qualche volta, la società tradizionale ha reagito a questi cambiamenti con terribili violenze.

Se da una parte in India odierna, i gruppi conservatori delle diverse religioni sono diventati più forti, dall'altra parte, vi è una crescita esponenziale dei media nazionali con più di 100 canali televisivi che trasmettono notizie da ogni parte del paese nelle varie lingue e dialetti. Oramai da 5-6 anni, nessun conflitto passa inosservato in India, è subito ripreso da queste televisioni, per cui lo Stato è costretto ad intervenire. Questa situazione si rinforzerà ulteriormente nei prossimi decadi con l'espansione dell'internet a del giornalismo di massa.

Comunque, non solo in India ma in diverse parti del mondo, i gruppi più conservatori e fondamentalisti sono in forte espansione e non si sa, come questo si svilupperà nei prossimi anni. Questo problema riguarda un po' tutte le religioni.

Per tornare all'articolo di Messori, non capisco perché lui sceglie di puntare il dito contro l'induismo per promuovere un libro che parla del messaggio di Gandhi? Forse perché Gandhi si era espresso contro le attività di evangelizzazione dei missionari inglesi durante gli anni del colonialismo?

(Nota: le due immagini usate in questo post sono dalla rivista India Perspectives, January-March 2008)

sabato 18 dicembre 2010

Mussolini e Tagore

Le sorprese non finiscono mai. Chi avrebbe pensato che Benito ammirava Ravindranath, o ancora più improbabile, una volta Ravindranath aveva elogiato il Duce?

Invece era successo, nel 1926. La storia è apparsa sulla rivista indiana Outlook con una foto del poeta indiano premio nobel per la letteratura, scattata dal Duce e regalata al poeta.

Una volta per andare in Inghilterra, non c'erano gli aerei, o forse c'erano ma molto più costosi, e si viaggiava sopratutto con le navi che arrivavano fino al porto di Brindisi. Così la maggior parte dei personaggi indiani, attraversavano l'Italia e la Francia per andare al Regno Unito. Anche Mahatma Gandhi aveva attraversato Italia nel dicembre 1931 e anche lui aveva incontrato Benito Mussolini.

La foto di Tagore scattata da Mussolini è custodita in un museo dimenticato di Kerala nel sud dell'India, nel villaggio di G. Ramachandra, un discepolo di Gandhi e Tagore. Nella foto (da Outlook) qui sotto, si vede quella foto e Sr Mythili, l'attuale curatrice del museo.

Sr Mythili and Tagore picture

Potete leggere la storia completa sulla rivista indiana Outlook.

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venerdì 17 dicembre 2010

Natale e le altre religioni

Ieri c'era una notizia in La Repubblica, che parlava della scelta di una scuola italiana di non organizzare la consueta festa di natale per "rispetto verso i bambini delle altre religioni" presenti nella classe:
All’asilo ci sono tanti figli di genitori non cristiani e per questo le maestre decidono di non fare la tradizionale festa di Natale aperta alle famiglie. Ai bambini, per di più, non saranno insegnate canzoni su Gesù e Betlemme, ma solo quelle che parlano di renne e di Babbo Natale. La decisione del collegio dei docenti della scuola materna comunale di via Forze Armate 59 però non piace a tutti. A quei genitori che si lamentano, sostenendo che «la festa di Natale non fa male a nessuno», la direzione risponde con una lettera: la tradizionale “canzoncina per le mamme” non si farà, «data la presenza di un’alta percentuale di bambini appartenenti ad altre culture e religioni — si legge — e di stranieri appena ammessi alla frequenza, che non parlano neppure italiano».
Non è la prima volta che si sentono questo tipo di discussioni. L'anno scorso, anche a Londra parlavano di non avere i tradizionali addobbi e luci di natale per "non urtare" la sensibilità delle persone di altre religioni.

So che alcune persone di altre religioni approvano di queste scelte perché per loro non è accettabile che i loro figli imparano cose relative al cattolicesimo. Personalmente ho molti dubbi su questo tipo di ragionamenti. Penso che conoscere un'altra religione, o meglio ancora, conoscere altre religioni, non è soltanto bello, ma è fondamentale per le società multiculturali e multireligiose. Per i bambini festeggiare le feste religiose insieme è il modo più bello per rispettare e valorizzare le nostre diversità.

Secondo me, per rispettare i bambini delle altre religioni e culture presenti nelle classi, è importante celebrare non soltanto natale, ma anche le feste degli altri. L'Idd dei musulmani, Gurupurab dei sikh, Deewali e Holi degli indù, sono opportunità per i bambini di conoscere le altre religioni attraverso la gioia delle feste. Le società multiculturali e multireligiose, hanno bisogno di conoscenze reciproche e non di "ignoranze rispettose" che creano i ghetti.

La soluzione non è di non avere gli addobbi e le luci di natale sulle strade. La soluzione è permettere che le diverse comunità religiose presenti nelle nostre città, hanno la possibilità di praticare le proprie religioni e di festeggiare le proprie ricorrenze religiose, in maniera rispettosa dei valori civili dei paesi dove hanno scelto di vivere, senza suscitare paure e reazioni.

Avere una festa in più, non fa male a nessuno. Fanno male i muri e le diffidenze che stanno nascosti nei cuori.

mercoledì 8 dicembre 2010

I fiumi del cinema indiano a Firenze

Finalmente dopo tanti anni ieri sono riuscito a andare al festival del cinema di Firenze. Il festival River to River organizzato sotto la guida di Selvaggia Velo è il più importante appuntamento annuale con il cinema indiano in Italia che offre la possibilità di vedere il meglio del cinema d'arte indiana e di incontrare i suoi protagonisti. Per esempio, quest anno si ha la possibilità di vedere i lavori più importanti di tre registi bengalesi, Satyajit Ray, Aparna Sen e Onir. Sen e Onir sono presenti al festival con i loro ultimi film, insieme al Rahul Bose, il protagonista comune di questi film.

Inoltre, il festival offre la possibilità di vedere alcune delle novità del mondo di Bollywood in versione integrale (con le canzoni e la musica) e con i sottotitoli in italiano. I film più importanti in programma quest anno comprendono Ishqiya di Vishal Bhardwaj, Love Aaj Kal di Imtiaz Ali (con Saif Ali Khan), Rajneeti di Prakash Jha e Peeple Live di Anusha Rizwi.

