domenica 14 aprile 2019

Ricerca Emancipatoria

Il 5-6 aprile 2019, ero a Milano al convegno “Essere Persona: La Disabilità nel Mondo” organizzato da AIFO, OVCI e Fondazione Don Gnocchi. In questo convegno ho parlato sul tema “Ricerca Emancipatoria ed Effetti Politici: barriere, discriminazione ed empowerment”.

La ricerca emancipatoria è un approccio innovativo e potrebbe essere di interesse per quanti operano a favore dei gruppi vulnerabili. Per questo motivo, in questo post presento alcuni punti della mia presentazione.

Tipologie di Ricerche

Quando si usa la parola “ricerca”, pensiamo subito ai laboratori e agli scienziati che svolgono delle attività complicate, difficili da capire. Di solito queste sono le “Ricerche Scientifiche”, dove i ricercatori devono mantenere un certo distacco da quello che studiano, per arrivare alle loro conclusioni in maniera neutra.

In campo sociologico, vi sono le “Ricerche Partecipatorie”, dove i ricercatori non sono distaccati dai loro soggetti. Anzi, in queste ricerche, i ricercatori coinvolgono e lavorano insieme alle comunità. Le idee del pedagogista e pensatore brasiliano, Paulo Freire, hanno influenzato lo sviluppo di questa metodologia.

Invece nella “Ricerca Emancipatoria”, sono le comunità stesse in prima persona a svolgere la ricerca. Il concetto di questa metodologia era stato proposto nel 1990 da Mike Oliver, un ricercatore e attivista inglese per i diritti delle persone con disabilità.

Ricerca Emancipatoria sulla Disabilità (RED)

Nella RED, le persone con disabilità sono formate come ricercatori e assistite dagli esperti per svolgere la ricerca. Loro ragionano sui propri problemi che vogliono approfondire e decidono la metodologia di raccolta di informazioni. Sono sempre loro che ragionano sulle informazioni raccolte, e ne traggono le conclusioni. Ciò significa che in una ricerca emancipatoria, le persone con disabilità hanno il potere decisionale su tutti gli aspetti della ricerca.

RED hanno bisogno degli esperti (compreso academici, specialisti, pedagogisti, e rappresentanti delle DPO) – essi hanno il compito di sostenere le diverse fasi della ricerca.

Le RED sono basate sul modello sociale della disabilità e seguono i principi della Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD).

Realizzare RED

La metodologia della ricerca emancipatoria può essere utilizzata con tutti i gruppi vulnerabili, anche se la mia esperienza personale è focalizzata soprattutto sul tema della disabilità.

Verso la metà degli anni 1990, i primi progetti di RED sono stati realizzati da persone con disabilità che studiavano nelle università inglesi. Da allora, il concetto è stato adottato da altri e sperimentato in diversi paesi sviluppati. Alcuni ricercatori di RED, che studiavano nelle università occidentali, sono andati nei paesi in via di sviluppo per svolgere le loro ricerche in collaborazione con le comunità locali.

Invece sono state rare le esperienze di RED, sviluppate e sperimentate interamente nei paesi meno sviluppati. Tra le organizzazioni impegnate nella cooperazione internazionale, AIFO ha colto l’innovazione di questa metodologia ed ha cercato di sperimentarla nei suoi progetti.

Nei progetti AIFO, tra il 2009-2019, sono state realizzate 7 iniziative di RED. Voglio presentare brevemente 6 di queste iniziative, nelle quali ero coinvolto, realizzate in India, Palestina, Italia, Liberia e Mongolia.

RED – SPARK, India (2010)

Il progetto aveva identificato e formato come ricercatori 16 persone disabili (8 donne e 8 uomini). Altre 8 persone disabili erano state formate per svolgere il ruolo di facilitatori durante le riunioni. Tra questi 24 individui, vi erano persone con diversi tipi di disabilità compreso quelle intellettuali, quelle dovute alla lebbra e quelle legate alle malattie mentali. Qualcuno di loro aveva frequentato l’università mentre alcuni di loro erano analfabeti. Rappresentavano vari gruppi di età.

I ricercatori avevano identificato 16 temi prioritari e poi organizzato incontri residenziali di 4 giorni su ciascun tema. Su alcuni temi, vi erano riunioni separate degli uomini e delle donne. Circa 350 persone con disabilità avevano partecipato alle riunioni residenziali e complessivamente la ricerca aveva coinvolto circa 3000 persone.



La foto sopra presenta i ricercatori con alcuni membri del gruppo degli esperti, che comprendevano ricercatori academici, specialisti e rappresentanti delle DPO. Nella foto c’è anche il dott. Enrico Pupulin, ex-responsabile del reparto di Disabilità e Riabilitazione dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), il quale ha dato un grande contributo allo sviluppo della metodologia di Riabilitazione su Base Comunitaria ed è stato uno dei primi sostenitori della RED.

RED – Bidar, India (2013)

Era focalizzata sul tema della violenza subita dalle persone con disabilità. Tra i ricercatori, vi erano diverse persone con personali esperienze di violenza.

Questa ricerca aveva riscontrato diversi problemi. Anzitutto, aveva i tempi molto stretti e non vi era sufficiente tempo per il follow-up. Dall’altra parte, la ricerca aveva fatto emergere una situazione grave e diffusa di violenze subite dalle persone con disabilità, con poche possibilità di trovare un sostegno nelle famiglie e nelle comunità. La situazione richiedeva tempo e risorse per rispondere ai bisogni emersi, in collaborazione con le altre organizzazioni presenti sul territorio.

Inoltre, la parte quantitativa della ricerca con le sue analisi statistiche era troppo difficile da capire per i ricercatori.

La foto sopra presenta un momento durante la formazione dei ricercatori mentre essi esercitavano le tecniche di fare le domande durante le interviste. “Role Play”, ciò è, i giochi di ruolo, sono una parte fondamentale della formazione dei ricercatori.

RED – Gaza, Palestina (2014)

Ero coinvolto soltanto nella prima fase di questa ricerca, soprattutto nella formazione delle ricercatrici. Questa era la mia unica esperienza di RED che coinvolgeva soltanto le donne con disabilità.

Il gruppo delle ricercatrici comprendeva 4 donne sorde (che si vedono nella foto sotto), che è uno dei gruppi difficili da coinvolgere in una RED perché devono essere accompagnate da persone che possono capire e tradurre il linguaggio dei segni, spesso difficili da trovare nelle aree rurali dei paesi meno sviluppati. In questo caso, il progetto era riuscito a garantire il sostegno dei traduttori.



Questa ricerca aveva evidenziato come le barriere legate alle disabilità si sommavano alle barriere imposte dalla difficile situazione politica e sociale in Palestina.

RED – Ponte San Niccolò, Italia (2016-17)

Questa ricerca riguardava le persone anziane che vivono nel comune di Ponte San Niccolò alle porte di Padova nel nord-est di Italia, ed è stata la mia unica esperienza di RED che non si limitava al tema della disabilità ma aveva un focus più ampio.

Questa ricerca coinvolgeva diversi esperti dell’Università di Padova e dopo una fase iniziale svolta dalle persone anziane, era stata allargata ad uno studio quantitativo più approfondito sulla situazione degli anziani, svolto da volontari appositamente formati.

Per questo motivo, il ruolo delle persone anziane coinvolte nella ricerca era limitato solo alle prime fasi dell’indagine e da un’iniziativa RED, si era trasformata in una ricerca scientifica.

RED – Mongolia (2018)

Questa ricerca è tutt’ora in corso. La ricerca coinvolge circa 35 persone giovani con disabilità, tutti abitanti della capitale Ulaanbaatar, che sono stati formati come ricercatori. Tra loro vi sono molte persone con disabilità gravi compreso una persona con tetraplegia e un gruppetto di persone con paralisi cerebrale. In generale, loro hanno un livello alto di istruzione, compreso alcune persone con un dottorato.

Il progetto è limitato alle aree urbane. Durante l’approfondimento su alcuni temi, qualche ricercatore ha voluto affrontare anche gli aspetti quantitativi. Un altro aspetto innovativo di questa ricerca è la presenza di alcuni funzionari governativi e alcuni quadri delle DPO come ricercatori - anche se all’interno del gruppo, loro sono presenti in veste individuale e non come rappresentanti delle istituzioni. Sarà interessante valutare l’impatto di questa presenza istituzionale in una RED.



La foto sopra presenta il gruppo degli esperti, dominata dalle donne, che sostiene questa ricerca e che comprende alcuni academici, alcuni funzionari governativi, qualche specialista e qualche rappresentante delle DPO.

RED – Liberia (2018)

Anche questo progetto è tutt’ora in corso e dovrebbe concludere nel 2020. La ricerca svolge in 3 distretti rurali del paese e comprende alcune zone con grandi difficoltà logistiche. Il gruppo di ricercatori è piccolo (12 persone, 75% maschi) e molti di loro rappresentano un basso livello socioeconomico con poca istruzione.

La Liberia ha affrontato lunghi anni di guerra civile finita 15 anni fa e una grave epidemia di Ebola tra 2014-16. Entrambi questi eventi continuano avere i loro riflessi sulla vita delle persone del paese e influiscono anche sulla ricerca.



Le persone scelte come ricercatori, sono soprattutto persone con disabilità fisiche mentre le altre disabilità sono poco rappresentate. Nelle prime indagini condotte da questi ricercatori, si evidenziano molte difficoltà sia per la raccolta di informazioni che per capire il ruolo dei ricercatori.

