La protesta del rabbino di Bologna contro la presenza dell’Europarlamentare Luisa Morgantini in una cerimonia che parlava delle vittime dell’olocausto, “perché parla a favore di palestinesi e contro lo stato di Israele”, mi ha fatto pensare molto.
Spesso si sentono storie di bambini abusati da genitori alcolizzati o violenti che crescono con una rabbia dentro di loro e diventati adulti, ripetono gli stessi abusi e violenze contro i propri figli. Forse le scelte del governo israeliano nelle ultime decadi seguono un po’ questa stessa storia? Se no, come si può spiegare che alcuni governanti di un popolo uscito da esperienze terribili, dall’olocausto, dalle camere di gas, delle persone chiuse dentro i ghetti, delle persone bersagli di tante ingiustizie, possono diventare altrettanto feroci contro altri popoli? O forse si tratta della sindrome di paranoia dei perseguitati, che reagiscono con troppa ferocia alle minacce per non essere perseguitati un’altra volta?
Penso che gli estremisti del popolo palestinese vanno condannati senza equivoci, ma le risposte delle autorità israeliane che basano sulla filosofia di “uccidere venti per ogni cittadino colpito”, punire tutta la popolazione palestinese, chiuderli nei ghetti dentro i muri, rendere la loro vita sempre più difficile e stremata, sono ingiuste e di sicuro non portano alla via della pace in quella terra martoriata. Anzi a me puzzano di atteggiamenti simili a quelli usati dai nazisti nei confronti degli ebrei.
Penso che i responsabili e i rappresentanti delle comunità ebree sbagliano se equiparano le critiche verso certi comportamenti dello stato israeliano all’antisemitismo. E’ successo la stessa cosa al nipote di Mahatma Gandhi, sig. Arun Gandhi, quando è stato costretto a lasciare il suo incarico presso l’Istituto M.K.Gandhi per la Non Violenza negli Stati Uniti perché aveva criticato le politiche dello stato israeliano verso i palestinesi. La ferocia del lobbi degli ebrei conservatori americani che sostengono le azioni dei falchi del governo israeliano per silenziare qualunque critica verso l’Israele è ben saputa, ma immaginavo maggiore saggezza da parte della comunità ebraica di Bologna.
Nei forum di discussioni indiani, vi è molta ammirazione verso queste politiche dell’Israele da parte degli indù più conservatori, i quali vorrebbero reagire con maggiore durezza verso gli estremisti islamici in India. Dopo un po’ di discussioni salta fuori che per loro India deve diventare un paese senza musulmani. E citano spesso il modo di agire dell’Israele, per proporre che “anche noi dobbiamo uccidere venti o cinquanta o cento di loro per ogni indù ucciso”. Penso che sia una pazzia che questo sogno all’Hitler sia lanciato proprio dall’Israele. Ho chiesto a loro, “Quanti decenni sono che Israele prosegue con questo tipo di politiche? Tutto questo spargimento di sangue ha fermato le bombe e gli attacchi terroristici in Israele? Se sono costretti a costruirsi un muro e chiudersi dentro come gli animali allo zoo?”
Leggere del coraggio delle persone semplici, vittime del nazismo e del antisemitismo, è stata la mia ispirazione da bambino. A partire da Leon Uris, difficilmente rinuncio a leggere un libro su questo tema. Se le critiche alle politiche repressive dell’Israele ed i richiami alle scelte di pace e di dialogo possono essere strumentalizzate per dimostrare che sono antisemiti, come è successo a Luisa Morgantini, penso che sia una faccia di estremismo anche questa.
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Le discussioni in Italia per rivedere la legge 194, tutti questi proclami verso “rispetto della vita”, mi fanno pensare ad un’altra guerra santa, giocata sulla pelle degli altri.
Durante la mia esperienza di medico in India ho tenuto in braccio una donna che moriva da un’emorragia dopo aver tentato un aborto clandestino. Sono stato vicino alla moglie di un amico, la quale aveva scelto di abortire perché aveva due gemelli con meno di un anno e pensava di non potersi permettere un altro figlio e ho visto la sua disperazione e il suo dolore. Conoscevo anche un’infermiera, la quale aveva preferito abortire perché ancora non era sposata, ma aveva avuto delle complicazioni e dopo non aveva potuto avere figli.
Penso che la scelta di abortire di una donna sia una questione delicata e difficile. Ha tante sfaccettature. Personalmente posso essere contrario, ma non sono io che porterò un bimbo dentro di me e penso che la decisione aspetta a loro. Non penso che sia giusto costringere una donna a tentare l’aborto clandestino e di morire dissanguata. La prevenzione degli aborti è più efficace se il paese e la società hanno politiche di sostegno alle mamme e alle famiglie.
In Italia le discussioni sul sostegno alle famiglie finiscono per parlare contro gli aborti e contro i matrimoni tra gli omosessuali. Secondo me si sbagliano. Non sono gli aborti ed i matrimoni tra gli omosessuali che minacciano le famiglie, intese come persone con i figli. Invece non parlano di quasi mai di creare leggi sulle questioni economiche, sociali e culturali, che rendono la vita difficile per le famiglie con bambini.
Se la vita è il valore supremo, non si deve abortire, e non si deve lasciare che una persona in coma può morire, come mai nel mondo continuano a morire ogni anno più di 10 milioni di bimbi con meno di 5 anni per cause facilmente prevenibili? L’economia di ingiustizia del mondo globalizzato, la vendita delle armi, la corruzione, lo strapotere delle grandi multinazionali, non sono anche questi gli strumenti contro la vita?
George Monbiot, in un recente articolo sul giornale inglese The Guardian, ha scritto che i tassi di aborto sono inversamente correlati con l’uso dei contraccettivi, e che il tasso di aborti è più alto nei paesi più religiosi: 12 per mille nel nord Europa, 18 per mille nel sud Europa, 23 per mille in America del nord, 33 per mille in sud America, 39 per mille in Africa orientale.
Secondo OMS, ogni anno 65-70 mila donne muoiono di aborti illegali e 5 milioni hanno le complicazioni dovute agli aborti illegali.
Penso che parlare di vietare l’aborto non tiene conto della realtà del mondo. Lo scandalo di Genova per il quale si è suicidato il ginecologo Rossi perché “praticava aborti clandestini” in un paese dove si può avere aborto terapeutico legale secondo la legge 194, dimostra che le cause degli aborti clandestini sono molteplici. Lanciare crociate contro l’aborto terapeutico e invocare una legge che li vieti o che li rende ancora più difficile, non aumenterà la clandestinità? Penso che le persone che propongono queste politiche forse non capiscono il dramma delle donne che decidono di abortire.
E’ importante avere una legge che cerchi di sostenere le donne, di aiutarle a trovare soluzioni e se non trovano nessuna soluzione, sostenerli nella loro scelta. E’ già drammatica e dolorosa, e sicuramente non merita la pena di morte e di malattia che di fatto si infligge su di loro costringendole agli aborti clandestini.