Oramai il festival sta per concludere, ma se volete siete ancora in tempo per vedere qualche film importante. Il programma completo lo potete trovare sul sito di River to River Festival. Ho perso la prima parte del festival e mi dispiace molto sopratutto per aver perso la prima europea di Iti Mrinalini del regista e attrice, Aparna Sen e un film in lingua marathi, Maati Maay di Chitra Palekar, della quale avevo sentito parlare molto. Comunque, sono contento che alla fine ho potuto vedere almeno alcuni film.

Ieri, martedì 7 dicembre, ho parlato con il regista Onir. E' stata una conversazione molto interessante perché abbiamo parlato di un tema che mi sta al cuore - il tema dell'emigrazione. Stasera Onir presenterà il suo nuovo film I Am (Io sono) che dovrebbe uscire nelle sale in febbraio 2011. Ho contribuito anch'io a questo film, in quanto ho tradotto parte dei sottotitoli in italiano. Comunque non voglio anticipare altro, nei prossimi giorni scriverò di questa discussione. Oggi, 8 dicembre, spero di parlare anche con Rahul Bose e Aparna Sen.

Invece oggi voglio scrivere brevemente di film visti ieri.

Minimo Maharaja di Franco La Cecla è un lavoro in corso, ciò è un film non ancora completo, che presenta un piccolo ex-re di un piccola città di periferia in Gujarat. Lo spezzone presentato al festival parla sopratutto di una serata di canti organizzata dall'ex-re sulla storia e le imprese dei suoi antenati. Le spiegazioni di La Cecla, dopo il film sulla lingua Pingala usata per scrivere le storie famigliari dei reali locali, erano molto interessanti. Tra i collaboratori, il film riporta anche il nome del amico Dennys.

Mumbai. La cour des Peintres di Louise de Champfleury e Dominique Dindinaud, era sulla preparazione manuale di una grande tela per pubblicizzare il nuovo film di Karan Johar (Il mio nome è Khan), una arte in via di estinzione. Oramai i manifesti creati digitalmente hanno sostituito completamente le tele dipinte manualmente. Mentre proiettavano questo film, parlavo con Onir, per cui ne ho visto solo una parte.

Grant St. Shaving Co. (15') di Payal Sethi era primo dei 4 cortometraggi del pomeriggio sul tema dell'identità. Il film racconta un pomeriggio di ricordi a New York, quando un anziano venuto dall'India per visitare la sua figlia, va in giro per la città insieme a un fattorino e continua a vedere nei negozi e nelle strade, il fantasma di sua giovane moglie scomparsa molti anni fa. E' un film tenero e dolce.

Grant St. Shaving Co. by Payal Sethi

Looking For You (12') di Cary Rajinder Sawhney è ambientato in Inghilterra e in qualche modo somiglia al Grant St. Shavig Co. Con un linguaggio sintetico ma efficace, il film racconta la storia sul tema della reincarnazione.

Un uomo di mezz'età d'origine indiana accompagna la moglie per le compere e viene avvicinato da una giovane donna che lo avvicina, lo guarda in modo strano e dice, "Avevi detto che saresti venuto a prendermi. Sono salita sul treno e mi hanno ucciso." L'uomo ha uno strano flash, una visione di se stesso vestito in una kurta bianco insieme alla giovane donna. Intanto torna la moglie e lui torna a casa un po' perturbato. Poi vede la giovane donna ancora fuori dalla sua casa, che gli ripete le stesse cose. Questa volta la sua visione è dei giorni della separazione tra l'India e Pakistan, e dei disordini violenti tra gli indù e musulmani. La giovane donna si aggrappa a lui e piange disperata, è ancora intrappolata nei ricordi. Arriva una funzionaria che porta via la ragazza piangente, forse è scappata dai servizi psichiatrici.

Looking for you by Cary Rajinder Sawhney

The Road Home (21') di Rahul Gandotra riguarda Pico, un ragazzo di origine indiana, nato e cresciuto in Inghilterra che si trova in una scuola collegio molto prestigiosa nelle montagne in India. Il ragazzo con la pelle bruna, non si sente indiano, non sa parlare hindi, non vuole mangiare cibo speziato e parla con l'accento inglese, ma il colore delle sua pelle significa che per tutti lui è un ragazzo indiano. Il film è la storia di un giorno, quando Pico decide di scappare dalla scuola per tornare in Inghilterra e le persone che lui incontra.

La giovane ragazza francese dice a Pico, "Puoi essere entrambi, inglese e indiano", mentre il tassista dice, "E' il tuo destino, sei scuro di pelle e devi accettarlo che per tutti tu sarai indiano".

Road to Home by Rahul Gandotra

E' il film che mi ha stimolato di più per riflettere sull'identità. Il film parla di questioni che la maggior parte dei giovani emigrati, nati in Italia o venuti qui da piccoli, sperimentano sulla propria pelle. Anche se loro si sentono molto italiani, anche perché è l'unica patria che hanno mai conosciuto, comunque la prima domanda che le persone si fanno a loro è spesso, "Di quale paese sei?". In qualche modo, penso che la questione riguarda anche tutti i bambini di pelle scura o con la fisionomia non europea adottati in Italia.

Il quarto e ultimo cortometraggio di ieri era Kharboozey (19') di Rizwan Siddiqui. C'è un proverbio indiano che riguarda le kharboozey (meloni) - dice che si cambiano il colore come i camaleonti secondo a chi li vicino. Il film riguarda l'identità mussulmana in India, dove per paura di essere oggetti di violenze, due uomini mussulmani quando passano da una zona abitata da indù, fanno finta di essere indù. I due uomini che condividono un passaggio in un risciò, non si fidano uno del altro e del uomo che guida il risciò, e per non destare sospetti raccontano storie razziste contro i mussulmani.

Rizwan Siddiqui and Selvaggio Velo in Florenze, River to River Festival

Penso che il film sarebbe stato più interessante e efficace se finiva al momento quando i due uomini si incontrano inaspettatamente presso la casa di un famigliare. Invece il film continua con le immagini in bianco e nero delle persone mussulmane mescolate con immagini di esplosioni e morti, e poi alcune spiegazioni finali che i due l'avevano fatto per salvaguardarsi perché oramai il nome dell'islam è visto come sinonimo di bombe e terrorismo.

