Visualizzazione post con etichetta Vita. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Vita. Mostra tutti i post

giovedì 29 novembre 2007

Se il Pensiero Scientifico Non Arriva?

Chiara Lalli, bioeticista, non è covinta sull’utilità dell’omeopatia e cita uno studio inglese uscito sul giornale inglese The Guardian e la rivista scientifica The British Medical Journal, “Goldacre demolisce le false credenze riguardo ai presunti benefici dell’omeopatia, enorme contenitore in cui confluiscono interessi commerciali, cattiva informazione e vera e propria ignoranza scientifica”.

Lei punta il dito contro il fanatismo omeopatico, “I sostenitori, mettendo in discussione la medicina basata sull’evidenza, spesso non adottano misure profilattiche importanti (molti fautori dell’omeopatia si oppongono al vaccino contro la rosolia per i propri figli…)”.

Condivido il pensiero di Lalli soprattutto per quanto riguarda il fanatismo di alcuni omeopati soprattutto in Europa, ma vorrei presentare alcune esperienze personali legate al tema.

Qualche Esperienza Personale

Forse l’India è il paese dove l’omeopatia, originata in Germania, ha trovato il terreno più fertile per il suo radicamento e per la sua crescita. E’ un sistema di salute riconosciuto dal governo indiano, con tanto di università e scuole di omeopatia. Allo stesso momento, in India si riconosce il valore degli omeopati autodidatti e con grande sensibilità e esperienza.

In India l’omeopatia è il sistema di cure sanitarie meno costoso in assoluto, se confrontato con altri sistemi di medicina compreso altri sistemi tradizionali quali Ayurveda, Sidha e Unani. Spesso i medici omeopati offrono consulenza e medicine gratuite e in ogni caso, acquistare i farmaci omeopatici al mercato costa meno di un decimo di quanto costano le medicine “normali” (dette anche medicine allopatiche). E’ il sistema di medicina meno influenzato da interessi commerciali.

Alla scuola di medicina dove ho studiato a Nuova Delhi, avevo un professore di farmacologia molto scettico sulla medicina omeopatica, e forse è stata la sua influenza che quando avevo cominciato a esercitare la professione di medico di base, non parlavo contro la medicina omeopatica, ma non la consigliavo agli altri.

India ha una cultura inclusiva, influenzata fortemente dalle religioni come l’induismo, il buddismo e il gianismo, dove si accettano che vi siano diverse strade per arrivare alla verità. Ciò evita esclusione degli altri, perché anche se sono diversi da te, sono ugualmente accettati. Allo stesso tempo, questo modo di ragionare ti permette di sperimentare diversi approcci apparentemente contraddittori simultaneamente. Per esempio, non ho mai incontrato un omeopata “fanatico” in India che consigliasse le persone di non vaccinarsi!

La mia opinione personale verso l’omeopatia mutò nel 1985, quando rimasi bloccato alla spalla sinistra con un forte dolore. Lavoravo come medico di base. Prima ho provato a curarmi da solo con gli anti infiammatori. Dopo due giorni andai da un amico ortopedico, il quale mi consigliò di cambiare il farmaco e mi disse che se non mi passava, si poteva provare con i cortisonici. Ma avevo già la nausea, ed i dolori gastrici e l’acidità per le medicine che prendevo.

Durante il fine settimana, andai a trovare mia zia che insegnava all’università e che aveva la pressione alta. Ogni tanto andavo da lei per controllare la sua pressione. Dopo la visita, mentre prendevamo il thé, parlai del mio dolore alla spalla con il mio zio, un ex ufficiale del dipartimento di fisco in pensione e ora un medico omeopata caritativo nel suo tempo libero. Mi fece un sacco di domande sull’ora precisa del dolore, se mi faceva male respirare girato a destra o sinistra e tante altre cose che secondo la mia conoscenza della medicina, non centravano con la diagnosi o con la cura.

Dopo tutte le domande, lui mi preparò tre piccoli pacchettini di carta di un vecchio giornale, che contenevano le medicine omeopatiche e mi disse di prendere il primo pacchettino subito, il secondo alla sera e il terzo la mattina dopo. Erano piccole palline dolci, come si usano di solito in omeopatia.

