sabato 30 agosto 2008

Il Mondo Stretto

L’altro giorno (28 agosto’08) sul Bologna c’era una lettera che parlava di danni alla sua macchina perché considerata “troppo ingombrante”. Inizia la sua lettera con “premetto che non possiedo una ferrari nè tantomeno una mega SUV, ma una più modesta Fiat multipla”, e poi racconta il suo dramma. Non riesce a mettere la sua macchina dentro il suo garage o nel parcheggio condominiali, date le sue dimensioni, e se lo lascia fuori trova spesso che la macchina è stata presa di mira e danneggiata.

Sullo stesso giornale, c’era anche un articolo di Patrizio Dimitri, “Incubo di una notte d’estate”. Sig. Dimitri, docente di Genetica all’università La Sapienza, scrive di una sua esperienza, “Guardo nello specchietto retrovisore e metto a fuoco un mutante che mi sta alle calcagna con il suo Suv e suona il clacson senza darmi tregua. Mi fermo prima delle strisce pedonali per far passare due vecchiette e una coppia con passeggino. L’energumeno ha cranio rasato, epidermide timbrata, occhiali scuri dove si mimetizza l’espressione muta dei bulbi oculari. Vuole superarmi a destra ad ogni costo, anche rischiando di stendere sull’asfalto bollente un tappeto di ossa e carne maciullata. .. E’ costretto a inchiodare, urla e gesticola, i pedoni attraversano e sono finalmente in salvo. Poi il mutante sgomma, invade la corsia opposta, mi manda a fanculo e se ne va.”

Mi piace l’immagine del mutante con l’epidermide timbrata che mi fa pensare ad una scena da uno dei film della serie Guerre Stellari dove in un bar tanti tipi diversi bevono qualcosa e scherzano tra di loro. Comunque, nonostante l’estremismo dell’esempio raccontato da Dimitri, si riconosce qualche tratto di tanti padroni dei Suv che sempre di più occupano le strade strette ed i parcheggi che non bastano mai.

Ogni volta che riunisce la nostra assemblea del condominio, vi sono litigi continui sulla questione parcheggio ma ogni anno abbiamo nuove Suv che si aggiungono e lottano per il lo spazio nel sempre più stretto parcheggio. Stanno lì nella loro imponenza, togliendo spazi ai due lati. Fin’ora ogni volta ci pensavano finivo con un senso di irritazione. Ora forse proverò un po’ di compassione. E’ vero che ogni tanto i padroni di questi fuori classe, invadono le aiuole o spazi dove devono passare le carrozzine perché non trovano altro spazio, ma sicuramente qualche volta saranno costretti a parcheggiare fuori da qualche parte perché queste macchina non stanno dentro i garage e i tutti gli altri spazi aperti del parcheggio condominiale, compreso le aiuole, sono occupati.

Parlano continuamente del prezzo della benzina, del prezzo del pane che aumenta, dei rifiuti che non si sa dove seppellire o dove incenerire, del riscaldamento del pianeta Terra e poi, parlano anche di questi imballaggi infiniti, la crescita di “usa e butta”, il traffico che sembra impazzito. Intanto si fa la pubblicità per comprare le nuove Suv “fatte su misura per le città”, perché ormai si sa che le città sono una giungla! Viviamo in un mondo schizofrenico.

mercoledì 20 agosto 2008

Telecom Italia e Mahatma Gandhi

Mi aveva incuriosito la pubblicità di Telecom che parlava del ritrovamento della registrazione audio del discorso fatto da Gandhi a Nuova Delhi il 14 aprile 2008, all’occasione di un incontro dei governi asiatici. Questa pubblicità invitava di visitare il sito di A Voi Comunicare, il 15 agosto 2008.

Il 15 agosto è Ferragosto, ma è anche il giorno dell’indipendenza dell’India. Quest anno, India indipendente ha compiuto 61 anni.


