martedì 18 novembre 2008

Mio testamento biologico

La storia di Eluana, le dichiarazioni del suo padre, e la sentenza del tribunale, e poi tutto il putiferio che si era scoppiato intorno alla vicenda, mi avevano toccato in maniera profonda. Conoscendo come sono andate simili storie nel passato, si era da aspettare che sarebbe successo così, invece ogni volta ne resto così turbato e scioccato. Comunque, sono contento della decisione della Cassazione.

Forse mi aspettavo simili dichiarazioni dal Vaticano, ma qualche mese fa, mi avevano scioccato le dichiarazioni di Giuliano Ferrara. Tanto cinismo, tanta crudeltà! Forse ho immaginato la cupa soddisfazione sulla sua faccia mentre lui girava il coltello delle sue parole nel cuore del padre di Eluana. “Assassino, egoista” era il suo verdetto da paladino dei valori della vita.

Secondo Corriere Magazine (17 luglio 2008), 86,9% di italiani condividevano la “decisione di sospendere la somministrazione di cibo alla ragazza in coma da 16 anni”, e questo mi consola che la maggior parte delle persone non la pensano come lui. Dall’altra parte penso allo spazio che danno i giornali e i quotidiani alle persone contrarie a questa decisione e sembrerebbe che la maggior parte di italiani non lo pensa a fatto così. Questa è la solita deformazione mediatica che va alla ricerca di scandali e liti che premia persone come Sgarbi e Ferrara, sempre pronte ad inveire contro qualcosa o qualcuno.

Poi un intervista a Vito Mancuso, un teologo che insegna a Milano, apparsa sul Corriere.it il 16 novembre, mi è sembrata una posizione molto più logica
:


«Quando ci sarà il testamento biologico io disporrò di essere mantenuto in vita finché possibile, perché anche un filo d' erba rende lode al Creatore. Ma non posso volerlo per altri e sono convinto che nel caso di Eluana l' interruzione del trattamento non sia omicidio né eutanasia. Vorrei che le autorità della Chiesa cattolica - alla quale appartengo - si esprimessero con prudenza in una materia che è nuova e ricca di zone grigie»: è l' opinione del teologo Vito Mancuso che insegna all' università San Raffaele di Milano.
Professore perché non si tratterrebbe di eutanasia? «Non è eutanasia attiva, in quanto non ci sarà un farmaco che provocherà la morte. Ma neanche passiva: se l' alimentazione tramite sondino non è "terapia", non è cioè assimilabile a un farmaco, la sua cessazione non può essere detta eutanasia passiva».
Che cos' è allora? Un abbandono alla morte per fame e sete? «È l' interruzione di un trattamento di rianimazione risultato inefficace, deliberata in conformità a un orientamento espresso a voce dall' interessata in anni precedenti l' incidente». Possiamo giurare su una battuta detta in famiglia, non attestata per iscritto? «Purtroppo no, non possiamo tirarne una conclusione sicura. Ma quelle parole di Eluana sono tutto ciò di cui disponiamo per cogliere la sua intenzione e possiamo fare credito ai genitori che le attestano - e che tanto l' amano - e ai magistrati che hanno vagliato la loro attestazione».
Lei è favorevole al testamento biologico? «Lo vedo come uno strumento di libertà di fronte allo sviluppo delle tecnologie mediche». Ma la vita non è un valore indisponibile? «Concordo sull' indisponibilità della vita, ma reputo che vada rispettata la libertà di chi rifiuta per sé un trattamento che lo mantiene in una condizione di vita che egli reputa non-vita. La vita si dice in tanti modi. Il principio primo non è quello della vita fisica da protrarre il più a lungo ma è quello della dignità della vita e questa si compie nella libertà personale».
Con il testamento biologico uno dovrebbe poter scegliere di non essere alimentato se venisse a trovarsi in stato vegetativo? «Ritengo che vi debba essere questa possibilità. Per me non la sceglierei, ma non sono sicuro riguardo a ciò che vorrei per i miei figli: c' è sempre divario nell' accettazione della propria sofferenza e di quella dei figli».
Lei contraddice alcune affermazioni dell' arcivescovo Fisichella e del cardinale Bagnasco: che la Corte apra all' eutanasia e che l' alimentazione sia sempre dovuta... «Auspico una maggiore saggezza nella parola degli uomini di Chiesa. Come si può tenere per certo che l' alimentazione tramite sondino non sia una terapia se gran parte della scienza medica la considera tale? E perché definire eutanasia qualcosa che formalmente non lo è? Non sarà alzando il tono della voce che si difende la vita».

