venerdì 19 ottobre 2012

Traduzioni italiane della letteratura indiana


Nota: Post aggiornato in agosto 2022

Carola Lorea mi ha informato della sua iniziativa di creare un blog INDIASENZAFILTRO per riunire le persone che possono tradurre in italiano la letteratura indiana (scritta nelle lingue indiane).

E' un tema che mi sta molto al cuore. Da hindi a Urdu, da bengalese a tamil, da malayalam a kashmiri, da marathi a oriya, vi sono numerosi scrittori bravi ma quasi sconosciuti fuori dalle loro cerchie locali. Auguro tutto il successo a questa iniziativa e spero che tante persone vorranno collaborare con essa!

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INDIA SENZAFILTRO – call for collaborators!

NON NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

INDIASENZAFILTRO è un blog di letteratura indiana in traduzione italiana, che ospiterà la pubblicazione di un vasto repertorio di traduzioni dalle lingue moderne indiane: hindi, bengali, urdu, eccetera.

INDIASENZAFILTRO ha lo scopo di creare un archivio digitale di traduzioni (letterarie e non: shortstories e articoli di giornale, estratti di romanzi, travelogues, saggi e poesie, canzoni e pièce teatrali) che non passano per il ''filtro'' dell'inglese.

INDIASENZAFILTRO  servirà da piattaforma di lancio per giovani traduttori e da database digitale di letteratura indiana in italiano. L'augurio è quello di garantire ampia visibilità agli aspiranti traduttori sollecitando media e case editrici ad affacciarsi sul mondo, ancora largamente inesplorato, delle pubblicazioni tradotte direttamente dalle lingue moderne del subcontinente indiano.

Prima di mostrarsi in pubblica piazza, la squadra di INDIASENZAFILTRO ha bisogno di nuovi e aitanti collaboratori (AAA max serietà – no perditempo) che possano coprire un ampio raggio di produzioni letterarie in varie lingue dell'India:

sei interessato a contribuire con virtuose traduzioni inedite? Vuoi diffondere i tuoi esercizi di stile fra i curiosi del web? Sistema i tuoi brani e inviali, insieme a una tua piccola biografia, a indiasenzafiltro(at)gmail.com.

Per la protezione dei tuoi contenuti dai più biechi malintenzionati, il blog si tutela con licenza di copyleft (http://www.creativecommons.it).

Ti invito a diffondere il progetto di INDIASENZAFILTRO tra amici, colleghi o chiunque possa contribuire con delle belle traduzioni. Altro che Chetan Bhagat: noi c'abbiamo Premchand.

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Aggiornamento 23 agosto, 2022: Ho cercato sull'internet  per verificare se questa iniziativa continuava e mi dispiace dirlo, non ho trovato niente.

Qualche mese fa, mentre parlavo con un'amica che ha tradotto i libri di molti autori indiani in italiano, lei mi aveva raccontato che non vi sono case editrici che vogliono pubblicare i libri di autori indiani sconosciuti in occidente. Soltanto quando qualche autore è già conosciuto, per esempio perché la traduzione in inglese o in francese di un suo libro è stato un successo o ha vinto qualche premio, le case editrici italiane potrebbero accettare di pubblicare quei libri. Questo significa che non c'è lavoro per le persone che possono tradurre direttamente dalle lingue indiane all'italiano.

Invece, una ricerca sull'internet ha mostrato che Carola Lorea, che aveva lanciato l'idea del progetto IndiaSenzaFiltro, dopo aver finito il suo dottorato presso l'istituto degli studi orientali era andata a lavorare in un'università australiana nel 2018.

martedì 14 agosto 2012

Nuovo ciclo di Bollywood su Rai Movie

Da 3-4 anni, quando arriva l'estate, iniziano a circolare i messaggi tipo, "Ma secondo te, quest anno faranno il ciclo Amori con.. turbanti su Rai Uno?" tra i fans di Bollywood.  Naturalmente nessuno sa rispondere a queste domande, ma come l'oracolo di Delfi, tutti cercano di indovinare.

In luglio, tra Rai Movie e Rai 4, avevano iniziato la trasmissione dei film di Bollywood. Si trattava di film già trasmessi su Rai uno negli anni passati. Comunque, per i fans di Bollywood, questo ciclo sembrava il segno che forse vi sarà un nuovo ciclo di "Amori Con.. turbanti" anche nell'estate 2012. Di fatto, in agosto il ciclo Bollywood è iniziato su Rai Movie, con un film ogni martedì, anche se questa volta il ciclo non ha un titolo specifico.

Il film di oggi (martedì 14 agosto 2012) è "Rab ne bana di jodi" ciò è, "Dio ha creato la coppia". Il titolo del film fa riferimento alla credenza indù che il matrimonio dura 7 vite e in ogni vita, il destino agisce in modo che la coppia può incontrarsi e sposarsi sempre, anche se tutto sembra contro di loro. In questo senso, il film ha un messaggio riguardo i matrimoni combinati che in occidente si accetterebbe difficilmente - cerchi e troverai amore nella persona che è stata scelta per te (ciò è all'interno del matrimonio).

