domenica 30 dicembre 2012

Cortigiane e prostitute nel mondo di Bollywood (2)

Questa è la seconda parte di un articolo sulla figura delle cortigiane-prostitute nel cinema di Bollywood. Potete trovare la prima parte di questo articolo al seguente link.

Cortesans in Bollywood

Le cortigiane-prostitute erano una figura molto comune nei film di Bollywood fino a 15-20 anni fa, ma oggi la si vede meno spesso. Erano donne artiste, provenienti principalmente da due campi - la danza e il canto. Spesso erano costrette ad essere le concubine degli uomini potenti, e qualche volta dovevano prostituirsi.

Insieme alla scomparsa di queste figure dai film di Bollywood, sono scomparsi alcuni altri elementi, per esempio, il mujra e il shero-shayari.

Il mujra, è una forma indiana di danza e canto, dove una donna seduta canta una poesia, mentre altre donne le ballano intorno. Spesso, la persona seduta (o qualche volta ferma in piedi) è la cortigiana principale, che potrebbe compiere alcuni momenti di danza nelle pause della poesia. Per questo motivo, le cortigiane-prostitute sono chiamate anche "mujrewali".

Nei film odierni, qualche volta le "item songs" possono essere ispirate dai vecchi mujra, ma di solito queste usano parole più esplicite mentre le danze sono popolari e non le danze classiche usate nei mujra. Invece l'elemento di shero-shayari, ciò è la recitazione delle poesie gazal in urdu, è scomparso perché è considerato un modo superato di esprimere l'amore per una perosna.

Spesso le cortigiane-prostitute esibivano le loro danze sulle terrazze chiamate kotha. Di solito una kotha è una terrazza con un basso muro di recinzione, facilmente visibile dalla strada. Per capire il senso di "kotha" potete guardare una scena del film Pakeezah ambientata nel quartiere delle cortigiane-prostitute, dove Sahibjaan (Meena Kumari) balla sulla canzone "Inhi logon ne le leena dupatta mera" (Questi uomini hanno portato via il mio velo) su una terrazza con le scale che vanno giù in strada, si vedono decine di kotha tutto intorno, e su ogni kotha una cortigiana che balla. Per questo motivo, le cortigiane-prostitute sono conosciute anche come le "kothewali".

Kotha con il suo spazio aperto agli occhi di tutti è il contrario degli spazi chiusi dai muri, dalle tende e dai veli, dove dovrebbero vivere le donne musulmane di buone famiglie, lontane dagli occhi indiscreti, e ciò spiega la posizione sociale di queste donne.

Dopo questa breve introduzione, torniamo ai temi spesso usati nei film di Bollywood che parlano delle cortigiane-prostitute.

La prostituta dal cuore d'oro

La figura della cortigiana-prostituta, apparentemente senza cuore, che nasconde i suoi sentimenti e la sua vulnerabilità dietro una corazza dura, e che si sacrifica per l'eroe, è un tema ripetuto più volte nel cinema di Bollywood. Alcuni dei film più importanti basati su questo tema sono i seguenti:

Devdas (1936, 1955 e 2002) basato sul libro omonimo dello scrittore bengalese Sarat Chandra Chatterjee, è il romanzo che ha affascinato molti registi di Bollywood ed è stato filmato 3 volte. Il film racconta la storia di Devdas (Shahrukh Khan nella versione del 2002) che ama Paro (Aishwarya Rai) ma non riesce a affermare il suo amore e Paro sposa un altro uomo. Devdas diventa un alcolista e trova rifugio nella casa della cortigiana-prostituta Chandramukhi (Madhuri Dixit). Chandramukhi ama Devdas e segue lui, ma Devdas pensa solo a Paro, si ammala di tubercolosi e muore di fronte alla sua casa.

L'ultima versione di Devdas (2002) del regista Sanjay Leela Bhansali, aveva una scena nuova che non c'era nel romanzo originale e nelle versioni dei film precedenti - la scena dell'incontro tra Paro e Chandramukhi. In confronto alle precedenti due versioni, l'ultima versione di Devdas era un film più melodrammatico, troppo ricco di colori, vestiti e palazzi sfarzosi, ma è quella che ha avuto più successo ed è considerato tra i 10 film più belli di Bollywood di tutti i tempi. Personalmente preferisco la versione del 1955 dove Dilip Kumar era Devdas, Suchitra Sen era Paro e Vyjayantimala era Chandramukhi.

Pyasa (Assettato, Gurudutt, 1957) è considerato un film di culto tra i fans di Bollywood. Il film raccontava la storia di Vijay (Gurudutt), un poeta senza successo che non vuole accettare i compromessi. Vijay amava Meena (Mala Sinha), ma Meena aveva preferito sposarsi con il ricco sig. Ghosh (Rahman), proprietario di una casa editrice. Vijay trova sostegno in una prostituta Gulabo (Waheeda rahman), che ama le sue poesie e le canta. Gulabo non aspetta niente da Vijay, perché sa che nessun uomo potrà accettare una prostituta. Vijay scopre che con l'aiuto di Meena, suo marito Ghosh ha preso le sue poesie e le ha pubblicate sotto il proprio nome. Ghosh riceve premi e riconoscimenti per le "sue" poesie, e il poeta deluso chiede alla prostituta di venire via con lui, per andare a cercare un'altra città dove le persone sono meno egoiste.

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Mukkaddar ka sikander (Conquistatore del destino, 1978, Prakash Mehra) è forse il film più famoso tra tutti i film su questo tema. E' la storia di Sikander (Amitabh Bachchan) che ama Kamna (Rakhi) da quando era un bambino, ma Kamna ama il suo amico Vishal (Vinod Khanna). Sikander cerca di nascondere il suo dolore in alcol e le danze della cortigiana-prostituta Zohra (Rekha). Zohra ama Sikander ma capisce che non potrà avere il suo cuore e si sacrifica per salvargli la vita.

Tawaif (Prostituta, 1985, B. R. Chopra) era la storia di Sultana (Rati Agnihotri), una cortigiana-prostituta che entra nella vita di Dawood (Rishi Kapoor). Le circostanze costringono Dawood a dire a tutti a tutti che Sultana è sua moglie, anche se lui è innamorato di Kaynat (Poonam Dhillon). Sultana e Dawood sono costretti a vivere insieme e gradualmente, Dawood si innamora della bella Sultana.

Mein tulsi tere angan ki (Sono la pianta di Tulsi del tuo cortile, Raj Khosla, 1978) era la storia delle due donne nella vita di un nobile del Rajasthan. L'uomo (Vijay Anand) ama Tulsi (Asha Parekh), la cortigiana, ma è costretto a sposare Sanyukta (Nutan). Entrambe le donne restano in cinta ma il nobile passa sempre più tempo con la cortigiana e ignora la moglie. Tulsi decide di sacrificarsi per salvaguardare il nome della famiglia del nobile, e si suicida. Poco dopo muore anche l'uomo. Per ripagare il sacrificio di Tulsi, Sanyukta decide di adottare il figlio di Tulsi e di allevarlo come il proprio. I due ragazzi crescono, ma il figlio di Sanyukta (Vinod Khanna) sa che sua madre ama di più il suo fratello adottivo (Debu Mukherjee), ma non ne conosce il motivo.

Oltre a questi film elencati sopra, ve ne sono molti altri dove le donne sono le compagne di boss mafiosi, ma alla fine decidono di sacrificarsi per l'eroe. Attrici come Shashikala, Helen e Fariyal, famose per i ruoli di "vamp", erano spesso nei panni di donne occidentalizzate che danzavano nei nightclub in numerosi film tra 1960-90. Per esempio, in Phool aur Pathar (Fiore e pietra, O. P. Ralhan, 1966), Rita (Shashikala), la danzatrice del nightclub, sacrifica la sua vita per salvare Shaka (Dharmendra), anche se sa che lui ama la vedova Shanti (Meena Kumari).

La prostituta che fa finita di essere la sposa

Un'altro tema legato alle cortigiane-prostitute ripreso più volte con piccole variazioni nei film di Bollywood è quello della cortigiana che deve fare finta di essere la donna di buona famiglia. Spesso in questi film, queste donne sono persone di buone famiglie borghesi, finite per qualche motivo nel giro della prostituzione, ma sono ancora agli inizi della carriera, per cui sostanzialmente sono ancora vergini. Alcuni dei film sul questo tema erano i seguenti:

Sadhana (Penitenza, B. R. Chopra, 1958): B. R. Chopra, il regista di questo film, ha girato diversi film sullo sfondo di problemi sociali, diversamente dal suo fratello Yash Chopra, famoso per i film romantici. Sadhana toccava il tema dell'oppressione delle donne. Ho già parlato in un post precedente di una delle canzoni di questo film, "Aurat ne janam diya mardon ko, mardon ne usse bazar diya" (La donna partorì l'uomo, e gli uomini l'hanno venduta al mercato).

"Sadhana" raccontava la storia di Mohan (Sunil Dutt), un professore misogino che non vuole sposarsi, ma sua madre (Leela Chitnis) che sta per morire vuole vedere la sposa del figlio prima di morire. Così Mohan chiede alla cortigiana Champa (Vyjayantimala) di venire alla sua casa per qualche giorno per fare finta di essere la sua moglie. Quando vede la sposa del figlio, la madre si riprende e ora il professore è costretto a tenere Champa a casa e di fare finta che sia sua moglie. Poco alla volta si innamora della cortigiana.

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Khilona (Giocattolo, Chander Vohra, 1970) era la storia di Vijay (Sanjeev Kumar) che va in depressione quando la ragazza che ama è costretta a sposarsi con un altro uomo e poi si suicida. Il psichiatra suggerisce che se Vijay può innamorarsi di nuovo di una altra ragazza, forse potrà guarire dalla sua malattia mentale. La famiglia ricorre a Chand, una prostituta, chiedendole di vivere insieme a Vijay e fare finta di essere la sua amante.

Daag (Macchia, Raj Kanwar, 1999) era la storia di un avvocato Ravi (Chandrachud Singh), che lavora per i mafiosi ed è sposato a Kajal, la figlia (Mahima Chaudhary) di un mafioso. In un attentato, Kajal muore e Ravi rimane gravemente ferito. Inoltre, Ravi perde la memoria di dove e come ha nascosto le ricchezze di suo suocero mafioso. Per fargli tornare la memoria, il mafiosa trova una prostituta Kajri (Mahima Chaudhary) che somiglia a Kajal e le chiede di fare finta di essere Kajal e di vivere con Ravi.

Le moglie che fanno finta di essere prostitute

I film di Bollywood hanno ogni tanto delle scene dove le donne di famiglia fanno finta di essere le cortigiane prostitute. Ciò succede di solito quando si vuole entrare nella tana del cattivo, per liberare qualcuno tenuto prigioniero. Spesso in queste scene l’eroe e l’eroina, con parrucche e costumi, ballano e cantano durante qualche festa organizzata dal cattivo del turno, e poi usano quest’opportunità per raggiungere la persona rapita.

Per esempio nel film Khalnayak (Il Villano, 1993, Subhash Ghai), Sita (Madhuri Dixit), poliziotta e fidanzata dell’ispettore Ram (Jackie Shroff), decide di travestirsi da una cortigiana-prostituta per catturare il cattivo scappatato dalla prigione (Sanjay Dutt). Per attirare il cattivo, lei canta “Choli ke peeche kya hai, chunri che neeche kya hai” (Cosa c’è dentro la mia blusa, cosa c’è sotto il mio velo), una delle canzoni più provocatorie nella storia del cinema di Bollywood.

In un’epoca quando le donne delle buone famiglie erano caratterizzate nei film di Mumbai con vestiti tradizionali e comportamenti conservatrici, queste scene permettevano a loro di vestirsi e ballare in maniera provocatoria, senza danneggiare la loro immagine popolare.