Mongolia e Liberia

In confronto ai ricercatori in Mongolia, il gruppo Liberiano parte con molti più svantaggi e barriere, anche se i suoi ricercatori hanno disabilità meno gravi.

Le informazioni raccolte, il livello di discussioni e le strategie proposte per superare le barriere identificate, sono molto diverse nelle ricerche in corso nei due Paesi.

Nonostante tutte le differenze, penso che ciascuna ricerca, in modo suo, innesca significativi processi di empowerment tra i partecipanti. Queste differenze sono la ricchezza della RED ed è importante riconoscere e valorizzare queste differenze per cogliere i cambiamenti che queste ricerche possono portare.

Gli obiettivi di una ricerca emancipatoria sono scelti dai ricercatori. Se i ricercatori hanno un basso livello di istruzione e vivono nei paesi con poche infrastrutture e servizi, i loro obiettivi, le loro capacità di raccogliere informazioni e le loro strategie proposte per superare le barriere, saranno diverse da quando i ricercatori sono persone istruite e vivono nei paesi più sviluppati.
Informazioni Raccolte Nelle RED

In generale, le ricerche emancipatorie focalizzano sulle informazioni qualitative. La metodologia RED non è adatta alle indagini quantitative. Come spiegato sopra, in qualche ricerca vi sono individui con capacità di lavorare anche sui dati quantitativi, ma difficilmente i gruppi riescono a ragionare sopra e capire il significato di questi dati.

Spesso gli esperti sono delusi quando guardano le informazioni raccolte in una RED, soprattutto nelle fasi iniziali. Invece con tempo, la qualità delle informazioni raccolte migliora, e si vedono i collegamenti tra le caratteristiche specifiche sociali e culturali delle persone e le barriere che essi incontrano.

Oltre alla raccolta delle informazioni in maniera sistematica, l’obiettivo della RED è di promuovere riflessioni sul significato di quelle informazioni tra i ricercatori e le comunità. Loro ragionano su che cosa possono fare per superare le difficoltà identificate. Sono queste riflessioni che promuovono l’empowerment delle persone e spesso stimolano la nascita di azioni comunitarie. In questo senso, una ricerca emancipatoria, spesso diventa una “ricerca azione”, anche se è difficile prevedere o programmare le azioni che potrà far scaturire.

Difficoltà di Realizzare una RED

Spesso le iniziative di RED sono parte di programmi più ampi. Il personale di questi programmi e gli esperti che sostengono la ricerca, possono avere delle aspettative non realistiche verso il suo processo. Inoltre, spesso questi non capiscono la gradualità dei cambiamenti e qualche volta intervengono con troppa forza, interrompendo il processo.

L’obiettivo principale di RED è di promuovere l’empowerment delle persone ma non sappiamo come misurare questo empowerment. Alcune metodologie sono state proposte per misurare l’empowerment, per esempio, dalla Banca Mondiale, ma esse sono difficili da applicare nel contesto di RED. A livello aneddotico, possiamo avere molte storie raccontate dalle persone coinvolte nella RED che testimoniano il loro empowerment, ma queste storie non sono sufficienti come indicatori.

Un’altra difficoltà riguarda l’identificazione della persona che dovrebbe documentare tutto il processo della ricerca. Per svolgere questo lavoro, idealmente abbiamo bisogno di qualcuno istruito e capace, che può ascoltare i ricercatori con empatia senza cercare di influenzarli o di dominarli – e questo è difficile.

Le discussioni durante le riunioni formali di RED sono una piccola parte del suo processo. Quando parte il processo di ricerca, vi può essere una grande vivacità di discussioni e attività tra i ricercatori e tra loro e le comunità, ma tutto questo avviene fuori dalle riunioni formali e non sempre i responsabili della documentazione hanno la possibilità di raccogliere queste informazioni.

In fine, le discussioni e le interviste sul territorio avvengono nelle lingue locali. Nelle riunioni formali, i tempi sono limitati e spesso i ricercatori non sanno esprimersi bene. Alcune parole e concetti delle lingue locali sono difficili da tradurre. Tutte queste difficoltà creano barriere per la raccolta di queste informazioni nei rapporti.

Per esempio, in un progetto di RED in India, i ricercatori avevano raccolto 18 ore di testimonianze video delle persone dei villaggi. La maggior parte di queste testimonianze erano nei vari dialetti della lingua locale, che variano secondo i villaggi. I traduttori basati nelle città non erano in grado di capirli. Per la loro trascrizione bisognava girare nei villaggi e parlare con le persone locali, il che richiedeva tempo e risorse. Per cui non è stato possibile utilizzare queste testimonianze per documentare la ricerca.
Conclusioni

La ricerca emancipatoria non può sostituire le ricerche tradizionali, ma essa può fornire informazioni che sono difficili da raccogliere in altri tipi di ricerche. Nei programmi comunitari, questo approccio alla ricerca può promuovere la partecipazione e inclusione dei gruppi vulnerabili, e allo stesso momento, può stimolare l’avvio di diverse attività da parte dei gruppi emarginati per contrastare la propria esclusione.

Ricerca emancipatoria può essere realizzata soltanto come un’attività inserita dentro un programma comunitario più ampio, perché richiede la piena partecipazione della comunità. Essa deve essere vista come un processo e ha i suoi tempi di realizzazione.

RED può fornire informazioni specifiche legate al contesto e alla cultura locale delle persone, difficili da raccogliere altrimenti, e promuove empowerment delle persone disabili coinvolte nella ricerca.

La metodologia della RED è nuova e ha bisogno di essere sperimentato. Diversi aspetti della RED, come per esempio, la misurazione dell’empowerment, hanno bisogno di essere definiti.

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lunedì 18 marzo 2019

Pagine del Diario: Viaggio in India

Ho passato in India i primi due mesi di questo anno, in parte per lavoro e in parte per qualche settimana di ferie con le mie due sorelle. Avevo due impegni di lavoro - visitare un vecchio lebbrosario e condurre una piccola ricerca sulla disabilità.

La visita non è andata come l’avevo programmata. Sono stati dei malintesi con il progetto dove dovevo condurre la ricerca e alla fine ho dovuto rinunciarla. Inoltre, la nostra riunione famigliare è stata fortemente condizionata dall’improvvisa scomparsa di una cugina, alla quale ero molto legato.

Con questo mio diario, voglio condividere alcune mie impressioni di questo viaggio, a cominciare dall’India che cambia.

L’India che cambia

La costruzione della metropolitana di Delhi fu iniziata nel 1998 e il primo piccolo tratto fu completato soltanto nel 2002. Oggi 17 anni dopo, il sistema comprende 8 linee che insieme coprono 327 chilometri e 236 fermate, e i lavori continuano.

Infatti, la crescita del sistema è così veloce che dovete continuamente cercare nuove mappe della metro sull’internet perché le mappe stampate non riescono a starci dietro. Queste linee hanno creato un servizio di trasporto pubblico che arriva dappertutto in questa metropoli di 19 milioni di abitanti.



Viaggiare con la metropolitana è il migliore modo per vedere il cambiamento in atto in India. Nei suoi treni si vede un’India prevalentemente giovane e dalle loro facce è difficile capire le loro provenienze. La maggior parte, quando non parlano con gli altri, hanno gli occhi fissi sui cellulari, spesso a guardare qualche video.

India è sempre stata una società molto gerarchica. Invece nella metro, i ragazzi provenienti da famiglie meno benestanti si siedono accanto a quelli ricchi ed è difficile distinguere tra di loro. Le caste non sono più importanti. I ragazzi ricchi parlano soprattutto in inglese e hanno accenti diversi. Mentre quelli delle famiglie meno benestanti parlano soprattutto le lingue indiane. Tutti sembrano molto sicuri di sé.

Fuori dalla metropolitana, la città sta cambiando con nuove autostrade, cavalcavie e strade sopraelevate, tutte piene di macchine e un crescente inquinamento. Le 10 dieci città più inquinate del pianeta sono tutte in India. Le nuove periferie sono piene di centri commerciali e nuovi grattacieli che spuntano come funghi giganti da tutte le parti.



È soltanto nella vecchia città di Delhi che uscire dalla stazione di metropolitana sembra portarci direttamente dal ventunesimo secolo al medioevo. Nelle stazioni della metropolitana, con le loro esposizioni d’arte e le piastrelle lucidate, potrete pensare di essere a New York. Invece tornati sulla superfice, il panorama della città vecchia con il groviglio dei fili elettrici e il traffico caotico con le immancabili mucche è rimasto quello di sempre.

E i poveri?

Si dice che la povertà è diminuita e in generale, l’affermazione sembra vera, soprattutto nelle città grandi. Invece nelle città più piccole, nelle aree rurali e tra i gruppi indigeni che vivono nelle foreste, i poveri si vedono ancora, ma meno di prima.

Una sera in una piccola città nel sud dell’India ho avuto un'incontro particolare. Avevo un cestino con la mia cena che mi ero fatto preparare dall’albergo ed ero seduto su una panca non lontano dalla stazione ferroviaria. Dovevo aspettare qualche ora per il mio treno, così decisi di mangiare. Poco dopo vidi dalla coda dell’occhio, un piccolo gruppo di persone a passare davanti. Il gruppo si fermò poco dopo e uno di loro si girò verso di me.