Ho parlato con Rizwan. Lui è di Lucknow e ha lavorato presso un'agenzia di pubblicità a Nuova Delhi. Lui continua a vivere e lavorare tra queste città. Kharboozey è suo primo film, realizzato con mezzi molto limitati a Lucknow, ed ha già guadagnato apprezzamento presso un festival del cinema in India. "Non ho piani per il futuro, preferisco non fare i piani. Voglio vivere quello che sarà. Sono una persona molto sicura e non mi piace pianificare", Rizwan ha detto, sottolineando il suo rapporto con la sua città natale, "mi piace andare in giro sulla mia moto con mai moglie e due figli, mi piace che dove vivo tutti conoscono il mio nome, il mio fruttivendolo conosce i nomi dei miei figli, questo rapporto con le persone con i luoghi è la cosa più importante per me."

Dei 4 cortometraggi visti ieri, i primi due parlavano di identità nel senso personale o privato, mentre gli altri due parlavano di identità sociale. Per quanto riguarda il linguaggio cinematografico, penso che i primi tre film erano molto più sofisticati, mentre il film di Rizwan era un po' più "raw". In modo diverso ho apprezzato tutti i film, ma mi ha stimolato di più il film di Rahul Gandotra, "The Road Home".

sabato 9 ottobre 2010

Bagno di Durga

"Come possiamo portare la dea Durga a fare il fare il bagno?" è la domanda che mi ha posto Binil.

Binil è il presidente dell'associazione dei bengalesi indù di Bologna (Sanatan Sanskritik Parishad) che riunisce persone provenienti dall'India e dal Bangladesh. Hanno circa 60 famiglie di iscritti con più di 300-350 persone in tutto.

Durga Puja Bologna 2007
Lui non sa lavorare con il computer e non parla italiano molto bene, per cui da quando è nata la loro associazione, ho avuto il compito di preparare i loro documenti, aiutarli a presentare le varie domande legate alla loro associazione. Così ogni anno Binil mi cerca per preparare il programma della loro festa annuale, "Durga Puja" che si tiene presso il Centro Zonarelli di Bologna.

Durga Puja ovvero, la preghiera alla dea Durga è la festa più importante nel calendario degli indù bengalesi e dura 10 giorni. La stessa festa è celebrata in altri parti dell'India con altri nomi - Dusshera nel nord e Navratri nel nord ovest. A Bologna, non è possibile organizzare la festa per 10 giorni per cui viene accorciata a 5-6 giorni. Quest anno (2010), la festa si terrà presso Centro Zonarelli dal 12 al 17 ottobre ed è aperta a tutte le persone di tutte le religioni.

Da bambino amavo andare alle feste bengalesi perché offrivano la possibilità di vedere gratuitamente i film bengalesi, che mi piacevano molto con attori-leggende come Uttam Kumar e Suchitra Sen. La loro musica, più tranquilla e spirituale, ispirata ai lavori dei poeti come Ravindra Nath Tagore e Kazi Nazrul Islam, mi faceva addormentare. Inoltre, ero affascinato dalle loro danze, dove si dovevano girare i piatti di terracotta colmi di carboni ardenti in manovre acrobatiche senza far cadere niente e senza ustionare se stessi e gli spettatori.

In India, spesso dopo le feste come Durga Puja, Dusshera e Ganapati puja, i dei devono tornare alle loro dimore celesti per cui quando finisce la festa di Durga Puja, anche la dea dovrebbe andare al fiume a "fare il bagno", ciò è, a disperdersi nell'acqua e diventare tutt'uno con la natura. Ogni anno bisogna avere una nuova statua di terracotta della dea per la festa.

Per i bengalesi di Bologna, "fare il bagno" alla dea ogni anno non è possibile perché la statua, fatta pervenire dall'India, costa troppo. Dopo circa 5 anni di raccolta fondi, alla fine avevano raccolto abbastanza fondi per far pervenire una nuova statua dall'India, così la vecchia statua della dea può andare a fare il bagno, ma nessuno di loro sa come si può fare. E nell'attesa, la vecchia statua sta nella casa di Binil.

L'ultimo giorno della festa, il 17 ottobre, lui vorrebbe organizzare una processione per portare la dea ad un corso d'acqua - il fiume Reno o il canale Navile, e immergere la statua nell'acqua.

"Cosa devo fare?" mi ha chiesto.

Non so se il Comunque accetterà che le persone lasciano una statua nelle acque del fiume o del canale, anche perché la statua è fatta in India e non sappiamo quali materiali hanno usato per costruirla e a colorarla. Rimandare la statua in India per essere immersa nell'acqua costerebbe troppo per loro.

Avete qualche suggerimento per Binil? Cosa può fare? A chi può chiedere? Qualcuno ha sentito di un problema simile per altri gruppi di immigrati?

giovedì 30 settembre 2010

Colori del teatro - tra sessualità e identità

Quale rapporto esiste tra l'attore come persona e il suo personaggio teatrale?

E' questa la domanda che pone il film Natrang (regista Ravi Jadhav, lingua Marathi, India, 2010) e tramite il mondo del teatro esplora diversi mondi che si ruotano intorno al tema dell'identità e sessualità - il mondo interiore dell'attore chiamato a svolgere un ruolo di un omosessuale effeminato, e il mondo dei pregiudizi che da una parte li ammira nel teatro e dall'altra, li disprezza nella società.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Bombay (Mumbai), la capitale dello stato di Maharashtra è anche l'epicentro del mondo di Bollywood. Allo stesso momento, è anche la base del cinema regionale in lingua marathi, un mondo molto vivace dove spesso si fanno film fuori dai canoni popolari e populisti di Bollywood. Anche Natrang rientra in questa categoria dei film che rompono gli schemi di Bollywood.

Trama: Gunawant Kagalkar (Atul Kulkarni), chiamato Guna da tutti, è un uomo povero senza terra, uno che fa piccoli lavori per i ricchi contadini, ma è anche un appassionato di body-building, segue un regime di ginnastica per sviluppare i muscoli. E' sposato con Darki (Vibhavri Deshpande) e ha due figli.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Guna è anche appassionato delle danze del teatro tradizionale "Tamasha" del Maharashtra rurale. Suo padre e sua moglie gli chiedono di non sprecare i pochi soldi che lui guadagna sulle donne che danzano negli spettacoli di Tamasha, ma Guna non ascolta a nessuno e ogni volta che c'è un nuovo gruppo del teatro Tamasha, va a vederli.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Il contadino per il quale lavora Guna compra una macchina elettrica e così Guna ha meno possibilità di lavorare. Anche altri amici di Guna (Mangesh Satpute, Saddheshwar Zadbuke, Kishor Choughule, Rajesh Bhosale, Mahadev Salukhe, Prashant Tapasvi, Sunil Dev e Ganesh Revadekar), tutti manovali senza terra, sono nelle stesse condizioni. Uno di loro suggerisce di creare un proprio gruppo di teatro per guadagnare un po' di soldi. Guna è entusiasta dell'idea. Lui ha sempre sognato di fare il teatro e fare la parte di un re valoroso. Inoltre, Guna vuole provare a scrivere le sceneggiature. Tutti i compagni amano la prima sceneggiatura che lui scrive per il gruppo.