Non so quanto vale il testamento biologico espresso in un blog, comunque lo voglio esprimere. Ne ho già parlato in famiglia più di una volta. Quando muoio, vorrei che i miei organi siano donati agli altri, se possono essere utili. Vorrei essere cremato e che le mie ceneri siano sparse in un fiume o in qualche altro luogo e non vorrei avere nessuna lapide o tomba da nessuna parte. Se dovessi andare in coma, e di non essere in condizione di esprimere le mie volontà, dopo le cure iniziali se non dovessi riprendere coscienza, vorrei che siano sospese tutte le cure, tutte le endovenose, ecc. e di essere lasciato a morire in dignità. Non voglio essere alimentato con un sondino. La respirazione assistita o somministrazione di alimentazione, non deve protrarre oltre i tre mesi per nessun motivo.

Non sono cattolico e in più sono un italiano “extracomunitario”. Forse né Ferrara né altri vorranno sprecare fiato per me. Almeno spero, ma non ne sono così sicuro. Spero di avere un preavviso sufficiente per poter andare via in India e passare i miei ultimi giorni in un posto isolato in montagna.

domenica 16 novembre 2008

Fashion – Il nuovo film di Madhur Bhandarkar

Il regista Madhur Bhandarkar si è fatto un nome negli ultimi anni per le sue esplorazioni di mondi poco esplorati nel cinema di Bollywood.

Nel 2001, il suo film “Chandani Bar” (con l’attrice Tabu in una dei suoi ruoli più belli) aveva esplorato il mondo delle ragazze che ballano nei bar di Bombay. “Satta” (Potere, 2003) con l’attrice Ravina Tandon era sul ruolo delle donne nella politica. Entrambi i film avevano vinto il premio nazionale per la migliore attrice e così Madhur Bhandarkar si è fatto la fama di un bravo regista che valorizza le attrici.

Page 3” (Pagina 3, 2005) con Konkana Sen Sharma sulla vita dei giornalisti che scrivono per le pagine dei quotidiani dedicate agli eventi mondani e “Corporate” con Bipasha Basu (2005) sul ruolo delle donne nel mondo della alta finanza, hanno rinforzato questa fama di Bhandarkar. “Traffic Signal” (Semaforo, 2007), suo ultimo film era sulla vita al semaforo di una grande metropoli.


Fashion (Moda, 2008) il nuovo film di Madhur Bhandarkar esplora il mondo indiano della alta moda. India non è conosciuta come un paese della alta moda ma piuttosto come paese del manodopera del basso costo. Molti dei tessuti e lavori di ricamo ecc. per l’alta moda mondiale sono eseguiti in India. Soltanto dopo i cambiamenti della globalizzazione negli anni novanta, il mondo della alta moda è arrivato in India.

Trama: Sono 3, i personaggi femminili più importanti del film – Meghna Mathur (Priyanka Chopra), una ragazza di una città provinciale che arriva a Mumbai con il sogno di diventare una modella; Shonali Gujral (Kangana Ranaut), la modella più famosa di Mumbai che inizia a perdere il suo contatto con il mondo reale; e, Janet Sequiera (Magdha Godse) una ragazza che fa piccoli lavori come modella, ma non riesce ad affermarsi.


Intorno a questi tre personaggi ruotano altre figure del mondo della moda – le case di moda con gli stilisti, le agenzie che gestiscono le modelle, i sarti, gli operai, i fotografi e il mondo della pubblicità, ecc.