Rab ne Bana di Jodi poster

Il film racconta la storia di Taani (Anushka Sharma). Il ragazzo che Taani ama e sta per sposare muore in un incidente alla sera del matrimonio. Suo padre, preoccupato che oramai nessuno vorrà sposare la sua figlia perché ha portato sfortuna, chiede un suo vecchio studente, Surinder Sahni (Shahrukh Khan) di sposarla. Suri, come tutti lo chiamano, è molto più vecchio di Taani. Mentre Taani è una ragazza moderna che vuole danzare e uscire fuori, Suri è un uomo di mezza età, timido e noioso.

Il film segue la coppia di neo sposi, la disperazione di Taani per una vita grigia e monotona e il fascino di Suri  per la sua bella e giovane moglie. Taani ama danza e vorrebbe partecipare in un programma di reality sulla TV. Anche Suri decide di travestirsi da Raj, un giovane danzatore, per avvicinarsi alla moglie. Taani si innamora di Raj suo partner nella reality, ma non sa che Raj e Suri sono la stessa persona.

Quando avevo guardato questo film insieme alla mia moglie, lei si era arrabbiata molto con il personaggio di Suri perché secondo lei, era molto ingiusto nei confronti di sua moglie.

Se guarderete questo film stasera, mi piacerebbe sapere, cosa ne pensate voi del comportamento di Suri!

A proposito, penso che questa volta il ciclo di Bollywood presenta i film nella versione interegrale, con le danze e le canzoni. Purtroppo ciò significa che i film finiscono molto tardi e se non siete in ferie, è difficile restare svegli fino alla fine. Comunque domani è ferragosto per cui, stasera potete rimanere svegli.

Non sono proprio sicuro se mi piace vedere tutte le danze e canzoni in questi film sulla TV! E' vero che in passato, avevo scritto che mi dispiaceva che tagliavano così tante scene e sopratutto danze e canzoni. Lasciatemi spiegare.

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Due settimana fa, avevo guardato parti del film "Dabangg" con Salman Khan. "Dabangg" (una parola difficile da tradurre in italiano, è un aggettivo che si riferisce ad una persona o un animale, di carattere indomabile, qualcuno che non accetta sconfitta e non sta zitta) aveva avuto il grande successo commerciale in India nel 2009.

Di solito, i film di bollywood sono molto lunghi e per la trasmissione in Italia nel ciclo Amori Con ..Turbanti, erano sempre accorciati. Per la trasmissione, spesso tagliavano intere scene e le canzoni. Invece quando ho visto Dabangg, sono rimasto un po' sorpreso perché, il film era in versione integrale, e non ero sicuro se mi piaceva questo fatto.

Mi avevano lasciato un po' perplesso queste sensazioni di disagio mentre guardavo Dabangg.

Poi, la settimana scorsa, hanno trasmesso "Guru", un film di Mani Ratnam, uscito 4-5 anni fa, ispirato dalla vita dell'industriale indiano Dhirubhai Ambani. Di nuovo, sembrava che non avevano tagliato le danze e le canzoni, anche se questa volta mancavano i sottotitoli durante le canzoni.

Un'altra volta, avevo questo senso di disagio, di fastidio durante queste scene. Avevo visto "Guru" quando era uscito e mi era piaciuto. Ancora oggi, ogni tanto mi piace ascoltare le sue canzoni. Allora perché non mi piaceva che la facevano vedere intera, doppiato in italiano?

Forse le nostre sensibilità culturali sono legate alla lingua che parliamo? Così quando vedo i film in hindi, penso che ho una sensibilità e un modo di ragionare diversi da quando li guardo in italiano? Ho cercato il DVD del film per guardarlo di nuovo in Hindi e questa volta guardare le danze e le canzoni era piacevole.

Penso che quando guardo i film in italiano, ragiono in maniera occidentale e non sono predisposto alla sospensione della storia per vedere una danza. Invece quando li guardo in hindi, capisco il ruolo delle canzoni e della danza come i momenti di approfondimento delle emozioni, e non come sospensione della storia. O vi sono altri motivi e meccanismi che stanno dietro il mio disagio? Magari qualcuno dei lettori che è un psicologo, potrà darmi qualche spiegazione riguardo a queste mie sensazioni!

Se guarderete "Rab ne bana di jodi", raccontatemi se è piaciuto vedere tutte le danze e le canzoni o se preferirete vederli un po' accorciati?

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Si è iniziato a parlare di globalizzazione solo negli ultimi 20 anni, ma penso che i film erano globalizzati molto prima. Il cinema di Hollywood era visto e copiato in tutto il mondo anche 50 anni fa.