Proprio in questi giorni ho letto cose importanti su Mahatma Gandhi, sopratutto le 3 relazioni di Narayan Desai, il figlio di Mahadev Desai, segretario di Gandhi. Non conosco bene Narayan Desai anche se era un amico di papà. Invece conosco molto meglio suo figlio, Aflatoon (Aflu), che è diventato quasi un parente quando ha sposato l’ex-moglie di un cugino. Per molti anni, non avevo fatto il collegamento che il papà di Aflu era "quel Narayan Desai", cresciuto nel ashram di Mahatma Gandhi, il bambino che si vede in alcune foto storiche. Sono rimasto affascinato dalle relazioni di “Narayan bhai”, fratello Narayan, perché parlano della grandezza della persona di Gandhi e delle sue idee, nella sua dimensione umana con tutti i suoi difetti e le sue difficoltà, senza cercare di mitificarlo. Narayan bhai è l’autore della biografia di Gandhi in quattro volumi.


Il mondo di dibattito in lingua hindi sull’internet offre molte opportunità di conoscere questo tipo di discussioni tra i seguaci di Gandhi, dove c’è molto fermento ma anche un modo di ragionare molto diverso da quello che trovo in altre lingue, a partire dall’inglese. Le discussioni indiane sono più complesse e globali sulla figura di Gandhi e dei suoi insegnamenti, mentre penso che spesso le discussioni in occidente sulla figura di Gandhi restano unidimensionali e focalizzano su alcuni aspetti come la non violenza e la pace.

Invece non avevo notato discussioni particolari riguardo questo “ritrovamento della registrazione audio” in questo mondo indiano di seguaci di Gandhi, a parte una breve notizia su qualche portale indiano di lingua hindi. Forse ciò dipende dalla disponibilità di enorme mole di scritti e di relazioni di Gandhi in lingua hindi, per cui il ritrovamento di un’altra sua relazione non li sembra una cosa così fondamentale? In mondo anglofono, si esprime particolare interesse verso questa registrazione audio “perché era stata registrata soltanto 10 mesi prima del suo assassinio”, mentre per il mondo che capisce hindi, ciò non è particolarmente significativo perché si possono leggere le ultime relazioni del Mahatma durante gli incontri di preghiera a Birla Bhawan a Nuova Delhi, fino alla sera della sua morte. In ogni caso, questo testo non era “perso”, era già conosciuto, per cui forse è anche per questo che non ne hanno parlato molto in India.

Comunque è interessante leggere la trascrizione della relazione di Gandhi perché quella era una delle poche volte quando aveva parlato in inglese. Penso che la lingua influisce molto sul quello che devi dire e non soltanto su come lo dici.

Linguaggio di Gandhi: La prima cosa che colpisce di questo testo è proprio il suo linguaggio. Il testo è stato tradotto in italiano in collaborazione con Tara Gandhi Bhattacharjee, la nipote di Gandhi, la quale aveva studiato e poi vissuto a lungo a Roma.

Hanno scelto di non appesantire il discorso di Gandhi, con i commenti e le annotazioni a pie di pagina, che è una scelta condivisibile anche se ciò lo rende un po’ più difficile da capire.

La cosa che salta fuori subito è la semplicità del discorso. Sembra che Gandhi sta parlando ai bambini in maniera informale. All’inizio è preoccupato se le persone in fondo possono sentire la sua voce, “Se la mia voce non vi giunge, non è colpa mia, ma colpa degli altoparlanti.” Poco dopo confessa candidamente che non ha avuto tempo di preparasi la sua relazione, che aveva cercato di mettere giù per scritto i suoi pensieri ma poi ha dimenticato quel pezzo di carta da qualche parte. Appare chiara subito la sua volontà di non assumere il ruolo di grande statista o oratore. Anzi è di un’umiltà disarmante.

Tuttavia, è un discorso che tocca i cuori nella sua semplicità. E’ un messaggio di amore, lui ribadisce e dice, “Voglio catturare i vostri cuori e non voglio i vostri applausi. Fatte battere i vostri cuori in unisono con le mie parole, e io credo che il mio lavoro sarà compiuto.” L’immagine di cuori che battono in unisono è fortemente evocativo e emozionante.