Circa 10 minuti dopo il primo pacchettino, il dolore era completamente scomparso. Ero stupefatto. Pensai che forse era una casualità, forse era un effetto psicologico, ma conservai gli altri due pacchettini, che sono rimasti nel mio portafoglio per anni. Dopo qualche anno chiesi al mio zio di prepararmi qualche altro pacchettino di quelle medicine ma lui non si ricordava la composizione di quelle medicine! Per lui bisognava approfondire ogni volta il problema e decidere la medicina adatta secondo quel approfondimento e mi disse che non esiste in omeopatia “una medicina per il mal di spalla sinistra”.

Da quella volta penso alla medicina omeopatica e alle medicine tradizionali in maniera diversa. Posso capire meglio uso delle piante e delle erbe perché tutto sommato il ragionamento scientifico dietro il loro uso è simile a quello che ho imparato alla scuola di medicina. Altri sistemi come agopuntura e omeopatia usano un sistema di spiegazioni che non sembrano logiche con il modo di ragionare “scientifico”. Non pretendo di capirli ma li rispetto.

Tante volte, per le malattie croniche, siamo costretti a prendere farmaci per anni, se non per tutta la vita. Secondo me, in queste situazioni e senza smettere di prendere le medicine abituali, provare anche con delle medicine tradizionali può essere utile, ancora di più quando le persone che li praticano, non lo fanno per lucro. In fatti, per alcuni problemucci, quando sono in India, vado da un cugino, che pratica l'omeopatia. La loro spiegazione su come funzionano le medicine omeopatiche, non ha nessun senso scientifico, ma se aiutano e non fanno male, che problema c'è?

***

venerdì 27 luglio 2007

Economia delle Bici e il Consumismo?

Le notizie sul cambiamento climatico e l’inquinamento mi angosciano.

Ho scelto di usare la bicicletta quanto più possibile e così penso di mettere la mia coscienza a posto e posso anche sentirmi un po’ superiore a tutte le persone, le quali hanno bisogno di una grande berlina o peggio, una SUV mangia-benzina e mangia-spazio per sentirsi importanti sulle strade affollate delle città, che ormai non hanno più posti liberi dove parcheggiare. Infatti, il giornale di oggi dice che Italia è il secondo paese del mondo per il numero delle macchine per abitanti, secondo soltanto al piccolo e ricco Lussemburgo, e che abbiamo una macchina per ogni due persone.

Bici e il Consumismo

Ma ultimamente ho un dubbio: se anche la mia amata bicicletta è entrata nel meccanismo del consumismo e che ormai come individuo non posso fare niente per contrastare questo?

Prima di tutto oggi non puoi più comprare una bici semplice, ciò e senza il cambio shimano e senza tutta quella ferraglia che fa parte di questo cambio, e che è inutile sulle strade delle città.

Poi, quando ti si buca una ruota, che cosa fai? Cerchi qualcuno che te lo può aggiustare. Non è così facile come sembra. Sembra che la maggior parte delle persone che aggiustano le bici a Bologna sono vecchi e quando essi chiudono il negozio per qualche motivo, nessuno lo vuole riaprire e continuare il lavoro. Forse non c’è più interesse in questo mestiere perché non si guadagna bene?

In ogni caso, penso che tutti i sud asiatici che aprono negozi di alimentari, tutti uguali e tutti nella stessa zona in competizione con tutti gli altri, forse loro non l’hanno ancora capito che questo potrebbe essere un campo libero? Da una parte si dice non c’è lavoro, non sappiamo come contrastare questi centri commerciali che stanno ammazzando tutti i piccoli negozi e dall’altra, se hai la ruota della tua bici bucata, devi fare chilometri per trovare uno che te la può aggiustare!

E poi se trovi uno che te la può aggiustare, indovina cosa ti dirà? Dirà, costa troppa fatica aggiustare una camera d’aria, faccio prima a cambiartela. E’ vero che comprare una nuova camera d’aria non costa molto, ma così un’altra camera d’aria va ad aggiungersi al mucchio di immondizie che nessuno vuole che sia seppellito in una discarica vicina a casa sua.