Il gruppo è pronto per mettere in scena il loro primo spettacolo, ma l'amico Pandoba (KIshore Kadam), nominato il manager del gruppo, fa presente che hanno bisogno di una ragazza danzatrice perché non si può avere lo spettacolo di Tamasha senza le danze Lavni di una ragazza, e anche perché senza le danze, nessun uomo verrà a guardare il loro spettacolo.

Pandoba va alla ricerca di una ragazza per il gruppo e alla fine trova la giovane e bella Nayan (Sonali Kulkarni) accompagnata da sua madre (Priya Berde). Nayan è disponibile a far parte del gruppo ma ha una condizione - il gruppo deve avere anche un Nach (un omosessuale effeminato), perché questi personaggi sono molto apprezzati dal pubblico.

Nessuno del gruppo ha il coraggio di fare la parte del Nach e alla fine, Guna è costretto a accettare questa parte. Per questo ruolo, deve tagliarsi i baffi, perdere peso e deve imparare i gesti femminili. Lui osserva le donne e segue le lezioni di danze e di portamento da Nayan. Tutti i compagni sono sorpresi dalla sua bravura e dalla sua capacità di immedesimare nel personaggio di omosessuale effeminato.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Così poco alla volta Guna cambia aspetto, sembra un'altra persona, non soltanto quando è sul palcoscenico e fa la parte del Nach, ma anche come persona - non ha più i baffi, è molto più magro. Ma oltre l'apparenza fisica, sembra una persona diversa.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

In casa sua, sua moglie Darki, suo suocero e altri parenti si vergognano di lui. Altri nel villaggio fanno le battute crudeli, anche per insinuare che i figli non sono suoi. Darki gli chiede di rinnunciare al personaggio effeminato.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Guna non vuole ascoltare nessuno, si sente felice come attore e come scrittore, e parte con il gruppo per un tour nei villaggi.

Mentre Guna è in giro, suo padre muore e sua moglie Darki, insieme ai figli ritorna alla casa del proprio padre. Guna è ignaro di tutto, ha mandato soldi e vestiti per la famiglia e pensa che ora potranno vivere meglio. E' molto apprezzato dal pubblico come Nach e i loro spettacoli sono sempre pieni di spettatori. Guna si sente attratto da Nayan, l'eroina e danzatrice del gruppo.

Suo malgrado, Guna si trova mischiato in un gioco di potere tra due politici. Per vendicarsi, uno dei politici fa rapire Guna e lo fa stuprare dagli suoi uomini.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Guna, sconfitto e depresso torna a casa ma sua moglie e suo figlio non vogliono vivere con lui. Il gruppo decide di abbandonare il sogno del teatro. Invece Guna sa di aver perso tutto e non vuole rinunciare a fare l'attore. Così lui decide di andare in città insieme a Nayan per cercare lavoro come attore.

Commenti: Come si può intuire dal trama, il film tocca la questione della costruzione dell'identità sessuale. Che cosa significa essere un uomo o una donna, quale è il ruolo dei "diversi" nella società patriarcale, quali sono i pregiudizi e le discriminazioni nelle società tradizionali, sono le domande che il film pone.

All'inizio del film, il personaggio di Guna è una personaggio macho, orgoglioso della propria mascolinità. E' povero, non riesce a guadagnare abbastanza per comprare i libri di scuola per la figlia, ma nessuno mette in dubbio il suo ruolo sociale come uomo. E' rispettato e perfino invidiato dagli altri.

Quando decide di interpretare il ruolo del Nach, Guna dice alla moglie, "Ti coprirò d'oro e di vestiti, i figli avranno tutto, sarai una regina", ma ha già cambiato aspetto, ha un aspetto esteriore femminile e per cui, il suo ruolo sociale come uomo si è indebolito. Qualche collega del teatro, cerca di toccarlo di notte "per divertirci", ma Guna reagisce male, e ribadisce che lui non è un vero Nach, è solo un attore che interpreta il ruolo del Nach.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Più volte nel film si torna sull'incongruità tra aspetto esteriore di una persona contro quello che si sente di essere. Quello che appare e sembra contro quello che vuole essere. Come succede spesso alle donne che osano a sfidare le regole degli uomini potenti nelle società patriarcali, anche per Guna la punizione è lo stupro per sottolineare che lui è come le donne, di poco valore.

Cambiano anche i suoi rapporti con le donne. Lui va a letto con Nayan e la chiede di sposarla ma lei gli risponde che non c'è futuro per una donna con un Nach - "I nach sono richiesti al teatro solo finché sono giovani, ma nessuno li vuole quando si invecchiano; possono andare bene in letto ma non sono accettabili come mariti."

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Guna vuole interpretare altri ruoli nel teatro e cerca di uscire dalla prigione del personaggio di Nach, ma gli spettatori non gli permettono di sperimentare, "Uno identificato come un omosessuale effeminato non può avere altri ruoli" è il loro giudizio.

Guna perde il suo ruolo sociale quando si mostra un bravo attore nel ruolo di un omosessuale effeminato, e a quel punto non è importante che lui è un uomo sposato con la famiglia. In seguito perde la moglie e i figli. Quando lui chiede al suo figlio di venire con lui, il figlio sputa per terrà e va via senza rispondere.

Ma il confine tra il mondo di finzione e la realtà non ha le frontiere molto nette. Guna lo scopre quando dietro le sollecitazioni del suo manager, accetta di comportarsi da Nach per vincere un contratto di lavoro da un politico.

Natrang - film indiano di Ravi Jadhav sull'identità e sessualità

Dall'altra parte molte persone che sono attratte dal suo fascino come Nach e cercano di portarlo a letto, in pubblico assumano la maschera dei "giustamente indignati da questi pervertiti" per vendicarsi di lui per aver rifiutato le loro avance.