Vi sono solo due film che mi ricordo, dove questo tema della donna della buona famiglia che fa finta di essere una cortigiana-prostituta è stato toccato in maniera diversa –

In “Sahib bibi aur ghulam” (Re, regina e fanto, 1962, Abrar Alvi), Chotti bahu (Meena Kumari) non sa cosa fare per tenere a casa il marito (Rahman) che passa tutto il suo tempo con una cortigiana-prostituta (Meenu Mumtaz) e alla fine, decide di vestirsi come loro e ballare per il suo marito.

Alla fine in Dastak (Bussare, 1970, Rajinder Singh Bedi), una giovane coppia (Sanjeev Kumar e Rehana Sultan) arriva nella loro casa e scopre che in quella casa prima abitava una Bai ji, una cortigiana-prostituta (Shakeela). Qualche volta uomini, amanti della Bai ji, bussano alla loro porta. La moglie, che ama cantare, si sente frustrata e allo stesso tempo attirata dal personaggio di Bai ji, mentre il suo marito è fuori casa al lavoro.

Le donne del Nautanki

La figura della cortigiana-prostituta era legata all’ambiente urbano, mentre nelle zone rurali, c’era (e tutt’ora c’è, anche se oramai molto ridotta) la tradizione del nautanki, il teatro itinerante. Con danzatrici e travestiti, il nautanki presenta le danze e le commedie al pubblico rurale. Le danzatrici di nautanki devono presentare canzoni e danze esplicite con chiare allusioni sessuali. Come le cortigiane-prostitute, anche le donne di nautanki sono soggetti culturali – attrici, danzatrici e cantanti, e come loro, spesso devono essere a disposizione dei ricchi che desiderano loro. Piccole scene con le danze di nautanki sono comuni nei film ambientati nei villaggi.

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Il film più importante sul mondo dei nautanki è “Teesri kasam” (Terzo giuramento, 1966, Basu Bhattacharya), basato sul famoso racconto “Mare gaye Gulfam” dello scrittore Phanishvar Nath Renu. Il film racconta la storia d’amore tra Hiraman (Raj Kapoor), il guidatore della carrozza, e Hirabai, la principale stella di una nautanki.

Rahgeer (Vagabondo, 1969, Tarun Majumdar) raccontava la storia di un ragazzo irrequieto che lascia la casa in cerca di qualcosa, e che finisce come il poeta di un nautanki. Alla fine della sua vita, vecchio e stanco, torna a casa per morire.

Namkeen (Salato, 1982, Gulzar) era la storia di un caminoista (Sanjeev Kumar) e la famiglia di 4 donne – la madre (Waheeda Rahman) e le sue tre figlie. Il film era basato su un racconto dello scrittore Samaresh Basu. La madre è stata una cortigiana-prostituta ed è diffidente verso tutti gli uomini. Il camionista ama Badki, la figlia maggiore (Sharmila Tagore), ma Badki non vuole lasciare la sua famiglia perché è preoccupata per sua sorella sordo-muta (Shabana Azmi). Alla fine il camionista decide di partire e poi, dopo una molti anni, in un nautanki, incontra la figlia più giovane (Kiran Vairale).

Un’altro film importante sul mondo del tamasha (teatro tradizionale simile al nautanki nello stato di Maharashtra), era Natarang (I colori del teatro, 2010, Ravi Jadhav), che raccontava la storia di un attore travestito, un uomo che recita le parti femminili. E' un film molto interessante sul tema dell'identità sessuale. Potete leggere un mio articolo su questo film.

Nelle ultime decadi, dopo la liberalizzazione dell’economia indiana, i film ambientati nelle aree rurali sono diventati più rari nel cinema di Bollywood, forse perché la maggioranza delle persone che vanno a vedere i film nelle multi-sale urbane non sono interessati nei racconti sulla vita rurale.

Un’altra tradizione legata alle cortigiane-prostitute nelle zone rurali del sud dell’India è quella delle “devdaasi” (letteralmente, serva di dio), ciò è, ragazze offerte ai templi, costrette a vivere tra i due mondi – il mondo della danza e del canto da una parte, e il mondo della prostituzione dall’altra. Il cinema di Bollywood, tranne qualche eccezione come Ahista-Ahista (Piano-piano, 1981) ha quasi ignorato questa tradizione, forse perché è una tradizione del sud dell’India.

Le prostitute odierne

Sono pochi i film sulla figura delle prostitute come la si intende in occidente, ciò è persone che vendono il proprio corpo, senza pretendere di essere dei soggetti culturali. Forse ciò è dovuto al fatto che film centrati su queste figure dovono per forza affrontare il tema del sesso e dello sfruttamento della donna, e invece non hanno le opportunità per presentare danze e canzoni, così amate da Bollywood. Inoltre, difficilmente questi film possono essere film romantici a lieto fine, per cui dal punto di vista commerciale, hanno meno possibilità di successo.

Manoranjan (Divertimento, 1974, Shammi kapoor) era basato sul film americano Irma la Douce con Shirley Mclain e Jack Lemmon. La versione indiana di questo film aveva Zeenat Aman e Sanjeev Kumar. Il film non aveva cercato di indianizzare la storia o il contesto generale, per cui era una copia più o meno fedele del film americano, tranne che per l'aggiunta di diverse danze e canzoni, non nel senso delle danze presentate nei film sulle cortigiane, ma come in un musical.


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Chameli (2004, Sudhir Mishra) era la storia di una notte di pioggia a Mumbai, quando un uomo benestante (Rahul Bose) è costretto a cercare riparo e a passare la notte sotto i portici di Flora fountain. Durante la notte lui incontra una prostituta, Chameli (Kareena Kapoor) in cerca di un cliente.

Alla fine “Vaastav” (Veramente, 1999, Mahesh Manjrekar) era la storia di un boss criminale (Sanjay Dutt) di Mumbai. Il film era focalizzato sui rapporti tra i vari boss criminali e come essi usano la violenza e la corruzione per controllare la città. Sonia (Namata Shirodhkar), una prostituta, era la donna del boss e madre del suo figlio. Il film aveva vinto molti premi.

Conclusioni

Fino ad alcuni anni fa, la figura delle cortigiane-prostitute è stata molto importante nella storia del cinema di Bollywood.

Era una figura artistica che rappresentava la salvaguardia delle arti - del canto, della musica e della danza. Il mondo di oggi offre altri spazi agli artisti in India, i quali non hanno bisogno di patrocinio dei signori ricchi e potenti. Invece fino a 50-60 anni fa, probabilmente gli spazi disponibili agli artisti erano molto limitati e molti di loro, sopratutto le donne, erano costrette ad accettare alcuni compromessi. Le cortigiane-prostitute fanno riferimento a quell'epoca.

Vendute quando erano bambine o nate nelle famiglie delle cortigiane-prostitute, queste donne erano marginalizzate ma allo stesso momento, quelle più famose tra di loro avevano la possibilità di vivere la loro vita in maggiore libertà e autonomia. Intorno a loro giravano diverse figure maschili, anche essi marginalizzati – poeti, scrittori, sceneggiatori, musicisti.

Penso che questa figura come è stata trattata nel mondo di Bollywood, merita maggiore studio e approfondimento.

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domenica 16 dicembre 2012

Cortigiane e prostitute nel mondo di Bollywood (1)

Cortigiane-prostitute hanno avuto un ruolo importante nel mondo di Bollywood per gran parte del ventesimo secolo. Questo articolo parla di film di Bollywood centrati sulle figure di cortigiane-prostitute. Questa è la prima parte del articolo.

Bollywood Cortigiane e prostitute

Introduzione

Le cortigiane-prostitute sono state delle figure ibride nella cultura indiana. Erano artisti riconosciuti che salvaguardavano la cultura classica, e allo stesso momento, erano persone costrette a vivere ai margini della società. I film centrati sulle loro figure toccano i temi della moralità pubblica e dell'oppressione delle donne. Allo stesso momento, nei film queste figure presentano la possibilità della libertà delle donne dalle rigide norme sociali che le circondano negli ambienti conservatrici. Anche se in maniera indiretta, spesso questi film toccano anche i temi legati alla sessualità delle donne.

Queste figure sono conosciute con diversi nomi nel mondo del cinema di Bollywood - bai ji, mujrewalli, tawaif, vaishya, nachanewali, nautankiwali, nagarvadhu, ecc. Questi nomi non sono sempre degli sinonimi. Ciascuna di queste figure ha alcune caratteristiche specifiche, il suo mondo dove vive e opera, con le sue regole di comportamento. Alcune di loro si avvicinano all'idea della prostituta come la si conosce nell'occidente, ciò è, come oggetti sessuali in vendita o come soggetti esperti nelle arti erotiche. Altre sono più vicine alle figure delle geisha giapponesi, ciò è, soggetti culturali, venerati dai loro seguaci per la loro bellezza e per loro bravura come cantanti, danzatrici o attrici.

La parola "prostituta" ha un significato specifico e porta dentro di se le immagini di un certo modo di essere della persona. Usare questa parola in questo articolo mi fa sentire un senso di disagio perché non esprime esattamente quello che voglio dire. Ma non ho trovato un'altra parola che esprimesse il concetto meglio.

Origini della tradizione di Cortigiane-Prostitute

Alcuni dei nomi più famosi del mondo culturale nell'India pre-indipendente, compreso diverse attrici famose del cinema indiano nascente, provenivano da questo mondo delle cortigiane-prostitute. Solo per citare qualche esempio, le due cantanti famose di quell'epoca, Jaddan Bai (madre dell'attrice Nargis Dutt) e Begum Akhtar, venivano da questo mondo.

Le figure di cortigiane-prostitute hanno avuto origine in almeno due diverse tradizioni. La prima tradizione riguardava le case dei nobili. Le cortigiane, insieme ai cortigiani, erano artisti di talento che trovavano un rifugio e patrocinio presso le case nobili, i quali sapevano apprezzare l'arte raffinata e classica a differenza delle masse comuni, che preferivano le arti popolari.

La seconda tradizione riguardava le nagarvadhu, le spose della città ("nagar" significa "città" e "vadhu" significa "sposa"), ciò è le donne belle e attraenti, identificate quando erano ancora bambine, sopratutto provenienti dalle famiglie povere. Queste ragazze dovevano imparare danza, canto e le arti erotiche, non potevano sposarsi ed erano a disposizione di tutti gli uomini.

Con tempo, queste due tradizioni si sono fuse con il risultato che nella cultura indiana, fino agli anni 1960-70, spesso gli artisti erano visti come persone di dubbia morale. Si potevano invitarli alle funzioni pubbliche per dimostrare  la propria ricchezza e la cultura, ma allo stesso tempo, erano considerati "inferiori".

In una conferenza stampa a Firenze durante il festival River to River 2012, Amitabh Bachchan, il famoso attore di Bollywood, aveva spiegato, "Quando ero bambino, gli artisti erano visti come delle persone immorali e la professione di attore non era considerata adatta alle persone di buone famiglie."

Rishi Majumdar nel suo articolo sulla storia del vecchio cinema Naaz, centro di finanziamento e distribuzione dei film di Bollywood negli ultimi decadi del ventesimo secolo, aveva scritto, "le persone che lavoravano nel mondo del cinema erano guardate con certo grado di disprezzo negli anni cinquanta e sessanta perché c'erano le attrici ebree e le tawaif ..."

Cortigiane Prostitute Bollywood
Un film che in qualche modo forniva una spiegazione sul perché della confusione tra le donne impegnate nelle arti e le prostitute era  "Lekin" (Ma, 1991) di Gulzar. Il film raccontava la storia di un archeologo (Vinod Khanna) che incontra uno spirito (Dimple Kapadia) tra le rovine di un vecchio palazzo in Rajasthan. E' lo spirito di una danzatrice che aspettava qualcuno che poteva aiutarla ad attraversare il deserto per tornare al suo villaggio. Secoli prima, la ragazza era venuta al palazzo del re come una cortigiana per danzare, ma il re voleva anche il suo corpo, e lei avevo preferito il suicidio piuttosto di concedersi al re. Da allora il suo spirito era rimasto prigioniero nel palazzo.