Questa anno, nei primi 7 mesi dell’anno, fin adesso mi si è bucata la ruota tre volte. Forse è una cospirazione dell’assessore per la viabilità di Bologna che continua a parlare dell’inquinamento ma che riesce a fare ben poco per ridurre il numero delle macchine nella città. Forse vuole convincermi che non vale la pena di andare in giro sulla bici?

Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, socialista, ha lanciato un nuovo servizio che permette ai cittadini di noleggiare biciclette pubbliche presso 750 stazioni in tutta la città. Il servizio si chiama Vélib (viene da “velo” ciò è bici e da “liberté”, la libertà). L’abbonamento annuale costa 30 euro! Se l’amministrazione vuole ridurre l’inquinamento seriamente, potrebbe pensare a Bolib per Bologna!

*****

giovedì 28 giugno 2007

Le Radici del Cuore

Ho visto “Il destino nel nome” (titolo originale, “The Namesake”), il nuovo film di Mira Nair, uscito al cinema da qualche giorno. Avevo letto il libro “The Namesake” di Jhumpa Lahiri alcuni mesi fa e mi era piaciuto molto. Spesso succede che se ti piace un libro, resti deluso dal film basato su quel libro. Ciò è vero parzialmente anche per “Il destino nel nome”.



Il libro non è molto lungo, anzi, considerando che racconta la storia di oltre 25 anni nella vita di suoi protagonisti, è un libro piuttosto breve. La storia dei due emigrati indiani in America, Ashok e Ashima, era raccontata con grandi pennellate che mi lasciavano la libertà di riempire i dettagli dalla mia fantasia, dai particolari delle persone che avevo conosciuto e delle volte, immaginare me stesso e la mia famiglia come i protagonisti del romanzo.

Se il libro affrontava la storia con grandi pennellate, il film la affronta con brevi scene un po’ staccate per far capire il passaggio degli anni. In questo senso, la vita dei protagonisti del film non è un fiume che corre, ma piuttosto, una serie di fotografie che delle volte danno il senso di episodi distaccati.



Mi piacciono molto i due attori indiani, i principali protagonisti del film, Tabu come Ashima e Irrfan come Ashok. Anche in questo film, i due sono meravigliosi. Tabu come Ashima mi sembrava diversa da come l’avevo immaginata leggendo il libro, ma lei è molto brava. Invece Irrfan incarna molto meglio, il personaggio descritto nel libro. Ovviamente questi sono giudizi molto soggettivi.

La scena del film dove Ashok racconta la storia dietro il nome Gogol al figlio, era una delle mie parti favorite del libro. Nel film, Irrfan Khan riesce a dare un’intensità a questa scena che la rende memorabile.

Il giovane attore americano di origine indiana, Kal Penn, nel ruolo di Gogol/Nikhil mi è piaciuto. Non mi ricordavo tutta la parte relativa alla sua decisione di rasarsi la testa alla morte del padre nel libro, forse non c'era nel libro, invece nel film, questa scena l’ho trovato toccante e significativa.



Verso la fine del film, durante la sua festa di addio, Ashima dice, “Anche se le sue ceneri sono state versate nel fiume Gange in India, ogni volta che penserò a Ashok, lo penserò qui in America, tra di voi, in questa casa.”

Le Radici di un Cuore Emigrato

E pensavo alle radici del cuore che crescono dove tu non li aspettavi, e che stanno in fondo all’esperienza dell’emigrato. Quando lasci il tuo paese d’origine, ti manca tutto – la famiglia, gli amici, la lingua, la musica… e nel tuo nuovo paese, ogni volta che pensi alla parola “casa” pensi anche alla casa lasciata nella tua terra lontana. Poi, non ti accorgi quando l’immagine della tua nuova casa nel tuo nuovo paese sostituisce la vecchia “casa” nel tuo cuore. Le radici che soffrivano dello sradicamento, si trovano accanto delle nuove radici che affondano nella tua nuova terrà.

Prima o poi, ti accorgi che parte di te vive in una terra di mezzo, qualcosa che sta soltanto nel tuo immaginario. Per le persone che avevi lasciato in dietro, diventi uno straniero. Ogni volta che torni nel “tuo” paese, lo trovi sempre meno "tuo". Allo stesso momento, non ti senti mai del tutto accettato dalla tua nuova terrà. Ogni volta che incontri qualcuno di nuovo, questo quasi sempre inizia con la domanda, "Di dove sei?" Sei condannato ad essere un forestiero per sempre. La tua terrà ideale sta dentro il tuo cuore, un po’ di qua, nella tua nuova terra, un po’ di là, nella terra che hai lasciato in dietro.