Contesto del messaggio: Gandhi che parlò alla riunione dei capi di governo dei paesi asiatici in quell’aprile 1947 era una persona messa da parte perché la sua insistenza sui grandi principi non era visto come qualcosa di praticabile. I grandi leader politici indiani, Nehru e Jinnah, ormai l’avevano escluso dalle discussioni pratiche per la divisione dell’India per la creazione del Pakistan, e dalle discussioni per la formazione del nuovo governo dell’India indipendente.

In quei giorni, i disordini religiosi tra gli indù e i musulmani erano ormai quotidiani in diverse parti dell’India. Lega Musulmana aveva lanciato violenti disordini nel Bengala tra agosto e settembre 1946 perché tramite i disordini volevano convincere gli inglesi che convivenza pacifica con gli indù era impossibile e che dovevano dividere l’India in due parti. Quando le prime notizie di questi disordini erano arrivate a Mahtama Gandhi lui era partito immediatamente per Calcutta e in periodo di 7 settimane aveva camminato 116 miglia nei villaggi per cercare di convincere le persone di vivere in pace.

Il 15 agosto 1947 quando l’India fu dichiarata indipendente, Gandhi era a Calcutta lontano dal parlamento di Delhi e dalle celebrazioni. Ramnath Guha, lo storico indiano racconta nel suo libro, “India after Gandhi” (India dopo Gandhi), la sera prima il 14 agosto 1947, governatore del Bengala visitò Gandhi per chiedergli come celebrare l’indipendenza dell’India a Calcutta e Mahatma gli aveva risposto secco, “Persone stanno morendo di fame, vuoi organizzare feste in mezzo a questa devastazione?

Due anni prima, gli Stati Uniti avevano distrutto Hiroshima e Nagasaki con le bombe atomiche. Le parole di Gandhi alla riunione internazionale portano il peso di quel bombardamento.

Badshah Khan: Nel suo discorso Gandhi nomina Badshah Khan (Abdul Gaffar Khan), leader della provincia occidentale Balucistan (North West Frontier province, della futura Pakistan), grande amico e seguace del Mahatma, conosciuto anche con il nome di Frontier Gandhi, Gandhi della frontiera. Forse era un tentativo di dimostrare che non tutto il mondo musulmano voleva la divisione dell’India.

L’etnia pashtun che vive nel Pakistan occidentale e in Afghanistan, non voleva diventare parte del Pakistan, ma loro non avevano avuto la possibilità di influenzare le decisioni degli inglesi. Mi ricordo un incontro con Badshah Khan. Era venuto dal Pakistan e aveva tenuto un discorso nel giardino della casa di Ram Manohar Lohia, il leader socialista, in Gurudwara Rakab Ganj Road a Nuova Delhi. Non mi ricordo che cosa aveva detto, ero un bambino e anche se mi affascinava la sua figura alta con i cappelli bianchi, una faccia molto tenera e la pelle chiara, ero troppo preso dai giochi per starli ad ascoltarlo.

Recentemente editore Sonda ha pubblicato la traduzione italiana del libro di Eknath Easwaran, “Badshah Khan, il Gandhi musulmano” (2008).

Le parole non appropriate: Nel suo discorso, Gandhi aveva usato anche parole come Bhangi per parlare delle persone più povere ed emarginate. Oggi usare una parola del genere sarebbe considerato un crimine e contro la dignità umana. Bhangi è una delle caste del gruppo delle persone considerate intoccabili.