Ma anche Bollywood era già globalizzato 50 anni fa, anche se ancora non era conosciuto in Italia. Per esempio, i film di Raj Kapoor come "Awara" (Vagabondo) e "Shri 420" (Signor ladro), usciti verso la fine degli anni 1950 erano famosi in diversi paesi del mondo. I paesi dell'Asia e del medio oriente guardavano i film indiani da sempre. Per esempio, il tema dei poliziotti corrotti è molto popolare nel mondo di Bollywood e una volta una mia amica indonesiana mi diceva che quando scoprono un poliziotto corrotto in Indonesia, li chiamano "poliziotto indiano".

Un po' come i ristoranti dove le cucine dei diversi paesi sono famose per le loro caratteristiche specifiche, anche per la globalizzazione, i film provenienti da diverse parti del mondo sono riconosciuti per le loro tematiche. Per esempio, i film indiani sono conosciuti per le storie d'amore dove predominano le emozioni e le famiglie. Invece i film cinesi sono conosciuti per le arti marziali. In questo senso, i film che non rientrano nelle categorie specifiche non trovano mercati fuori dai confini nazionali. Per esempio, i film indiani che non parlano di amori e di famiglie o i film cinesi che non parlano di arti marziali, fanno più fatica a trovare un mercato in altri paesi.

Oggi con internet e la globalizzazione economica, la tendenza verso la globalizzazione dei film continua. Una delle tendenze è quello di incorporare le caratteristiche specifiche del cinema di un paese negli altri paesi. Non è una tendenza nuova. Per esempio i western americani avevano le versioni italiane (spaghetti-western), cinesi (noodle western) e indiane (curry-western), complete di cowboy con i cappelli e i cavalli. I film western di Sergio Leone girati in Italia sono considerati i film di culto in tutto il mondo. Nello stesso modo, alcuni film di Bollywood tentano di copiare e assimilare i film cinesi sulle arti marziali.

Gli esempi dove lo stile bollywood è stato copiato e assimilato nelle tradizioni cinematografico di altri paesi non mancano. Recentemente leggevo di un nuovo telefilm arabo prodotto da un canale televisivo del medio oriente, con gli attori arabi, basati sul mondo di Bollywood. Il telefilm "Hindustani" racconta storie quasi-bollywoodiane, più adatte alle sensibilità arabe, ma con le danze e i vestiti di bollywood.

Anche il Brasile aveva il suo telefilm di bollywood Caminho das Indias, della quale avevo scritto qualche anno fa.

Buona visione di Rab ne bana di jodi stasera.

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domenica 24 giugno 2012

Parlare dell'Africa

Recentemente sull'Internazionale c'era un articolo dello scrittore Keniotta, Binyavanga Wainaina intitolato "La nuova carta dell'Africa". Se avete avuto occasione di leggere altri articoli di Wainaina, penso che saprete già che ha un modo di esprimersi ironico e allo stesso momento, secco e tagliente.

In questo articolo, lui parlava della concezione e dell'immagine dell'Africa in Europa e in America dopo la caduta del muro di Berlino, e sosteneva che oramai conosciamo l'Africa soltanto da quello che ne dicono i rappresentanti delle grandi organizzazioni umanitarie, e spesso le voci sono degli espatriati europei o americani:
"... ti serve memorizzare nel telefono i numeri dei rappresentanti di tutte le organizzazioni umanitarie europee - Oxfam, Save the children, eccetera - in ogni paese africano. .. In questa era il veicolo di tutto il sapere locale sono le organizzazioni umanitarie, che parlano la lingua dei diritti umani e sono buone. Quindi se un corrispondente straniero ha bisogno di sapere cosa sta succedendo in Sudan, si chiarirà i punti più urgenti grazie alla sua colazione settimanale con il rappresentante di Oxfam ..."
Wainaina parla anche delle organizzazioni che cercano di promuovere "lo sviluppo delle comunità" in questo articolo:
"Questa parte dell'Africa è gestita da anonimi signori della guerra. Quando vengono sconfitti, questi posti sono gestiti da organizzazioni di base finanziati dall'Unione Europea che creano un buon posto per mandare i bimbi nati negli anni bisestili a dare una mano e a vedere anche le giraffe. La base esiste per stare seduta ad aspettare che arrivino gli agenti della sostenibilità (europei) e le diano un po' di potere."
Penso che con questa descrizione, Wainaina esagera un po', ma c'è più di un pizzico di verità nella sua affermazione. Negli anni di crisi come quelli attuali, spesso l'unico modo di lavorare per le organizzazioni di volontariato è quello con i progetti cofinanziati dall'Unione Europea, con i loro finanziamenti di 1-3 anni e con le compulsioni di costruire le sembianze di uno sviluppo comunitario con le tecniche dirigenziali delle grandi corporazioni. Per cui, prevale lo sviluppo calato da sopra che costruisce scenografie da fotografare e filmare, ma che cambia niente.