I Figli

Ashima dice ai figli, “Non riesco a credere che siete usciti dal mio grembo, siete così diversi che ne anche vi capisco.” Come emigrato impari che i tuoi figli cresciuti nella tua nuova terra hanno le loro radici qui, che anche loro delle volte non ti capiscono, un po’ come tutti gli altri che ti vedono come “extra” dalla loro comunità. Nonostante questo, penso che i figli dentro i loro cuori portano anche un pezzo di tuoi radici, consapevoli o inconsapevoli.

Mi è piaciuto molto il film”, mi aveva detto mio figlio, “quel signore, il papà di Gogol, mi faceva pensare al nonno.” Restai senza parole per un secondo. Lui aveva visto suo nonno, mio papà, nella figura di Ashok? Era forse vero che Ashok aveva qualcosa di mio papà, ho pensato. Suo modo di vestire, l’intensità negli occhi, la sua idealità di fondo. Ma come ha fatto mio figlio a riconoscere tutto questo, ha visto soltanto qualche vecchia foto del nonno?

Mio papà era morto più di 30 anni fa, quando avevo più o meno l’età di mio figlio oggi. Delle volte non riesco a ricordare la sua faccia, la sua voce. Delle volte devo guardare la sua foto per sentirlo vicino.

Come ha fatto mio figlio riconoscerlo nel protagonista del film? Mi sono sentito commosso. Forse un po’ delle mie radici, quelle che mi sembrano scomparse, li porta dentro il suo cuore anche lui?

Quelle radici che non sanguinano più, non fanno più male, sono soltanto come un arto fantasma, qualcosa che ti avevano amputato ma che ogni tanto sogni di avere ancora.

***

venerdì 13 ottobre 2006

Rifiuti - Mondo Schizofrenico

C’è questa nuova pubblicità sulla televisione dove si parla di prugne californiane, ogni prugna racchiusa in piccolo sacchettino tutto suo, bello e luccicante. L’idea è di promuovere le prugne come un’idea di regalo, forse un po’ come i famosi baci perugina. Penso che questa pubblicità sia il simbolo del mondo schizofrenico nella quale viviamo.

Discarica Boregaon, Guwahati, India

Siamo sommersi dai rifiuti. Ne produciamo a tonnellate. Le amministrazioni comunali parlano di come smistare e riciclare questi rifiuti e allo stesso momento continuiamo a trovare nuovi modi per aggiungere altri rifiuti inutili. E’ la schizofrenia tra quelli che pensano al futuro, alla sostenibilità, alla vita dei nostri figli e nipotini e quelli che pensano alle vendite, alla crescita economica, al guadagno degli azionisti. Ma poi, questa schizofrenia sta dentro ciascuno di noi, perché siamo sempre noi, uomini, donne, padri, madri, nonni, azionisti, lavoratori, consumatori, venditori, secondo il contesto.

Quando la Coop, una cooperativa dei consumatori, mi risponde che devono continuare a fissare i bollini di plastica ad ogni mela che vendono perché è necessario per salvaguardare il marchio Coop e la loro quota del mercato delle mele, penso che sia un altro esempio della stessa schizofrenia.

Alla mattina vedo questa fila di macchine, tutti impazienti, una persona in ogni macchina, molti con i fronti corrucciati e con gli occhi che cercano varchi per poter passare davanti di qualche metro, pronti ad incazzarsi. Dappertutto si costruiscono le rotatorie “perché così le macchine passano molto più veloci”, ma che penalizzano i pedoni e quelli come me che vogliono salvare il mondo con le proprie biciclette.

E penso all’inquinamento, ai mari che si innalzano minacciando di sommergere qualche isola, al caldo torrido che arriva puntualmente ogni anno, ai nuovi tifoni che devastano qualche paese ogni tanto, al deserto che cresce mangiando le foreste, e tutti quelli che parlano del trattato di Kyoto e di ridurre l’emissione dei gas, di usare i mezzi pubblici, di non inquinare. Che poi girano dall’altra parte e parlano di crisi della vendita delle macchine e di come incentivare che la gente compri più macchine. E' sono orgogliosi di essere razionali e pragmatisti, convinti di sapere tutto.