Storie legate alle cortigiane-prostitute sono state molto frequenti nel mondo di Bollywood fino agli anni 1990. A seguito della liberalizzazione economica dell'India, negli ultimi venti anni queste figure sono gradualmente scomparse dalle storie di Bollywood, e sono state sostituite da occasionali figure di prostituite, più vicine a come si intende il termine in occidente, anche se alcuni elementi che caratterizzano le figure di "cortigiane-prostitute" ancora appaiono nei film.

Il mondo delle cortigiane-prostitute somiglia il mondo di Ukiyo-e in Giappone medievale, un mondo ai margine della società, il mondo che comprendeva gli artisti e le geishe.

Gli uomini che abitavano nel mondo delle cortigiane-prostitute, anche essi erano più o meno esclusi dalla società - i mezzani, gli eunuchi, i kavi (poeti che scrivano versi liberi in Hindi) e i shayar (poeti che scrivano versi in urdu e che seguono alcune regole di composizione legate alle lingue arabe e persiane). Insieme alle cortigiane-prostitute, anche queste figure maschili sono quasi scomparse dal mondo del cinema indiano negli ultimi due decenni.

La cortigiana nell'India antica

I film con storie che parlano delle figure delle cortigiane nell'India antica fino all'arrivo del impero Mughal nel quindicesimo secolo, traggono ispirazione dagli antichi testi indù come il Kamasutra e da alcune figure storiche di nagarvadhu famose. La maggior parte di questi film sono ambientati tra il 500 e 100 a.c., quando i guru indiani componevano i libri sacri di Veda e Buddha predicava il suo messaggio di pace.

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Mrichchkattik (la carrozza di terracotta), una commedia in 10 atti, scritta in sanscrito nel 1 secolo a.c., raccontava la storia di Vasantsena, la cortigiana del re, innamorata del povero bramino, Charudutta. Un film del 1984, Utsav (Festa, regista Girish Karnad) , era ispirato da questa storia. Rekha aveva recitato la parte della cortigiana Vasantsena, come una persona consapevole del proprio potere e della propria libertà in una società fortemente patriarcale. Il film presentava anche la figura dell'asceta Vatsyayan che osservava le cortigiane al lavoro con i clienti e li chiedeva di sperimentare nuove posizioni sessuali, per poi descriverli nel suo libro di Kamasutra. Il film non dava giudizi morali sulla figura della cortigiana, anzi dava una visione delle cortigiane come componenti importanti della società. Le donne del film erano persone libere che potevano vivere la loro sessualità senza dover obbedire gli uomini.

Un altro film che parlava dell'epoca buddista (400 a.c.) in India, era Sidhartha (1972) di Conrad Rooks. Questo film non era di Bollywood ma aveva diversi attori famosi di Bollywood, compreso Shashi Kapoor nel ruolo del giovane Sidhartha e Simi nel ruolo della cortigiana Kamala che lo insegna cosa significa fare l'amore. Questa storia presentava una figura del uomo girovago che si sente irrequieto e non sa cosa fare della sua vita. Per cui lui parte per un viaggio per cercare il senso della sua vita e incontra una cortigiana-prostituta. Anche questo tema del uomo irrequieto e girovago che incontra una prostituta è stato ripreso altre volte nel cinema di Bollywood.

Il terzo esempio di questi film che parlavano del ruolo di cortigiana nell'India antica è quello di Chitralekha (1941 e 1962), girato due volte e entrambe le versioni erano dirette dal regista Kedar Sharma. Il film basato sul romanzo dello scrittore in hindi Bhagwati Charan Verma, raccontava la storia dell'amore tra il re Chandragupta Maurya (Pradeep Kumar) e la cortigiana Chitralekha (Meena Kumari) nel 300 a.c. Anche questo film non dava un giudizio morale sulla figura della cortigiana ma piuttosto era focalizzato su un altro dibattito - il dibattito tra la vita centrata sulla soddisfazione dei sensi da una parte, e il riconoscimento della impossibilità di soddisfare i sensi e la ricerca della pace interiore tramite la rinuncia, dall'altra.

L'asceta Kumargiri (Ashok Kumar) viene alla casa di Chitralekha per chiedere carità e predica la rinuncia ai piaceri del corpo.  Chitralekha gli risponde con sarcasmo, "Sansar se bhaghe firte ho, bhagwan ko kya tum paoghe, is jag ko to apna na sake, us jag ko kya tuma paoghe" (Tu che corri via da questo mondo, come farai a trovare il Dio? Se non sei stato capace di accettare questo mondo creato da Dio, come farai a trovare l'altro mondo?).

Ma quando Chitralekha scopre il suo primo capello bianco, all'improvviso capisce che presto perderà l'amore del re e la sua posizione come la cortigiana principale. Così lei decide di rinunciare alle sue ricchezze e di ritirarsi in montagna vicino all'asceta Kumargiri. Ma questa volta è Kumargiri a perdere l'autocontrollo, attirato dal corpo della bella Chitralekha. Così questo film tocca un altro tema - per le donne niente è facile, se vivono nella società sono accusate di attirare e rovinare gli uomini mondani, e se decidono di rinunciare al mondo, sono accusate di rovinare l'autocontrollo degli sanyasi, gli asceti.

Il quarto film che parla delle cortigiane nell'India antica è "Amrapali" (1966, regista Lekh Tandon) basato sulla leggenda della nagarvadhu (sposa della città) di Vaishali nel regno di Pataliputra durante i tempi di Buddha, 500 a.c.

Cortigiane Prostitute Bollywood

Ajatshatru (Sunil Dutt), il re di Magadha, si innamora di Amrapali (Vajayanti Mala) che vive nel regno di Vaishali. Ma Amrapali non può essere sua perché è troppo bella per essere la moglie di un solo uomo, deve diventare la sposa della città e dare piacere a tutti gli uomini che possono pagarne il prezzo. Arrabbiato Ajatshatru attacca il regno di Vaishali e la distrugge. Vincitore lui arriva nel palazzo di Amrapali per dichiarare il suo amore e per chiederle di diventare la sua regina, ma Amrapali è scioccata da morte di migliaia di persone. Lei rifiuta Ajatshatru e diventa una monaca a seguito di Gautam Buddha.

In tutti questi film, le donne sono cortigiane-prostitute - esperte in danza e canto che vivono in palazzi dorati, ma non possono sognare di amare un uomo solo e di avere una famiglia con lui. Invece, hanno maggiore autonomia e libertà. Questi film non fanno un discorso morale sulla prostituzione. I loro canti sono ispirati dalla mitologia indù e le loro danze sono vicini alle danze classiche indiane come odissi e bharatnatyam.

L'arrivo dell'islam e la figura della cortigiana

I film come Pakeezah, Umrao Jaan e Mughal-e-Azam rappresentano la figura delle cortigiane durante l'epoca musulmana, dopo l'arrivo della dinastia dei Mughal intorno al 1450 d.c.

Mughal-e-Azam (1960, "Imperatore dei Mughal", regista K. Asif) parlava della storia d'amore tra principe Shekhu o Jahangir (Dilip Kumar), figlio dell'imperatore Akbar, per una semplice ragazza, Anarkali (Madhu Bala), figlia di una vecchia cortigiana. Questo amore non è gradito all'imperatore Mughal Akbar, il quale fa seppellire viva in un muro la bella Anarkali. Anche se il film presenta Anarkali come una aspirante cortigiana, il film non approfondisce il mondo delle cortigiane ai tempo dell'imperatore Akbar, ma piuttosto è una storia d'amore.

Uno dei momenti più emozionanti di questo film è la scena quando l'imperatore chiede a Anarkali di ballare nella corte per sottolineare a tutti che è soltanto una cortigiana, e Anarkali decide di ballare cantando, "Jab pyar kiya to darna kya" (Se hai deciso di innamorarti allora perché avere paura), l'inno di tutti gli innamorati indiani e lo slogan usato dalla parata gay pride in India.

Cortigiane Prostitute Bollywood
"Pakeezah" (1972, "Pura") del regista Kamal Amrohi raccontava la storia della cortigiana Sahibjaan (Meena Kumari) e il suo amore per il nobile Salim Khan (Raj Kumar). Salim vuole sposare Sahibjaan e sceglie un nuovo nome per la sua amata, Pakeezah, ma Sahibjaan ha paura che per le persone sarà sempre una prostituta.

Ambientato nella prima metà del ventesimo secolo, il film presentava il mondo dorato delle donne Mujrewali, donne che recitavano raffinati gazal e shayari (poesie urdu) e parlavano di alta cultura, ma che allo stesso tempo, potevano essere vendute come prostitute ai ricchi e nobili.

Invece Umrao Jaan (prima versione nel 1981, regista Muzzafar Ali e seconda versione nel 2006, regista J. P. Dutta) era un film biografico sulla vita di una famosa cortigiana di Lucknow del diciottesimo secolo. Il film sottolineava di nuovo l'aspetto esteriore del mondo dorato e la continua ricerca d'amore delle cortigiane-prostitute nell'epoca islamica.

Le cortigiane-prostitute di questi film erano parte di un sistema diverso da quelle delle nagarvadhu nell'India antica, ma anche questo sistema era altrettanto rigido, ed era controllato dalle donne più vecchie. Per alcuni versi, le donne di questi film sembrano avere meno autonomia. Hanno l'obbligo di coprirsi e di non interagire con gli uomini tranne quando deciso dalle matrone della loro casa. Quando escono fuori dal palazzo, portano il velo nero. Si cimentano in poesie scritte in urdu, la nuova lingua dei Mughal nata dal miscuglio di hindi, persiano e arabo. Le loro poesie sono chiamate sher o gazal, entrambe forme di poesia con delle regole grammatiche molto precise. Le loro danze sono legate sopratutto al movimento veloce dei piedi, in stile chiamato kathak.

Le cortigiane e prostitute dell'epoca moderna

Le figure delle cortigiane hanno subito diverse trasformazioni nei film ambientati nell'epoca moderna, ciò è, nel ventesimo secolo. Anzitutto, in questi film il loro ruolo come oggetto sessuale da comprare è più esplicito, anche se conitinuano a richiamare alcuni tratti delle antiche nagarvadhu e delle cantanti-danzatrice dell'epoca Mughal.

I film centrati sulla figura della cortigiana-prostituta spesso hanno delle storie che seguano alcuni filoni di base, anche se ogni tanto vi sono delle variazioni. Le due varianti più comuni di queste storie sono - (1) la ragazza della buona famiglia costretta da alcuni cattivi o da circostanze avverse a sacrificarsi in un mestiere infame, dalla quale poteva uscire solo con la sua morte e (2) la prostituta dal cuore d'oro che ama l'eroe e sacrifica la sua vita per lui.

Un terzo variante di questi film ha come protagonista una bella prostituta, portata dentro una casa dove deve fingere di essere la moglie. Vi presenterò i film più importanti secondo questi filoni tematici.

Il Richiamo alle storie mitologiche

Tutti questi film richiamano alcune figure mitologiche - sopratutto le mitologie di Sita e Savitri. Sita è la moglie di Rama nel poema epico Ramayana e incarna la moglie obbediente, che segue il marito nella foresta, ma quando la sua fedeltà verso il marito è messa in dubbio, è mandata in esilio. Savitri invece lotta con il dio della morte per riavere il suo marito, perché sa che senza il suo marito la sua vita non ha nessun valore.

Queste due figure mitologiche incarnano i valori di patrivrata - essere obbedienti e fedeli al marito, e riconoscere che il valore di una donna sta soltanto all'interno della casa di suo marito. Spesso questi film parlano della sacralità di sindoor, il polvere vermiglione che è simbolo del matrimonio per le donne non vedove, le quali mettono questo polvere sulla fronte e tra i loro cappelli.

Questi film parlano di queste due figure mitologiche per sottolineare che essendo prostitute e contrarie ai valori rappresentati da Sita e Savitri, non potranno mai raggiungere la vera felicità e non avranno mai l'amore sacro di uomo che poteva garantirle il paradiso. Forse ciò serve per ricordare le spettatrici di questi film che non devono lasciarsi confondere dai valori di libertà sessuale e sociale che le cortigiane-prostitute possono rappresentare.