Aveva forse 17-18 anni. Era magrissimo con la faccia scavata e guardava con desiderio il cestino che tenevo sulle gambe. Suo sguardo fu così intenso e supplichevole che non potei resistere - ho allungato il cestino verso di lui. Preso il cestino, il gruppetto si è subito allontanato. Tutto era successo in un attimo. Soltanto dopo qualche minuto avevo pensato che potevo accompagnarli alla stazione e offrirli qualcos’altro da mangiare, ma erano già spariti tra la folla.

Ogni volta che penso allo sguardo di quel ragazzo, mi commuovo.

Azam, il Bambino Barbiere

Vicino alla casa di mia sorella, c’è il negozio di un barbiere dove vado di solito per farmi tagliare i capelli. Questa volta quando sono arrivato al negozio, non c’era il solito ragazzo. Al suo posto c’era un ragazzino che dichiarava di avere 15 anni, ma mi sembrava molto più giovane. Lui mi ha assicurato che aveva già molta esperienza e sapeva il mestiere.

Era basso e per tagliare i miei capelli, dovevo abbassare le mie spalle e farmi andare giù sulla sedia, altrimenti non riusciva ad arrivare alla parte superiore della mia testa.

Lui si chiamava Azam e veniva da un villaggio nei pressi della città di Rampur, dallo stato di Uttar Pradesh. Aveva studiato soltanto fino alla prima media. Mi aveva raccontato che non gli piaceva studiare e anche se suo padre non voleva che lui abbandonasse gli studi, lui aveva preferito imparare il mestiere di barbiere e cominciare a lavorare. Mi ha detto che era contento della sua scelta. Mi aveva parlato anche della sua famiglia, della sua mamma e del piccolo figlio del fratello, al quale voleva bene.

Mentre mi parlava della famiglia, per qualche minuto, era scomparsa la sua maschera di ometto sicuro di sé. Sembrava il bambino che era, al quale mancava la mamma e la famiglia.

Un’Immersione nell’Arte

Ero di passaggio a Kochi, dove era in corso il biennale internazionale d’arte, e così ho potuto visitare i vari luoghi della mostra. Vi erano molte opere che mi sono piaciute. Ho apprezzato particolarmente le opere di Cyrus Kabiru (Kenya), Durga Bai (India), Georges Rousse (Francia) e Heri Dono (Indonesia).



Una mattina ho avuto una lunga discussione sul mondo dell’arte nell’India odierna con l’artista Raju Sutar, venuto da Pune. Lui aveva curato una mostra speciale al Biennale, che era intitolata “Anche i pensieri sono materia”. Era una discussione molto intesa e animata. Amo questo tipo di incontri non programmati.

Oltre a Kochi, questa volta ho trovato una vivacità di eventi artistici in India che prima non c’era. Per esempio, durante la mia permanenza a Delhi, vi è stata la fiera nazionale dell’arte, il festival dell’arte Imagine e il festival dell’arte di strada "Lodhi Street Art Project".

Una mattina, sono andato a girovagare per le strade di Lodhi Colony, un quartiere di Delhi dove vivono i dipendenti pubblici e dove il progetto Lodhi Street Art era in corso con alcuni artisti indiani e internazionali, a creare arte sui muri delle case. Se siete in visita a Delhi e avete una mattina libera, andate a passeggiare per le strade di Lodhi Colony, vicino ai giardini Lodhi, dove potete visitare alcune tombe molto belle del 14° e 15° secolo. Le opere murarie si trovano sulle strade che incrociano con Jorbagh road nella zona che va da Meherchand Market a Khanna Market (potete trovare entrambi i punti sul Google Maps).



La Scuola di Kalamandalam

Il centro di Kalamandalam nei pressi della città di Thrissur, è famosa per l’insegnamento delle danze classiche e della musica tradizionale. Avevo sentito parlare di questa scuola da alcuni amici. Ho passato un giorno a visitare questo centro, ed è stata una visita emozionante.

Alla mattina, gli studenti si dedicano alle lezioni pratiche nella zona “kalari” del centro mentre in pomeriggio vi sono le lezioni teoriche nelle aule. Per cui, dovete andarci alla mattina (visitatori sono ammessi dalle 09,30 in poi) e visitare la zona Kalari della scuola, dove sentirete il suono dei tamburi di vari tipi e dove troverete i ragazzi di varie età impegnati in danze, canti e musica. Potete guardare dentro le aule dalle enormi finestre o eventualmente appostandovi in un angolo delle aule. Le lezioni pratiche finiscono alle 13,00.



Ho passato 3 ore magiche in questa scuola e mi piacerebbe molto tornarci. La lezione che mi ha emozionato di più era quel del canto in stile carnataka. Sentire l'insegnante tessere dei disegni molto complessi con la sua voce e poi, sentire gli studenti che cercavano di ripeterli, era esilerante.

I Templi di Halebidu e Belur

Il lebbrosario che dovevo visitare era nel distretto di Hassan, nello stato di Karnataka nel sud dell’India. Questa è stata un’opportunità per visitare i templi di Halebidu e di Belur, costruiti tra il 9° e il 12° secolo e riconosciuti dall’UNICEF come patrimonio dell’Umanità. Le pareti dei templi in entrambe le città sono ricoperte da bellissime sculture. L'immagine sotto è delle sculture dal tempio di Belur - la donna con uccellino - e dà un'idea della bellezza di questi templi scolpiti in pietra.



I templi sono molto belli, e sono poco conosciuti, per cui hanno pochi visitatori internazionali. Per esempio, in un tempio del tredicesimo secolo a Halebidu, quando sono arrivato, ero l’unico turista insieme ad alcuni ragazzi locali che probabilmente avevano marinato la scuola, e si prestavano a farmi da guida.

Il raduno sacro di Kumbh

La nostra vecchia casa paterna era nella città di Prayagraj (vecchio nome Allahabad). Una delle mie sorelle era nata in quella città. È una delle 4 città indiane dove si tiene il grande raduno di Kumbh ogni 12 anni, che riunisce milioni di indiani.

Il raduno di Kumbh è legato ad un vecchio mito che parla del nettare dell’immortalità caduto giù da un vaso (kumbh) in 4 luoghi diversi dell’India. Prayagraj è il primo e il più importante di questi 4 luoghi.

Anche mia cugina Mini didi era nata in questa città. Aveva insegnato all’università di Delhi ed era andata in pensione qualche anno fa. Il 16 febbraio, mentre era a pranzo presso la casa di amici, aveva avuto un malore ed era deceduta improvvisamente. I suoi due figli che erano negli Stati Uniti, erano tornati in India per il suo funerale e avevano voluto portare le ceneri della loro mamma a Prayag per disperderle nel Gange, dove stava per finire il raduno di Kumbh.

Quest anno il raduno è durato 50 giorni e in questo periodo, secondo il governo, intorno a 240 milioni di persone hanno visitato Prayag per fare un bagno nel Gange, sopratutto nella zona dove il Gange si riunisce con il fiume Yamuna.



Io e le mie 2 sorelle, eravamo a Delhi. Abbiamo accompagnato i due ragazzi in questo viaggio e così per la prima volta nella vita ho partecipato al raduno di Kumbh. Avevamo prenotato alcuni tendoni nell’enorme città delle tende allestita per i pellegrini sulle rive del Gange. Quando siamo arrivati a Prayag, oramai il raduno era finito, ma comunque, vi erano ancora più di un milione di pellegrini accampati in questa zona.

La nostra permanenza a Prayag era molto breve. Il momento più emozionante di questo viaggio per me era quello di vedere la casa dove era nato il mio papà e dove era arrivata mia mamma come sposa dopo il matrimonio. Quando avevo qualche anno, ero già stato in quella casa, ma questa era la prima volta che l’avevo vista da grande.

Il Teatro di Strada

Tra le diverse forme di arte, il teatro è quello che mi attira meno. Invece questa volta ho avuto l’occasione di vedere alcuni spettacoli di teatro di strada realizzati dagli studenti universitari di Delhi e li ho trovati molto coinvolgenti.

Spesso il teatro di strada è utilizzato per parlare di problemi sociali. Diverse scuole universitarie di Delhi hanno gruppi teatrali molto attivi. Gli spettacoli che ho guardato toccavano temi molto diversi tra di loro – dalla scomparsa delle lingue parlate dalle minoranze etniche alla violenza sessuale. E' stata un'esperienza molto coinvolgente.



Conclusioni

Sono rimasto in India per quasi due mesi. Ho potuto fare poco di quello che avevo programmato, ma è stata una visita densa di esperienze. Dalle mostre d'arte alla danza e al teatro di strada, le visite ai vecchi templi di Halebidu e Belur, e la visita al raduno di Kumbh, erano tutte esperienze intense.

Mentre, io e mia sorella venuta dall’America, ci preparavamo a rientrare, era scoppiata una disputa tra India e Pakistan. Qualcuno parlava dell'imminente guerra. Invece sembra che alla fine è prevalso il buon senso.

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martedì 25 dicembre 2018

Grande Canyon e il Tè allo Zenzero

Più passano gli anni, più sembra che passano veloci. I giorni, le settimane e i mesi, tutti sembrano sfrecciare via come un campione di sci in fuga da un branco di leoni. Non penso che l’analogia sia molto azzeccata, perché non credo che i leoni riescono a correre sulla neve. Inoltre non so sciare. Comunque, mi piace l’immagine di un branco di leoni bianchi con le fauci spalancate che mi seguono sulle nevi mentre cerco di far rallentare il passare del tempo.