Wainaina chiude il suo articolo con un avvertimento: l'Europa sta perdendo l'Africa e che l'Africa ha scelto altri interlocutori per il suo dialogo - interlocutori orientali e medio orientali, perché non riesce più a farsi sentire dall'Europa.

Si può discutere molto su diversi punti che solleva Wainaina in questo articolo, ma non si può negare che in Europa nei giornali "normali" è quasi impossibile sentire le voci africane su qualunque tema che riguarda l'Africa. Dove sono le voci di pensatori, filosofi, economisti, attivisti, scrittori africani quando succede qualcosa in Africa?

Anche le voci autorevoli come quelle di Wole Soyinka o Samir Amin, sono quasi sconosciute in occidente. Perché l'Africa non ha le voci proprie per raccontare la sua storia? Forse questa assenza ha le sue radici nel passato, nella storia dello schiavismo?

Europa aveva colonizzato anche l'Asia e il sud America, ma forse nella recente storia, nessun altro popolo è stato trattato come gli africani - come esseri "non umani", esseri da raccogliere durante le spedizioni di caccia, incatenati e trasportati in giro per il mondo. In confronto, per portare i "girmitiya" indiani come lavoratori nelle colonie, gli inglesi dovevano attirare le persone con inganno, con le esche del sogno di una vita migliore, come onesti lavoratori. Alla fine anche gli indiani si trovavano in situazioni terribili e erano trattati poco meglio degli africani, ma avevano dei contratti, ciò è un riconoscimento che erano delle persone, anche se avevano poco potere.

Forse sotto sotto, in Europa resta quell'idea dell'Africa come la terra di nessuno, una terra senza civiltà. Per questo che ancora oggi le voci africane restano non ascoltate?

Comunque, come Wainaina, vi sono molte altre voci africane che raccontano quello che succede nei loro mondi. Penso che sia importante ascoltare anche loro, se vogliamo capire meglio quello che succede in quei mondi.

Graphic African Voices - S. Deepak, 2012

Per esempio, potete iscrivetevi ad un newsletter settimanale di Pambazuka.org, una lista di email gratuita, in inglese, portoghese e francese, che racconta i problemi dell'Africa visti e raccontati dagli africani. Vi garantisco che resterete stupiti da quanto spesso loro descrivono il loro mondo e i suoi problemi così diversamente da come lo fanno i giornali europei (quelle rare volte che lo fanno) o le organizzazioni umanitarie!

Sul sito di Pambazuka troverete tutte le informazioni per l'iscrizione (il link porta alla pagina in inglese - in alto sulla sinistra troverete i link alle pagine in francese e in portoghese).

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domenica 17 giugno 2012

Le filosofie di Gandhi

Il nome di Mahatma Gandhi è associato a diverse tecniche innovative di protesta, come il Satyagraha o la lotta della verità, dove si utilizza i principi di ahimsa (non violenza) e balidaan (sacrificio personale) per far cambiare la mentalità del avversario. Ero nato nel 1954, 7 anni dopo l'indipendenza dell'India e da bambino, in casa avevo sentito le storie di come Gandhi con i principi della non violenza e degli sacrifici personali era riuscito a liberare l'India dal colonialismo inglese.

Quando avevo otto anni, nel 1962, vi era stata la guerra tra India e Cina e poi, tre anni dopo, nel 1965, la prima guerra tra India e Pakistan. Due di miei zii si erano arruolati nelle forze armate indiane come soldati per la "difesa della matria" (in India, si dice sempre, la matrabhumi o la terra della madre, invece della patria).

E mi chiedevo, dove erano spariti i principi di Mahatma Gandhi durante queste guerre? Nelle lotte con gli altri paesi, i principi di non violenza e del sacrificio personale, non valevano più?

Oggi, finalmente ho trovato una piccola risposta al mio quesito. In un articolo sul giornale Hindustan Times scritto da Gopal Krishna Gandhi, nipotino del Mahatma, è scritto:
1962: Nei primi anni sessanta, tutti si chiedevano se JP sarà il successore di Nehru come capo del governo. Ciò nonostante che nel frattempo, JP era diventato una colonna portante del movimento di Vinoba sulla donazione delle terre, anche se tra i due, vi erano alcune divergenze di opinioni. Quando vi è stata l'invasione cinese nel 1962, JP voleva partire con un gruppo di shanti sainiks (soldati della pace) per ofrire una resistenza non violenta agli aggressori e per fare appello alle due parti di cessare la guerra. Ma Vinoba era contraria all'idea, e JP aveva deciso di ascoltare il suo consiglio.
Vuol dire che alcuni seguaci del Mahatma, come Jayaprakash Narayan (JP), credevano che si potevano sperimentare i suoi principi anche  nelle guerre tra i paesi!

Alla fine non l'avevano fatto, ma leggere che lo volevano fare, mi ha dato immenso piacere.

