In questi giorni sto leggendo l’autobiografia di Margherita Hack, la famosa astronoma italiana (“Qualcosa di inaspettato – i miei affetti, i miei valori, le mie passioni”, Laterza & Figli, 2004). Quando l’ho detto alla mia moglie, il suo primo commento era, “Chi è? E’ quella che non crede in niente, quella che è completamente atea?”
Sono rimasto un po’ sorpreso da questo commento. Ho già letto circa la metà del libro e non avevo visto Margherita Hack in questa luce. E’ vero che lei ha scritto di non essere un credente e che suo marito invece è molto credente, ma non l’avevo visto come il tratto principale della sua personalità.
Penso che la percezione popolare delle personalità umane sia qualcosa di completamente imprevedibile, non riusciamo mai a dire perché una persona diventa famosa e quale tratto della sua personalità catturerà l’immaginazione popolare.
E’ la prima autobiografia che ho mai letto, forse dovrei dire, che ho cominciato a leggere, nella mia vita. Non so perché non mi ero mai sentito attratto da questo genere di libri prima.
Infatti, è stato un personaggio “famoso” che mi ha recentemente ricordato che esiste anche questo mondo letterario che non avevo ancora esplorato. Il “personaggio famoso”, non è molto conosciuto in Italia ma è un nome importante tra gli amanti della musica classica indiana, la signora Ashwini Bhide Deshpandey. Ashwini era venuta a Bologna in novembre scorso per due concerti e avevo avuto l’occasione di parlarle. Ha una voce meravigliosa che mi aveva mandato in estasi. Durante la nostra chiacchierata, lei mi aveva raccontato che il suo libro preferito era la biografia di Marie Curie, premio nobel per gli studi sulla radioattività, scritto dalla sua figlia Eve Curie. (Nella foto Ashwini Bhide Deshpandey durante il concerto a Bologna)
Dopo questa chiacchierata con Ashwini, la prima volta che sono tornato alla biblioteca del nostro quartiere, ho cercato la biografia di Marie Curie ma non l’ho trovata. Invece ho trovato l’autobiografia di Margherita Hack. Penso che leggerò altre biografie, ho scoperto che è un genere che mi piace.
Amo i libri, penso che siano fortunate le persone che lavorano nelle librerie e nelle biblioteche. Essere circondati da centinaia di libri, girare in mezzo a questi libri tutto il giorno, parlare dei libri e toccarli continuamente, vedere persone interessate ai libri, parlare con loro e aiutare loro a trovare il libro che cercano, cosa di più si può chiedere alla vita?
Visitare la nostra biblioteca del quartiere Navile è molto piacevole. Loro ormai mi conoscono da tanti anni. Quando entro, c’è sempre qualcuno che si ricorda il mio nome, tutti sorridono, delle volte chiedono informazioni sui libri che ho portato in dietro, se mi era piaciuto o no, si chiacchiera un po’. Delle volte loro mi consigliano qualche libro, anche se non mi piace essere consigliato. Almeno una e delle volte due volte al mese vado alla nostra biblioteca del quartiere.
Invece andare alla biblioteca centrale della Sala Borsa di Bologna è molto meno piacevole, forse perché è molto impersonale. La sala con il pavimento di cristallo trasparente e le rovine romane, sono bellissime e la scelta dei libri è veramente ampia, ma spesso finisco a sentirmi un po’ frustato in questa biblioteca.
Sabato scorso ero arrivato in Sala Borsa alle 09,30 e la biblioteca era ancora chiusa. Alle 10,00 aprirà, mi hanno detto. Ho passato il tempo a guardare i modelli delle proposte presentate per la nuova stazione di Bologna, esposti nella stessa sala dove vicino al muro in fondo vi sono i banchi della biblioteca. Verso le 10,00 vi erano circa 30 persone che aspettavano l’apertura dei banchi per restituire i libri.
Alle 10,00 in punto sono aperte le porte ed è uscito in fila un gruppo di addetti della biblioteca, spingendo qualche carrello. Che stile anglosassone e puntuale, molto professionale, ho pensato. Invece era solo un’illusione!
Non funzionavano i computer. Forse, non si sapeva bene quale pulsante premere dentro la sala operativa per avviare il sistema. Hanno premuto un tasto e tutti i monitor si sono spenti. Dopo qualche prova, alla fine i monitor si sono accesi ma i computer sembravano bloccati. Gli addetti, la maggior parte dei quali erano dei giovani, sembravano non sapere cosa fare. Tutti facevano delle prove, come fosse la loro prima volta alla biblioteca.
Una di loro ci ha chiesto di portare pazienza e aspettare finché si risolvevano il problema. Sembrava irritata e risentita come la colpa fosse nostra che eravamo andati lì a tormentarli. Dopo una decina di minuti, una di loro è riuscita ad avviare il suo computer ma sembrava che tutto andava a rallento. Lasciandoci nella fila ad aspettare alcune persone arrivate dopo hanno approfittato da qualche postazione che era riuscita a far funzionare il suo computer, spostandosi nell’altra fila velocemente, non hanno un sistema per assicurare che le persone che arrivano dopo aspettano il loro turno.
Una signora che stava dietro di me ha detto a bassa voce, “Forse potevano scrivere sul cartello che cominciamo lavorare alle 10,00 ma il servizio per il pubblico inizia alle 10,30.
Alle 10,20 alla fine sono riuscito a raggiungere una postazione. La signorina, molto bella, sembrava irritata e annoiata, con una smorfia sulla sua faccia per tutto il tempo. Forse era una lavoratrice precaria che c’è l’aveva con i responsabili per farle fare un lavoro che non le piaceva. O forse aveva dovuto alzarsi presto la mattina ed era incazzata con me.
Sono uscita dalla Sala Borsa senza il normale senso di calore che di solito mi accompagna quando esco dalle biblioteche.
Per mettermi di buon umore, sono andato alla nuova libreria Coop in via degli orefici. Un ottimo posto, bello e pieno di libri, con delle persone che sembrano interessate ai libri, qualche bel angolo per sedersi, bere un bicchiere di vino e chiacchierare e una vista mozzafiato dal soffitto trasparente, dove si vedono le torri di Bologna.