Alcuni di questi film sono a lieto fine, ma in questo caso, spesso di tratta di ragazze di "buona" famiglia finite in un bordello, ma che sono ancora vergini. Soltanto negli ultimi anni, vi sono stati alcuni film dove alle donne non vergini, viene concessa la possibilità di sposarsi con l'eroe.

Un altro mito che si collega a questi film è legato alla storia di Tulsi, la prostituta salvata dal suo amore per il Dio, e trasformata nella pianta di Tulsi (una specie di basilico indiano). Per questo motivo, la pianta di Tulsi dovrebbe essere nel cortile di ogni casa, e dovrebbe essere venerata dalla padrona di casa, ma non può entrare nella casa. Questo mito viene richiamato nel cinema di Bollywood per parlare delle prostitute che sacrificano la propria vita per salvaguardare il matrimonio degli uomini innamorati di loro.

Ragazze delle buona famiglie costrette a prostituirsi

Le brave ragazze delle buone famiglie costrette a prostituirsi è la tipologia di storia più comune di questi film. Alcuni dei film più importanti con variazioni su questo tema sono i seguenti:

Cortigiane Prostitute Bollywood
Mere Mehboob (Mio Amore, 1963, regista H. S. Rawail) appartiene alla categoria dei film "Muslim social", molto popolare nel mondo di Bollywood alcuni decenni fa. Questi film raccontavano storie melodrammatiche di amori impossibili ambientati nel mondo delle famiglie nobili musulmane. A parte qualche raro film come Garam Hawa (M. S. Sathyu, 1973) o Salim langde pe mat ro (Saeed Mirza, 1989) dove si parlava di famiglie musulmane ordinarie o povere, il cinema di Bollywood era ossessionato dai nobili musulmani, con le poesie gazal e i poeti shayar e con una forte influenza culturale sopratutto nel nord dell'India.

Oggi in occidente la tradizione islamica di coprire le donne con il velo nero viene vista come qualcosa di barbarico per segregare le donne. Invece questi film, i Muslim socials, presentano il velo nero come qualcosa di romantico, un mezzo per nascondere le donne e per sollecitare le fantasie romantiche maschili. Questi film hanno molte canzoni che inneggiano alla bellezza degli occhi o dei piedi visti di sfuggita o nascosti dietro i veli neri.

Il film raccontava la storia di un giovane (Rajendra Kumar) che studia all'università e si innamora di una ragazza (Sadhana) di una famiglia nobile. Per fare colpo sulla ragazza, il giovane fa finta di essere ricco. Lui non sa che sua sorella (Nimmi) è una tawaif (prostituta-cantante) che si esibisce per guadagnare i soldi per pagare i suoi studi. Un'ulteriore complicazione è il fratello (Ashok Kumar) della ragazza, il nawab sahib (nobile) - è innamorato della tawaif e la mantiene affinché la donna canta e balla esclusivamente per lui. Era un film a lieto fine per entrambe le coppie degli innamorati.

Mamata (1966, Amore materno, Asit Sen) era la storia di un giovane avocato (Ashok Kumar) che torna dall'estero e trova che la donna (Suchitra Sen) che lui amava è diventata una cortigiana-prostituta. La donna gli racconta che era stata costretta a sposarsi con un uomo molto più vecchio di lei, il quale l'aveva venduta ad un bordello mentre era in cinta. La donna chiede all'avvocato di prendere la sua figlia e di crescerla lontano dal mondo dei bordelli, senza mai parlarle di sua madre.

Anni passano e la cortigiana si trova in prigione per aver ucciso il suo vecchio marito che cercava di ricattarla. Sua figlia, oramai cresciuta e diventata un avvocato (Suchitra Sen) ha il compito di difenderla, ma non sa che è sua madre.

Ram Teri Ganga Maili (Raj Kapoor, 1985) riprendeva un altro tema molto popolare nel mondo di Bollywood tra 1960-70 - l'amore tra una ragazza innocente di montagna e un ragazzo di città.

Queste storie si rifanno al mito di Shakuntala e il re Dushyant. Secondo questo mito, il re rimane incantato dalla semplice ragazza della foresta e la sposa senza testimoni e poi promette di tornare a prenderla. Shakuntala rimasta in cinta fa il viaggio dalla foresta fino al palazzo del re, ma viene respinta perché un incantesimo ha fatto che il re non ricorda niente della sua promessa.

In Ram Teri Ganga Maili (Dio, la tua Ganga si è sporcata), la bella Ganga (Mandakini) che vive in montagna, arriva in città per cercare il ragazzo che l'aveva sposata e dal quale aspetta il figlio. Dopo alcuni mesi, il suo marito torna in montagna ma scopre che lei è andata via e nessuno sa dove. Dall'altra parte, donna sola in città con un piccolo bambino, Ganga è costretta a diventare una prostituta e viene comprata dal padre del suo ragazzo.  Il marito di Ganga è costretto dalla famiglia a sposare una ragazza scelta da sua famiglia e Ganga è invitata a ballare al suo matrimonio.

Cortigiane Prostitute Bollywood
Amar Prem (1972, Amore eterno, Shakti Samant) era storia di Pushpa (Sharmila Tagore) venduta ad un bordello da suo zio. Al bordello Pushpa conosce Anand Babu (Rajesh Khanna), un ricco signore che si sente solo. Di notte Pushpa canta e balla, ma di giorno gioca con piccolo Nandu, un ragazzino che abita vicino. Per Pushpa, Anand Babu e Nandu sono la sua famiglia perché sono persone che lei ama, ma per la società lei è solo una prostituta. Anni passano, la famiglia di Nandu cambia casa. Nandu torna in città dopo molti anni e incontra di nuovo Anand Babu e poi va alla ricerca di Pushpa, oramai vecchia e ridotta in povertà.

Mausam (Stagione, Gulzar, 1975) era la storia del vecchio medico Amar (Sanjeev Kumar) che arriva in montagna e incontra la giovane prostituta Kajri (Sarmila Tagore). Lui non vuole il sesso da Kajri, ma è alla ricerca di Chanda (Sarmila Tagore), la mamma di Kajri, che lui aveva conosciuto molti anni prima durante le sue ferie in montagna, quando era uno studente di medicina. Kajri si diffida di questo vecchio che la chiama beti (figlia). Lei ha già una lunga esperienza della vita e sa che gli uomini usano parole dolci per calpestare e sfruttare le donne.

Anche questo film tocca il tema del ragazzo di città e la ragazza innocente di montagna. Kajri, la prostituta di Mausam presentava il lato brutale della prostituzione, senza romanticismi di Bollywood.

Cortigiane Prostitute Bollywood
Chandani bar (Madhur Bhandarkar, 2001) è un film più realistico sul mondo dei dance-bar, locali dove si beve alcolici, a Mumbai (Bombay). Il film racconta la storia di Mumtaz (Tabu), una ragazza di un villaggio, prima stuprata dallo zio e poi costretta a ballare e prostituirsi in un locale.

Per una volta, la figura del Tawaif era presentata nella sua brutalità e bruttezza senza il solito romanticismo di Bollywood. Il film ha vinto il premio nazionale per il miglior film ed ha aiutato a costruire la reputazione di Tabu come una brava attrice.

Laaga chunri mein daag (La tua sciarpa si è macchiata, Pradeep Sarcar, 2007), è stata trasmessa su Rai 1 nel ambito del ciclo Amori con..turbanti con il titolo "La verità negli occhi" e raccontava la storia di Badki/Natasha (Rani Mukherjee), costretta a diventare un escort girl a Mumbai per pagare gli studi alla sua sorella minore (Konkana Sen). Il film non ha avuto successo commerciale in India ed è stato criticato dalla stampa indiana per aver ripreso il vecchio stereotipo delle ragazze costrette a prostituirsi.

Questa lista dei film sulle donne costrette a prostituirsi non è completa. Con un po' di ricerca sicuramente mi ricorderò di altri film importanti di questo genere. Ciò può dare un'idea dell'importanza di questo tema nel mondo di Bollywood in passato.

(Fine della prima parte)

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venerdì 19 ottobre 2012

Traduzioni italiane della letteratura indiana


Nota: Post aggiornato in agosto 2022

Carola Lorea mi ha informato della sua iniziativa di creare un blog INDIASENZAFILTRO per riunire le persone che possono tradurre in italiano la letteratura indiana (scritta nelle lingue indiane).

E' un tema che mi sta molto al cuore. Da hindi a Urdu, da bengalese a tamil, da malayalam a kashmiri, da marathi a oriya, vi sono numerosi scrittori bravi ma quasi sconosciuti fuori dalle loro cerchie locali. Auguro tutto il successo a questa iniziativa e spero che tante persone vorranno collaborare con essa!

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INDIA SENZAFILTRO – call for collaborators!

NON NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

INDIASENZAFILTRO è un blog di letteratura indiana in traduzione italiana, che ospiterà la pubblicazione di un vasto repertorio di traduzioni dalle lingue moderne indiane: hindi, bengali, urdu, eccetera.

INDIASENZAFILTRO ha lo scopo di creare un archivio digitale di traduzioni (letterarie e non: shortstories e articoli di giornale, estratti di romanzi, travelogues, saggi e poesie, canzoni e pièce teatrali) che non passano per il ''filtro'' dell'inglese.

INDIASENZAFILTRO  servirà da piattaforma di lancio per giovani traduttori e da database digitale di letteratura indiana in italiano. L'augurio è quello di garantire ampia visibilità agli aspiranti traduttori sollecitando media e case editrici ad affacciarsi sul mondo, ancora largamente inesplorato, delle pubblicazioni tradotte direttamente dalle lingue moderne del subcontinente indiano.

Prima di mostrarsi in pubblica piazza, la squadra di INDIASENZAFILTRO ha bisogno di nuovi e aitanti collaboratori (AAA max serietà – no perditempo) che possano coprire un ampio raggio di produzioni letterarie in varie lingue dell'India:

sei interessato a contribuire con virtuose traduzioni inedite? Vuoi diffondere i tuoi esercizi di stile fra i curiosi del web? Sistema i tuoi brani e inviali, insieme a una tua piccola biografia, a indiasenzafiltro(at)gmail.com.

Per la protezione dei tuoi contenuti dai più biechi malintenzionati, il blog si tutela con licenza di copyleft (http://www.creativecommons.it).

Ti invito a diffondere il progetto di INDIASENZAFILTRO tra amici, colleghi o chiunque possa contribuire con delle belle traduzioni. Altro che Chetan Bhagat: noi c'abbiamo Premchand.

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Aggiornamento 23 agosto, 2022: Ho cercato sull'internet  per verificare se questa iniziativa continuava e mi dispiace dirlo, non ho trovato niente.

Qualche mese fa, mentre parlavo con un'amica che ha tradotto i libri di molti autori indiani in italiano, lei mi aveva raccontato che non vi sono case editrici che vogliono pubblicare i libri di autori indiani sconosciuti in occidente. Soltanto quando qualche autore è già conosciuto, per esempio perché la traduzione in inglese o in francese di un suo libro è stato un successo o ha vinto qualche premio, le case editrici italiane potrebbero accettare di pubblicare quei libri. Questo significa che non c'è lavoro per le persone che possono tradurre direttamente dalle lingue indiane all'italiano.

Invece, una ricerca sull'internet ha mostrato che Carola Lorea, che aveva lanciato l'idea del progetto IndiaSenzaFiltro, dopo aver finito il suo dottorato presso l'istituto degli studi orientali era andata a lavorare in un'università australiana nel 2018.

martedì 14 agosto 2012

Nuovo ciclo di Bollywood su Rai Movie

Da 3-4 anni, quando arriva l'estate, iniziano a circolare i messaggi tipo, "Ma secondo te, quest anno faranno il ciclo Amori con.. turbanti su Rai Uno?" tra i fans di Bollywood.  Naturalmente nessuno sa rispondere a queste domande, ma come l'oracolo di Delfi, tutti cercano di indovinare.