Quando leggo i libri e gli articoli sugli ultimi anni di vita di Gandhi, mi dispiace per lui. Penso che oramai, era visto come un uomo vecchio, eccentrico e arteriosclerotico, non molto pratico, ignorato da "politici" veri che cercavano soluzioni "pragmatiche". Era qualcuno da tenere in un tempietto, venerato e ignorato. Sapere che persone come JP credevano ancora nei principi di Mahatma Gandhi, mi ha fatto piacere.

Non so spiegare bene i motivi del mio piacere, ma mi è sembrata qualcosa di importante. Per questo volevo parlarne con qualcuno!

Qui sotto due delle ultime immagini di Gandhi scattate dalla famosa fotografa americana Margherita Burke che lavorava per la rivista Life. La prima immagine era stata scattata nel gennaio 1948, pochi giorni prima del suo assassinio e la seconda mostra la cremazione del suo corpo avvenuto a Delhi il 31 gennaio 1948.


Mahatma Gandhi 1948 by Margherita Burke

Cremation of Mahatma Gandhi, 1948 by Margherita Burke

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martedì 29 maggio 2012

Dialoghi e festival

Bologna è sempre vivace culturalmente ma con l'arrivo d'estate lo diventa ancora di più. Per questo amo giugno e l'inizio di estate a Bologna! Ci sono in programma anche 3 momenti culturali legati al sub-continente indiano durante il mese di giugno.

Ma prima di parlare degli eventi legati al subcontinente indiano, un'altra notizia. Quest anno sembra che vi sarà un nuovo festival a Bologna - "la Repubblica delle idee" - dal 14 al 17 giugno 2012.

Nonostante i festival bolognesi come la Par Tot, ero un po' invidioso di Ferrara per il festival annuale organizzato da Internazionale. Oramai, tante città organizzano questi festival che portano scrittori, pensatori, filosofi, musicisti, artisti, matematici e scienziati nelle piazze. Per cui era impensabile che Bologna non ne aveva un festival tutto suo e sono felice che La Repubblica se ne accorta!

Potete guardare il programma di questo festival al sito de La Repubblica. Il festival inizierà con l'anteprima italiana del nuovo film di Bernardo Bertolucci "Io e te", il 14 giugno sera in Piazza Maggiore.

Invece per quanto riguarda gli eventi legati al subcontinente indiano, il primo è "Dialogo 2012" organizzato da Articolture in collaborazione con la facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'università di Bologna, il centro interculturale Zonarelli e le comunità straniere di Bologna.

Qui sotto c'è il programma di questa iniziativa (cliccate sull'immagine per ingrandire).

Locandina Dialogo 2012

Il programma comprende una serata sul Sud Asia che parlerà di Kip, il soldato indiano nel romanzo "Il Paziente inglese" dello scrittore originario dello Sri Lanka, Michael Ondaatje.

Io parlerò degli uomini giovani delle colonie inglesi venuti in Italia durante la seconda guerra mondiale come parte delle truppe alleate. Il programma prevede anche uno spettacolo di danza dello Sri Lanka.

Questa serata si svolgerà l'8 giugno 2012 alle 18,00 presso il giardino Parker Lennon in Via Sacco (alle spalle del centro interculturale Zonarelli). Per favore diffondete le informazioni a tutti coloro che possono essere interessati.

Il secondo evento è la festa buddista che si terrà il 3 giugno pomeriggio presso il centro Zonarelli di Bologna, organizzata dall'Associazione dello Sri Lanka (cliccate sull'immagine sotto per ingrandirlo).

Locandina Festa Buddhista, associazione Sri Lanka di Bologna

Il terzo evento di giugno è la cerimonia di "Puja al Guru Loknath Baba" organizzato dall'associazione Benglaese di Bologna, Sanatan Sanskritik Parishad, anche questa si terrà il 3 giugno 2012.

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mercoledì 16 maggio 2012

La lettera di Sikand

Per più di 25 anni, Prof. Yoginder Sikand è stato una voce autorevole per parlare della situazione delle minoranze oppresse e emarginate in India. Ha parlato e ha scritto più volte sulla situazione dei gruppi come le cosidette "caste basse" e i musulmani in India e ha denunciato con forza i meccanismi del fondamentalismo indù.  Lui scrive regolarmente per riviste indiane autorevoli come l'Outlook.

Il 19 aprile scorso, lui ha pubblicato una lettera shock, intitolata, "Perché rinuncio all'attivismo sociale", dove lui parla del suo bisogno di introspezione e riflessione, e del "negativismo" che pervade i "progressisti" indiani impegnati nelle lotte per i diritti dei gruppi oppressi e delle minoranze etniche e religiose.

La lettera di Sikand ha toccato un vespaio, con lancio di accuse e di controaccuse di altri "progressisti" e attivisti sociali nelle settimane successive, i quali si sono sentiti colpiti dalle critiche di Sikand.