Ma le identità di maschio e femmina sono così chiare, ben definite e rigide per natura o sono così per rispettare le regole della società? Guna risponde a questa domanda verso la fine del film quando ammette, "Ogni essere ha dentro di sé la parte maschile e la parte femminile, ma non siamo liberi di esprimerli."

Penso che "Natrang" (letteralmente "i colori del treatro") è un film complesso che merita di essere visto più volte per cogliere le diverse questioni che pone e per le riflessioni che provoca sul tema dell'identità sessuale.

Tutti gli attori del film sono bravi, ma è sopratutto Atul Kulkarni nel ruolo di Guna che presenta un'interpretazione impeccabile. Si dice che lui aveva messo su 16 chili per la prima parte del film, dove si presentava come uomo muscoloso e macho, mentre per la seconda parte, per interpretare il personaggio di Nach, aveva perso quasi venti chili. La differenza tra i due personaggi è così grande che sembra di vedere due persone completamente diverse.

Il mondo del cinema regionale in India, è meno sottoposta alle pressioni commerciali per cui può permettersi di sperimentare con dei temi particolari, di scarso interesse per le masse che amano i film masala di Bollywood. Natrang è un ottimo esempio di questo cinema che merita di essere conosciuto ampiamente tra le persone che amano il cinema serio e provocatorio.

lunedì 27 settembre 2010

Vite alla matrioska

Perché certi libri ci piacciono molto e gli altri no?

Preferisco leggere i libri che mi introducono alle esperienze nuove, non sperimentate prima. Allo stesso momento, preferisco i libri che hanno qualcosa di familiare, qualcosa con cui posso identificarmi.

Quando mi piace un libro, spesso vado a cercarne altri simili, ma più delle volte gli altri libri non danno lo stesso piacere.

Per esempio, mi piacciono le storie alla matrioska, dove la storia di una vita racchiude dentro di sé un altra, e quella ti porta ad un'altra ancora e così via. Spesso queste storie sono legate alla ricostruzione ossessiva di un passato.

Le storie alla matrioska ambientate sullo sfondo di shoah sono tra le mie favorite. Forse avevo 13 o 14 anni, quando avevo letto il mio primo libro di questo tipo e ne ero immediatamente catturato. La drammaticità degli eventi, le tragedie di tante vite, le lotte per la sopravvivenza nei ghetti e nei campi di concentramento, erano tutti elementi che mi colpivano con molta forza e quando leggevo una di queste storie, per settimane continuavo a sentire i loro echi nella mia testa.

C'è stato un periodo quando ero convinto che avevo vissuto in un campo di concentramento in un'altra vita. Sognavo di essere chiuso dentro un treno merci con tante altre persone. All'epoca, leggevo le storie dei giovani israeliani che lavoravano dentro i kibbutz e sognavo di andare un giorno in Israele per vivere dentro un kibbutz.

Negli ultimi 15-20 anni, quando ho iniziato a capire quello che succede in Palestina, la mia ammirazione per Israele si è disperso poco alla volta. Comunque ancora oggi continuo a cercare e leggere i libri che parlano di Shoah.

***

Quando ho letto l'introduzione sulla copertina del nuovo libro di Gad Lerner, "Scintille - una storia di anime vagabonde", non ho resistito.

Come me, anche Gad è nato nel 1954 e come me, anche lui ha una famiglia mista dal punto di vista religioso - lui ebreo e la moglie cattolica. Inoltre, come me anche la sua famiglia ha lasciato pezzi di sé nei vari paesi dove ha vissuto. Potevo capire il suo desiderio di riscoprire i luoghi del passato:
... è nato in me l'impulso di visitare i loro luoghi. Non so perché, ma ero sicuro di riconoscerli. Frugando nel mosaico di felicità perdute, rintracciabili nei loro accenni, volevo capire cosa ci fosse d'inenarrabile nella vicenda che li ha schiacciati entrambi. Ho deciso di far da me, essendo la trasmissione naturale del racconto ostruita da grumi d'imbarazzo e avversione.
Invece nonostante tutte le promesse, non ho amato "Scintille". E' un libro interessante, da leggere senza annoiarsi ma non ha evocato la passione dentro di me. Ho avuto la sensazione che Gad non voleva lasciarsi coinvolgere emotivamente mentre lo scriveva. Tornare nei luoghi del proprio passato, nel tentativo di ricostruire le storie di parenti morti o scomparsi tanti anni fa, può essere qualcosa che ti tocca profondamente e ti cambia per sempre. Ciò è vero ancora di più se le storie del passato si sono consumate sullo sfondo di un evento drammatico come shoah. Invece nelle parole di Gad sentivo più il distacco del giornalista che le emozioni di un nipotino alla ricerca della storia di suoi nonni.

Anche lui ammette questo distacco, questa volontà di non lasciarsi coinvolgere troppo, quasi all'inizio del libro:
Cerco l'oggi, non l'eri. Scoprire cosa ne è delle dimore da cui siamo passati forse mi aiuterà a scacciare la tentazione del resoconto vendicativo, di un'altra saga familiare ebraica nei giorni infernali del Novecento, infarcita come di prammatica di controversie patrimoniali, aborti, richieste inoltrate ai figli o al fratello tramite avvocato. Un ginepraio in cui non fingerò di immedesimarmi: frugare nel passato per cucirlo su misura intorno ai nostri malesseri è un detestabile.
Inoltre, mi aspettavo un punto di vista diverso riguardo la religione ebraica da questo libro. Mi aspettavo lo sguardo di uno che conosce la propria religione, ma che ha vissuto un rapporto d'amore vicino ad un'altra religione e per cui, può guardare la propria religione con gli occhi nuovi. Invece, questo sguardo, diverso e nuovo, manca dal libro. Non voglio dire che il libro non sia interessante, ma l'ho trovato un po' limitato.

Per esempio, mi è piaciuta questa descrizione delle diverse anime degli esseri secondo la tradizione ebraica:
Ecco perché Bibbia necessita di nomi diversi per definire i diversi gradi dell'anima, come ricorda lo Zohar, cioè, il "Libro dello splendore", testo principe della Qabbalah: si tratta di nefes (spirito vitale), ruach (spirito) e neshamà (anima interiore o super-anima).
Mentre lo leggevo, pensavo alle descrizione dei diversi strati delle coscienze secondo la tradizione Ayurvedica in India.