Meghna (Priyanka Chopra) ha vinto un concorso locale di bellezza e vorrebbe diventare una modella. Suo padre (Raj Babbar) non è d’accordo, ma lei insiste che vuole provarci e così decide a venire a Mumbai, la capitale della moda indiana. All’inizio vive con la famiglia dello zio e tramite un designer poco conosciuto cerca di entrare nel mondo della moda. Trova lavoro come “modella per le feste dei ricchi”, dove inizia la strada della prostituzione e dove incontra Janet, una ragazza spigliata con le idee molto chiare. Poi trova lavoro come modella per una linea di vestiti intimi, e di nuovo incontra Janet. Comincia a nascere un’amicizia tra le due ragazze. “Se vuoi diventare una modella dovrai dimenticare la moralità provinciale e superare le tue inibizioni”, Janet le consiglia.

Meghna è ambiziosa, risparmia e paga un fotografo famoso, Kartik (Rohit Roy) per farsi un portfoglio, e poi cerca contatti con Manisha (Kitu Gidwani) che gestisce Palash, una famosa agenzia di modelle. Incontra Maanav (Arjan Bajwa), un ragazzo che cerca di sfondare nel mondo della moda come modello. In una sfilata di moda vede Shonali Gujral (Kangana Ranaut), la modella più famosa e pagata di Mumbai. Vede anche Abhijit Sarin (Arbaaz Khan), proprietario di Palash, con la moglie Avantika (Suchitra Pillai), e tante altre facce famose del mondo della moda indiano.

Meghna sa dove vuole arrivare e riesce a convincere Manisha, la quale le offre di far parte di una sfilata. Così vede da vicino Shonali, la quale è arrogante, capricciosa e ha iniziato a perdere il controllo, beve troppo e si droga.

Meghna lascia la casa dello zio per trasferirsi da Maanav con la quale inizia una relazione. Nello stesso tempo inizia la sua ascesa nel mondo della moda. E’ invitata alle feste più importanti dove incontra le persone importanti, compreso Abhijit. Dall’altra parte, Shonali che non rispetta gli appuntamenti, e inizia a perdere lavoro e clienti, inizia la sua discesa ed è sostituita da Meghna per un contratto importante.

Insieme alla amica anche Janet ha qualche offerta di lavoro in più. In una festa Janet incontra Rahul Arora (Sameer Soni), suo ex compagno di università e ora, un famoso designer. “Lavori nel mondo della moda, e non sei mai venuta a trovarmi, perché? Eri la mia amica, ti avrei aiutato”, Rahul chiede a Janet. “Pensavo che tu sei famoso, e io non sono nessuno, mi vergognavo”, dice Janet.


Rahul e Janet iniziano a vedersi con il gruppo di amici. Rahul è gay, ma nella famiglia nessuno lo sa e subisce forti pressioni sociali per sposarsi. Rahul chiede a Janet se lo sposerà. Janet sa che non diventerà mai una modella famosa e accetta la sicurezza che offre Rahul, sapendo che lui è gay. “Non sarò il migliore marito, ma sarò il migliore amico per te”, Rahul le dice.

Nel frattempo, Meghna rompe la relazione con Maanav, si trasferisce in un appartamento datole da Abhijit e poi inizia una relazione con lui. In una sfilata di moda è lei la modella più importante, mentre Shonali si trova in mezzo alle modelle meno importanti. Durante la sfilata, il laccio della blusa di Shonali si rompe e lei si trova mezza nuda davanti ai fotografi e le televisioni, cercando di coprirsi. Il suo videoclip fa il giro di tutti i canali che la chiamano “svergognata in cerca di pubblicità a ogni costo”. Maltrattata dall’uomo con il quale convive, la situazione di Sonali si peggiora.

Meghna scopre che il suo regno in cima alla classifica delle modelle dura poco. Si trova incinta del bambino di Abhijit, il quale subito si distanzia da lei. Meghna va in una clinica per abortire e poi per vendicarsi, in una festa lo dice alla moglie di Abhijit che era incinta del bambino del suo marito. Perde subito il contratto con l’agenzia e inizia la sua discesa nel mondo della droga del alcol. Litiga anche con Janet. E’ fermata dalla polizia perché guida in stato di ubriachezza.