Penso che sia utile riflettere su alcune questioni che solleva Sikand nella sua lettera:
"..essendo un attivista sociale, avevo immaginato che le fonti di tutta l'oppressione e di tutta la negatività erano esterne - "là fuori" nel "mondo oltre" - da cercare nelle classi sociali, nelle caste, nelle strutture e nelle ideologie che avevo identificato come oppressive - Bramini e Commercianti, Ebrei, Americani e i loro fedeli Sauditi-Wahabiti, Feudalismo, Comunalismo, Capitalismo, Castismo, Zionismo, Braminismo,  Fondamentalismo religoso, Imperialismo e così via. Se potevamo combattere contro questi oppressori, avevo creduto, che il mondo si sarebbe cambiato...
.. l'odio che spesso passa per il "progressismo" nei circoli degli "attivisti" era veramente incredibile, e io ci credevo pienamente. Si imparava a cercare il negativo in ogni angolo e ogni buco, e se non lo trovavi in quelli luoghi, allora immaginavi fermamente che esisteva lo stesso.Tutta la tua vita era una grande protesta. Protestare contro le ingiustizie reali o immaginarie era quasi la sola cosa rispettabile che potevi fare ...
Ma questo negativismo dei circoli degli attivisti era solo verso una parte, perché per essere contato come un "attivista sociale" "vero" era impensabile trovare difetti di qualunque tipo negli "oppressi". Per un "attivista sociale" era impensabile anche parlare, tanto meno condannare, qualcosa che "non andava bene" nelle "comunità oppresse" - ingiustizie di genere o lotte di caste tra le "caste basse" o l'oscurantismo e la misoginia che insegnano nelle scuole musulmane tradizionali (madrasse) o gli attacchi terroristici e l'uccisione degli innocenti da parte dei naxaliti (maoisti) e dei musulmani radicali - parlarne era visto come un tradimento. Rapporti riguardo simili cose erano da ignorare perché sono "la propaganda maliziosa della classe regnante" o perché è "il lavaggio strumentale di cervello da parte dei bramini" o anche perché è "una reazione comprensibile delle comunità di minoranze vulnerabili all'oppressione delle caste / classi / imperialisti dominanti". Qualche volta, anche se si poteva accettare con riluttanza che i rapporti erano veritieri, si cercava di lasciarli passare sotto silenzio per "rispettare le sensibilità degli oppressi" o come "piccole contradizioni" che non bisogna esternalizzare perché ciò avrebbe "diviso" gli oppressi e avrebbe "sabotato" la lotta contro "l'oppressione" e sarebbe stato "fare il gioco dei veri oppressori".
Oltre alle sue confessioni sul proprio mondo "progressista", Sikand spiega la propria decisione di abbandonare l'attivismo sociale con queste parole:
"Anche se riconoscevo che l'ingiustizia sociale era una realtà universale, ed anche brutale, sopratutto per alcuni gruppi di minoranze, ho dovuto accettare anche le "minoranze" sono spesso colpevoli delle stesse ingiustizie (per esempio per come trattano le donne e le altre minoranze tra di loro) come le "maggioranze" e che nessuna comunità ha il monopolio, ne sulle virtù, né sui peccati. Un marito o padre tiranno, che esso sia musulmano o Dalit, è ugualmente oppressore quanto un bramino, almeno per me... affinché le persone non cambieranno come individui, non è importante in quale "sistema" credono, quale è la loro religione, o di quale retorica radicale parlano... affinché le persone, compreso gli oppressi, resteranno come sono, con tutta la negatività che abbiamo dentro, l'oppressione resterà intatto, anche se le sue forme possono cambiare e gli "oppressi" di oggi diventeranno gli "oppressori" di domani. La sola rivoluzione che cercavo, avevo capito, era quella interna... soltanto se mi riformavo veramente, se mi guarivo psicologicamente dal di dentro, per diventare intero, gentile e amorevole, ho capito, solo allora potrò veramente aiutare gli altri...
"So che non voglio più cambiare il mondo, dolorosamente consapevole che non importa quanto posso provare, i problemi del mondo resteranno e forse peggioreranno. Perché devo sprecare quello che resta della mia vita inseguendo il miraggio di un mondo senza problemi? ... Lasciamo stare il mondo intero o il "sistema", non ho potuto cambiare ne anche la mia famiglia e gli amici intimi, affinché loro pensassero e comportassero come volevo io .. il meglio che posso fare è di cercare di diventare una persona migliore, più gentile, con più compassione e amore, e di liberarmi di tutta questa negatività che si è entrata dentro di me. Veramente è l'unica e la migliore cosa che posso fare. E se anche gli altri penseranno in questo modo, non ci sarà più bisogno di sognare le rivoluzioni o di cambiare gli altri per avere un mondo migliore."

In qualche modo queste ultime parole di Sikand, mi fanno pensare a Mahatma Gandhi, per il quale la soluzione di ogni problema era dentro di se e per ogni crisi, lui proponeva digiuni o giornate di silenzio per la riflessione e per la purificazione.