Più gli anni corrono veloci, più vorrei documentarli per me stesso. Per esempio, gli anni passati a Guwahati, nel nord-est dell’India, sembrano già svaniti dalla mia memoria. Per fortuna, ne avevo scritto su questo blog, così posso rileggere e rinfrescare la memoria.

L'immagine qui sotto presenta un ragazzo che si prepara per diventare Thayyam, parte del rito sacro celebrato nel nord del Kerala in India, uno dei momenti emozionanti dei miei viaggi nel 2018.



Dopo i primi viaggi internazionali alla fine degli anni 1980, non riuscivo più a ricordarli. Ho un vago ricordo di molti paesi che avevo visitato in quell’epoca. Posti come isola di Jersey, Messico, Bolivia, Nicaragua, nord-ovest del Brasile e il piccolo Lussemburgo – ricordo di esserci stato, ma se ci penso, non riesco a ricordare quasi niente. Invece, verso il 2003-04, ho cominciato a fotografare tutto con la macchina fotografica digitale, e per diversi anni, ciò mi aiutava a fissare gli eventi nella memoria. Invece, da un paio di anni, a forza di scattare migliaia di foto, ora ne anche le foto servono molto. L’unico modo di ricordare il passato, è quello di scriverne.

In questo post, voglio ripercorrere i miei viaggi più belli del 2018.

Alla Riscoperta del Sud dell’India

Il mio primo viaggio del 2018 era in India. Avevo una riunione a Chennai sulla costa sud-orientale e poi dovevo andare ad un ospedale ayurvedico nello stato di Kerala, sulla costa sud-occidentale. Invece di prendere un volo da Chennai per Kochi, ho scelto un percorso stradale e ho fatto la strada più lunga, seguendo tutta la costa. Sono sceso giù da Chennai in autobus, con soste a Mahabalipuram e Pondicherry. Poi ho preso un treno da Villapuram per arrivare a Kanyakumari alla punta sud dell’India.

Da Kanyakumari, sono risalito lungo la costa occidentale, di nuovo in autobus, con tappe a Tiruvanantpuram, Kochi, Kottamangalam, Kozhikode e Kannur. Poi ho proseguito in treno verso il nord, con fermate a Panjim in Goa e Mumbai in Maharashtra - in tutto circa 2000 km fatti in autobus e treno. Nell'immagine qui sotto, uno dei templi rupestri di Mahabalipuram.


 
È stato uno dei viaggi più belli che ho fatto, pieno di emozioni forti. Ho ritrovato un amico che non vedevo da 25 anni. Sono andato a trovare un vecchio insegnante, che con il passare degli anni era diventato un amico e che era gravemente malato. Ho visto il sole sorgere dietro all’antico tempio sulla spiaggia di Mahabalipuram. Una mattina presto, sono andato a vedere i pescatori nei pressi di Kozhikode che tornavo dal mare. Ho visto la trasformazione di un ragazzo che si preparava per il rito sacro di Theyyam in un villaggio vicino a Kannur. Ho partecipato al carnevale di Goa. Ho tantissimi ricordi di questo viaggio che non vorrei dimenticare. Più volte durante l’anno, sono tornato a riguardare le foto scattate durante questo viaggio. In tutto ci ho messo circa un mese, compreso circa una settimana in un centro di cure ayurvediche nei pressi di Kothamangalam.

Il Tè a Rishikesh

Dovevo visitare una casa per gli ex-malati di lebbra vicino a Rishikesh. Era un’occasione per visitare le due città sacre dell’induismo, Rishikesh e Haridwar. L’ultima volta che ero stato da queste parti era circa 50 anni fa, nel 1968, l’anno della visita dei 4 Beatles che erano venuti al ashram di Mahesh Yogi.

Quella volta eravamo andati a trovare il guru Mahesh Yogi e avevo intravvisto anche l’attrice americana Mia Farrow e uno dei Beatles, Ringo Starr. Ma era proprio il Guru con il suo gentile sorriso che mi aveva lasciato una grande impressione.

Questa volta quando sono tornato a vedere il suo ashram, l’area era irriconoscibile. L’ashram oramai è chiuso da anni e sono cresciuti gli alberi e le piante tutto intorno, per cui da fuori non si vede più niente.

Rishikesh rimane la metà preferita dei turisti occidentali. È piena di ashram, soprattutto le zone sulla riva occidentale del fiume Gange, dove i guru di vari tipi, vestiti di arancione, insegnano yoga e meditazione ai turisti. Anche se capisco le loro ragioni, e so che non può essere diversamente, lo sento come una mercificazione della spiritualità e ciò mi mette a disagio. Nell'immagine qui sotto, un sadhu, gli asceti che portano arancione, il colore della rinuncia ai beni materiali.



Alla fine ho preferito fermarmi lontano dalle zone dei turisti stranieri, in un hotel vicino a Triveni Ghat, sulla riva orientale, dove molti indiani anziani, si raggruppavano alla sera per stare insieme e parlare di yoga e di spiritualità. Stare con qualche gruppo per ascoltare le loro discussioni accompagnate da barzellette e gossip, era divertente. In occidente, i luoghi delle religioni e dei luoghi di preghiera, richiedono silenzio e un comportamento rispettoso. Invece la spiritualità popolare in India, è spesso soffusa da un senso di divertimento, canti e musica e di rumore delle chiacchiere.

Vicino all’antico tempio di Tara Mata, avevo trovato una giovane signora con il suo carretto che preparava un tè squisito. Avevo osservato con attenzione la sua preparazione. La sua ricetta per il tè comprendeva un quarto d’acqua e tre quarti di latte intero, fatti bollire con le foglie di tè nero, un pezzettino di zenzero fresco pestato, un pezzettino di cannella e qualche chicco di cardamomo pestato. Dopo il ritorno in Italia, ho continuato a preparare il mio tè di mattino seguendo la sua ricetta.

Avevo sentito dire che negli ultimi decenni, il fiume Gange era diventato molto più sporco e inquinato. Invece, durante la visita, mi aveva fatto piacere vedere che almeno fino a Haridwar, il fiume continuava ad avere le acque limpide e pulite. Lungo il fiume, in diversi punti, si celebrano alla sera il rito della preghiera, “Aarti”. Durante le preghiere i preti parlavano anche dell’importanza di non sporcare il fiume e di non usare la plastica. Forse anche questo ha contribuito a creare maggiore coscienza tra i pellegrini, che stanno più attenti.

Un momento forte di questa visita era incontrare mia cugina Simi che non vedevo da circa 30 anni. Era strano vedere i lineamenti della ragazzina che ricordavo, nel volto di una donna di famiglia che mi ricordava tanto la sua mamma. Nella foto qui sotto, la mia cugina con le sue due figlie.


Grande Canyon e il Deserto Dipinto

Dovevo andare in America per una riunione e volevo approfittare da questo viaggio per andare a trovare mia sorella. Quando le avevo parlato, lei aveva subito preparato un programma per visitare alcuni posti turistici in Arizona e Nuovo Mexico. Purtroppo la mia riunione è stata posticipata, ma oramai ero stato catturato dall’idea del viaggio che lei mi aveva prospettato. Così, in aprile, sono andato lo stesso negli Stati Uniti per un viaggio on-the-road.

Con una macchina a noleggio, siamo partiti da Santa Fe in Nuovo Mexico e abbiamo terminato il nostro viaggio a Phoenix in Arizona dopo 10 giorni. Durante questo viaggio abbiamo visitato Albuquerque, deserto dipinto, foresta pietrificata, Walnut canyon, Flagstaff, Grande Canyon, Sedona, il parco botanico di Phoenix e molti musei. Nell'immagine qui sotto, un panorama della foresta pietrificata.



Mentre andavamo da Flagstaff a Grand Canyon, abbiamo sbagliato la strada e siamo arrivati al lago Powell in Utah. Dopo una piccola sosta alla diga di Powel, siamo tornati in dietro. Durante questa deviazione siamo passati a due passi da “Horse-shoe Bend” sul fiume Colorado, un sito naturale di grande suggestione, ma non sapevamo che cosa era e non ci siamo fermati. Dopo, quando ho visto le foto di questo luogo, mi è dispiaciuto molto per aver perso quest’opportunità! Nell'immagine sotto, un panorama del Gran Canyon.



Un'altra delusione era la mia macchina fotografica Canon, che aveva deciso di bloccarsi a Santa Fe, all’inizio di questo viaggio. Per fortuna, ho potuto fotografare con il mio cellulare. Comunque, davanti alla maestosa bellezza di Grande Canyon, mi è dispiaciuto molto non avere la mia macchina fotografica.

Dopo il grande giro, siamo tornati a Bethesda, vicino alla capitale americana Washington DC. Era il momento della fioritura dei ciliegi, un momento di grande suggestione per visitare questa città.

Quando ripenso a questo viaggio, oltre alle bellezze naturali di posti come il Grande Canyon, ricordo soprattutto la passeggiata lungo il Canyon Road a Santa Fe in Nuovo Messico, con decine di gallerie d’arte su entrambi i lati della strada. Alla fine mi sembrava di essere ubriaco dalle opere d’arte che avevo guardato. Nella foto sotto alcune sculture lungo la strada da quella passeggiata.



Tra me e mia sorella, abbiamo solo 2 anni di differenza. Mentre crescevamo, eravamo molto affiatati. Era bello riscoprire la stessa sintonia dopo tanti anni. Parlavamo continuamente e un’amica di mia sorella che ci aveva accompagnato per una parte di questo viaggio ne era infastidita. Cresciuta senza fratelli, si sentiva tagliata fuori dal nostro costante battibecco!