Una notte Meghna si sveglia in un hotel, non si ricorda come è arrivata lì e accanto a lei sul letto dorme un uomo sconosciuto. Scioccata da come si è ridotta, torna a casa e guarda lo specchio. Sconfitta e in stato di depressione, decide di rinunciare, e torna a casa dai genitori. E’ curata anche da uno psichiatra. Dopo un anno a casa, suo padre la convince di tornare a Mumbai per rifare la modella ma questa volta in maniera più consapevole.

Chiede perdono a Janet e tenta di ricominciare, ma molti vecchi colleghi del mondo della modo rifiutano di incontrarla. Trova posto in una sfilata, ma poi non riesce a muoversi sulla passarella e perde fiducia ancora di più. Poi in TV vede Shonali, la quale è stata trovata in una stazione della metropolitana in stato confusionale. Porta a casa sua Shonali e decide di aiutarla perché pensa che soltanto aiutando Shonali potrà riguadagnare la propria persona e fiducia che si era persa. Poco alla volta, nasce un legame di amicizia tra Meghna e Shonali.


Rahul e Janet propongano a Meghna di avere il ruolo importante in una sfilata per alcune buyers parigini. All’inizio lei rifiuta, ma poi sul consiglio di Shonali accetta la proposta. La sera prima della sfilata Shonali scompare dalla casa, Meghna è disperata, pensa che non potrà svolgere il ruolo che le hanno dato nella sfilata. Poco prima della sfilata arriva la chiamata della polizia, hanno trovato il corpo di Sonali sulla spiaggia, morta per overdose. Sconvolta, Meghna riesce a controllarsi e partecipare alla sfilata. Alla fine della sfilata, insieme a Rahul sul palcoscenico, davanti ai fotografi non riesce a controllarsi e piange per la propria rivincita e per la perdita di Shonali.

Commenti: L’immagine del mondo della moda indiana che presenta il film è un mondo dove sono tutti egoisti e insicuri, dove la maggior parte degli uomini sono gay e dove la maggior parte delle modelle sono delle drogate. Forse ciò dipende dalla storia dei 3 personaggi femminili principali, i quali dovevano avere storie emotivamente forti per coinvolgere il pubblico, mentre storie di ragazze normali con i piedi per terra non avrebbero avuto questo impatto emotivo.

Le tre attrici principali sono tutte brave, sopratutto Kangana Ranaut nel ruolo della Shonali che sta perdendo il contatto con la realtà e si trova impigliata in un vortice che porterà alla sua distruzione. La scena dove lei si trova mezza nuda sulla passarella è molto forte.

Priyanaka Chopra nel ruolo della protagonista principale, Meghna Mathur, è bella e convincente. La scena dove si rende conto della propria degradazione e la scena finale del film, sono entrambe molto belle.


Probabilmente il mondo indiano della moda somiglia molto al mondo occidentale della moda che si potrebbe trovare a Milano o Parigi, e in questo senso, forse per gli spettatori occidentali sarà più facile identificarsi con i protagonisti del film.

La situazione dei gay indiani in questo mondo della alta moda, da una parte la loro quasi normalità nel mondo della moda e dall’altra, le pressioni sociali per il matrimonio sono presentate bene. Invece il film non spiega bene perché Janet accetta di sposare Rahul, ne cosa significava questo matrimonio nella sua vita quotidiana. Questi aspetti rimangono molto superficiali.

sabato 8 novembre 2008

Oroboro, Rossella Fortini

Non mi piace ricevere i libri in regalo. Quando vado in biblioteca non mi piace ricevere consigli su quali libri dovrei leggere. Devo controllarmi per non rispondere bruscamente, quando qualcuno pensa di conoscere i miei gusti e mi consiglia di leggere un libro. Mi piace andare a scegliere i libri da leggere a caso, scoprire nuovi temi e nuovi scrittori.