Personalmente non ho mai avuto grande amore per le ideologie di qualunque colore. Mi trovo più vicino al pensiero di sinistra, ma non ci sto quando si cerca di giustificare tutto partendo da pensieri ideologici. Proprio per questo motivo, non concordavo quando Arundhati Roy, in qualche modo giustificava la violenza dei maoisti come "unica soluzione possibile dei gruppi emarginati e poveri, perché cosa altro possono fare?"

Ma la lettera di Sikand, vuol dire che non dobbiamo affrontare le ingiustizie? Non credo. Più che altro penso che sia importante liberarsi dagli spazi stretti che ci costruiamo intorno a noi, gli spazi delle ideologie, delle ideologie di sinistra che ripetono i mantra delle lotte contro imperialismo, e delle ideologie di destra che vedono tutte le soluzioni nei mercati.

Nietzsche diceva, "Le convinzioni sono le nemici più pericolose della verità, più delle bugie." Penso che le ideologie fanno proprio questo, ti spiegano il problema e le soluzioni prima di ascoltare e capire qualcosa. Ti chiudono gli occhi e le orecchie e non puoi più sentire la voce delle persone.

Concordo con Sikand che se non siamo aperti alle riflessioni e all'auto-cambiamento, non possiamo cambiare gli altri. Anche Raoul Follereau diceva, "cambiare noi per cambiare il mondo". Penso che le parole di Sikand hanno valore non solo per i "progressisti" indiani ma per tutti quelli che si nascondono dietro alle ideologie.

Se volete leggere l'intera lettera di Sikand (in inglese) la troverete cliccando al sito di Counter-currents.

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martedì 20 marzo 2012

Immigrati e tradizioni culinarie degli altri

"Ho comprato il polvere di curry", mi aveva detto l'amica.

Veramente non avevo idea di cosa parlava, ma non le avevo detto niente.

In Europa tante persone pensano che il polvere di curry sia una spezia speciale che si usa per cucinare i piatti indiani, ma spesso gli indiani non sanno che c'è qualche spezia che si chiama il polvere di curry. La storia del polvere di curry somiglia alla storia della salsa per fare "spaghetti alla bolognese" che tutto il mondo sembra conoscere, a parte i bolognesi.

Infatti in India, la parola "curry" ha diversi significati.

Il significato più comune di curry è quello di una pianta aromatica che molte famiglie fanno crescere nel cortile di casa e ogni giorno, prendono alcune foglie fresche da aggiungere al piatto delle verdure verso la fine della cottura. Il nome scientifiche di questa pianta è Murraya koenigii. Le foglie di curry hanno un profumo molto particolare. Sono usate sempre intere, ciò è, non sono macinate per creare il polvere di curry. E non sono piccanti. Non è facile trovare le foglie di curry in Italia anche se rare volte ho visto sacchetti di plastica con foglie secche nei negozi gestiti dalle persone dello Sri Lanka (attenti a non confonderli con il Bay leaf o le foglie di alloro che in India si chiamano i "Tez patta").

Le foglie di curry sono considerate utili per curare diabete, infezioni batteriche, infiammazioni e problemi del fegato secondo il sistema tradizionale di medicina, Ayurveda.

Nel nord-ovest dell'India, la parola "curry" viene utilizzata anche per parlare di piatti a base di carne o di verdure con del liquido, ciò è i piatti "non asciutti", un po' simile all'uso della parola "minestra" nel nord Italia per parlare di primi piatti con un po' di liquido per differenziarli da "pasta asciutta" senza il liquido.

Invece il polvere di colore giallo che la mia amica chiamava "polvere di curry" è una miscela di spezie fatta con curcuma, coriandolo, sedano, aglio, ecc. In India non vendono il polvere di curry, che invece si trova in molti supermercati europei e americani.

Non sapevo come mai in Europa avevano deciso di vendere questa miscela con il nome di curry, finché non ho letto l'articolo di Uma Narayan nel suo libro "Dislocating cultures - identities, traditions and third world feminism" (Dislocando culture - identità, tradizioni e femminismo nel terzo mondo, Edit. Routledge, Londra, 1997)). In questo articolo Narayan parla di immigrazione e le culture culinarie nei contesti coloniali e post coloniali.

"La ricerca delle spezie orientali era una parte importante delle avventure coloniali iniziali", dice Narayan e racconta di una ricerca fatta da Susan Zlotnick sull'incorporazione della "curry" nelle ricette inglesi nell'epoca vittoriana, "Il desiderio per l'Altro e la paura della mescolanza che ciò crea, può essere disattivata tramite le metafore della domesticazione. Le donne della media borghesia possono prendere in casa un prodotto ibrido come curry, il prodotto bastardo dell'unione tra Inghilterra e India, e tramite effetto ideologico di domesticazione,  cancellare le sue origini straniere e rappresentarla come qualcosa di puro inglese."

