Comincio a svegliarmi poco alla volta, ad uscire dallo shock. Sarà così il futuro? E’ stata una reazione molto particolare la mia e vorrei capire che cosa significa. Possiamo subire il trauma della guerra anche se siamo migliaia di chilometri lontani? Sento affiorare tante domande.
Era come essere travolti da un’alta marea che ha lasciato dietro di se terrà bagnata dentro di me, dove sono ammucchiati i detriti, dove le notizie che continuano a arrivare lasciano le loro impronte. Sento un piccolo vuoto e un leggero mal di testa. Ma forse bisogna ripartire da capo per capire cosa è successo.
Sono mesi che sto dietro all’organizzazione di alcuni incontri a Bangkok. In settembre sono stato in Tailandia per la preparazione logistica di questi incontri. Registrazioni, cambiamenti, relatori, coordinatori, partecipanti, circa 240 persone provenienti da diversi continenti, è stato un lavoro continuo e impegnativo negli ultimi mesi. L’improvviso peggioramento della situazione di Bangkok con disordini, proteste, occupazione degli aeroporti, cancellazione dei voli, ha mandato in aria tutto questo lavoro di mesi.
Mercoledì mattina quando avevo letto la dichiarazione di alcuni dipendenti dell’Alitalia riguardo al loro scioperò, che non avevano scelta, che scioperare era il loro diritto per esprimere il proprio disagio, avevo pensato che almeno questa volta, il duro lavoro e la preparazione dei mesi non era andato in aria per colpa loro. Ormai, abbiamo imparato dalle nostre esperienze passate e ora per organizzare eventi internazionali importanti, cerchiamo di evitare Alitalia. Anche se gli scioperi li fanno un po’ tutte le linee aree ma forse Alitalia si piazza al primo posto a livello mondiale?
Dopo tante discussioni che non portavano da nessuna parte, la sera ero tornato a casa frastornato e stanco, ma non riuscivo a lasciar perdere. A casa, avevo acceso il computer ed ero andato a cercare se vi erano nuovi sviluppi in Tailandia, quando avevo visto le notizia dell’attacco terroristico a Mumbai. Subito avevo cercato uno dei canali televisivi indiani che trasmettono notizie 24 ore su 24, e all’improvviso mi ero trovato in mezzo alla guerra.
Questa volta non c’era soltanto la notizia fresca della bomba esplosa da qualche parte che aveva ucciso delle persone, questa volta si trasmettevano live le sparatorie e le esplosioni. Altre volte quando trovavo notizie delle esplosioni, telefonavo a mia sorella o a qualche altro parente per chiedere la conferma se tutti stavano bene. C’era l’angoscia e la rabbia, ma non mi sentivo coinvolto direttamente. Dopo un po’ l’angoscia acuta passava, restava soltanto un sordo senso di impotenza davanti al mondo che sta cambiando e anche un po’ di senso di fatalismo.
Nella notte tra mercoledì sera e giovedì mattina ho dormito poco e a tratti. Continuamente tornavo al computer per guardare la trasmissione live dell’attacco, scambiavo qualche parola con i tanti amici giornalisti e scrittori indiani che erano davanti ai computer e alle televisioni in India. Chattavo con parenti e amici sparsi in mezzo mondo, a Manchester, a Berlino, in America, scambiavo notizie e aggiornamenti.
Giovedì mattina ho guardato la TV indiana fino all’ultimo minuto e poi sono partito per l’ufficio. Mi rendevo conto di sentire un po’ strano. Non ero completamente presente, la mia testa era piena di immagini, suoni, odori e parole di Mumbai. Avevo questa sensazione di non essere veramente, di essere sospeso in aria, una sensazione di dissociazione tra il mio corpo e me. Ho un vago ricordo di piangere in macchina. Probabilmente quella mattina potevo avere qualche incidente. Che il mondo poteva continuare senza accorgere della guerra mi sembrava incredibile. Ne ho parlato un po’ con i colleghi ma per la maggior parte sono rimasto chiuso dentro il mio ufficio e tutto il giorno ho guardato a tratti e ascoltato continuamente una TV indiana, più volte sono andato a cercare aggiornamenti delle notizie sui siti indiani. Non riuscivo a staccarmi da quello che succedeva in India e le parole, immagini e suoni continuavano a girare dentro la mia testa.