Per cui leggere Scintille era come leggere un rapportage dei viaggi, scritto bene, in stile asciutto e giornalistico, ma non ho sentito le voci d'anima dei suoi personaggi.
Quando la storia infrange il mosaico della convivenza, ne prorompe il rancore delle vittime impossibilitate a rifarsi una vita. E intorno a loro si propaga l'ignoranza ben oltre i protagonisti del dramma, trasformando il senso comune; scavando un fossato incolmabile di estraneità negli stessi luoghi che per secoli, prima della separazione forzata, erano fioriti solo grazie alla loro capacità di far tesoro della convivenza.
Scintille - una storia di anime vagabonde, Gad Lerner, Feltrinelli editore 2010

mercoledì 25 agosto 2010

Shahrukh torna su Rai Uno - Non dire mai addio

E’ confermato. Shahrukh Khan tornerà sugli schermi di Rai Uno il prossimo sabato. La serie “Stelle di Bollywood 2010” si concluderà il sabato 28 agosto con “Non dire mai addio” (nome originale, “Kabhi alvida na kehna”, regista Karan Johar, il titolo originale è la traduzione letterale del titolo italiano). Il film uscito nel 2006, non aveva trovato grande successo in India per il suo tema “contro le tradizioni indiane” ma era stato molto apprezzato dalla diaspora indiana che vive all’estero.

Non dire mai addio - Kabhi alvida na kehna

Dopo una serie di film mielosi, di amori infiniti e impossibili (Kuch kuch hota hai, Kabhi Khushi Kabhi Gham, Kal ho na ho), molto amati dal pubblico in India, “Non dire mai addio” ha segnato la maturità del regista Karan Johar e la sua entrata nel mondo adulto. Era sempre un film di Bollywood con le sue canzoni, le sue danze e i suoi colori, ma il suo tema era un tabù per la maggioranza degli indiani – divorzio e amore extra coniugale. Forse per evitare controversie in India, il film era stato ambientato nel mondo degli indiani emigrati in America, perché è più facile accettare “gli indiani lontani dalla madre patria abbiano dimenticato le tradizioni”.

Trama: Dev (Shahrukh Khan) è un giocatore di Rugby a Newyork ed ha appena firmato un contratto con un grande club. E’ sposato con Rhea (Preity Zinta), una donna in carriera e la coppia ha un figlio, Arjun (pronunciato Argiun). Dev incontra Maya (Rani Mukherjee), vestita da sposa e piena di dubbi, in un parco.

Non dire mai addio - Kabhi alvida na kehna
Maya è insegnante, e sta per sposare Rishi (Abhishekh Bacchan), il figlio di Samarjit o Sam, come lui preferisce essere chiamato (Amitabh Bacchan). Sam e Rishi sono la famiglia dove lei è cresciuta dopo la morte di suoi genitori. Si sente in debito verso Sam e Rishi, e per questo non ha coraggio di dirgli che lei non ama Rishi e non lo vuole sposare. E così lei scappa nel parco, non sa cosa deve fare.

Dev consiglia a Maya di dimenticare i dubbi e di sposare Rishi, “perché è la persona che l’ama”, e va via. Poco dopo aver lasciato Maya, Dev ha un incidente e si rompe il ginocchio. Così finisce la sua carriera del giocatore di Rugby.

Dopo 4 anni, Rhea e Dev incontrano Rishi e Maya. In questi 4 anni, tutti sono cambiati.

Rhea ha trovato grande successo, è la responsabile di un'importante rivista di moda americana e guadagna molti soldi, mentre Dev è pieno di rancore per il suo destino. Lui guadagna poco, si sente inferiore e incapace. Se la prende con il proprio figlio, “perché è una femminuccia, non è un giocatore di rugby, ma invece è un ragazzo timido che ama leggere i libri”.

Dall’altra parte, Maya è stanca del suo matrimonio e si sente in colpa perché non ama il marito e non può avere figli. Rishi non sa cosa fare per avere un po’ di amore dalla moglie e si sente frustrato.

Sam, il papà di Rishi, è sempre in giro con le ragazze giovanissime, vuole far vedere a tutti che fa il galletto in pollaio. Sam ha simpatia per Kamaljit (Kiron Kher), la mamma chiacchierona di Dev. I due diventano amici, anche se Kamaljit non approva il comportamento “poco dignitoso” di Sam con le ragazzine.

Dev si rende conto che Maya non è felice nel suo matrimonio, lui le confida che ne anche lui è felice nel proprio matrimonio. Entrambi sanno che il problema sta dentro di loro perché i loro coniugi sono persone buone e meravigliose. Dev e Maya si incontrano altre volte e nasce una simpatia tra loro due. All’inizio cercano di controllarsi, ma alla fine ammettono di amarsi. Ora devono decidere, se vogliono continuare con i loro matrimonio o vogliono realizzare il loro amore.

Commenti: Il film ha una visione molto occidentale dell’amore.

In India, i miei amici potevano capire la frustrazione e il rancore di Dev (Shahrukh Khan), perché è un fallito e guadagna meno della moglie, ma non riuscivano a capire il problema di Maya (Rani Mukherjee).

Come fa Maya a non amare suo marito Rishi, che è bello e simpatico e che l’ama, e come fa amare uno fallito come il petulante e pieno di rancore, Dev”, si chiedevano in India. In fatti il sistema dei matrimoni combinati in India, si basa sul amore che deve nascere tra due persone quando si sposano, anche se prima del matrimonio non si conoscono. Questa visione del matrimonio è qualcosa di culturale che pervade la società indiana e da quando sei un bambino o una bambina, senti che sarà così anche per te un giorno. E’ come una profezia che si realizza continuamente anche se ogni tanto questa visione si inceppa, soprattutto quando lo sposo o la sposa sono innamorati di qualcun altro.

Se sei cresciuto con questa logica, che il matrimonio dura per sette vite e il tuo futuro sposo o la tua futura sposa, verrà da te tramite il destino che opera dentro il meccanismo del matrimonio combinato, mentalmente sei preparato a amare la persona che sposi.

Invece, Maya non ragiona come le ragazze in India che sognano di innamorarsi della persona che sposeranno, lei ragiona alla maniera individualista all’occidentale, lei vuole sposare la persona della quale è innamorata.