Così spesso i libri che ricevo in regalo non li guardo e li metto via. Poi succede che prende un libro dalla biblioteca, che mi piace e poi scopro di averlo già a casa tra i libri non letti solo perché l’avevo ricevuto in regalo.

Per cui mi rendo conto della illogicità del mio comportamento. Dall’altra parte, la consapevolezza della mia illogicità non è sufficiente per cambiarmi.

Così quando era arrivato un nuovo libro di poesia mandatomi dalla scrittrice, lo misi via senza aprirlo. Ieri mia moglie mi disse che aveva letto qualche poesia dal nuovo libro che era arrivato e che “sono delle poesie un po’ strane”. Non sapeva dire se le piacevano o no. Un altro di miei comportamenti illogici è che quando un libro non piace a moglie, spesso piace a me, perciò cerco di leggere quelli libri.

Così ieri sera ho preso il libro di poesie che avevo ricevuto. Si chiama Oroboro ed è scritto da Rossella Fortini, pubblicato da Corbo editore.

Di solito non leggo libri di poesie in italiano e in inglese, faccio fatica ad apprezzarli perché non capisco tutte le parole e poi faccio fatica a stabilire un rapporto emotivo con le parole. Una poesia letta con la logicità e razionalità mi sembra un anacronismo, ho bisogno di un rapporto emotivo con le poesie per apprezzarle.

Per questo quando ho preso il libro di poesie, Oroboro, pensavo già che non riuscirò ad apprezzarlo invece le poesie mi sono piaciute. A volte mi sembrano le parole scritte da un adolescente:

Pioggia,
quanta pioggia,
quanta
energia,
fulmini,
tuoni,
saette e ancor più

O quest altro:
Nella volta celeste
stagliano le loro braccia,
quasi a ringraziare Babbo
cielo, cosmo, sole,
luna, stelle,
ed ogni cosa,
che da essi
giunga
Altre invece possono sembrare scritte da un bambino. Hanno un gioco di parole e di rime meraviglioso che nella loro apparente semplicità scaturiscono emozioni profonde. Per esempio:

Non ti reco peso,
son sospesa,
son scalza, senza spesa,
in attesa senza attesa,
di Tua mano tesa.
Teresa.
Luna si spacca in due.
Dolcino freme,
preme,
gronda,
onda di fiume, senza sponda,
scoppa.
Questo gioco di parole, semplice e allo stesso momento profondo in alcune poesie, mi fanno pensare alle poesie di Gulzar, il poeta indiano che mi piace molto.

giovedì 6 novembre 2008

Ritorno della speranza

Ieri mattina ho seguito la diretta di Barack Obama da Chicago. Era impossibile non commuoversi. Mi dicevo che quante volte i ragazzi delle facce pulite, sincere e ingenue con il dono della parola sono poi rivelati corrotti, donnaioli, e altro, e che non bisogna fidarsi dei politici, ma mi veniva da piangere lo stesso.

" ...È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore ... La strada che ci aspetta sarà lunga. La pendenza sarà ripida. Forse non ci arriveremo in un anno e nemmeno nell'arco di un mandato, ma, America, io non sono mai stato tanto fiducioso come questa notte che ci arriveremo. Ve lo prometto: noi, come popolo, ci arriveremo.
Ci saranno ostacoli e false partenze. Molti non concorderanno con tutte le decisioni che prenderò come presidente, e sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma io sarò sempre sincero con voi sulle sfide che dovremo affrontare. Vi starò a sentire, specialmente quando non saremo d'accordo... Questa vittoria da sola non rappresenta il cambiamento che cerchiamo: è soltanto l'occasione per noi di realizzare quel cambiamento.E questo non accadrà se torneremo a com'erano le cose un tempo. Non accadrà senza di voi, senza un nuovo spirito di servizio, un nuovo spirito di sacrificio. E allora creiamo un nuovo spirito di patriottismo, di responsabilità, dove ognuno di noi decide di buttarsi nella mischia e impegnarsi di più, e di occuparci non solo di noi stessi ma gli uni degli altri..."