Spesso quando si parla di caste in occidente, sembra che siano dei gruppi omogenei, e non si coglie la complessità del sistema delle caste in India. Ogni casta è composta da molti sottogruppi organizzati in complessi sistemi di gerarchie. Tra le caste considerate intoccabili, vi sono diversi gruppi di persone che fanno lavori manuali, come – i kumhar (quelli che lavorano con la terra per costruire vasi e piatti), i ciamar (quelli che lavorano con la pelle), i moci (i calzolai), ecc. I bhangi (pronunciato bhanghi) sono il gruppo più intoccabile tra gli intoccabili, né anche gli altri intoccabili vogliono avvicinarli, perché sono persone che lavorano con gli escrementi umani, puliscono i gabinetti e con le mani nude portano via gli escrementi.

Gandhi stesso aveva trovato una nuova parola per parlare degli intoccabili, i harijan (il popolo di Dio). Non so perché aveva voluto usare la parola bhangi in questa relazione, forse per dire con chiarezza che parlava degli ultimi degli ultimi?

Pensavo che oggi nessuno deve più fare questo tipo di mestiere, di dover portare sulla propria testa gli escrementi umani, ma recentemente ho letto racconti di persone che lavorano nei villaggi e che parlano che questa pratica ancora continua sessant anni dopo l’indipendenza. Dall’altra parte, le persone delle diverse caste degli intoccabili, che oggi preferiscono chiamarsi i Dalit (i calpestati) hanno oggi una valenza politica importante e non possono essere lasciate da parte. India ha già avuto un presidente da questo gruppo e oggi nello stato più popoloso dell’India, l’Uttar Pradesh, il primo ministro del governo statale, sig.ra Mayawati è una Dalit, proveniente dal gruppo dei ciamar.

Il nocciolo del discorso di Gandhi: Questo discorso è stato criticato da qualcuno perché parla di una “vittoria” dell’Asia sull’occidente.

Penso invece che in questo discorso Gandhi ricordava i paesi asiatici di non dimenticare i propri valori basati sui principi antichi, ispirati da una visione non materialistica del mondo. Il pensiero razionale occidentale con il potere dello sviluppo scientifico e industriale degli ultimi 3-4 cento anni ha ormai conquistato il mondo e tutti gli altri modi di ragionamento stanno scomparendo.


Forse ho letto il messaggio di Gandhi pensando alla crescita del consumismo sfrenato e la distruzione dell’ambiente degli ultimi cinquant anni, e magari nell’aprile 1947 lui non poteva sapere che il mondo sarebbe diventato così, ma penso che esistono altri modi di ragionare oltre al pensiero razionale e scientifico occidentale e che questi modi di ragionamento inclusivo hanno dato luogo a maggior parte delle figure religiose del mondo, i quali parlavano di amore, di pace e di fratellanza, e bisogna assicurare che questi messaggi continuano ad essere vivi e non sopraffatti dal pensiero occidentale che si basa sulla razionalità, sulla differenza tra io e gli altri, sulla superiorità di un gruppo sugli altri.

Gandhi e Telecom: Gandhi parlava sempre di vivere con poco, il valore dei villaggi autosufficienti, l’importanza di vivere in armonia con la natura. Che cosa avrebbe pensato lui dell’uso del suo nome per promuovere un’azienda, che promuove comunicazione e rapporti tra le persone, ma è anche un mondo di consumismo e di profitto? Due industriali indiani, Birla e Bajaj, erano tra i stretti collaboratori di Gandhi. Quando lui fu assassinato, parlava nel centro di preghiera costruito dal industriale Birla.

Personalmente non trovo giusto i tentativi di demonizzare le industrie. Senza le industrie e il commercio, non ci sarebbe la qualità della vita che conosciamo, non ci sarebbe benessere del lavoro e non potrà sconfiggere la povertà e la fame. Ma bisogna assicurare che le industrie e i commercio trovi un equilibrio, dove la natura e tutti gli esseri siano rispettati, dove i lavoratori siano tratti giustamente e dove il profitto sia ragionevole. Penso anche che la responsabilità sociale delle aziende sia importante, ma confesso di non saperne molto e istintivamente ho paura della “responsabilità sociale” come uno dei mezzi di marketing perché migliora l’immagine per poter vendere di più.