Ulaan Baatar, Mongolia

In maggio sono tornato a Ulaan Baatar, che tutti chiamano UB, la capitale della Mongolia, per formare un gruppo di giovani ricercatori con disabilità. Ero tornato a UB dopo 10 anni e in questo periodo, la città era cambiata completamente. Vi erano più edifici, più macchine, più negozi, più ristoranti e più benessere. Nella foto sotto, la scultura del derviscio danzante a UB.



Questa volta il mio albergo era a due passi dal monastero buddista di Gandam. È un posto bellissimo. Così sono tornato al monastero più volte, una volta anche presto alla mattina per vederlo senza turisti. Era bello osservare i monaci buddisti che pregavano e meditavano.

Inoltre, con l’aiuto di Google Map, ho esplorato diverse altre zone della città senza avere paura di perdermi. Più volte sono tornato alla grandiosa piazza di Sukhbaatar con le due statue di Gengis Khan e il parlamento nazionale. Nella foto sotto, la Piazza Sukhbaatar alla sera dopo la pioggia.



Monrovia e Ganta, Liberia

Quest’anno sono stato in Liberia due volte, in luglio e in ottobre. Ho esplorato qualche zona della Monrovia, la capitale del paese, ma avevo sentito storie non molto rassicuranti sulla città da conoscenti e amici, e così ho evitato di andare in giro a piedi.

Ho scattato solo qualche foto dalla macchina. L’unica volta che ho tirato fuori la mia macchina fotografica a Monrovia, era una mattina presto nella zona dell’ambasciata americana, dove mi avevano assicurato che è ben sorvegliata.

Conoscevo il nome della città di Ganta da molti anni per via del suo lebbrosario. Visitare il vecchio lebbrosario era la parte più interessante di questo viaggio. A Ganta, vi erano meno problemi di sicurezza e non avevo paura. Così sono andato in giro a piedi, ma a parte le due strade principali della città con dei negozi, c’era poco da vedere. Nell'immagine sotto, la strada che collega Ganta con Sanniquellie, dove la nostra macchina era rimasta bloccata nel fango.



Un giorno siamo andati alla frontiera tra Liberia e Guinea Konakry e mentre scattavamo le foto, siamo stati sgridati dai poliziotti di frontiera.

Ho sentito che Liberia ha un parco naturale, ma nessuno sapeva quali animali vi sono in questo parco e in ogni caso, non era facile arrivarci. Altrimenti, gli unici posti da visitare in Liberia sono i resort, i centri turistici, lungo il mare, dove la gente benestante va per prendere il sole e a mangiare. Il mare liberiano è molto mosso e la balneazione non è consigliata.

I miei ricordi dei viaggi in Liberia sono legati più alle persone che ai posti. Per esempio, avevo letto e sentito molto sulla brutale guerra civile che aveva dilaniato questo paese nel periodo 1989-2003. Tra queste storie, vi erano quelle dei bambini soldato che erano stati costretti a compiere violenze contro le proprie famiglie e spinti verso tossicodipendenza, affinché diventavano brutali. Ho incontrato uno di questi ex-soldati, uno che era un adolescente all'epoca e che aveva visto l’uccisione di suoi genitori. Sentirlo parlare, mi aveva fatto venire i brividi e non ero stato capace di dire niente.

Viaggi in Italia

A parte qualche viaggio a Bologna per andare a trovare la nipotina, per la maggior parte del tempo siamo rimasti a Schio.

Le nuove scoperte nei dintorni di Schio erano il ponte galleggiante che collega la zona del Pasubio con il Campo Basso, la passeggiata a Valdastico sulla vecchia ferrovia e la passeggiata lungo il torrente Agno a Valdagno. L'altra novità a Schio era quella di far parte di un gruppo di lettura. L'immagine qui sotto è da una vista a Burano. Infatti, ero tornato a Venezia per visitare le isole di Murano e Burano che avevo visitate una volta nel lontano 1979.



Conclusioni

Ho in testa l’idea di visitare Cambogia e di tornare in Thailandia e Indonesia, ma quest’anno, ciò non era possibile. Un altro paese che mi attira molto è la Papua Nuova Guinea.

Chissà se riuscirò a fare qualche viaggio diverso nel 2019! In tanto, le mie valigie sono pronte per tornare in India. Inoltre, per seguire due progetti di ricerca emancipatoria, dovrei tornare di nuovo in Liberia e Mongolia.

Fortunatamente, non posso prevedere quello che ci aspetta nel 2019. Invece posso essere soddisfatto delle sensazioni e esperienze che ho potuto sperimentare nel 2018. Auguro a tutti voi e a me stesso, altri viaggi e altre scoperte nell’anno che verrà.


giovedì 13 dicembre 2018

Un Dolce Per i Bibliofili

Per il primo compleanno del nostro gruppo di lettura a Schio (VI), avevo preparato un dolce indiano, il Kalakand. Alcuni compagni del gruppo mi hanno chiesto la ricetta di quel dolce. Ho pensato che questa era una buona occasione per parlare anche del gruppo. Infatti, vorrei iniziare proprio dalla mia esperienza del gruppo.



Lettori in Circolo

Il nostro gruppo di lettura si chiama “Lettori in Circolo”, che si riunisce una volta al mese in un bar di Magré. Ogni incontro dura tra una o due ore. Prima di terminare l’incontro, decidiamo il nuovo libro da leggere e la data del successivo incontro.

Da quando ero bambino, ho sempre amato leggere i libri. Più di una volta ho scritto dei libri sul mio blog. Sapevo dei gruppi di lettura ma non ne avevo mai fatto parte. “Lettori in Circolo” è la mia prima esperienza in questo tipo di gruppi.

Un gruppo di lettura

A parte qualche giallo o thriller, ultimamente avevo smesso di leggere i romanzi. Leggevo soprattutto quello che in inglese si dice “Non fiction”. Invece il gruppo mi ha imposto di leggere dei romanzi. Non solo, erano libri che personalmente non avrei mai scelto di leggere – 3 Uomini e una barca, Venne chiamata due cuori e Dove porta la neve. Per ciò, a parte il piacere di trovare nuove amicizie, il gruppo di lettura mi ha costretto a uscire dalle mie abitudini e affrontare spazi mentali nuovi.

Inoltre, sapere che durante l’incontro dovrò parlare del libro, mi costringe a rallentare e soffermarmi di più su quello che leggo. Ultimamente penso di essere diventato un lettore più superficiale e affrettato. Se un libro non mi piace, lo metto via dopo poche pagine. Invece con i libri del gruppo, devo fare uno sforzo diverso. Mi ha fatto riflettere questo cambiamento di passo.

Poi è bello sentire i diversi pareri sui libri nel gruppo e osservare come lo stesso libro entusiasma alcuni, e lascia indifferenti gli altri.

La forza motrice del nostro gruppo, Michela, cerca di tenerci allineati e quando vede che le discussioni partono per le tangenti, le riporta in dietro al libro del mese. Inoltre, lei prepara degli stimoli per farci riflettere e raccoglie le proposte sui nuovi libri da far leggere al gruppo. È un ruolo che richiede passione e impegno. Se pensate di far nascere un gruppo di lettura, dovrete assicurarvi che vi sia qualcuno che assume queste responsabilità.

La ricetta di Kalakand

Dopo questa introduzione al gruppo, arriviamo alla mia ricetta. Quando ero un bambino, preparare il kalakand richiedeva molto tempo. Dovevi iniziare il giorno prima con la preparazione di Paneer, il formaggio fresco. Poi passavi delle ore a mescolare il latte che si cucinava sul fuoco basso affinché diventava solido. Invece la mia ricetta usa sostituti facilmente disponibili al mercato e richiede poco tempo.

Ingredienti

500 gm di ricotta fresca, 1 scatola di latte condensato (300-350 gm), una bustina di zafferano, semi di qualche cardamomo (pestati), una manciata di granella di mandorle, una manciata di altri semi (per esempio, semi di zucca o di melone) e zucchero secondo i gusti (solo se il latte condensato non è zuccherato).

Preparazione

In una pentola anti-aderente mettete la ricotta, versate il latte condensato e mescolate. Cucinate sul fuoco medio-basso. Aggiungete i semi di cardamomo pestati, lo zafferano e la granella di mandorle. Assicurate che la miscela non attacchi sul fondo della pentola, mescolate continuamente e cucinate per circa 20 minuti.

Versate la miscela in una scatola e sulla superficie posate i semi di zucca e di melone, premendo sopra leggermente con un cucchiaio. Lasciatelo raffreddare e poi tenetelo in frigo per qualche ora, affinché la miscela diventi solida. A questo punto potete tagliarla in pezzettini più o meno grandi secondo i vostri gusti.

Personalmente mi piace mangiare il Kalakand quando la miscela è ancora tepida. Immagino che sia pieno di calorie per cui non esagerate e andate piano con le porzioni!

mercoledì 3 ottobre 2018

L’Uomo di Dio: Pregheria Preferita di Gandhi

Ieri, il 2 ottobre 2018 era il centocinquantesimo anniversario di nascita di Mahatma Gandhi. In quest'occasione molti artisti indiani e stranieri hanno voluto ricordare il Mahatma cantando la sua preghiera preferita – “Vaishnav Jan to” (L’Uomo di Dio).