Cucina indiana
I vari piatti indiani cucinati con diverse spezie sono stati tradotti nella "miscela del polvere di curry" per il palato inglese durante l'epoca coloniale. "Questa India immaginaria e esotica era necessaria per stimolare l'interesse imperiale per incorporare questo gioiello nella corona inglese". Allo stesso momento, India era anche "il paese dei poveri, dei barbari e degli ignoranti", per giustificare perché gli inglesi dovevano colonizzare l'India "per il suo bene, per civilizzarla, per renderla meno barbara e meno ignorante".

Uma Narayan tocca diversi argomenti legati alle tradizioni culinarie, religioni e culture nel suo articolo, nella sua famiglia d'origine in India e come immigrata in Gran Bretagna e in America. Per esempio, parlando delle contraddizioni dei ragionamenti tradizionali sui vari tabù alimentari della sua famiglia, lei ha scritto:

"La sua ripugnanza viscerale verso quelli che mangiano la carne bovina andava oltre agli inglesi fino agli indiani intoccabili, ai musulmani e ai cristiani...(ma) nel suo spazio di preghiera aveva anche la statua di vergine Maria, di Buddha e dei santi sikh. Sono sicura che mia madre avrebbe aggiunto volentieri anche qualche icona musulmana solo se l'Islam non l'avesse intralciata con la proibizione verso qualunque tipo di rappresentazione di Dio in forma di idoli .. il suo disprezzo per i mangiatori di carne bovina poteva convivere con le raccomandazioni generali di rispettare i dei degli altri e di mandare a studiare i suoi tre figli alla scuola cattolica .."

Mi ha fatto riflettere molto questo articolo di Uma Narayan. I primi viaggi degli esploratori e le conquiste imperiali, l'epoca coloniale e i movimenti migratori, tutti hanno influenzato le nostre culture culinarie. Queste stesse influenze esterne, con tempo possono diventare parte integrante delle nostre identità al punto che pensiamo che esse sono caratteristiche nostre e ci differenziano dagli altri. Bisogna saper guardarsi con un senso critico e storico per capire le costruzioni di queste nostre identità.

Oggi molte persone vogliono assaggiare le "culture culinarie esotiche", ma non tutte le culture culinarie straniere sono considerate ugualmente esotiche. Per esempio, penso che le cucine dei paesi africani generalmente non sono considerate esotiche e a parte le persone che hanno vissuto in un paese dell'Africa e conoscono i piatti specifici, la maggior parte delle persone non li conosce. Penso che meno di 1% di persone in Italia sapranno dirvi che cosa è la berberé o lo zighinì, che si preparono in Etiopia e Eritrea, anche se parliamo di piatti delle ex-colonie italiane.

Se la cucina giapponese è considerata raffinata e molto esotica, quella cinese è considerata un po' meno esotica. I ristoranti pakistani o Bangladeshi non avranno molti clienti, per cui preferiscono chiamarsi indiani, perché l'immagine della cultura culinaria dell'India ha più valore. Invece se vi fosse un ristorante nepalese o bhutanese, penso che non dovranno chiamarsi "ristorante indiano" perché i due paesi hanno un'immagine esotica per proprio conto?

Perché vi sono tutte queste differenze tra le diverse culture culinarie straniere?

L'immagine della cultura culinaria di un paese dipende dalla conoscenza e dai rapporti con quel paese. Così in Olanda potete trovare i ristoranti indonesiani e in Francia quelli vietnamiti, perché Indonesia era una colonia olandese e Vietnam era una colonia francese. Invece in Italia, non ho mai visto un ristorante indonesiano o vietnamita. Ma Italia aveva le colonie in Eritrea e Somalia, perché non si vedono i ristoranti eritrei o somali in Italia?

Un'altra domanda che mi pongo è - quello che viene servito in questi ristoranti etnici, perché è così diverso da quello che le persone mangiano in quel paese? Veramente non so se questo è vero per tutti i ristoranti etnici ma è sicuramente vero per i ristoranti indiani. Le tradizioni culinarie di vari stati dell'India, da Rajasthan, Gujarat e Kashmir fino a Kerala, tutte le tradizioni culinarie sono così diverse uno dall'altro, ma non le ho mai viste in un ristorante indiano in Italia. Invece se la vostra conoscenza della cucina indiana è basata sulle visite presso i ristoranti indiani, potete anche immaginare che Tandoori chicken e naan sono i piatti nazionali dell'India.

Ma vale lo stesso per i ristoranti italiani all'estero? Pizza e spaghetti alla bolognese sono i piatti italiani più conosciuti!

Forse è questo il senso di conoscere le culture culinarie degli altri - identificare alcuni piatti, adattarli ai nostri gusti e pensare che siamo sofisticati, siamo persone del mondo, siamo persone che conoscono chi sono gli altri, cosa pensano, cosa mangiano, come ragionano!

Cucina cinese

Cucina brasiliana
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