Alla sera, tornato a casa, per ore ho guardato Rai news 24, Al Jazeera, BBC world e CNN, e poi di nuovo sono tornato dalla TV indiana via internet. Non riuscivo a pensare a niente, sentivo un fremito continuo dentro di me. Verso le 23,00 ieri sera alla fine sono crollato esausto.
Oggi è tutto diverso. Continuo a seguire quello che succede in India ma non ho la strana sensazione di dissociazione dalla realtà, non piango più. Sento soltanto questa marea dentro che ha lasciato tutto bagnato. Continuo a leggere le notizie, ogni tanto sento gli occhi umidi:
Era come essere travolti da un’alta marea che ha lasciato dietro di se terrà bagnata dentro di me, dove sono ammucchiati i detriti, dove le notizie che continuano a arrivare lasciano le loro impronte. Sento un piccolo vuoto e un leggero mal di testa. Ma forse bisogna ripartire da capo per capire cosa è successo.
Sono mesi che sto dietro all’organizzazione di alcuni incontri a Bangkok. In settembre sono stato in Tailandia per la preparazione logistica di questi incontri. Registrazioni, cambiamenti, relatori, coordinatori, partecipanti, circa 240 persone provenienti da diversi continenti, è stato un lavoro continuo e impegnativo negli ultimi mesi. L’improvviso peggioramento della situazione di Bangkok con disordini, proteste, occupazione degli aeroporti, cancellazione dei voli, ha mandato in aria tutto questo lavoro di mesi.
Mercoledì mattina quando avevo letto la dichiarazione di alcuni dipendenti dell’Alitalia riguardo al loro scioperò, che non avevano scelta, che scioperare era il loro diritto per esprimere il proprio disagio, avevo pensato che almeno questa volta, il duro lavoro e la preparazione dei mesi non era andato in aria per colpa loro. Ormai, abbiamo imparato dalle nostre esperienze passate e ora per organizzare eventi internazionali importanti, cerchiamo di evitare Alitalia. Anche se gli scioperi li fanno un po’ tutte le linee aree ma forse Alitalia si piazza al primo posto a livello mondiale?
Dopo tante discussioni che non portavano da nessuna parte, la sera ero tornato a casa frastornato e stanco, ma non riuscivo a lasciar perdere. A casa, avevo acceso il computer ed ero andato a cercare se vi erano nuovi sviluppi in Tailandia, quando avevo visto le notizia dell’attacco terroristico a Mumbai. Subito avevo cercato uno dei canali televisivi indiani che trasmettono notizie 24 ore su 24, e all’improvviso mi ero trovato in mezzo alla guerra.
Questa volta non c’era soltanto la notizia fresca della bomba esplosa da qualche parte che aveva ucciso delle persone, questa volta si trasmettevano live le sparatorie e le esplosioni. Altre volte quando trovavo notizie delle esplosioni, telefonavo a mia sorella o a qualche altro parente per chiedere la conferma se tutti stavano bene. C’era l’angoscia e la rabbia, ma non mi sentivo coinvolto direttamente. Dopo un po’ l’angoscia acuta passava, restava soltanto un sordo senso di impotenza davanti al mondo che sta cambiando e anche un po’ di senso di fatalismo.
Nella notte tra mercoledì sera e giovedì mattina ho dormito poco e a tratti. Continuamente tornavo al computer per guardare la trasmissione live dell’attacco, scambiavo qualche parola con i tanti amici giornalisti e scrittori indiani che erano davanti ai computer e alle televisioni in India. Chattavo con parenti e amici sparsi in mezzo mondo, a Manchester, a Berlino, in America, scambiavo notizie e aggiornamenti.