Conoscete questa preghiera e il suo significato? La preghiera fu scritta da un poeta mistico indiano del quindicesimo secolo, Narsimha Mehta, nello stato di Gujarat nel nord-ovest dell’India.

In questo post, voglio presentare il significato di questa poesia e 2 versioni cantate di questa preghiera che mi piacciono (i video sono su YouTube).

Il Mondo Canta La Preghiera di Mahatma Gandhi

Iniziamo con una versione cantata di questa preghiera, nella quale i cantanti sono persone di diversi paesi, ognuno delle quali ne canta un pezzo.



Le parole e il significato della preghiera


(1)

Vaishnav gian to tene kahiye, ge pir parai giane re
È l’uomo di Dio, colui che capisce il dolore degli altri

Par dukhe upkar kare to ye, man abhiman na mane re
È colui, che aiuta gli altri che soffrono, senza vantarne


(2)

Sakal lok ma sahune bande, ninda na kare keni re
È colui che pensa bene degi altri, non parla male di nessuno

Vach kach man niscecial rakhe, dhan dhan gianini teri re
È gentile nelle sue parole, azioni e cuore, fa onore al nome di suoi genitori

(3)

Samdrisceti ne triscena tyaghi, paristri gene maat re
Considera tutti i suoi pari, è senza attaccamenti, tratta tutti con rispetto

Givhya na thaki asatya na bole, pardhan nav jhale hath re
Non dice bugie, non desidera i beni degli altri

Bambini Indiani Cantano la Preghiera di Gandhi

Il secondo video che vi presento ha un'insegnante di canto che si chiama Kuldeep Pai, che lo canta insieme ad alcuni suoi discepoli – sono molto bravi!



Alla Fine

Questa preghiera mi piace molto, forse perché la conosco da quando ero un bambino e ho diversi ricordi associati ad essa. Mi piacciono il suo ritmo e la sua musica. Mi piace anche il suo primo verso, che fa da ritornello. Invece il resto della preghiera non la trovo particolarmente significativa.

Invece voi, cosa pensate di questa preghiera?

sabato 10 marzo 2018

India: Lingue, Dighe e Rivoluzioni

Ho conosciuto Daniele Barbieri 7-8 anni fa durante un corso di scrittura creativa a Bologna dove lui era uno degli insegnanti. Ogni volta che esce un nuovo articolo sull’India sul blog “La Bottega del Barbieri”, ricevo un suo email. Così qualche giorno fa ho avuto il link di un articolo di Gianni Sartori intitolato, India: Popoli – E Lingue – Minacciati Dal “Progresso”.

Ho voluto approfondire alcune questioni sollevate da Sartori e questo mio articolo è uscito ieri anche sul blog di Barbieri.


Le lingue che Scompaiono


Sartori accenna alle difficoltà di scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia delle lingue parlate da piccoli gruppi che stanno scomparendo. La costruzione delle strade nelle aree rurali e tribali, l’educazione scolastica, tutto contribuisce alla scomparsa delle lingue minori. E come si fa a scegliere tra lo sviluppo e la salvaguardia della propria cultura?

Penso che imparare nuove lingue e conoscere nuove culture è un arricchimento personale. Allo stesso momento, nuove lingue e nuove conoscenze inevitabilmente ci cambiano – cambiano il nostro modo di pensare, le nostre lingue e le nostre culture. Come si fa ad essere aperti al nuovo e mantenere invariato il vecchio? Ogni persona che ha traslocato, anche nel proprio paese, lo sa. Ma forse non serve né anche traslocare, perché con le ferie all’estero, con la TV e con l’internet, è impossibile non incontrare l’altro e il diverso, e nel processo, non essere cambiato.

In India, il predominio di Bollywood insieme alle sue canzoni e la popolarità delle soap-opere della TV indiana sono forze importanti che influiscono sul nostro mondo linguistico. Il fascino di Bollywood e della TV indiana, arrivano anche in Nepal, Bangladesh, Pakistan e Afghanistan. Qualche anno fa, in un villaggio circondate dalle montagne in Nepal, avevo incontrato un insegnante, il quale si era lamentato dell’influenza dei telefilm indiani sulla lingua parlata degli studenti.

Dall’altra parte i film di Hollywood e la musica americana influiscono sulle persone che vivono nelle metropoli.

Sartori nel suo articolo non parla dell’impatto delle religioni nella scomparsa delle lingue e delle culture, ma anche questo ha un suo ruolo, non solo in India ma in tutto il mondo. La costruzione delle nuove strade portano gli autobus, i commercianti, le idee esterne e le religioni.

Qualche anno fa, mentre visitavo alcune aree interne di Madhya Pradesh, abitate dalle tribù isolate, nella parte centrale dell’India, gli amici mi raccontavano che i ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università, portano le feste e i costumi dedicati ai dei indù nelle proprie comunità, mentre con tempo gradualmente le feste tribali come quelle dedicati ai dei locali diventano meno importanti.

Nel nord-est dell’India, negli stati di Meghalaya e Nagaland, l’opera dei missionari ha convertito la stragrande maggioranza della popolazione al cristianesimo con la quasi scomparsa delle lingue, dei costumi e delle mitologie indigene di queste tribù.

Invece nello stato di Assam, la diffusione dei predicatori islamici sta cambiando i costumi dei gruppi musulami che vivono da secoli in queste aree, compresi alcuni cambiamenti linguistici. Il numero delle donne e delle ragazze che portano il velo integrale è in aumento, e alcuni aspetti sincretici della religione vengono scoraggiati. Si scoraggia anche l’uso di parole della lingua urdu “perché non abbastanza islamiche”, sostituendole con le parole in arabo.

Cosa possiamo fare per fermare questi cambiamenti?

Secondo la filosofia Buddista, il cambiamento è l’unico costante della vita. Allora perché piangiamo se le nostre culture e le nostre lingue scompaiono? Forse noi - i figli cresciuti nella transizione dal mondo delle culture che restavano immutate per secoli al mondo dei villaggi globalizzati che cambiano continuamente, sentiamo questo dolore e magari i nostri figli e nipoti, non lo sentiranno?

Le Minacce alle Lingue Indiane

Come scritto da Sartori, l’istruzione scolastica in India può avvenire soltanto in inglese e/o in una delle 22 lingue ufficiali indiane. Ogni lingua indiana ha un suo alfabeto diverso da quello delle altre. Ognuna di queste 22 lingue è parlata da milioni di persone, ma esse hanno anche molte variazioni al loro interno.

Per esempio, secondo i dati del 2008, 528 milioni di indiani parlavano hindi. L’hindi ha molte varianti, con delle differenze al loro interno paragonabili alle differenze tra italiano e spagnolo. Per esempio, tra queste 528 milioni, vi erano 13,6 milioni che parlavano la variante maithili, 150 milioni parlavano bhojpuri, 38 milioni avadhi e 1,5 milioni braj-bhasha. Anche se uno capisce l’hindi, non è detto che riuscirà a capire queste varianti. Qualche anno fa, in un ospedale di Lucknow dove si parla la variante avadhi, che capisco, facevo fatica a comprendere la lingua di alcuni malati venuti dalle aree interne.

Tutte queste varianti “minori” di hindi sono minacciate da hindi-ufficiale, un po’ come i dialetti italiani rischiano di essere sopraffatti dall’italiano.

Le persone che parlano le varianti di hindi sono sparse in territori vasti e esistono diverse versioni locali di ciascuna di queste varianti, talvolta così diverse che si fanno fatica a capire tra di loro. Per esempio, la variante bhojpuri ha diverse sotto-varianti come gorakhpuri, sarnami, nepali, nagpuria e molte altre. Tutte queste varianti di bhojpuri sono minacciate sia da bhojpuri-ufficiale che da hindi.

Cosa possiamo fare per assicurare la sopravvivenza di questa diversità linguistica?

Il Predominio dell’Inglese

A sua volta, la situazione di hindi non è molto migliore. Nelle città c’è la moda di parlare hinglish, una miscela di hindi e inglese. Diversi giornali e TV indiane usano sempre più spesso l’hinglish.

In molte scuole delle grandi città, tutto l’insegnamento avviene soltanto in inglese e hindi si studia per pochi anni. Le scuole più ambite sono quelle gestite dai missionari cristiani perché “insegnano l’inglese vero”, ma esse costano molto e non sono accessibili agli studenti non-cristiani poveri.

Nelle scuole frequentate da gruppi più poveri, soprattutto nelle scuole elementari e medie governative, la lingua di istruzione è hindi o un’altra lingua indiana ufficiale. I gruppi benestanti guardano con disprezzo queste scuole.

Inoltre, spesso nelle scuole superiori e soprattutto nelle università, se uno vuole studiare scienze e le materie tecniche, tutti i libri e i corsi sono solo in inglese. Se uno non sa esprimersi in inglese, non può accedere agli studi professionali. È un ostacolo in più, e forse quello più difficile da superare, per accedere agli studi universitari per i ragazzi provenienti dalle fasce più basse.

In questo modo, le lingue indiane ufficiali sono a loro volta minacciate dall’inglese. Per questo motivo, spuntano da tutte le parti, anche nelle città indiane piccole e periferiche, le scuole private dove la lingua di istruzione è inglese anche se gli insegnanti non la parlano bene.