Nessuno vuole le discariche vicino alla casa propria, perché sono inquinanti, sono anti estetiche, sono pericolose, ma poi vai fuori alla sera e vicino ai cassonetti dei rifiuti trovi frigoriferi, tv, materassi, armadi , ecc. che aspettano di essere buttati via nelle discariche. Ormai, non è conveniente far riparare niente, conviene sempre comprare nuovo e buttare via il vecchio.

E per l’inquinamento, cosa bisogna fare? Ah, quelli disgraziati in Cina, in India, in Brasile, hanno cominciato a stuprare la terra proprio come la facciamo noi! Devono smettere subito. Bisogna che imparino un nuovo modello di sviluppo, non consumistico.

Si, ovviamente non possiamo dare via la nostra tecnologia migliore che inquina un po’ meno perché è il nostro copyright e abbiamo diritto a guadagno. Ma cosa centrano i milioni di morti per la mancanza di farmaci con il nostro guadagno? Gli affari sono affari. Forse ci vorrebbe uno scudo spaziale che separi l’aria e l’acqua del nostro mondo!

*****

domenica 27 agosto 2006

Convivenza

Penso che l'India è il primo paese nel mondo per capire la convivenza delle diversità. Recentemente, ho letto un articolo scritto da G.V. Dasarathi, che lo spiega molto bene. Sig. Dasarathi ha 46 anni e gestisce un’attività di preparare il software informatico in India. Lui ha scritto questo articolo in inglese sul portale indiano Rediff.com che ho pensato di tradurre e presentare qui parzialmente.
 
Diversità in India

Dall'articolo "Why I am Bullish About India"

… Miei genitori parlavano il tamil, mio papà aveva la pelle scura e invece, mia mamma aveva la pelle più chiara. La mia governante era una signora con la pelle chiara, proveniva dallo stato di UP (nell’India del nord) e parlava hindi. Abitavamo dentro una densa foresta nello stato di Jharkhand (nell’India centro-orientale) dove la maggior parte della popolazione era composto da tribù con la pelle nera che parlavano la lingua “ho”. Quando uscivo di casa vedevo persone che portavano abiti di tutti i tipi – i sadhu (i monaci indù) nudi, le persone delle tribù che erano topless, e le donne musulmane con il burqa (il velo integrale).

Maggior parte degli ospiti che veniva a trovarci parlava l’inglese. Noi eravamo indù, la mia governante era musulmana, la maggior parte delle tribù erano cristiani o animisti…Le persone che ci circondavano avevano tutte le abitudini alimentari possibili. Alcuni mangiavano solo verdure, alcuni non mangiavano carne di mucca, alcuni non mangiavano carne di maiale, altri mangiavano tutto compreso i topi e i camaleonti.

La nostra piccola comunità delle persone legate alle miniere, celebrava le feste di tutte le religioni con uguale gioia…questa era la mia introduzione all’enorme diversità della nostra meravigliosa terra. Da bambino incontravo persone con colori della pelle diversa, i loro tratti somatici diversi, le loro lingue diverse, le loro religioni diverse, il loro modo di vestirsi diverso, che mangiavano cose diverse…

Mentre crescevo, mio papà fu trasferito più volte in diversi stati dell’India. Così ho conosciuto il resto dell’India. Ho imparato che gli indiani credono in tanti dei, molto di più delle religioni che avevo conosciuto da bambino. Ho imparato che ogni stato dell’India ha almeno 3 - 4 diverse regioni. Persone di queste regioni parlano lingue o dialetti diversi tra di loro e spesso non capiscono i dialetti delle altre regioni dello proprio stato. Ogni regione ha la propria cucina diversa dalle altre, si veste diversamente e ha apparenze fisiche diverse.