Non la maltratta, non è un ubriacone o uno che va dalle altre donne, anzi l’ama. E’ lei non è anche una donna completa perché non può avere i figli! Come mai lei vuole lasciare il marito che la ama? Forse è matta? Non capisco queste ragazze moderne!”, aveva detto una mia zia dopo aver visto il “Non dire mai addio”.

In alcune scene, Rishi (Abhishekh Bacchan) si comporta da un bambinone e la sua caratterizzazione non è molto chiara, comunque Abhishekh Bacchan è bravo e raccoglie la simpatia del pubblico. Dall’altra parte, penso che il personaggio di Rhea (Preity Zinta) è più freddo e controllato.

La coppia principale, Shahrukh e Rani, devono interpretare ruoli più rischiosi in questo film. Potrebbe essere facile sentire antipatia per i loro personaggi, soprattutto per quello di Dev (Shahrukh Khan) che spesso si comporta male con tutti, soprattutto con il figlio. Rare volte nel mondo di Bollywood, abbiamo avuto un eroe così poco eroe e tanto villano. Comunque nonostante tutto, il film riesce a farvi sentire e capire i sentimenti e le frustrazioni di Dev e Maya, e così possiamo identificare con la loro storia d’amore.

Per gli spettatori occidentali, il film può sembrare una bella storia d’amore tormentato e niente di più, ma in India, solo i film d’arte (cinema d’essai) indirizzati alle fasce più istruite e consapevoli della popolazione, possono rischiare di dare messaggi “contro” le tradizioni. In questo senso, questo film dava dei messaggi forti, come per esempio la scena dove lo suocero (Sam, Amitabh Bacchan), sul letto dell’ospedale dice alla nuora, “Lascialo, non siete felici insieme, separatevi”.

Mi era piaciuto questo film e mi era piaciuto Shahrukh Khan in questo film, anche se era nella parte di un uomo imperfetto, qualche volta debole e egoista alla sua ricerca di se stesso.

Mi piaceva molto una canzone di questo film, “Mitwa” (“Compagno del cuore, ascolta quello che dice il battito del tuo cuore, non nasconderlo da te stesso ..). Non penso che faranno vedere questa canzone su Rai Uno, ma lo potete guardare su Youtube. E’ la canzone che presenta la fase iniziale di innamoramento tra Dev (Shahrukh Khan) e Maya (Rani Mukherjee). Tutte e due si comportano ancora da amici un po’ incerti dei sentimenti dell’altro ma entrambi hanno fantasie di un’intimità che deve ancora arrivare.

domenica 8 agosto 2010

Continua la serie Stelle di Bollywood su Rai Uno

Un Pizzico d'Amore e di Magia, 14 agosto 2010

La serie estiva di Rai Uno con i film di Bollywood in prima serata di sabato continua e il prossimo sabato 14 agosto, il prossimo film della serie sarà Un Pizzico d'amore e di magia (Titolo originale Thoda Pyar thoda Magic, India, 2008).

Un pizzico d'amore e di magia

Il primo ciclo di Bollywood su Rai Uno (Amori Con ... Turbanti 2008), aveva il film "Io e te: confusione d'amore" del regista Kunal Kohli con gli attori Saif Ali Khan e Rani Mukherjee. Il prossimo film "Un Pizzico d'amore di magia" ha di nuovo Kunal Kohli come regista, e Saif e Rani come i protagonisti principali.

Il film è una commedia romantica e racconta la storia del ricco e annoiato Ranbeer (Saif Ali Khan), il quale è la causa di un incidente stradale nella quale perdono la vita due persone, i genitori di 4 bambini (3 bambini naturali e un bambino sikh adottato). Come punizione, il giudice chiede che sia Ranbeer a occuparsi dei bambini. Bella e superficiale Malaika (Ameesha Patel), la ragazza di Ranbeer vorrebbe aiutargli a badare ai bambini, ma i bambini sono arrabbiati e non vogliono convivere con quello che considerano l'assassino dei loro genitori.

In un momento di desperazione, i bambini pregano e il Dio (Rishi Kapoor) commosso, decide di mandare l'angelo Geeta (Rani Mukherjee) sulla terra per aiutare i bambini, ma Dio le raccomanda che non deve usare le sue doti magiche per far avvicinare Ranbeer ai bambini.

Geeta arriva alla casa di Ranbeer come la governante e subito dimentica la raccomandazione di Dio di non usare la magia. Per vincere la fiducia dei ragazzi usa le sue doti magiche. I bambini cominciano a volere bene a Geeta e non hanno simpatia per Malaika che Ranbeer vorrebbe sposare. Così con l'aiuto di Geeta, riescono a interrompere la relazione tra Malaika e Ranbeer.

Con tempo, Ranbeer si affeziona ai bambini e anche i bambini cominciano a volerlo bene. Ranbeer si sente attratto da Geeta, la quale sa che non deve innamorarsi di un essere umano perché dovrà lasciare la veste del angelo e di diventare un essere mortale anche lei.

Potete già immaginare come andrà a finire. Il film è un continuo di cliché e si possono notare le influenze di molti altri film, da "Tutti insieme appassionatamente" a "Mary Poppins".

Avevo trovato il film un po' insipido e tanto prevedibile. Il film è ambientato nell'India dei ricchi, ma è un finto mondo che non ha niente dell'India. Invece penso che se si introduceva qualche tocco indiano nella trasformazione della storia, avrebbe reso il film un po' più interessante. Il Dio nella giacca e cravata e l'angelo vestito da Mary Poppins per tutto il film rappresentano le fantasie occidentali.

A parte la musica che non era male, mi era piaciuta Ameesha Patel (Malaika), perché aveva introdotto un po' di ironia nella sua parte della "bella ragazza superficiale senza cervello". Comunque, i criteri di scelta dei film per il ciclo di Rai Uno sono misteriosi e non si capisce perché Rai Uno deve scegliere film di questo livello, i flop che non erano stati apprezzati ne dalla critica ne dal pubblico. Forse per i bambini?

Un pizzico d'amore e di magia

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Una luce dal passato (Swades)

Swades - Una luce dal passato

Il film di ieri sera Una luce dal passato mi è piaciuto di più della versione originale del film, quando l'avevo guardato alcuni anni fa. Penso che hanno tagliato circa un'ora di scene compreso tutte le canzoni tranne "Dekho na, zara dekho na" ("Guarda, guarda, ci siamo io, tu e le ombre"). Comunque penso che il film originale era troppo lungo. Quando l'avevo visto, avevo trovato il personaggio di Shahrukh un po' irritante in alcune parti del film con le sue lunghe e continue prediche. Invece nel film presentato ieri sera, maggior parte di queste prediche sono state eliminate.