Tutte le maggiori lingue indiane sono basate sul sanscrito o hanno una componente significativa di parole in sanscrito. Al posto dell’inglese, forse il sanscrito poteva essere la lingua per unificare l’India. Ma il sanscrito è la lingua dei testi sacri dell’induismo per cui qualunque tentativo al suo favore è visto da una parte dei media come un tentativo di favorire l’induismo e essi gridano al complotto conservatrice di voler imporre la religione della maggioranza. Alcuni mesi fa, la decisione del governo di sostituire lo studio di tedesco alle scuole superiori con quello di sanscrito come terza lingua, aveva suscitato proteste degli attivisti “liberali”.

Le persone che parlano inglese costituiscono la burocrazia e la borghesia urbana. Qualunque discussione sulla promozione dello studio nelle lingue indiane viene spesso definito come un “tentativo della destra nazionalista che vuole portare l’India al medioevo”. La perpetuazione dell’inglese nei documenti ufficiali, nelle università e nei tribunali, parlata da circa il 10% della popolazione, comporta l’esclusione delle fasce basse dai processi di sviluppo. Le elite indiane difendono l’inglese come la lingua moderna adatta ai tempi odierni, che apre le porte del mondo per gli indiani.

La rimonta delle lingue locali

Se le spiegazioni sopra vi fanno pensare che oramai la scomparsa delle lingue indiane è vicina, bisogna guardare alla questione da un altro angolo.

Nell’ultimo decennio, India ha visto una diffusione enorme di telefoni cellulari. Il numero delle persone con telefoni cellulari è salito da 524 milioni (2013) a circa 775 milioni nel 2018.

Inoltre, da qualche anno, è iniziata la rivoluzione dell’internet e il costo di accesso alla rete si è notevolmente abbassato. Per esempio, si può arrivare ad avere 40-50 giga di dati per soltanto 2-3 Euro al mese. Da una parte ciò significa che i consumatori indiani hanno maggiore accesso ai programmi della TV indiana, ai film e telefilm di Bollywood e Hollywood, per cui vi è un maggiore rischio di perdere le proprie lingue locali. Dall’altra parte, questa mutazione ha innescato un’esplosione di iniziative nelle lingue locali tramite blog, Facebook, YouTube e Whatsapp.

Quel 90% di indiani che non parla l’inglese, ha improvvisamente trovato un modo per farsi imporre nelle culture locali. Per esempio, i video su Youtube delle canzoni in lingua bhojpuri, di una giovane di nome Maithili Thakur, sono seguite da milioni di persone. Altri nuovi cantanti, comici, poeti, scrittori e guru che si esprimono nelle lingue locali e trovano milioni di seguaci, stanno emergendo ogni giorno, innescando una rinascita culturale delle lingue e dialetti che sembravano moribondi fino a qualche anno fa.

Negli ultimi 2-3 anni, i giganti mondiali come Google, Apple e Amazon, hanno lanciato diverse iniziative in India indirizzate a raggiungere questi gruppi che non parlano l’inglese. Quale sarà l’impatto di questa democratizzazione del controllo dell’informazione nei prossimi 5-10 anni?

Penso che la partita delle lingue indiane non è ancora finita.

Le Proteste di Medha Patkar

L’articolo di Sartori tocca alcune altre questioni come quella delle dighe e della rivoluzione dei maoisti. Voglio toccarle brevemente.

Riguardo le dighe, Sartori cita la lotta pluridecennale dell’attivista indiana Medha Patkar. Avevo conosciuto Patkar circa due decenni fa e una volta, avevo fatto da traduttore per il suo intervento in un comizio in Italia. (Nell'immagine sotto, sono con Medha in un convegno AIFO a Roma nel 2003)



Mentre Medha è ancora celebrata in occidente, in India oramai il numero delle persone che la seguono si è ridimensionato. Molti la vedono come una persona contro il progresso e il benessere. Qualche anno fa, si era candidata alle elezioni, ma aveva preso solo l’8% di voti. Il suo movimento ha perso una parte del sostegno popolare e negli ultimi anni, più di una volta, i suoi comizi nelle aree urbane sono stati contestati ferocemente dai cittadini locali.

Penso che la sconfitta di Medha è legata anche alla sua incapacità di coinvolgere e far capire ai giovani nelle città che la costruzione di grandi dighe non è soltanto un problema dei poveri che perdono le loro case e terreni, ma è un problema della salvaguardia dell’ambiente che porta alle alluvioni e ai grandi disastri, nei territori sempre più vasti.

Negli ultimi anni, le frequenti inondazioni e i relativi gravi danni in diverse parti del Paese, hanno risollevato la questione delle grandi dighe, ma non vi sono nuove figure trainanti capaci di far nascere movimenti popolari intorno a questi temi, come Medha era riuscita a fare per più di un decennio. Negli ultimi anni, lo scrittore Amitabh Ghosh, ha sollevato la questione ambientale, ma ne anche lui ha un seguito popolare.

Penso che India ha bisogno di nuovi attivisti ambientali, capaci di raggiungere le grandi masse indiane, e che non siano visti come “contro lo sviluppo e il benessere”.

I Maoisti e le Tribù

Questa è la parte dell’articolo di Sartori, con la quale mi sento in disaccordo. Dalle parole di Sartori emerge una visione romantica della lotta dei maoisti accanto ai poveri delle tribù, sfruttati e calpestati dalle multinazionali con il benestare del governo.

Anche Arundhati Roy aveva scritto alcuni articoli su questo tema, che lui ha citato. In uno di questi articoli, Arundhati aveva descritto i maoisti come gli eredi di Mahatma Gandhi. Ammirò molto Arundhati Roy ma non concordo con queste sue parole. (Nell'immagine sotto, Arundhati al festival di Internazionale a Ferrara nel 2007)



Ho avuto 3 occasioni di entrare nei territori controllati dai maoisti, 2 volte in India e una volta nel Nepal. Penso che siano persone accecate dalla ideologia, brutali e violente, sicuramente non migliori e forse peggiori, dal sistema che dichiarano di voler cambiare. Il loro controllo sulle tribù nelle aree occupate era ferreo e spietato. Penso che chiamarli eredi o seguaci di Mahatma Gandhi vuol dire non capire la filosofia di Gandhi.

L’India delle caste, degli esclusi e dei sfruttati deve cambiare, ma non con una rivoluzione violenta che vuole sostituire il sistema democratico con un sistema totalitario basato sulle idee di Stalin o di Mao.

Conclusione

È difficile parlare delle questioni legate all’India perché è enorme e per ogni situazione esistono innumerevoli variazioni e complessità, come si vede dalla questione delle lingue indiane.

Le nuove tecnologie, i cellulari e l’accesso all’internet, stanno cambiando questa India e penso che la modificheranno molto di più nei prossimi anni. Non sarà un cambiamento deciso da gruppi di attivisti, ma sarà un cambiamento deciso dalle masse. Avrà i suoi risvolti negativi, ma penso e spero, che salvaguarderà le incredibili diversità indiane in un mondo sempre più un villaggio globale omogenizzato.


lunedì 21 novembre 2016

Il Girovago


L’ultima volta che avevo scritto il mio diario era in febbraio 2016, quando abitavo a Guwahati nella casa di Padre Paul e lavoravo come responsabile di un'organizzazione indiana che si occupa della riabilitazione delle persone con disabilità. Molto è cambiato da allora. Ora siamo in novembre e manca poco più di un mese al natale e al nuovo anno, 2017. Sono a Delhi mentre scrivo questo post.


In questi 9 mesi sono diventato un girovago, uno che cerca di mettere in atto il principio di “non attaccamento” raccomandato dai monaci buddisti. Quando vivi con tutto quello che hai, chiuso dentro una valigetta, è facile arrivare in un luogo nuovo e poi ripartire. Ciò non significa che partire sia sempre senza dolori e rimpianti. Anzi proprio il contrario. Forse, ciò vuol dire che mi manca ancora molto per assimilare il principio di non attaccamento.

Avevo concluso il mio contratto con l’associazione per la quale lavoravo a Guwahati e in maggio 2016 ero tornato in Italia per alcuni mesi, dove tra l’altro, ho partecipato al matrimonio di mio figlio. Nella foto qui sotto potete vedere la famiglia Deepak al completo.


Tornato di nuovo in India, invece di un lavoro fisso, ho deciso di collaborare con diverse associazioni locali, sopratutto con le organizzazioni di base. Diciamo che in questo momento della vita mi piace scegliere i miei impegni volta per volta.

***
La regione di Bundelkhand è situata nella parte centro-nord dell’India. In ottobre, ho avuto l’opportunità di visitare alcune città di questa regione (Gwalior, Jhansi, Orchha e Khajuraho) quando sono stato invitato da una piccola associazione a tenere un corso di formazione per i genitori dei bambini con la paralisi cerebrale.

Durante questa visita sono stato ospite presso una famiglia in un villaggio vicino a Orchha. E’ stata un’esperienza molto bella. Erano i giorni della festa della luce (Divali) per cui tutta la famiglia che mi ospitava, compreso i bambini, era impegnata nelle pulizie della casa. Una mattina tutti si sono messi a dare il colore rosa alla casa.


Alla sera della festa di Divali, ho accompagnato i due ragazzini della casa, Vishal e Sahil, a portare le piccole lampade di terracotta riempite di olio ad un piccolo tempietto sotto un albero e poi a piazzare altre lampade sui muri della casa. Era una delle feste di divali più belle che avevo passato in questi ultimi anni. La semplicità e la povertà della celebrazione, mi faceva pensare a come la celebravamo quando ero piccolo.