Oggi nessuno può convincermi che sono superiore a qualcuno altro per la mia religione o per il colore della mia pelle o per la mia lingua. La diversità che ho vissuto, e accettato e nella quale ho gioito da bambino, non è qualcosa di unico. Penso che ogni indiano vive questa stessa esperienza, soltanto i dettagli possono essere diversi. Credo che sia questo che fa di noi il paese più tollerante del mondo…

Si è vero che ogni tanto scoppiano disordini per questa diversità, quando ci ammazziamo tra di noi per le nostre diversità. E’ tragico e vorrei che non succedesse mai più, ma guardatelo in un altro modo: i musulmani sunni, i buddisti, i cattolici romani, i sikh, i musulmani bohra, i giani digambara, i parsi, i khurmi, gli iyers, gli agarwals, i nairs, i cristiani siriani, i musulmani shia, i giani shwetambara, gli ebrei, i musulmani ismailiti, gli avventisti del settimo giorno, i bishnoi, e persone di molte altre religioni vivono insieme in India da secoli.

In Gran Bretagna e in Yemen per decenni persone di due branche diverse della stessa religione si sono ammazzati tra di loro. In Libano, per quanti anni le persone di due religioni hanno ucciso tra di loro? In Stati Uniti e in Sud Africa, per decenni le persone hanno litigato per la differenza nella colore della pelle. In Canada litigano per le due lingue diverse.

Come indiano, questi conflitti mi fanno sorridere – solo due religioni, solo due colori, due lingue! Vorrei dire a loro, “Ragazzi provate la coesistenza tra un gianista digambara, che parla gujarati, che si veste con il kurta pigiama, che mangia solo erbe e un cristiano siriano del kerala che parla malayalam, che porta un mundu e che mangia tutto”. Dove saremmo se diventassimo intolleranti come gli altri?

Penso che l’intolleranza religiosa che vediamo in questi giorni in India è una cosa limitata ad una piccola percentuale di noi, e che a lungo andare sappiamo che non è importante prendere troppo seriamente le nostre differenze, sappiamo che la maggior parte di noi è risultato di mescolanze di razze, religioni e culture…

… penso che il futuro di India sarà positivo. Non perché possiamo produrre e esportare acciaio o armi o tessuti, ma perché noi comprendiamo la convivenza.

sabato 6 maggio 2006

Diario Egiziano

Arrivo a Cairo

29 aprile, 2006. Sono alloggiato presso l'hotel Intercontinental Star di Cairo. Dopo i modesti alberghi e semplici villaggi del Nepal e del Mozambico, questa volta sono in un hotel a 5 stelle. E’ un nuovo hotel nella zona di Heliopolis, il sobborgo di Cairo, pieno di condomini, centri commerciali e alberghi di lusso. Questo perché questa volta sono ospite dell’ufficio regionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per il medio-oriente. Sono qui per una riunione che coinvolgerà 8 paesi del medio-oriente.

Vecchia Cairo - Egitto

Da una parte questo lusso è molto piacevole, ma allo stesso momento mi dispiace stare in questo hotel, perché penso che diventa una barriera che mi separa dalla vita normale degli egiziani. Inoltre, questa volta non avrò occasione di andare a visitare i villaggi. Se posso scegliere, preferisco la possibilità di conoscere le persone comuni e le loro vite, invece che questi alberghi di lusso.

Per i prossimi giorni, mi toccherà restare chiuso nella sala della riunione. Per fortuna, il 1 maggio è festivo anche qui e non dovrei avere altri impegni di lavoro. Così spero di andare al matrimonio di Shenoudah, che si sposerà il 1 maggio in una chiesa di Heliopolis. Shenoudah mi aveva fatto da traduttore durante la mia ultima visita qui 5-6 anni fa. Inoltre, la mia amica Gehane mi ha promesso di portarmi mi giro. Spero di andare con lei alla parte vecchia di "El Kahira", è così che gli egiziani chiamano il Cairo. E spero anche di poter visitare le piramidi.

La prima volta che sono stato in Egitto, ero con il dott. Enzo Zecchini, e mi ricordo che lui aveva avuto un collasso vicino alle piramidi. Disperato, avevo cercato un taxi per portarlo da un medico, pensavo che aveva avuto un infarto. Invece era solo un colpo di sole. La seconda volta ero qui con Franco Falco e subito dopo il nostro rientro in Italia, gli avevano diagnosticato un tumore al cervello, e povero Franco morì dopo due anni. Per cui, ho fatto l'idea che i viaggi in Egitto non mi portano bene.

