lunedì 15 gennaio 2007

L'altro

Ero con Ermanno. Conosco Ermanno da diversi anni, ma soltanto come uno che ci da una mano al magazzino. Non gli avevo mai parlato prima. Così ho scoperto che è un chiacchierone. E' una persona che si interessa di tante cose, è molto disponibile e ha un modo positivo e speranzoso di guardare il mondo, per cui ascoltarlo è molto piacevole. Raccontava della sua vita da allenatore e arbitro delle piccole squadre locali della provincia di Bologna per 25 anni.

Poi, quando siamo arrivati a Lagaro, l'ho visto parlare con una ragazzo di 11 anni. "Devi rispettare le regole e devi divertirci. Sport è soprattutto per divertire", diceva. Sarebbe bello per un ragazzo averlo come nonno, pensai.

Dovevo parlare ai bambini del gruppo di catechesi e poi, fare una testimonianza durante la messa. Come è il parrocco, gli avevo chiesto. "E' giovane, molto simpatico e molto religioso", mi aveva risposto. "Non creerà problemi che non sono cattolico?" avevo chiesto, subito allarmato da questa descrizione. No, non dovevo preoccupare, Ermanno mi aveva rassicurato.

Infatti, Don Roberto, il parrocco di Lagaro nel comune di Sasso Marconi, è molto giovane. Deve avere intorno a 40 anni. Ha un sorriso da ragazzo buono. In chiesa durante la messa, invece aveva la faccia seria e poi si è lanciato in un' omelia appassionata sulle nozze di Canna. Ascoltarlo era così coinvolgente. Mi ha fatto pensare a "La Messa è Finita" di Nanni Moretti.

Poi, in pomeriggio, tornato a casa, continuavo a pensare del mio cambiato rapporto con le religioni. Penso che il pensiero occidentale è troppo basato sulla logica, sulla razionalità. Così, qualcosa può essere "a" o "b", ma non può essere "a" e "b" allo stesso momento. Non ti è permesso di non fare parte di una categoria. Quando si parla di religioni, si parla di convivenza e di rispetto dell'altro, ma non di accettazione piena dell'altro perché l'altro resta sempre qualcuno estraneo.

Non era così in India. Tu potevi essere parte dell'altro, senza per questo perdere la tua identità. Così non si parlava di convivenza e di rispetto ma di fare proprio. Quando andavo a messa di mezza notte al cattedrale di Delhi vicino a Gol Dak khana e durante la messa facevo il segno della croce, era un modo di vivere la gioia di tutti i cristiani intorno. Per la festa di Diwali, potevo fare gli auguri a tutti senza preoccuparmi se l'altro era un indù o un musulmano o sikh. Così come Irene, la nostra vicina, quando ci portava i dolci di Idd, dovevamo tutti farci gli auguri di "Idd mubarak". Quante volte mi sono svegliato alle 4 di mattino per andare a ricevere il kacchi lassi che i sikh distribuivano per l' anniversario di Guru Nanak!

Invece, qui si parla di rispetto dell'altro un po' ascetico, un po' tenuto a distanza. Mi sembra un modo di dire, veramente penso che tutto quello che la tua religione dice è sbagliato, ma per rispetto ti tollerò, basta che limitiamo queste cose nella nostre privacy. Nella chiesa non posso fare il segno della croce perché ciò non sarebbe giusto perché non sono cattolico. Si dice che non dobbiamo avere addobbi di natale per strade perché ciò offende le altre religioni. Invece di dire che per natale mettiamo gli addobbi di natale, per Idd mettiamo gli addobbi dei musulmani e per Diwali mettiamo di addobbi dgli indù sulle strade, affinché tutti possono gioire nella gioia degli altri, noi diciamo che è meglio non avere feste religiose per rispetto, per non offendere l'altro? Mi sembra che così si spinge verso intolleranza e isolamento.

Ma forse dipende tutto da questo modo di ragionare logico e razionale? All'inizio del ventesimo secolo, gli inglesi avevano condotto il primo censimento nazionale in India. Durante questo censimento, in Punjab avevano trovato molte persone che si dichiaravano hindu-sikh, i quali erano stati costretti a scegliere di essere o l'indù o i sikh, non potevano essere sia uno e l'altro. Pensavo che gli inglesi l' avevano fatto per cattiveria, per dividerci. Ma se non l'hanno fatto per cattiveria, ma semplicemente per questa ossessione alla logica? Questa ossessione per "Ogni cosa deve avere un suo posto e un suo titolo, senza confusone".

Oggi domina il pensiero occidentale. E il nostro pensiero di essere un po' dell'altro senza per questo perdere la propria identità, penso che rischia di diventare sempre più debole. Qualche giorno fa avevo letto di un prete indù di Gujarat con una figlia adottiva musulmana e il prete aveva celebrato il matrimonio di questa sua figlia con il rito musulmano, nel cortile del suo tempio. Poi, avevo letto di 5 copie musulmane e 5 copie indù, i quali avevano deciso di farsi celebrare i matrimoni insieme, sia con i riti indù che con quelli musulmani. Forse questo può succedere solo in India perché questo modo di ragionare "non logico" e "non razionale" per il momento sopravvive.

Cosa possiamo fare affinché si capisce di più il valore di quello che abbiamo, prima di perderlo?

Nelle immagini di oggi, la visita di Lagaro di ieri.






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