Un ragazzo di sangue misto, con un padre musulmano di Kenya, una persona G2 come si dice oggi in Italia, è diventato il presidente degli Stati Uniti, allora tutto è possibile.

Sarebbe troppo pensare che la sorte di quelli che sono chiamati con derisione “extracommunitari”, cambierà e le persone arrivate dal mondo povero avranno il rispetto e la dignità pari a tutti gli altri. Sarebbe troppo pensare che non si bruceranno più i campi rom. Ma forse qualcosa cambierà. Ora sembra che tutto è possibile. Nonostante la crisi finanziaria, sento che la speranza è tornata.

sabato 1 novembre 2008

Le poesie indiane “Gazal”

Conoscete una forma specifica di poesia orientale? A questa domanda, penso che molti di voi penserete subito agli Haiku giapponesi. Invece penso che quasi nessuno parlerà di Gazal, una forma specifica di poesie del subcontinente indiano. Come gli Haiku, anche il Gazal è una forma di poesia specifica con le sue regole e la sua architettura interna molto precisa.

Gazal (scritto anche Ghazal) è una poesia fatta di tante piccole poesie tutte sullo stesso tema. Ciascuna piccola poesia è composta di due righe ed è chiamata “sher” (pronunciata Scer). Ogni sher è una poesia completa in se stessa e può essere paragonata ad un Haiku. Per capire, ecco un “sher” da un Gazal scritto da Bahadur Shah Zafar, l’ultimo re Mughal dell’India il quale morì solo e isolato nel 1862 in una prigione inglese in Birmania (invece, il re di Birmania fu mandato prigioniero in India e questa storia è raccontata da Amitav Ghosh nel suo libro Palazzo di Cristallo):

Baat karni mujhe mushkil, kabhi aisi to na thi
jaisi ab hai teri mehfil kabhi aisi to na thi

(Parlare non mi era mai difficile così / le tue feste, non erano mai tristi così)

Queste due righe del primo sher di un gazal spiegano le 3 regole fondamentali di questa forma della poesia. Ogni sher deve rispettare queste regole:

(1) Beher: le due righe devono avere lo stesso Beher (lunghezza di suoni)
(2) Radif: entrambe le righe del primo sher devono finire con la stessa parola chiamata radif. Nel esempio di sopra, “thi” è il radif. In tutte le altre sher del Gazal, la seconda riga deve finire con il radif. Ciò è, nel esempio di sopra, dopo le prime due righe ogni altra riga finirà con “thi”.
(3) Kaafiya: è la rima del primo sher – entrambe le righe del primo sher devono avere la stessa rima. In tutte le altre sher del Gazal, solo la seconda riga deve rispettare la stessa rima (vedete l’uso delle parole “mushkil” (difficile) nella prima riga, “mehfil” (festa) nella seconda riga sopra e “o dil” (o cuore) nella quarta riga sotto.

Vediamo le successive due righe di questo Gazal:

Le gayaa chhin ke kaun aaj tera sabr-o-karar
Be-karaari tujhe ai dil kabhii aisi to na thi

(Qualcuno ha portato via la tua pazienza / mio cuore, non eri mai impaziente così)

In questo secondo sher, la prima riga rispetta la regola del Beher (lunghezza di suono) ma non ha il radif e non usa la stessa kaafiya che sono ripresi dalla seconda riga. Il primo sher è chiamato “Matla” di un Gazal.

C’è una quarta regola che oggi non viene sempre rispettata ed è la regola di “Makta”, ciò è una parola scelta dal poeta come il proprio pseudonimo, deve far parte dell’ultimo sher di ogni Gazal. Infatti la maggior parte di poeti di Gazal famosi sono conosciuti dal loro pseudonimo e spesso non si conosce bene il loro nome vero. In questo esempio, Zafar era lo pseudonimo scelto dal re Bahadur Shah. Per concludere questo esempio, vediamo l’ultimo sher di questo Gazal:

kya sabab tu jo bigarta hai Zafar se har baar
Khu teri hur-e-shama’il kabhi aisi to na thi

(Continui a scompigliare la ragione di Zafar /la natura dell’angelo della fiamma, non era mai così)

La poesia scritta da Zafar nella prigione mentre guardava la fiamma della candela è malinconica come tutti i Gazal. Non vi sono i Gazal felici, sono sempre tristi. Amore, solitudine, vino, sentimenti sono i temi più comuni nei Gazal. Gazal è nato come una forma di arte letteraria nelle corti dei re Mughal ed i più famosi poeti di Gazal erano musulmani i quali scrivevano in lingua urdu. Oggi i poeti di Gazal scrivono in molte lingue indiane, ma spesso scelgono il proprio pseudonimo dalla lingua urdu.