In questo senso non credo che le aziende diventeranno “giuste” per conto proprio e penso che un regolamento e controllo dello stato sia fondamentale. Se invece parliamo delle aziende multinazionali guidate soltanto dai profitti e da una massa di azionisti e contano soltanto i ritorni sui loro investimenti, allora i miei dubbi crescono.

Ma non riesco ad immaginare cosa ne avrebbe pensato Gandhi che il suo discorso sia utilizzato da Telecom, magari per promuovere una riflessione sui valori di messaggi importanti per l’umanità, ma anche per promuovere la propria immagine! Gandhi aveva questa capacità continua di sorprendere e di cambiare. Se veramente lui fosse presente oggi, come avrebbe ragionato?

Nota: Le foto di Mahadev Desai e Gandhi in questo articolo sono tutte dal sito della rivista indiana Outlook.

domenica 17 agosto 2008

E’ Arrivato Bollywood

Se vi piacciono i film di Bollywood allora forse vi siete già accorti che in questi giorni, ogni sabato in prima serata, su Rai 1 c’è un film di Bollywood (ciclo "Amore con turbante").



Non so quando è iniziato questo ciclo di film indiani su Rai 1. Ho visto il primo film “Senza Zucchero” (Cheeni Kum) il 9 agosto sera e poi, ieri 16 sera, c’era “Io e te: confusione d’amore” (Hum tum). Non so fino a quando proseguirà questo festival. Sul sito di Rai 1 ho cercato in vano per trovare qualche informazione. Forse agosto è un mese morto per i programmi televisivi e forse non si ha grandi aspettative da questi film, o magari le informazioni vi sono ma non sono riuscito a trovarle!

In ogni caso penso che sia un’idea grandiosa. Bollywood è ormai riconosciuto come un fenomeno. In Inghilterra, America e Australia, ogni tanto qualche film indiano riesce ad entrare nella classifica dei film più visti, magari al decimo posto, ma comunque inizia ad avere una sua rilevanza economica.

In Italia, la comunità indiana non è molto grande ma se mettiamo insieme le persone provenienti da Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, tutti paesi dove si guardano anche i film di Bollywood, allora un bacino importante di emigrati esiste per questi film, oltre agli spettatori italiani.

In questo senso penso che i film possono essere un ponte per promuovere integrazione. Spesso gli adulti in queste famiglie non guardano la TV italiana e non sanno parlare bene l’italiano, mentre i ragazzi che frequentano la scuola in Italia crescono diversamente. Penso che queste persone adulte possono avvicinarsi all’italiano tramite i film dei loro paesi.

La cultura odierna in Italia esprime immagini e giudizi fortemente negativi verso gli emigrati. Quando si parla in maniera indiscriminata degli emigrati come ladri e criminali, ferisce tutte le persone, anche quelle che vivono e lavorano in Italia da molti anni. Per questi ragazzi d’origine straniera che crescono in Italia, è atroce scoprire che il paese che considerano come il proprio, li giudica come esseri spregevoli tramite i mass media.

Invece, accettare e valorizzare queste diversità significa migliorare l’integrazione di questi ragazzi. In questo senso, penso che il servizio pubblico italiano dovrebbe fare uno sforzo in più per portare e presentare i prodotti culturali di paesi presenti in Italia, come le Filippine, il Cina, i paesi del mediterraneo, Africa del nord.



Per tornare ai film di Bollywood su Rai 1, non so se la scelta di doppiare questi film in italiano sia la scelta migliore. E’ vero che in Italia non esiste una cultura dei film in altre lingue con i sottotitoli, tutto deve essere doppiato in italiano. Ma forse il doppiaggio di questi film richiede la capacità di immedesimarsi in un’cultura lontana dalla cultura occidentale e forse quella manca di esperienza. In fatti mentre guardavo i due film, qualche volta avevo l’impressione che i doppiatori non erano convinti delle parole che dicevano, e le loro voci erano caricature di quello che loro pensavano il modo di esprimere indiano. Forse è stata soltanto una mia sensazione e nessun altro se ne è accorto, ma delle volte mi metteva a disagio!