In luglio, tra Rai Movie e Rai 4, avevano iniziato la trasmissione dei film di Bollywood. Si trattava di film già trasmessi su Rai uno negli anni passati. Comunque, per i fans di Bollywood, questo ciclo sembrava il segno che forse vi sarà un nuovo ciclo di "Amori Con.. turbanti" anche nell'estate 2012. Di fatto, in agosto il ciclo Bollywood è iniziato su Rai Movie, con un film ogni martedì, anche se questa volta il ciclo non ha un titolo specifico.

Il film di oggi (martedì 14 agosto 2012) è "Rab ne bana di jodi" ciò è, "Dio ha creato la coppia". Il titolo del film fa riferimento alla credenza indù che il matrimonio dura 7 vite e in ogni vita, il destino agisce in modo che la coppia può incontrarsi e sposarsi sempre, anche se tutto sembra contro di loro. In questo senso, il film ha un messaggio riguardo i matrimoni combinati che in occidente si accetterebbe difficilmente - cerchi e troverai amore nella persona che è stata scelta per te (ciò è all'interno del matrimonio).

Rab ne Bana di Jodi poster

Il film racconta la storia di Taani (Anushka Sharma). Il ragazzo che Taani ama e sta per sposare muore in un incidente alla sera del matrimonio. Suo padre, preoccupato che oramai nessuno vorrà sposare la sua figlia perché ha portato sfortuna, chiede un suo vecchio studente, Surinder Sahni (Shahrukh Khan) di sposarla. Suri, come tutti lo chiamano, è molto più vecchio di Taani. Mentre Taani è una ragazza moderna che vuole danzare e uscire fuori, Suri è un uomo di mezza età, timido e noioso.

Il film segue la coppia di neo sposi, la disperazione di Taani per una vita grigia e monotona e il fascino di Suri  per la sua bella e giovane moglie. Taani ama danza e vorrebbe partecipare in un programma di reality sulla TV. Anche Suri decide di travestirsi da Raj, un giovane danzatore, per avvicinarsi alla moglie. Taani si innamora di Raj suo partner nella reality, ma non sa che Raj e Suri sono la stessa persona.

Quando avevo guardato questo film insieme alla mia moglie, lei si era arrabbiata molto con il personaggio di Suri perché secondo lei, era molto ingiusto nei confronti di sua moglie.

Se guarderete questo film stasera, mi piacerebbe sapere, cosa ne pensate voi del comportamento di Suri!

A proposito, penso che questa volta il ciclo di Bollywood presenta i film nella versione interegrale, con le danze e le canzoni. Purtroppo ciò significa che i film finiscono molto tardi e se non siete in ferie, è difficile restare svegli fino alla fine. Comunque domani è ferragosto per cui, stasera potete rimanere svegli.

Non sono proprio sicuro se mi piace vedere tutte le danze e canzoni in questi film sulla TV! E' vero che in passato, avevo scritto che mi dispiaceva che tagliavano così tante scene e sopratutto danze e canzoni. Lasciatemi spiegare.

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Due settimana fa, avevo guardato parti del film "Dabangg" con Salman Khan. "Dabangg" (una parola difficile da tradurre in italiano, è un aggettivo che si riferisce ad una persona o un animale, di carattere indomabile, qualcuno che non accetta sconfitta e non sta zitta) aveva avuto il grande successo commerciale in India nel 2009.

Di solito, i film di bollywood sono molto lunghi e per la trasmissione in Italia nel ciclo Amori Con ..Turbanti, erano sempre accorciati. Per la trasmissione, spesso tagliavano intere scene e le canzoni. Invece quando ho visto Dabangg, sono rimasto un po' sorpreso perché, il film era in versione integrale, e non ero sicuro se mi piaceva questo fatto.

Mi avevano lasciato un po' perplesso queste sensazioni di disagio mentre guardavo Dabangg.

Poi, la settimana scorsa, hanno trasmesso "Guru", un film di Mani Ratnam, uscito 4-5 anni fa, ispirato dalla vita dell'industriale indiano Dhirubhai Ambani. Di nuovo, sembrava che non avevano tagliato le danze e le canzoni, anche se questa volta mancavano i sottotitoli durante le canzoni.

Un'altra volta, avevo questo senso di disagio, di fastidio durante queste scene. Avevo visto "Guru" quando era uscito e mi era piaciuto. Ancora oggi, ogni tanto mi piace ascoltare le sue canzoni. Allora perché non mi piaceva che la facevano vedere intera, doppiato in italiano?

Forse le nostre sensibilità culturali sono legate alla lingua che parliamo? Così quando vedo i film in hindi, penso che ho una sensibilità e un modo di ragionare diversi da quando li guardo in italiano? Ho cercato il DVD del film per guardarlo di nuovo in Hindi e questa volta guardare le danze e le canzoni era piacevole.

Penso che quando guardo i film in italiano, ragiono in maniera occidentale e non sono predisposto alla sospensione della storia per vedere una danza. Invece quando li guardo in hindi, capisco il ruolo delle canzoni e della danza come i momenti di approfondimento delle emozioni, e non come sospensione della storia. O vi sono altri motivi e meccanismi che stanno dietro il mio disagio? Magari qualcuno dei lettori che è un psicologo, potrà darmi qualche spiegazione riguardo a queste mie sensazioni!

Se guarderete "Rab ne bana di jodi", raccontatemi se è piaciuto vedere tutte le danze e le canzoni o se preferirete vederli un po' accorciati?

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Si è iniziato a parlare di globalizzazione solo negli ultimi 20 anni, ma penso che i film erano globalizzati molto prima. Il cinema di Hollywood era visto e copiato in tutto il mondo anche 50 anni fa.

Ma anche Bollywood era già globalizzato 50 anni fa, anche se ancora non era conosciuto in Italia. Per esempio, i film di Raj Kapoor come "Awara" (Vagabondo) e "Shri 420" (Signor ladro), usciti verso la fine degli anni 1950 erano famosi in diversi paesi del mondo. I paesi dell'Asia e del medio oriente guardavano i film indiani da sempre. Per esempio, il tema dei poliziotti corrotti è molto popolare nel mondo di Bollywood e una volta una mia amica indonesiana mi diceva che quando scoprono un poliziotto corrotto in Indonesia, li chiamano "poliziotto indiano".

Un po' come i ristoranti dove le cucine dei diversi paesi sono famose per le loro caratteristiche specifiche, anche per la globalizzazione, i film provenienti da diverse parti del mondo sono riconosciuti per le loro tematiche. Per esempio, i film indiani sono conosciuti per le storie d'amore dove predominano le emozioni e le famiglie. Invece i film cinesi sono conosciuti per le arti marziali. In questo senso, i film che non rientrano nelle categorie specifiche non trovano mercati fuori dai confini nazionali. Per esempio, i film indiani che non parlano di amori e di famiglie o i film cinesi che non parlano di arti marziali, fanno più fatica a trovare un mercato in altri paesi.

Oggi con internet e la globalizzazione economica, la tendenza verso la globalizzazione dei film continua. Una delle tendenze è quello di incorporare le caratteristiche specifiche del cinema di un paese negli altri paesi. Non è una tendenza nuova. Per esempio i western americani avevano le versioni italiane (spaghetti-western), cinesi (noodle western) e indiane (curry-western), complete di cowboy con i cappelli e i cavalli. I film western di Sergio Leone girati in Italia sono considerati i film di culto in tutto il mondo. Nello stesso modo, alcuni film di Bollywood tentano di copiare e assimilare i film cinesi sulle arti marziali.

Gli esempi dove lo stile bollywood è stato copiato e assimilato nelle tradizioni cinematografico di altri paesi non mancano. Recentemente leggevo di un nuovo telefilm arabo prodotto da un canale televisivo del medio oriente, con gli attori arabi, basati sul mondo di Bollywood. Il telefilm "Hindustani" racconta storie quasi-bollywoodiane, più adatte alle sensibilità arabe, ma con le danze e i vestiti di bollywood.

Anche il Brasile aveva il suo telefilm di bollywood Caminho das Indias, della quale avevo scritto qualche anno fa.

Buona visione di Rab ne bana di jodi stasera.

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domenica 24 giugno 2012

Parlare dell'Africa

Recentemente sull'Internazionale c'era un articolo dello scrittore Keniotta, Binyavanga Wainaina intitolato "La nuova carta dell'Africa". Se avete avuto occasione di leggere altri articoli di Wainaina, penso che saprete già che ha un modo di esprimersi ironico e allo stesso momento, secco e tagliente.

In questo articolo, lui parlava della concezione e dell'immagine dell'Africa in Europa e in America dopo la caduta del muro di Berlino, e sosteneva che oramai conosciamo l'Africa soltanto da quello che ne dicono i rappresentanti delle grandi organizzazioni umanitarie, e spesso le voci sono degli espatriati europei o americani:
"... ti serve memorizzare nel telefono i numeri dei rappresentanti di tutte le organizzazioni umanitarie europee - Oxfam, Save the children, eccetera - in ogni paese africano. .. In questa era il veicolo di tutto il sapere locale sono le organizzazioni umanitarie, che parlano la lingua dei diritti umani e sono buone. Quindi se un corrispondente straniero ha bisogno di sapere cosa sta succedendo in Sudan, si chiarirà i punti più urgenti grazie alla sua colazione settimanale con il rappresentante di Oxfam ..."
Wainaina parla anche delle organizzazioni che cercano di promuovere "lo sviluppo delle comunità" in questo articolo:
"Questa parte dell'Africa è gestita da anonimi signori della guerra. Quando vengono sconfitti, questi posti sono gestiti da organizzazioni di base finanziati dall'Unione Europea che creano un buon posto per mandare i bimbi nati negli anni bisestili a dare una mano e a vedere anche le giraffe. La base esiste per stare seduta ad aspettare che arrivino gli agenti della sostenibilità (europei) e le diano un po' di potere."
Penso che con questa descrizione, Wainaina esagera un po', ma c'è più di un pizzico di verità nella sua affermazione. Negli anni di crisi come quelli attuali, spesso l'unico modo di lavorare per le organizzazioni di volontariato è quello con i progetti cofinanziati dall'Unione Europea, con i loro finanziamenti di 1-3 anni e con le compulsioni di costruire le sembianze di uno sviluppo comunitario con le tecniche dirigenziali delle grandi corporazioni. Per cui, prevale lo sviluppo calato da sopra che costruisce scenografie da fotografare e filmare, ma che cambia niente.

Wainaina chiude il suo articolo con un avvertimento: l'Europa sta perdendo l'Africa e che l'Africa ha scelto altri interlocutori per il suo dialogo - interlocutori orientali e medio orientali, perché non riesce più a farsi sentire dall'Europa.

Si può discutere molto su diversi punti che solleva Wainaina in questo articolo, ma non si può negare che in Europa nei giornali "normali" è quasi impossibile sentire le voci africane su qualunque tema che riguarda l'Africa. Dove sono le voci di pensatori, filosofi, economisti, attivisti, scrittori africani quando succede qualcosa in Africa?

Anche le voci autorevoli come quelle di Wole Soyinka o Samir Amin, sono quasi sconosciute in occidente. Perché l'Africa non ha le voci proprie per raccontare la sua storia? Forse questa assenza ha le sue radici nel passato, nella storia dello schiavismo?

Europa aveva colonizzato anche l'Asia e il sud America, ma forse nella recente storia, nessun altro popolo è stato trattato come gli africani - come esseri "non umani", esseri da raccogliere durante le spedizioni di caccia, incatenati e trasportati in giro per il mondo. In confronto, per portare i "girmitiya" indiani come lavoratori nelle colonie, gli inglesi dovevano attirare le persone con inganno, con le esche del sogno di una vita migliore, come onesti lavoratori. Alla fine anche gli indiani si trovavano in situazioni terribili e erano trattati poco meglio degli africani, ma avevano dei contratti, ciò è un riconoscimento che erano delle persone, anche se avevano poco potere.

Forse sotto sotto, in Europa resta quell'idea dell'Africa come la terra di nessuno, una terra senza civiltà. Per questo che ancora oggi le voci africane restano non ascoltate?