C'era qualche sbaglio nella traduzione - per esempio, nella mia scena preferita, dove il ragazzo corre lungo il treno per vendere l'acqua, il costo di ogni bicchiere era stato tradotto come "25 rupie" invece di "25 paise" (centesimi), ma erano sbagli non importanti.

Tra tutte le scene tagliate, mi è dispiaciuto sopratutto per la scena dell'incontro tra Mohan (Shahrukh Khan) e l'asceta (Makarand Deshpandey nell'immagine sotto), e poi il viaggio dell'asceta sul tetto del camper di Mohan. Comunque secondo me, complessivamente i tagli delle scene hanno migliorato il film.

Swades - Una luce dal passato

Il film era così lungo che alla fine avevano dovuto tagliare alcune scene e una canzone anche dalla versione originale del film quando era uscito al cinema. Una canzone del film, Ahista ahista (Piano piano), una ninna nanna, era tra le mie canzoni preferite. Potete vedere questa canzone nella versione in Tamil su Youtube (con sottotitoli in inglese). E' stata cantata da Yesudas, una dei cantanti più bravi e famosi del sud dell'India. Nel film, la ninna nanna è la vecchia canzone che Kaveri amma cantava per Mohan e Geeta, quando erano bambini. Nella scena, Mohan e Geeta, prima la cantano per Chiku, il fratellino di Geeta e poi per Kaveri amma. Le scene del presente sono mescolate alle scene di quando loro erano bambini.

Ho apprezzato il lavoro dei doppiatori italiani, a parte qualche piccolo sbaglio (un modo non proprio corretto di chiamare i nomi delle persone). In generale il livello di doppiaggio era ottimo. In particolare penso che Oreste Baldini è stato molto bravo per come ha interpretato la voce di Mohan (Shahrukh Khan). Shahrukh è un attore molto espressivo e Oreste Baldini è riuscito a dare l'espressività alla sua voce.

Potete leggere anche la mia recensione di questo film scritto alcuni fa.

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My Name Is Khan - Il Mio Nome E' Khan
Sembra che il nuovo film di Shahrukh Khan e Kajol, Il mio nome è Khan uscirà nelle sale italiane il 29 ottobre 2010. Staremo a vedere se è vero. La versione che uscirà è una versione ridotta, fatta specialmente per l'occidente. Sono curioso di vederlo.

My name is Khan - Il mio nome è Khan

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Potete vedere l'indice completo di miei articoli sul mondo di Bollywood

domenica 1 agosto 2010

Shah Rukh Khan e Una luce dal Passato

Il prossimo film del ciclo Stelle di Bollywood, programmato per il 7 agosto porterà il grande Khan sugli schermi della TV italiana. L’attore Shah Rukh Khan è entrato nel mondo di Bollywood nel 1992 con il film Deewana e in pochi anni è diventato uno degli attori più popolari del cinema indiano. Per tanti anni, tutti i suoi film ottenevano il grande successo del pubblico, e così ha guadagnato il titolo di King Khan (Il Grande Khan).

Swades - Una luce dal passato

Una luce dal passato (titolo originale Swades, letteralmente significa Mio Paese) è un film del 2004, del regista Ashutosh Gowarikar. Gowarikar è già conosciuto in Italia per il suo film “Lagaan – c’era una volta in India”.

In “Una luce dal passato”, Shahrukh non appare nella sua veste più popolare, ciò è di un attore romantico, e il film non è il tipico prodotto di Bollywood con le danze, i matrimoni e la musica. Ma poi, quest'anno i film di Bollywood scelti per la serie estiva di Rai Uno, sono diversi e non sono le solite storie romantiche.

Se avete visto “Un appartamento per tre”, forse vi ricorderete di una delle scene più iconiche di Shahrukh Khan dal film “Kuch Kuch Hota Hai” (KKHH) – sono le scene dal film che Karan (John Abraham) proietta per il compleanno di Neha. KKHH è tra i film più popolari della coppia Shahrukh e Kajol.

Il film La luce dal passato racconta la storia del ritorno in patria di un emigrato. Di solito, i film che parlano degli emigrati indiani, e il mondo del cinema indiano è pieno di queste storie, raccontano storie personali, di storie che parlano di mondi, culture e legami persi del proprio paese di origine e ricostruite con fatica nei paesi di adozione, e le difficoltà di tornare in dietro. Spesso Bollywood non approfondisce il trauma insito nell’emigrazione, ma piuttosto presenta l’occidente (Europa, America, Australia o Nuova Zelanda) come un luogo dove gli indiani possono diventare ricchi e vivere bene con tutte le comodità che non si possono avere in India. Inoltre, questi film sono un richiamo per i valori tradizionali indiani lasciati in patria, con presentazione di riti, costumi, vestiti dei diversi stati indiani sopratutto in relazione alle storie romantiche.

Invece, “Una Luce dal Passato”, affronta la questione della responsabilità sociale degli emigrati, il loro dovere verso il proprio paese d'origine. E’ la storia di Mohan Bhargav (Shahrukh Khan), uno scienziato di origine indiana che lavora presso NASA in America e la sua scoperta della vita di un villaggio indiano e delle difficoltà di passaggio dalle tradizioni verso la modernità. E’ considerato tra i migliori film di Shahrukh anche se l’avevo trovato un po’ troppo dispersivo perché vuole affrontare troppe tematiche, dalle caste alla povertà e allo sottosviluppo. Comunque non voglio dire che non mi era piaciuto, voglio solo dire che poteva essere un film migliore.

Il film ha un tenera storia d’amore, tra lo scienziato indiano venuto dall’America e la ragazza (Gayatri Joshi) che ha scelto di lavorare come insegnante in un villaggio perché crede nel cambiamento sociale delle persone più povere ed escluse. Era il primo e l’unico film dell’attrice Gayatri Joshi, la quale si era sposata dopo l’uscita del film e ha deciso di non lavorare più come attrice.

Swades - Una luce dal passato

Potete leggere una mia recensione più completa di Una luce dal passato su Kalpana.it, scritta qualche anno fa quando avevo visto il film per la prima volta.

Inoltre, potete trovare altri articoli sul ciclo Stelle di Bollywood su Kalpana.it

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