L’altra questione che mi ha colpito è la scelta di tagliare tutte le canzoni da questi film (tranne le canzoni di sottofondo). E’ vero che i film indiani sono troppo lunghi e con le pause pubblicitarie, dureranno troppo. E’ altrettanto vero che spesso le canzoni servono soltanto per accentuare le emozioni di un momento e toglierle non toglie elementi essenziali dal film. Dall’altra parte, le canzoni, la musica e le danze sono fattori importanti e integrali della cultura comunicativa di Bollywood, e tagliarli del tutto mi sembra un’operazione di chirurgia ricostruttiva per renderli più vicini ai film occidentali, ma disabili.



Per esempio, nel film di ieri, “Io e te: Confusione d’amore”, la scena verso la fine quando Ria (Rani Mukherjee) viene a prendere Karan (Saif Ali Khan) mentre lui si ubriaca insieme ad un gruppo di persone, continuava con una canzone che li portava alla spiaggia dove facevano l’amore. Secondo me, quella canzone si poteva lasciare con i sottotitoli per capire meglio il momento clou del film, e toglierlo ha reso il film un po’ meno comprensibile. Anche per la canzone girata a Parigi, dove karan cerca di far sorridere una Ria dipressa e malinconica, era importante per lo stesso motivo e secondo me non doveva essere tagliata.

Comunque queste sono piccole critiche e sono proprio contento che Rai 1 ha deciso di ospitare questo ciclo di film. Non so cosa faranno vedere il prossimo sabato sera, se il festival si è già concluso o se continuerà, ho le dita incrociate.

giovedì 14 agosto 2008

Mio Sogno

Leggevo un articolo che parlava male dei musulmani e della loro idea di costruire la nuova moschea a Bologna, e ho pensato al mio sogno.

Sogno un grande spazio. Un enorme spazio che si chiama “Casa della Umanità” o si chiama, “Casa di Dio”. Dentro questo spazio persone di tutte le religioni possono riunirsi, pensare, meditare e pregare. Cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, musulmani, indù, buddisti, parsi, sikh, giani, ma anche atei e quelli che pensano che la religione sia qualcosa di negativo. La domenica può essere il giorno per i cristiani, sabato per gli ebrei, venerdì per i musulmani, martedì per gli indù, lunedì per i parsi, e così via. E se lo stesso giorno è sacro per due o tre religioni diverse, questi si faranno le loro preghiere uno dopo l’altro o insieme o a turno. Anche gli atei avranno il loro turno e potranno pensare a Gandhi, a Martin Luther King, a Newton, o a Sabrina Ferrilli o a Raoul Bova, se vorranno. Quelli contro le religioni, potranno discutere e criticare Rama, Krishna, Zarathustra, Gesu o Maometto o altri. Si potrà ragionare su quello che dicono i vari libri sacri e quello che dice la dichiarazione universale sui diritti dell’uomo. Potrai imparare gli inni e le preghiere di tutte le religioni che vorrai.

Sogno questo grande spazio.

sabato 2 agosto 2008

Poeti e Assassini

Eravamo in una pizzeria vicino al lungomare di Rimini e parlavamo delle torture. Delle torture “normali”, tipo quello che possono subire i bambini che si trovano chiusi dentro le istituzioni, compreso le istituzioni gestite dalle suore. Delle torture un po’ meno “normali”, tipo quelli che occupano le prime pagine dei giornali come i fatti delle prigioni di Abu Gharaib controllati dai militari americani.

La domanda era, perché le persone apparentemente normali si rivelano sadiche e non molto normali? La seconda domanda era più personale, sarei stato capace di torturare gli altri se mi trovavo in quelle situazioni?

Ci avevo pensato e avevo concluso di si. Si, forse anch’io ero capace di comportarmi come alcune suore negli istituti o alcuni militari nelle prigioni.