E’ così in ogni luogo che vado a visitare. Le memorie delle cose successe in altri viaggi precedenti, viaggiano insieme a me per ricordarmi che niente dura, che tutto passa. E’ un pensiero triste e allo stesso momento, un richiamo al attimo fuggente, di vivere la vita in pieno, anche se passare cinque giorni chiusi dentro una sala delle riunioni non si può dire “vivere la vita in pieno”!

Viaggio

Questa volta ho viaggiato con Alitalia. Ormai non viaggiavo con Alitalia da 8-9 anni. La nostra agenzia di viaggi non ci propone più i voli con Alitalia, perché dicono che è troppo inaffidabile! Li capisco perché se succede qualcosa al mio volo, tocca a loro a trovare delle soluzioni.

Arrivato a Cairo, mi aspettava un incaricato dell’OMS nella confusione della sala degli arrivi. Fuori c'era il caldo secco, l'ho sentito come una sberla anche se erano solo 34 gradi. Tutto sembrava avvolto nella polvere, quella stessa sabbia che sembra un mare pallido dall’aereo. Non mi piace il deserto, mi fa sentire male, anche se vista dal cielo, mi fa venire l’ansia.

Il Centro Commerciale di Cairo

Accanto all’hotel c’è un grande centro commerciale. Ho lasciato le mie valigie in camera e subito sono andato li. Era così strano vedere tutte le donne con i foulard sulle teste, camici con le maniche lunghe e gonne fino ai piedi. C’erano alcune con il velo nero completo, affinché vedevi solo i loro occhi. Accanto a loro, c'erano gli uomini con i bottoni delle camice aperte, a maniche corte, qualche volta anche con i pantaloncini. Solo a guardarle mi fa sentire male, anche se sono cresciuto nella parte vecchia di Delhi dove la maggioranza era musulmana e dove le donne con velo nero (il burqa) erano molto comuni. Mi sembra che in confronto alle mie precedenti visite a Cairo, il numero delle donne coperte dal velo integrale sono aumentate molto.

Incontro con il Mondo Musulmano

5 maggio, 2006. Non ho avuto il tempo di scrivere il mio diario durante la settimana passata a Cairo. Oggi pomeriggio ho il volo di ritorno ma almeno stamattina ho un po’ tempo per fare i conti con questa esperienza dell’incontro con il mondo egiziano.

E’ il mondo musulmano che occupa la maggior parte delle mie riflessioni questa volta perché durante una visita qui non si può ignorare la religione. Anche durante la riunione dell’OMS, diversi relatori venuti da diversi paesi del mondo musulmano, iniziavano la relazione con un verso del Corano e la cosa mi lasciava ogni volta un po’ scioccato. Anche il direttore regionale dell’officio dell’OMS iniziò la sua relazione inaugurale con una preghiera dal Corano. Mi chiedevo se questo è giusto in una regione dove vivono anche le altre religioni, anche se sono spesso minoranze?

Vedere il lavandino basso nel toilette degli uffici dell’OMS dove le persone si lavavano le mani e i piedi prima delle preghiere di mezzogiorno - il luogo di lavoro deve garantire che i dipendenti possono avere una sala adatta e andare a pregare. E' vero che in Italia, negli ambienti di lavoro, se i fumatori possono avere pause per andare fuori a fumare, forse è giusto che qui, le persone possono avere pause per le loro preghiere?

Mi chiedevo, cosa sarebbe successo in questa riunione se un relatore indù o cattolico invocava il suo dio prima di parlare? L'avrebbero tollerato?

I Dissidenti nei Paesi Islamici

Dall’altra parte ho incontrato persone dell’Iran, della Palestina e poi diversi egiziani, i quali, anche se credenti, mostravano il proprio dissenso da questo potere onnipresente della religione nelle loro vite. Comunque, anche loro avevano paura perché questo sfogo contro il velo, contro il potere dei mullah, avveniva sempre lontano dalle orecchie indiscrete, tranne in qualche caso eccezionale.