Comunque, come Wainaina, vi sono molte altre voci africane che raccontano quello che succede nei loro mondi. Penso che sia importante ascoltare anche loro, se vogliamo capire meglio quello che succede in quei mondi.

Graphic African Voices - S. Deepak, 2012

Per esempio, potete iscrivetevi ad un newsletter settimanale di Pambazuka.org, una lista di email gratuita, in inglese, portoghese e francese, che racconta i problemi dell'Africa visti e raccontati dagli africani. Vi garantisco che resterete stupiti da quanto spesso loro descrivono il loro mondo e i suoi problemi così diversamente da come lo fanno i giornali europei (quelle rare volte che lo fanno) o le organizzazioni umanitarie!

Sul sito di Pambazuka troverete tutte le informazioni per l'iscrizione (il link porta alla pagina in inglese - in alto sulla sinistra troverete i link alle pagine in francese e in portoghese).

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domenica 17 giugno 2012

Le filosofie di Gandhi

Il nome di Mahatma Gandhi è associato a diverse tecniche innovative di protesta, come il Satyagraha o la lotta della verità, dove si utilizza i principi di ahimsa (non violenza) e balidaan (sacrificio personale) per far cambiare la mentalità del avversario. Ero nato nel 1954, 7 anni dopo l'indipendenza dell'India e da bambino, in casa avevo sentito le storie di come Gandhi con i principi della non violenza e degli sacrifici personali era riuscito a liberare l'India dal colonialismo inglese.

Quando avevo otto anni, nel 1962, vi era stata la guerra tra India e Cina e poi, tre anni dopo, nel 1965, la prima guerra tra India e Pakistan. Due di miei zii si erano arruolati nelle forze armate indiane come soldati per la "difesa della matria" (in India, si dice sempre, la matrabhumi o la terra della madre, invece della patria).

E mi chiedevo, dove erano spariti i principi di Mahatma Gandhi durante queste guerre? Nelle lotte con gli altri paesi, i principi di non violenza e del sacrificio personale, non valevano più?

Oggi, finalmente ho trovato una piccola risposta al mio quesito. In un articolo sul giornale Hindustan Times scritto da Gopal Krishna Gandhi, nipotino del Mahatma, è scritto:
1962: Nei primi anni sessanta, tutti si chiedevano se JP sarà il successore di Nehru come capo del governo. Ciò nonostante che nel frattempo, JP era diventato una colonna portante del movimento di Vinoba sulla donazione delle terre, anche se tra i due, vi erano alcune divergenze di opinioni. Quando vi è stata l'invasione cinese nel 1962, JP voleva partire con un gruppo di shanti sainiks (soldati della pace) per ofrire una resistenza non violenta agli aggressori e per fare appello alle due parti di cessare la guerra. Ma Vinoba era contraria all'idea, e JP aveva deciso di ascoltare il suo consiglio.
Vuol dire che alcuni seguaci del Mahatma, come Jayaprakash Narayan (JP), credevano che si potevano sperimentare i suoi principi anche  nelle guerre tra i paesi!

Alla fine non l'avevano fatto, ma leggere che lo volevano fare, mi ha dato immenso piacere.

Quando leggo i libri e gli articoli sugli ultimi anni di vita di Gandhi, mi dispiace per lui. Penso che oramai, era visto come un uomo vecchio, eccentrico e arteriosclerotico, non molto pratico, ignorato da "politici" veri che cercavano soluzioni "pragmatiche". Era qualcuno da tenere in un tempietto, venerato e ignorato. Sapere che persone come JP credevano ancora nei principi di Mahatma Gandhi, mi ha fatto piacere.

Non so spiegare bene i motivi del mio piacere, ma mi è sembrata qualcosa di importante. Per questo volevo parlarne con qualcuno!

Qui sotto due delle ultime immagini di Gandhi scattate dalla famosa fotografa americana Margherita Burke che lavorava per la rivista Life. La prima immagine era stata scattata nel gennaio 1948, pochi giorni prima del suo assassinio e la seconda mostra la cremazione del suo corpo avvenuto a Delhi il 31 gennaio 1948.


Mahatma Gandhi 1948 by Margherita Burke

Cremation of Mahatma Gandhi, 1948 by Margherita Burke

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martedì 29 maggio 2012

Dialoghi e festival

Bologna è sempre vivace culturalmente ma con l'arrivo d'estate lo diventa ancora di più. Per questo amo giugno e l'inizio di estate a Bologna! Ci sono in programma anche 3 momenti culturali legati al sub-continente indiano durante il mese di giugno.

Ma prima di parlare degli eventi legati al subcontinente indiano, un'altra notizia. Quest anno sembra che vi sarà un nuovo festival a Bologna - "la Repubblica delle idee" - dal 14 al 17 giugno 2012.

Nonostante i festival bolognesi come la Par Tot, ero un po' invidioso di Ferrara per il festival annuale organizzato da Internazionale. Oramai, tante città organizzano questi festival che portano scrittori, pensatori, filosofi, musicisti, artisti, matematici e scienziati nelle piazze. Per cui era impensabile che Bologna non ne aveva un festival tutto suo e sono felice che La Repubblica se ne accorta!

Potete guardare il programma di questo festival al sito de La Repubblica. Il festival inizierà con l'anteprima italiana del nuovo film di Bernardo Bertolucci "Io e te", il 14 giugno sera in Piazza Maggiore.

Invece per quanto riguarda gli eventi legati al subcontinente indiano, il primo è "Dialogo 2012" organizzato da Articolture in collaborazione con la facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'università di Bologna, il centro interculturale Zonarelli e le comunità straniere di Bologna.

Qui sotto c'è il programma di questa iniziativa (cliccate sull'immagine per ingrandire).

Locandina Dialogo 2012

Il programma comprende una serata sul Sud Asia che parlerà di Kip, il soldato indiano nel romanzo "Il Paziente inglese" dello scrittore originario dello Sri Lanka, Michael Ondaatje.

Io parlerò degli uomini giovani delle colonie inglesi venuti in Italia durante la seconda guerra mondiale come parte delle truppe alleate. Il programma prevede anche uno spettacolo di danza dello Sri Lanka.

Questa serata si svolgerà l'8 giugno 2012 alle 18,00 presso il giardino Parker Lennon in Via Sacco (alle spalle del centro interculturale Zonarelli). Per favore diffondete le informazioni a tutti coloro che possono essere interessati.

Il secondo evento è la festa buddista che si terrà il 3 giugno pomeriggio presso il centro Zonarelli di Bologna, organizzata dall'Associazione dello Sri Lanka (cliccate sull'immagine sotto per ingrandirlo).

Locandina Festa Buddhista, associazione Sri Lanka di Bologna

Il terzo evento di giugno è la cerimonia di "Puja al Guru Loknath Baba" organizzato dall'associazione Benglaese di Bologna, Sanatan Sanskritik Parishad, anche questa si terrà il 3 giugno 2012.

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mercoledì 16 maggio 2012

La lettera di Sikand

Per più di 25 anni, Prof. Yoginder Sikand è stato una voce autorevole per parlare della situazione delle minoranze oppresse e emarginate in India. Ha parlato e ha scritto più volte sulla situazione dei gruppi come le cosidette "caste basse" e i musulmani in India e ha denunciato con forza i meccanismi del fondamentalismo indù.  Lui scrive regolarmente per riviste indiane autorevoli come l'Outlook.

Il 19 aprile scorso, lui ha pubblicato una lettera shock, intitolata, "Perché rinuncio all'attivismo sociale", dove lui parla del suo bisogno di introspezione e riflessione, e del "negativismo" che pervade i "progressisti" indiani impegnati nelle lotte per i diritti dei gruppi oppressi e delle minoranze etniche e religiose.

La lettera di Sikand ha toccato un vespaio, con lancio di accuse e di controaccuse di altri "progressisti" e attivisti sociali nelle settimane successive, i quali si sono sentiti colpiti dalle critiche di Sikand.

Penso che sia utile riflettere su alcune questioni che solleva Sikand nella sua lettera:
"..essendo un attivista sociale, avevo immaginato che le fonti di tutta l'oppressione e di tutta la negatività erano esterne - "là fuori" nel "mondo oltre" - da cercare nelle classi sociali, nelle caste, nelle strutture e nelle ideologie che avevo identificato come oppressive - Bramini e Commercianti, Ebrei, Americani e i loro fedeli Sauditi-Wahabiti, Feudalismo, Comunalismo, Capitalismo, Castismo, Zionismo, Braminismo,  Fondamentalismo religoso, Imperialismo e così via. Se potevamo combattere contro questi oppressori, avevo creduto, che il mondo si sarebbe cambiato...
.. l'odio che spesso passa per il "progressismo" nei circoli degli "attivisti" era veramente incredibile, e io ci credevo pienamente. Si imparava a cercare il negativo in ogni angolo e ogni buco, e se non lo trovavi in quelli luoghi, allora immaginavi fermamente che esisteva lo stesso.Tutta la tua vita era una grande protesta. Protestare contro le ingiustizie reali o immaginarie era quasi la sola cosa rispettabile che potevi fare ...
Ma questo negativismo dei circoli degli attivisti era solo verso una parte, perché per essere contato come un "attivista sociale" "vero" era impensabile trovare difetti di qualunque tipo negli "oppressi". Per un "attivista sociale" era impensabile anche parlare, tanto meno condannare, qualcosa che "non andava bene" nelle "comunità oppresse" - ingiustizie di genere o lotte di caste tra le "caste basse" o l'oscurantismo e la misoginia che insegnano nelle scuole musulmane tradizionali (madrasse) o gli attacchi terroristici e l'uccisione degli innocenti da parte dei naxaliti (maoisti) e dei musulmani radicali - parlarne era visto come un tradimento. Rapporti riguardo simili cose erano da ignorare perché sono "la propaganda maliziosa della classe regnante" o perché è "il lavaggio strumentale di cervello da parte dei bramini" o anche perché è "una reazione comprensibile delle comunità di minoranze vulnerabili all'oppressione delle caste / classi / imperialisti dominanti". Qualche volta, anche se si poteva accettare con riluttanza che i rapporti erano veritieri, si cercava di lasciarli passare sotto silenzio per "rispettare le sensibilità degli oppressi" o come "piccole contradizioni" che non bisogna esternalizzare perché ciò avrebbe "diviso" gli oppressi e avrebbe "sabotato" la lotta contro "l'oppressione" e sarebbe stato "fare il gioco dei veri oppressori".
Oltre alle sue confessioni sul proprio mondo "progressista", Sikand spiega la propria decisione di abbandonare l'attivismo sociale con queste parole:
"Anche se riconoscevo che l'ingiustizia sociale era una realtà universale, ed anche brutale, sopratutto per alcuni gruppi di minoranze, ho dovuto accettare anche le "minoranze" sono spesso colpevoli delle stesse ingiustizie (per esempio per come trattano le donne e le altre minoranze tra di loro) come le "maggioranze" e che nessuna comunità ha il monopolio, ne sulle virtù, né sui peccati. Un marito o padre tiranno, che esso sia musulmano o Dalit, è ugualmente oppressore quanto un bramino, almeno per me... affinché le persone non cambieranno come individui, non è importante in quale "sistema" credono, quale è la loro religione, o di quale retorica radicale parlano... affinché le persone, compreso gli oppressi, resteranno come sono, con tutta la negatività che abbiamo dentro, l'oppressione resterà intatto, anche se le sue forme possono cambiare e gli "oppressi" di oggi diventeranno gli "oppressori" di domani. La sola rivoluzione che cercavo, avevo capito, era quella interna... soltanto se mi riformavo veramente, se mi guarivo psicologicamente dal di dentro, per diventare intero, gentile e amorevole, ho capito, solo allora potrò veramente aiutare gli altri...
"So che non voglio più cambiare il mondo, dolorosamente consapevole che non importa quanto posso provare, i problemi del mondo resteranno e forse peggioreranno. Perché devo sprecare quello che resta della mia vita inseguendo il miraggio di un mondo senza problemi? ... Lasciamo stare il mondo intero o il "sistema", non ho potuto cambiare ne anche la mia famiglia e gli amici intimi, affinché loro pensassero e comportassero come volevo io .. il meglio che posso fare è di cercare di diventare una persona migliore, più gentile, con più compassione e amore, e di liberarmi di tutta questa negatività che si è entrata dentro di me. Veramente è l'unica e la migliore cosa che posso fare. E se anche gli altri penseranno in questo modo, non ci sarà più bisogno di sognare le rivoluzioni o di cambiare gli altri per avere un mondo migliore."