Nella ragione di Bundelkhand mancano i servizi di sostegno e di riabilitazione per i bambini cerebrolesi. Le famiglie non sanno dove andare per chiedere i consigli e l'assistenza. Per esempio, la città di Khajuraho, famosa in tutto il mondo per i suoi templi erotici, e riconosciuta da Unesco come il patrimonio dell’umanità, ha circa 30.000 abitanti ma nessun fisioterapista.

Abhay gestisce un negozio a Khajuraho ed è il padre di una bambina con la paralisi cerebrale. Lui mi ha raccontato la sua situazione: “Due volte alla settimana, devo portare mia figlia a Chhattarpur, a 30 km da qui per la terapia. Lei non ci vuole andare perché quel terapista è molto severo. Se lei non fa gli esercizi come li vuole lui, la colpisce sulle gambe con una bacchetta. Non mi piace quella persona ma non so cosa altro fare. Non c'è nessun altro a quale posso chiedere consigli. L'ho portata agli ospedali di Jhansi e di Gwalior, ma a parte tutti i test che le fanno, non ci sanno dire che cosa possiamo fare per rendere la vita della mia figlia più facile.”

Tanti genitori mi hanno chiesto di aprire un centro e di andare a vivere nei loro villaggi. Uno mi ha detto che se andavo a lavorare nel suo villaggio, mi avrebbe offerto un pezzo di terreno per costruire un centro di riabilitazione. Era difficile dire di no a queste persone ma non avevo altra scelta.

Ho suggerito a persone come Abhay di creare una loro associazione e di identificare alcuni genitori ad essere formati per fornire l’assistenza ai bambini cerebrolesi. Dopo qualche giorno di discussione hanno già identificato due mamme per la formazione. Comunque, non so se questa idea funzionerà perché sembra che non vi sono corsi di formazione adatti per i genitori in questa parte dell’India. L’unico centro di formazione che ho trovato è a Calcutta ma loro dicono che è troppo lontano. Mancano anche i manuali e altro materiale didattico semplice indirizzato ai genitori in lingua Hindi.

***
La parte più bella di girovagare è quella di incontrare nuove persone e di ascoltare le loro storie. Spesso incontro altri girovaghi, sopratutto persone senza fissa dimora che vivono come mendicanti, alcuni dei quali sono i sadhu, quelli che portano il vestito arancione per mostrare che hanno rinunciato a tutti i loro averi mondani.

Così, una sera alle rive del laghetto a Khajuraho, ho incontrato Saheb Singh e Baba Gyan Dev. Saheb Singh ha 77 anni e per tutta la vita ha seguito i principi di Mahatma Gandhi. Nel 1957, era andato a vivere per un anno nel ashram (centro spirituale) di Gandhi a Sabarmati. Durante quel anno passato a Sabarmati, lui era andato anche a Dandi e aveva ripercorso a piedi la famosa camminata di Gandhi fatta per la protesta del sale (nel 1930 a Dandi, Mahatma Gandhi aveva lanciato la protesta contro le leggi dei coloni inglesi che vietavano la produzione di sale agli indiani). Era bello sentirlo parlare della sua vita con i personaggi famosi della storia indiana, come Vinoba Bhave e Sushila Nayar.


Dopo questa esperienza Saheb Singh aveva deciso di diventare insegnante - ha insegnato ad una scuola media e ha dedicato la sua vita a promuovere i pensieri di Mahatma Gandhi.

Baba Gyan Dev invece ne ha 68 anni, fa il sadhu e porta il vestito arancione di uno ha rinunciato a tutti i suoi beni materiali. Mi ha raccontato del suo matrimonio a 15 anni, dei suoi due figli e vari nipotini, e della sua decisione di lasciare il tutto 20 anni fa quando era morta sua moglie. Ha un’ulcera al ginocchio destro che rifiuta di guarire nonostante tante cure e medicinali. Quando gli ho chiesto, lui ha ammesso che deve alzarsi 3-4 volte ogni notte per urinare. Gli ho spiegato che probabilmente lui ha il diabete e se non lo curerà, quell’ulcera non guarirà.

“Non ho il diabete”, lui mi ha risposto con un sorriso, “perché mangio regolarmente le foglie di una pianta ayurvedica che guarisce il diabete, per cui non l'ho.”

“Perché non provi a farti controllare il sangue e le urine?”, ho provato a convincerlo, ma ha scosso la testa. Alla fine gli ho comprato un antibiotico e il materiale per la medicazione.

Un altro incontro interessante l’ho avuto nei pressi di Orchha con un altro sadhu-mendicante che si chiamava Pyare Das. Lui era diventato il girovago perché la moglie del suo figlio non lo trattava con il dovuto rispetto. “Se non hai la tua moglie, sei come un cane del lavandaio, nessuno ti vuole. Le moglie dei figli non prendono cura di te come l'avrebbe fatto tua moglie”, mi ha raccontato con un timido sorriso.

Dopo mi ha raccontato anche delle sue visioni della dea madre che gli appare quando è da solo.

"Non puoi chiedere alla dea di darti un po' di comodità nella tua vecchiaia invece di girare così da un posto al altro?" gli ho chiesto. Mi ha risposto con una grande risata, "Perché mai dovrei volere più comodità? Ho già tutto!"


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I famosi templi erotici di Khajuraho sono molto belli, con delle strutture graziose e elaborate, piene di belle sculture. Invece le loro statue erotiche non mi hanno convinto. Non sono molte e comunque, mi sembra che hanno solo 4-5 varianti di queste statue che si ripetono in tutti i templi.

In confronto, il tempio del dio sole di Konark sulla costa orientale dell’India ha solo un tempio, ma secondo me, ha le sculture erotiche più varie e più belle. Secondo la leggenda il primo tempio di Konark era stato costruito da Samba, il figlio del dio Krishna, per ringraziare il dio per la sua guarigione dalla lebbra.

A Gwalior ho sentito un’altra storia legata alla lebbra – si dice che le acque del laghetto di Surajkund sulla collina, dentro le mura della rocca, hanno il potere di guarire dalla lebbra. La guida che mi accompagnava ha giurato di conoscere personalmente 4 persone che soffrivano della lebbra e che sono guarite quando hanno fatto un bagno nel laghetto.


Gli ho spiegato che ora la lebbra si cura facilmente con le medicine e che queste medicine sono disponibili gratuitamente presso tutti gli ospedali governativi, per cui oltre al bagno nel laghetto, sarebbe opportuno che le persone affette da questa malattia prendono anche le medicine.

"Tu sei un medico moderno, non credi ai miracoli!" lui mi ha risposto con un sorriso.

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La visita nella regione di Bundelkhand è stata molto appagante. Il rapporto umano con i genitori dei bambini disabili è stato emozionante anche se alla fine mi è sembrato che i loro bisogni sono molto più grandi di quello che posso offrire.

E' stato molto bello anche dal punto di vista culturale. Visitare la valle delle statue gianiste giganti scolpite nelle rocce della montagna a Gwalior, la fila dei monumenti chiamati Chhattri lungo il fiume Betwa a Orchha, ed i templi di Khajuraho, sono state tutte delle esperienze indimenticabili. Le immagini qui sotto presentano questi tre luoghi.


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Qualche mese fa ero andato a valutare un progetto di lotta alla lebbra nei distretti di Dhule e Jalgaon nello stato di Maharashtra, nella parte centro-ovest dell’India. Era la prima volta che visitavo quella parte dell’India.

Da una parte ho visto come sta cambiando l’India delle piccole città distrettuali – le case e le strade sono diventate più belle e vi sono molte più macchine e moto in giro. Dall’altra, ho visto le difficoltà delle persone che vivono nei villaggi a raggiungere i servizi sanitari rurali. Ho accompagnato nei villaggi le donne operatrici sanitari conosciute come ASHA e ho visto il grande servizio che queste offrono alle comunità rurali. Dall’altra parte, sono rimasto sorpreso e scioccato da quanti malati di lebbra vi sono ancora senza trattamento nei villaggi.

Sono passati più di 10 anni da quando l’India ha annunciato che la lebbra non è più un problema di salute pubblica. Per questo motivo, non mi aspettavo di vedere i malati di lebbra con la malattia in fase avanzata come succedeva 20 anni fa. Invece, purtroppo ho trovato la situazione particolarmente grave nei villaggi delle tribù indigene.


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Mancano pochi giorni alla fine di novembre. Alla mattina e alla sera, comincia ad essere freschetto, anche se durante il giorno le temperature sono miti.

Circa 2 settimane fa, una sera il primo ministro indiano ha annunciato a sorpresa che tutte le banconote di taglio grande non erano più valide. Da allora, tutte le mattine vi sono lunghe file davanti agli sportelli delle banche per far cambiare le banconote vecchie con quelle nuove. Per la più parte, sembra che la gente ha accettato questa misura come una medicina amara per contrastare la corruzione e per bloccare il giro dei soldi neri.

I giorni passano veloci. Sono impegnato in una ricerca che coinvolge le comunità tradizionali delle persone transgender e nella preparazione di un manuale in lingua Hindi per i genitori dei bambini con la paralisi cerebrale. Immagino che altri manuali di questo esistono da qualche parte ma forse sono solo nelle versioni cartacee e sono difficili da trovare. Non ho trovato niente sull'internet.

Fra qualche giorno riprenderò il mio girovagare. Questa volta andrò dalle parti di Mumbai (Bombay) sulla costa occidentale dell'India.

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