Giovedì mattina ho guardato la TV indiana fino all’ultimo minuto e poi sono partito per l’ufficio. Mi rendevo conto di sentire un po’ strano. Non ero completamente presente, la mia testa era piena di immagini, suoni, odori e parole di Mumbai. Avevo questa sensazione di non essere veramente, di essere sospeso in aria, una sensazione di dissociazione tra il mio corpo e me. Ho un vago ricordo di piangere in macchina. Probabilmente quella mattina potevo avere qualche incidente. Che il mondo poteva continuare senza accorgere della guerra mi sembrava incredibile. Ne ho parlato un po’ con i colleghi ma per la maggior parte sono rimasto chiuso dentro il mio ufficio e tutto il giorno ho guardato a tratti e ascoltato continuamente una TV indiana, più volte sono andato a cercare aggiornamenti delle notizie sui siti indiani. Non riuscivo a staccarmi da quello che succedeva in India e le parole, immagini e suoni continuavano a girare dentro la mia testa.
Alla sera, tornato a casa, per ore ho guardato Rai news 24, Al Jazeera, BBC world e CNN, e poi di nuovo sono tornato dalla TV indiana via internet. Non riuscivo a pensare a niente, sentivo un fremito continuo dentro di me. Verso le 23,00 ieri sera alla fine sono crollato esausto.
Oggi è tutto diverso. Continuo a seguire quello che succede in India ma non ho la strana sensazione di dissociazione dalla realtà, non piango più. Sento soltanto questa marea dentro che ha lasciato tutto bagnato. Continuo a leggere le notizie, ogni tanto sento gli occhi umidi:
Storie ordinarie di ogni terrorismo e di ogni guerra... Nell’atrio della clinica i 4 corpi distesi per terra sembrano stranamente pacifici, come bambini che riescono a addormentarsi in mezzo al caos. Tranne che per la grande macchia del sangue che si è seccato sotto di loro… Uno dei corpi con le ferite nello stomaco e nel torace sta con gli occhi aperti, ha la faccia calma senza nessun segno dell’orrore che avrà
certamente vissuto prima di morire….. dice che hanno avuto 71 morti da questa mattina, 60 di loro arrivati morti, altri 11 morti dopo l’arrivo all’ospedale …“… non riusciamo a seguire tutte le persone e di fare quello che serve, alla fine abbiamo dovuto mandare una parte di loro agli altri ospedali Jaslok e JJ”, dice...E’ un incubo logistico, non sai dove cercare i tuoi dispersi. Trovi i nomi delle persone, ma nel frattempo quelle persone sono state spostate in altri ospedali. I familiari cercano di far passare le informazioni tra loro, stanno lì a guardare le foto dei corpi sfigurati per capire se può essere la persona che stanno cercando …..l’atrio della stazione sembra la sala mortuaria. C’è polizia da tutte le parti. Somiglia a Beirut o a Baghdad, non è la mia Mumbai che conoscevo.. dicono che sono morti in 56 qui..…la polizia saluta la bara con il corpo del poliziotto Murlidhar Laxman Chaudhary, i passanti che non l’hanno mai conosciuto piangono, ma Priyanka sua figlia 24enne non piange, sta lì composta mentre depone una ghirlanda sul corpo di suo padre…..tra le persone che guardano con ansia le lavagne con la lista dei nomi dei morti vi sono diverse famiglie musulmane. Una copia musulmana trova il nome che speravano di non trovare e piange disperatamente … un anziano si è accasciato contro il muro, le lacrime
scorrono sulle sue guance in silenzio ….. le tre corpi erano messi uno accanto all’altro, padre, madre e figlio. Non si sa cosa sia successo alla loro figlia. Sorella della donna piange sconsolata. Erano andate a festeggiare
il compleanno del ragazzo …