In qualche modo queste ultime parole di Sikand, mi fanno pensare a Mahatma Gandhi, per il quale la soluzione di ogni problema era dentro di se e per ogni crisi, lui proponeva digiuni o giornate di silenzio per la riflessione e per la purificazione.

Personalmente non ho mai avuto grande amore per le ideologie di qualunque colore. Mi trovo più vicino al pensiero di sinistra, ma non ci sto quando si cerca di giustificare tutto partendo da pensieri ideologici. Proprio per questo motivo, non concordavo quando Arundhati Roy, in qualche modo giustificava la violenza dei maoisti come "unica soluzione possibile dei gruppi emarginati e poveri, perché cosa altro possono fare?"

Ma la lettera di Sikand, vuol dire che non dobbiamo affrontare le ingiustizie? Non credo. Più che altro penso che sia importante liberarsi dagli spazi stretti che ci costruiamo intorno a noi, gli spazi delle ideologie, delle ideologie di sinistra che ripetono i mantra delle lotte contro imperialismo, e delle ideologie di destra che vedono tutte le soluzioni nei mercati.

Nietzsche diceva, "Le convinzioni sono le nemici più pericolose della verità, più delle bugie." Penso che le ideologie fanno proprio questo, ti spiegano il problema e le soluzioni prima di ascoltare e capire qualcosa. Ti chiudono gli occhi e le orecchie e non puoi più sentire la voce delle persone.

Concordo con Sikand che se non siamo aperti alle riflessioni e all'auto-cambiamento, non possiamo cambiare gli altri. Anche Raoul Follereau diceva, "cambiare noi per cambiare il mondo". Penso che le parole di Sikand hanno valore non solo per i "progressisti" indiani ma per tutti quelli che si nascondono dietro alle ideologie.

Se volete leggere l'intera lettera di Sikand (in inglese) la troverete cliccando al sito di Counter-currents.

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martedì 20 marzo 2012

Immigrati e tradizioni culinarie degli altri

"Ho comprato il polvere di curry", mi aveva detto l'amica.

Veramente non avevo idea di cosa parlava, ma non le avevo detto niente.

In Europa tante persone pensano che il polvere di curry sia una spezia speciale che si usa per cucinare i piatti indiani, ma spesso gli indiani non sanno che c'è qualche spezia che si chiama il polvere di curry. La storia del polvere di curry somiglia alla storia della salsa per fare "spaghetti alla bolognese" che tutto il mondo sembra conoscere, a parte i bolognesi.

Infatti in India, la parola "curry" ha diversi significati.

Il significato più comune di curry è quello di una pianta aromatica che molte famiglie fanno crescere nel cortile di casa e ogni giorno, prendono alcune foglie fresche da aggiungere al piatto delle verdure verso la fine della cottura. Il nome scientifiche di questa pianta è Murraya koenigii. Le foglie di curry hanno un profumo molto particolare. Sono usate sempre intere, ciò è, non sono macinate per creare il polvere di curry. E non sono piccanti. Non è facile trovare le foglie di curry in Italia anche se rare volte ho visto sacchetti di plastica con foglie secche nei negozi gestiti dalle persone dello Sri Lanka (attenti a non confonderli con il Bay leaf o le foglie di alloro che in India si chiamano i "Tez patta").

Le foglie di curry sono considerate utili per curare diabete, infezioni batteriche, infiammazioni e problemi del fegato secondo il sistema tradizionale di medicina, Ayurveda.

Nel nord-ovest dell'India, la parola "curry" viene utilizzata anche per parlare di piatti a base di carne o di verdure con del liquido, ciò è i piatti "non asciutti", un po' simile all'uso della parola "minestra" nel nord Italia per parlare di primi piatti con un po' di liquido per differenziarli da "pasta asciutta" senza il liquido.

Invece il polvere di colore giallo che la mia amica chiamava "polvere di curry" è una miscela di spezie fatta con curcuma, coriandolo, sedano, aglio, ecc. In India non vendono il polvere di curry, che invece si trova in molti supermercati europei e americani.

Non sapevo come mai in Europa avevano deciso di vendere questa miscela con il nome di curry, finché non ho letto l'articolo di Uma Narayan nel suo libro "Dislocating cultures - identities, traditions and third world feminism" (Dislocando culture - identità, tradizioni e femminismo nel terzo mondo, Edit. Routledge, Londra, 1997)). In questo articolo Narayan parla di immigrazione e le culture culinarie nei contesti coloniali e post coloniali.

"La ricerca delle spezie orientali era una parte importante delle avventure coloniali iniziali", dice Narayan e racconta di una ricerca fatta da Susan Zlotnick sull'incorporazione della "curry" nelle ricette inglesi nell'epoca vittoriana, "Il desiderio per l'Altro e la paura della mescolanza che ciò crea, può essere disattivata tramite le metafore della domesticazione. Le donne della media borghesia possono prendere in casa un prodotto ibrido come curry, il prodotto bastardo dell'unione tra Inghilterra e India, e tramite effetto ideologico di domesticazione,  cancellare le sue origini straniere e rappresentarla come qualcosa di puro inglese."

Cucina indiana
I vari piatti indiani cucinati con diverse spezie sono stati tradotti nella "miscela del polvere di curry" per il palato inglese durante l'epoca coloniale. "Questa India immaginaria e esotica era necessaria per stimolare l'interesse imperiale per incorporare questo gioiello nella corona inglese". Allo stesso momento, India era anche "il paese dei poveri, dei barbari e degli ignoranti", per giustificare perché gli inglesi dovevano colonizzare l'India "per il suo bene, per civilizzarla, per renderla meno barbara e meno ignorante".

Uma Narayan tocca diversi argomenti legati alle tradizioni culinarie, religioni e culture nel suo articolo, nella sua famiglia d'origine in India e come immigrata in Gran Bretagna e in America. Per esempio, parlando delle contraddizioni dei ragionamenti tradizionali sui vari tabù alimentari della sua famiglia, lei ha scritto:

"La sua ripugnanza viscerale verso quelli che mangiano la carne bovina andava oltre agli inglesi fino agli indiani intoccabili, ai musulmani e ai cristiani...(ma) nel suo spazio di preghiera aveva anche la statua di vergine Maria, di Buddha e dei santi sikh. Sono sicura che mia madre avrebbe aggiunto volentieri anche qualche icona musulmana solo se l'Islam non l'avesse intralciata con la proibizione verso qualunque tipo di rappresentazione di Dio in forma di idoli .. il suo disprezzo per i mangiatori di carne bovina poteva convivere con le raccomandazioni generali di rispettare i dei degli altri e di mandare a studiare i suoi tre figli alla scuola cattolica .."

Mi ha fatto riflettere molto questo articolo di Uma Narayan. I primi viaggi degli esploratori e le conquiste imperiali, l'epoca coloniale e i movimenti migratori, tutti hanno influenzato le nostre culture culinarie. Queste stesse influenze esterne, con tempo possono diventare parte integrante delle nostre identità al punto che pensiamo che esse sono caratteristiche nostre e ci differenziano dagli altri. Bisogna saper guardarsi con un senso critico e storico per capire le costruzioni di queste nostre identità.

Oggi molte persone vogliono assaggiare le "culture culinarie esotiche", ma non tutte le culture culinarie straniere sono considerate ugualmente esotiche. Per esempio, penso che le cucine dei paesi africani generalmente non sono considerate esotiche e a parte le persone che hanno vissuto in un paese dell'Africa e conoscono i piatti specifici, la maggior parte delle persone non li conosce. Penso che meno di 1% di persone in Italia sapranno dirvi che cosa è la berberé o lo zighinì, che si preparono in Etiopia e Eritrea, anche se parliamo di piatti delle ex-colonie italiane.

Se la cucina giapponese è considerata raffinata e molto esotica, quella cinese è considerata un po' meno esotica. I ristoranti pakistani o Bangladeshi non avranno molti clienti, per cui preferiscono chiamarsi indiani, perché l'immagine della cultura culinaria dell'India ha più valore. Invece se vi fosse un ristorante nepalese o bhutanese, penso che non dovranno chiamarsi "ristorante indiano" perché i due paesi hanno un'immagine esotica per proprio conto?

Perché vi sono tutte queste differenze tra le diverse culture culinarie straniere?

L'immagine della cultura culinaria di un paese dipende dalla conoscenza e dai rapporti con quel paese. Così in Olanda potete trovare i ristoranti indonesiani e in Francia quelli vietnamiti, perché Indonesia era una colonia olandese e Vietnam era una colonia francese. Invece in Italia, non ho mai visto un ristorante indonesiano o vietnamita. Ma Italia aveva le colonie in Eritrea e Somalia, perché non si vedono i ristoranti eritrei o somali in Italia?

Un'altra domanda che mi pongo è - quello che viene servito in questi ristoranti etnici, perché è così diverso da quello che le persone mangiano in quel paese? Veramente non so se questo è vero per tutti i ristoranti etnici ma è sicuramente vero per i ristoranti indiani. Le tradizioni culinarie di vari stati dell'India, da Rajasthan, Gujarat e Kashmir fino a Kerala, tutte le tradizioni culinarie sono così diverse uno dall'altro, ma non le ho mai viste in un ristorante indiano in Italia. Invece se la vostra conoscenza della cucina indiana è basata sulle visite presso i ristoranti indiani, potete anche immaginare che Tandoori chicken e naan sono i piatti nazionali dell'India.

Ma vale lo stesso per i ristoranti italiani all'estero? Pizza e spaghetti alla bolognese sono i piatti italiani più conosciuti!

Forse è questo il senso di conoscere le culture culinarie degli altri - identificare alcuni piatti, adattarli ai nostri gusti e pensare che siamo sofisticati, siamo persone del mondo, siamo persone che conoscono chi sono gli altri, cosa pensano, cosa mangiano, come ragionano!

Cucina cinese

Cucina brasiliana
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venerdì 20 gennaio 2012

Migliori film di Bollywood nel 2011

Da diversi giorni pensavo ai film di Bollywood visti durante il 2011 per decidere quali film mi erano piaciuti di più e perché.

Alcuni dei grandi successi di Bollywood nel 2011 avevano anche alcuni dei nomi più famosi come Ajay Devgan, Shahrukh Khan e Salman Khan, ma erano noiosi con delle trame vecchie e prevedibili. Tra questo tipo di film c’erano - Ready, Bodyguard e Singham. Alcuni altri film come Ra.one e Don 2, avevano le premesse per essere dei film divertenti ma alla fine mi hanno deluso.

L’attore Salman Khan aveva perso un po’ del suo lustro negli ultimi anni. Poi, nel 2009 è arrivato il suo "Wanted" (Ricercato), un film masala, ciò è un film senza grosse pretese con un trama nel stile tipico di Bollywood. Ma era un film divertente e il suo grande successo aveva sorpreso un po’ tutti. Nel 2010, lui è tornato con "Dabang" (Senza paura), un altro film masala senza grosse pretese, ma divertente e di nuovo era tra i più grandi successi commerciali dell’anno. Così nel 2011, lui è tornato con due film nella stessa tradizione – "Ready" (Pronto) e "Bodyguard" (Guardia del corpo), nelle parti di eroe macho con le spalle larghe e pugni serrati, e anche questa volta i due film sono stati tra i più grandi successi commerciali dell’anno in India.