Uno sher di Zafar che mi piace molto è:

Na thi haal ki jab hum apni khabar, rahe dekhte auron ke aebo-hunar
padhi apni buraiyon par jo nazar, to nigah mein koi bura na raha

(Quando non ero consapevole di me stesso, guardavo i tratti buoni e cattivi degli altri / Quando ho capito me stesso, non riesco a vedere nessuno cattivo)

Recentemente ho letto un Gazal di Alok Srivastav dal suo libro Aamin (pubblicato da Rajkamal editore, Nuova Delhi, 2007) che mi è piaciuto molto. Il poeta scrive del padre:

Tumhare khoon se meri ragon mein khwab roshan hain
Tumhari aadataon mein khud ko dhalte meine dekha hai


(Tuo sangue illumina i sogni nelle mie vene / mi sono trovato a ripetere gli stessi tuoi gesti)

Lo scrittore di Gazal più famoso dell’India è Mirza Ghalib il quale viveva a Delhi ai tempi del re Bahadur Shah Zafar. Per concludere, ecco uno sher famoso di Ghalib (è l’ultimo sher di un Gazal per cui riporta il nome del poeta):

Ishk par zor nahin, hai yeh aatish Ghalib
Jo lagaye na lage aur bujhaye na bujhe

(Ghalib, non puoi controllare il fuoco dell’amore / non si riesce a appiccarlo e se c’è, non si riesce a spegnerlo).


La tomba di Ghalib a Nuova Delhi vicino Nizamuddin

giovedì 30 ottobre 2008

Ashwini Bhide e Raj Kapoor in arrivo

Nell'ambito del festival Suoni del Mondo - festival di musica etnica organizzata dal Dipartimento di Musica e di Spettacolo dell'università di Bologna, vi sarà un concerto di musica classica della cantante hindustani Ashwini Bhide Deshpande, il 10 e l'11 novembre 2008 sera che si terrà all'auditorium di DAMS, via Azzo gardino 65/a, Bologna.



Sig.ra Bhide Deshpande appartiene alla Jaipur Atrauli gharana ed è considerata una dei giovani talenti indiani più importanti della musica classica hindustani. Potete trovare un assaggio del canto della sig.ra Bhide Deshpande su Youtube.

Potete trovare maggiori informazioni sulla musica hindustani nella parte relativa all'India della Guida di SuperEva.

Il concerto sarà trasmesso live anche tramite internet al sito del DAMS. Il programma del festival è molto interessante, inizierà il 1 novembre 2008 con Bitrishki Babi, canto tradizionale delle donne bulgare.


***
Ormai dovrei mettermi il cuore in pace, non è il mio destino assisstere al River to River festival curato da Selvaggia Velo. Ogni anno puntualmente mi trovo impegnato da qualche altra parte in quel periodo e anche quest anno sarà lo stesso, sarò in Tailandia per una serie di workshop che devo coordinare.

Quest anno il festival dedicherà uno spazio speciale al cinema di Raj Kapoor, a partire da 2 film della sua carriera cinematografica iniziale - Awara (Vagabondo) e Shri 420 (Signor truffatore). Penso che Awara (1951) sia il film indiano più conosciuto nel mondo. Diverse volte durante i miei viaggi in diversi paesi ho incontrato persone che avevano visto questo film e che conoscevano qualche sua canzone a memoria, anche senza conoscere il significato delle parole.