Penso che trovarsi in condizioni di forti squilibri di potere, dove hai la “responsabilità” di prendere decisioni che riguardano i soggetti più deboli, dove ti trovi in un “branco” che garantisce sostegno reciproco, dove puoi contare sullo silenzio dei compagni, possono favorire che elementi sadici “normali” della tua personalità trovano un’espressione. Penso anche che se situazioni del genere durano per lunghi periodi, forse è più facile che ciò succederà prima o poi.

Alla fine non c’è differenza tra il bambino che innocentemente tira le ali di una farfalla per vedere come è fatta, senza rendere conto che sta torturando un essere vivente e la persona che picchia un debole, perché è stanca e stressata, o perché ha bisogno di uno sfogo o perché è annoiata o perché è così che vuole fare?

Qualche mese fa all’assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Salute, Monsignor Desmond Tutu, ex-vescovo sud africano e vincitore del premio nobel per la pace, aveva detto, “I responsabili dell’olocausto erano persone normali, non avevano né corna né code. Il male sta dentro di noi.” Poi parlando della commissione della verità e della riconciliazione sud africana aveva detto, “Ma allo stesso momento, è incredibile che nonostante tutte le sofferenze e le torture, tanti esseri umani sono capaci di perdono.”

Angeli e demoni entrambi convivono dentro di noi, e dipende soltanto dalle circostanze cosa verrà fuori? Qualcosa dipenderà dalla nostra personalità, ma forse qualcosa dipende anche dalle esperienze, dall’età e dalla maturazione dei singoli, così quando ci troviamo a dover prendere delle decisioni, scegliamo a comportarci con amore, dignità e onore?

Crescere in un paese come l’India, impari presto che torture e morti nelle prigioni sono cose normali. Che i “criminali” o i “sospetti criminali” siano picchiati e torturati per ottenere le confessioni, o che siano uccisi in “encounter” perché in ogni caso “la giustizia è troppo lunga e poi questi criminali riescono sempre a farla franca”, sono ragionamenti “normali” e spesso condivisi.

Ma l’Italia è diversa? Basta leggere i racconti di quello che era successo alla scuola Diaz o a Bolzaneto a Genova nel 2001, e poi guardare il sondaggio nel magazine di Corriere della Sera sulle condanne ai poliziotti responsabili. Non mi ricordo bene, ma mi era sembrato che circa l’80% di italiani non approva e condivide queste condanne! Forse è tutta colpa della tv che ci instupisce e non fornisce informazioni, così la maggior parte degli italiani non sanno quello che era successo? o non hanno letto questi racconti perché erano troppo sgradevoli e nauseanti? o pensano che è giusto agire così contro i “no global” e altri criminali vari?

E perché la polizia si è comportata così? Immagino che se si può parlare con le loro famiglie, con i loro figli, diranno che il loro papà è una persona per bene, ogni tanto va alla messa, ma è contro l’aborto e contro la pena di morte. Magari scrive anche delle poesie nel suo tempo libero.

Nell’Internazionale (754, 25/31 luglio 2008), c’è l’editoriale di Slavenka Drakulic sul arresto di Radovan Karadzic, dove lei racconta di un documentario nella quale Karadzic aveva invitato un ospite russo a provare a sparare di sparare su Sarajevo da una mitragliatrice, e scrive:
“Com’è possibile che intellettuali, poeti e psichiatri come Karadzic facessero cose del genere? Ci ho messo un po’ a capire che questa era la domanda sbagliata. E’ sbagliata perché da per scontato che le persone educate, gli artisti, abbiano standard morali superiori a quelli dei comuni mortali. Spesso non è vero. ... La nostra prima reazione è quella di definire “mostri” Radovan Karadzic, Ratko Mladic e Slobodan Milpsevic, perché è il modo più facile di sfuggire al terribile pensiero che anche noi potremmo compiere delle atrocità.”



E quando la violenza fa parte del sistema e serve a “difenderci”, facciamo fatica a vederla. Diventa normale.

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