Personalmente mi erano piaciuti "Wanted" e "Dabang", ma ho fatto fatica a finire di guardare "Ready" e "Bodyguard". Comunque, altri film di Salman Khan nella stessa tradizione sono in programma per il 2012, e bisognerà aspettare per vedere se possono recuperare quella miscela magica di ingredienti illogici che stranamente riesce a trasportarti o saranno le solite storie difficili da guardare!

Shahrukh Khan è uscito con due film nel 2011 – "Ra.one", un film di fantascienza con Kareena Kapoor, e "Don-2", un film di azione con Priyanka Chopra. "Ra.one", nonostante i belli effetti speciali e una Kareena Kapoor in grande forma, era un film insipido e noioso. "Don-2" era leggermente meglio, ma non aveva il brio e l'energia del Don-1. Comunque entrambi i film hanno avuto un discreto successo commerciale per cui, per il momento SRK continua ad essere tra gli attori più importanti di Bollywood. (Qui sotto, una scena di Ra.one)

Migliori film di Bollywood nel 2011

Altri due attori, Akshay Kumar e Abhishekh Bacchan, hanno continuato ad avere difficoltà e i loro film non hanno trovato gli spettatori.

Invece il 2011 è stato l'anno dei piccoli film senza grandi nomi, ma che mi hanno colpito di più.Prima di tutto penso ai 3 film per i bambini che mi sono piaciuti quest anno. Nessuno di questi film ha avuto grande successo commerciale, ma tutti avevano belle storie raccontate in maniera simpatica.


I am Kalam (Io sono Kalam) raccontava l'amicizia tra un ragazzino costretto a lavorare in un ristorantino e un principe. Ambientato nei belli colori del deserto di Rajasthan, il film affronta diverse questioni serie legate ai bambii poveri in India, ma in maniera leggera e piacevole. Il film sembra una fiaba.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Il secondo film sui bambini che mi è piaciuto era "Chillar Party"  (Gli spiccioli) che aveva un ragazzo venuto in città per lavorare, che trova posto in una vecchia macchina abbandonata nel cortile di un condominio. Il ragazzo è molto affezionato ad un cane che vive con lui.All'inizio vi sono problemi tra il ragazzo e gli altri bambini del condominio e per vendicarsi i bambini chiudono il cane del ragazzo in una macchina. La disperazione del ragazzo per non riuscire a liberare il suo cane cambia i loro rapporti. Poi un giorno arriva la polizia municipale per raccogliere i cani randagi per abbatterli e porta via il cane del ragazzo. I bambini del condominio decidono di fare "la marcia delle mutande" per attirare l'attenzione pubblica e per librare il cane. E' un film divertente che non parla direttamente del problema dei bambini poveri, ma lo fa indirettamente.

Il terzo film sui bambini, "Stanley ka dibba" (Il pranzo di Stanley) parla della solidarietà tra i bambini contro gli adulti più meschini. L'insegnante ingordo ruba il pranzo portato da casa dei bambini e prende di mira il povero Stanley che non porta mai il pranzo. I bambini fanno un piano per aiutare Stanley e per liberarsi dell'insegnante ingordo. Era un altro film semplice e simpatico.

Tra gli altri film del 2011 che mi sono piaciuti, vorrei nominare "I am" (Io sono) di Onir, uscito in anteprima al festival River to River di Firenze in dicembre 2010. Il film racconta 4 storie particolari - una donna divorziata che vorrebbe avere un figlio tramite inseminazione artificiale; una ragazza indù scappata con la famiglia dalla valle del Kashmir per paura dei fondamentalisti islamici, torna nella valle dopo 20 anni e incontra la sua amica d'infanzia; dopo la morte del patrigno, l'uomo ha il coraggio di raccontare alla madre che il patrigno aveva abusato di lui da bambino; e, un poliziotto con  la complicità di un ragazzo, intrappola gli uomini omosessuali per ricattarli e molestarli approfittando delle leggi contro la omosessualità in India. Il film raccontava storie che non si vedono nel cinema indiano, ma allo stesso momento, era un bel film con delle brave interpretazioni.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Un altro film, piccolo ma bello, era "Soundtrack" (Colonna sonora), la storia di un musicista dj che diventa sordo e cade in depressione, e poi nonostante la sordità riscopre il suo gusto per la musica con l'aiuto di una ragazza sorda, la sua insegnante del linguaggio dei segni.

Ho sentito parlare molto di 2 film - Once upon a time in Mumbai (C'era una volta a Mumbai) e Shor in the city (Rumore nella città), molto apprezzati dalla critica e dal pubblico, ma non ho avuto l'opportunità di vederli.

Parliamo adesso dei 5 film che secondo me erano i migliori film di Bollywood nel 2011.


No one killed Jessica (Nessuno ha ucciso Jessica): Questo film è al quinto posto nella mia lista. Il film era basato su una storia realmente accaduta, quando in un bar della periferia di Delhi, il figlio ubriaco di un ministro, avevo ucciso con un colpo di pistola la giovane cameriera che si chiamava Jessica, quando essa aveva rifiutato di servirgli altro alcol perché era ora di chiusura. Anche se era successo davanti a tante persone, il potente personaggio si era assicurato l’immunità giudiziaria perché nessun testimone era disposto a testimoniare contro di lui. Dopo alcuni anni di processo, il ragazzo era stato dichiarato innocente "per mancanza di prove". Soltanto la campagna lanciata da alcuni giornalisti e il crescente indigno e proteste popolare avevano costretto il tribunale di riaprire il caso e alla fine il ragazzo era stato giudicato colpevole.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Il film si gira intorno a due personaggi – Sabrina (Vidya Balan), la sorella maggiore di Jessica che cerca giustizia e Mira (Rani Mukherjee), una giornalista televisiva con le palle che vuole andare fino in fondo per scoprire la verità. Vidya Balan nel ruolo di Sabrina e Rani Mukherjee nel ruolo di Mira erano brave e credibili e il film ha trovato anche il consenso popolare. Si diceva che in India i film con soli personaggi femminili non hanno successo. Il successo commerciale di questo film ha sorpreso un po’ tutti. Anche l’attrice Rani Mukherjee che aveva smesso di ricevere offerte di lavoro da qualche anno, è tornata ad essere importante di nuovo.


Rockstar (Stella della musica rock): Il film del regista Imtiaz Ali è stato criticato dal pubblico e dai critici, ma secondo me non era così male. Il film inizia a Roma con il concerto del famoso rockstar di Bollywood (Randhir Kapoor). India non ha rockstar così famosi e avere migliaia di fans della musica di Bollywood a Roma è pura fantasia.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Comunque se riusciamo a dimenticare questi dettagli, il film racconta la storia d'amore tra il giovane Jordan e Hir (Nargis Fakhri). Jordan vuole un'esperienza d'amore tragica perché pensa che per diventare bravo musicista è importante avere dei "dolori d'amore". Hir è innamorata di lui ma capisce che lui è ancora troppo immaturo e decide di sposare il ragazzo scelto dalla sua famiglia.

Si incontrano dopo tanti anni a Praga, ora lui è un cantante famoso e lei è in cura per depressione. La scintilla si riaccende e questa volta lui sa che è lei il suo vero amore, ma non potrà averla. Hir scopre di avere un tumore e le resta soltanto qualche mese di vita. Jordan è disperato, finalmente ha avuto il suo dolore d'amore.

Il film è raccontato come l'ago di un sismografo che si muove su e giù durante un terremoto, passando dal passato al presente, con degli sbalzi, che delle volte disorientano e distraggono. La caratterizzazione di Jordan non è molto lineare e la storia d'amore non è proprio avvincente. Ma nonostante tutto questo, il film ha un Randhir Kapoor in grande forma e una colonna sonora incredibile di A. R. Rahman che rende alcuni tratti del film veramente struggenti.


Zindagi na milegi dobara (Non avrai la vita un’altra volta): Era il secondo film del regista Zoya Akhtar, dopo il Luck by Chance (Fortuna per caso) uscito qualche anno fa, e che mi era piaciuto tanto. Il film racconta la storia di 3 amici che arrivano in Spagna per un periodo di vacanze da scapoli, prima che uno di loro si sposi. Il viaggio diventa l’opportunità per ciascuno di loro di guardare criticamente la propria vita per rendersi conto di quello che volevano diventare e quello che erano diventati.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Girato in collaborazione con l’autorità turistica della Spagna, molti critici hanno scritto che il film era solo una promozione turistica di Spagna. Effettivamente sembra che dopo questo film, il numero di turisti indiani in Spagna ha avuto un’impennata. E’ vero anche che il film presenta una Spagna luminosa e bella, ma oltre alla bellezza dei locali, il film con una storia romantica e sull'amicizia tra ragazzi, è anche molto piacevole.

Con bella musica e danze, e attori come Hrithik Roshan, Abhay Deol, Farhan Akhtar e Katrina Kaif, il film è adatto per il ciclo estivo “Amori Conturbanti” su Rai 1.


The dirty Picture (Il film sporco): Questo era un altro film basato sui fatti realmente accaduti nel mondo del cinema indiano negli anni ottanta. Alcune attrici erano diventate famose nel mondo del cinema tamil per le loro danze suggestive  e le scene erotiche. Poi con successo popolare, dal cinema tamil, alcune di loro erano arrivate fino a Bollywood. La più famosa di queste attrici si chiamava Silk Smita, la quale era morta suicida a 36 anni.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Il film racconta la storia di quelli anni, il mondo del cinema indiano dominato da alcuni attori di mezza età che sfruttano le giovani ragazze che desiderano diventare attrici e l’arrivo di una ragazza campagnola ma piena di sprint che poi diventerà Silk. Il film ha avuto un grande successo nel 2011, sia del pubblico che dei critici. Vidya Balan nel ruolo di Silk è il punto di forza del film - è disinibita, è provocatoria e domina ogni scena dove appare.

Il film è pieno di scene erotiche e di dialoghi a doppio senso, ma ciò nonostante Vidya Balan riesce a dare una strana dignità al personaggio di Silk, una donna piena di coraggio e orgoglio, che sa di essere sfruttata ma usa il proprio corpo per scioccare per il proprio vantaggio, per diventare più potente e popolare. La seconda metà del film, quando Silk perde il suo potere e la sua popolarità, fino al suo suicidio è meno bella, ma è difficile togliere gli occhi da Vidya Balan anche in questa parte.

Mi è piaciuto molto questo film e per questo è al secondo posto nella mia lista dei migliori film di Bollywood del 2011.


Delhi Belly (La diarrea di delhi): La frase “delhi belly” è usato soprattutto da stranieri che finiscono spesso con diarrea quando arrivano in India. E’ un film adolescenziale e molto maschile nel suo modo di vedere il mondo. I ragazzi usano le parolacce senza sosta e parlano continuamente di cacca e di scoraggine.

Migliori film di Bollywood nel 2011

Allo stesso momento è un film incredibilmente complesso con una ventina di personaggi, ciascuno molto particolare e diverso dagli altri. Tanti personaggi, ognuno inizia con la propria storia, e poi queste storie si collegano tra di loro con delle connessioni imprevedibili per creare un mosaico esilarante che somiglia un viaggio sulle montagne russe.

Il film è la storia di una partita di diamanti nascosti dentro una bambola russa che per caso viene scambiato con un campione di feci da portare ad un laboratorio di analisi. Mentre i malviventi seguono i diamanti, uno dei ragazzi che ha preso in prestito la macchina del papà di sua fidanzata, trova il suo amore della vita in un’altra ragazza seguita dal suo ex-fidanzato violento.

Le parolacce e le canzoni irreverenti del film avevano fatto scoppiare molte polemiche in India, ma è stato amato dai giovani. Penso che sia un film incredibile e giustamente si pensa che lo scrittore del film, Akshat Varma, vincerà tutti i premi per la migliore scrittura di Bollywood per il 2011.

Bisogna vedere il film 3-4 volte per capire la sua complessa trama. Penso che questo film sarà ricordato nella storia del cinema di Bollywood, come un film di culto dai giovani.

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Voi avete visto qualcuna di questi film? Vi è piaciuto? Quali sono i migliori film di Bollywood del 2011 secondo voi?


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