Il terzo film di Raj Kapoor scelto per il River to River, è Bobby del 1973, una storia di primo amore tra un ragazzo indù e una ragazza cattolica, che aveva avuto grande successo commerciale. Il film aveva introdotto due dei più famosi attori di Bollywood, Rishi Kapoor e Dimple Kapadia.


venerdì 24 ottobre 2008

Nostalgia delle feste

E' il periodo delle feste in India e in altri paesi vicini come il Nepal e il Bangladesh. In India, i diversi stati celebrano queste feste in maniera diversa. Il Durga puja del Bengala e il Ram Leela dell'Uttar Pradesh erano due modi diversi di celebrare la stessa festa, "la vincita del bene sul male".

Diventano frasi prese per scontato, che ripetiamo senza pensarci su, come questa "vincita del bene sul male". Ho letto degli studi analitici sull'origine di alcune di queste frasi (e anche delle feste), che risalgono a lotte e guerre antiche tra i popoli. E quelli che insistiamo a chiamare "il male" erano soltanto i nemici di una volta, persone come noi, ne più buoni ne più cattivi di noi. Comunque non è questo il momento di discorsi filosofici adesso.

L'8 novembre era il giorno della dea, l'ashtami, quando le ragazze ricevono doni e sono venerate perché la dea sia dentro di loro. Il 9 ottobre era Dusshera, il culmine di Ram Leela (si bruciano i pupazzi del demone Ravana) e di Durga Puja (la statua della dea Durga torna all'acqua).

Il 14 ottobre era Sharad Purnima, la notte della luna piena più importante dell'anno per i buddhisti che celebrano l'illuminazione di Buddha mentre per gli indù è la notte per i bagni sacri al fiume. Si dice che sia anche la notte migliore per vedere il Taj Mahal, che assume le tonalità rosa nella luce lunare.

Il 17 ottobre era Karva Chauth, il giorno che le ragazze nubili pregano per un marito buono e le donne sposate fanno il digiuno (ne acqua, ne cibo) dall'alba fino al sorgere della luna per la lunga vita dei loro mariti. Leggevo storie dei tempi cambiati e come alcune donne hanno insistito che anche i mariti devono digiunare insieme a loro.

Domenica 26 ottobre sarà il giorno del Dhanteras, quando i commercianti organizzeranno preghiere nei loro negozi, inizieranno nuovi registri e nuovi conti, e nelle case si compreranno nuove pentole e piatti.

Il 28 ottobre sarà il giorno della festa della luce, la festa di Diwali, la notte senza luna. E' la notte che la dea della ricchezza, Laxmi vieni a visitare le case, per cui bisogna accendere le candele per farle vedere la strada della vostra casa e lasciare una porta o una finistra aperta. Con questa ria di crisi da tutte le parti, immagino molte candele accese e molte porte spalancate quest anno. E' anche la notte del gioco d'azzardo e in molte famiglie si gioca tutta la notte ed i bambini hanno permesso di restare svegli fin che vogliono.

Il 29 è Kali Puja, la festa di Kalì per i bengalesi.

E il 30 ottobre è Bhai duj, la festa dei fratelli. Le sorelle legano il filo sacro ai polsi dei loro fratelli e chiedono la promessa d'aiuto dei fratelli in caso di bisogno. I fratelli fanno regali alle sorelle.

Per cui questo è un periodo delle ferie in India e si respira il clima natalizio. Se penso al passato, ricordo quelli anni, quando questi giorni sembravano pieni di promesse, divertimenti e dolci. La mia nonna e la zia iniziavano a cucinare dolci speciali (per esempio i guzhiya, dolci di pasta sfoglia ripieni di dolci e noccioline) che si mangiano soltanto in questo periodo. Avere nuovi vestiti, partecipare ai riti, giocare con i fuochi d'artificio e visitare le case degli amici per assaggiare i loro dolci, c'erano molte cose da fare.

Le famiglie si riuniscono per una decina di giorni e in questo periodo è più difficile trovare i voli per andare in India.

Questa domenica, 26 ottobre, se siete vicino a Torino, andate alla festa di Diwali organizzata dall'associazione indiana.


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