E’ per questo che mi è piaciuto il dott. Taghi, il quale esprimeva il suo dissenso in maniera netta e pubblica. Lui è uno psichiatra iraniano. Ho avuto paura per lui. Penso che se mi trovassi nella sua situazione, sarei molto meno coraggioso.

Palestina

In Palestina, Hamas ha vinto le elezioni. Gadda, la rappresentante Palestinese che conosco da diversi anni, si è lamentata che tutti chiedevano i palestinesi di avere le elezioni democratiche, ma ora che hanno scelto Hamas, nessuno sembra contento della loro democrazia.

Mi ha detto, "Tutti vogliono la democrazia, ma vogliono decidere chi dobbiamo eleggere."  La capisco, ma ho paura che questa loro scelta renderà le possibilità di pace con l'Israele ancora più difficile. Anzi, penso che creerà le condizioni per un'altra guerra. Comunque, sono rimasto zitto, non ho detto niente a lei.

Un Giorno con Gehane

Ho passato una giornata con Gehane. Lei non porta il velo, è educata, ha studiato in occidente, non si lascia vincolare dalle catene che legano maggior parte delle donne musulmane. Tuttavia ad un certo punto, lei mi ha detto che lei è musulmana e credente. Ha detto che sposerà soltanto un uomo musulmano. "E se ti innamori di un uomo non musulmano?" le avevo chiesto. No, lei aveva subito negato con decisione. Lei lo sa che non succederà.

Gehane mi ha spiegato che la zona dove si trova il mio albergo non è il sobborgo di Heliopolis ma si chiama Nasr city. Lei mi ha fatto da guida. Mi ha portato al giardino di Al Azhar sulla collina davanti alla cittadella, da dove si vede tutta la parte vecchia di Cairo. Un'altra volta, ha accompagnato me e Federico, alle piramidi in una mattina nuvolosa e meravigliosamente fresca. Sono state delle visite molto belle.

Le Piramidi di Gisa - Egitto

Ero già stato alle piramidi altre volte, ma quelle visite erano meno piacevoli, sia perché faceva sempre molto caldo e poi, erano visite affrettate. Invece questa volta, non c’era la fretta e potevo girare nella zona senza pensare all’orologio. E, poi, il cielo era nuvoloso.

Sheikha Hissa, Principessa del Qatar

Durante la riunione ho incontrato anche la principessa Sheikha Hissa, figlia dell’Amiro di Qatar. Sheikha è stata nominata l’inviata speciale delle Nazioni Unite per le persone con Disabilità. Anche se lei occupa questo posto da più di un anno, il mondo legato alla disabilità conosce poco di lei e molti parlano di lei in termini negativi.

Pensavo che fosse pregiudizi – è una donna musulmana, porta il velo, e appartiene ad una famiglia reale. Per questo ho apprezzato quest’opportunità a conoscerla meglio. Le ho chiesto se potevo intervistarla e lei è stata subito disponibile. Ha voluto presentarsi come una donna qualunque, una madre singola che deve fare i conti con la famiglia e le esigenze del suo lavoro. Mi ha dato l’impressione di essere una persona forte. E’ vero che sapeva molto poco del mondo della disabilità e ha molto da imparare, ma mi è sembrata una persona intelligente e capace.

Crociera sul Nilo e la Danza del Ventre 

Durante la riunione, una delle sere siamo stati invitati ad una crociera sul Nilo. La nave lussuosa apparteneva ad uno degli alberghi più esclusivi di Cairo. Durante la cena c’erano due cantanti per il divertimento degli ospiti.

Danza del Ventre, Cairo, Egitto

Dopo la cena vi è stato uno spettacolo della danza del ventre. Signora Samara, una donna prospera con il seno straripante, in un vestito di pelle color turchese, molto aderente, sembrava uscita da un film porno con l’espressione di estasi sulla faccia, mentre girava il suo culetto in maniera provocatoria. La danza del ventre era un tremolio continuo della parte inferiore del suo corpo, molto sensuale, che mi faceva pensare ad un attacco di malaria. Dopo alcune danze, tutte più o meno uguali, lei è tornata con un altro vestito, questo volta, una retina nera trasparente dalla quale si vedevano le sue sottovesti rosse, per ripetere le danze in mezzo al pubblico, toccando gli uomini, invitando le donne ad alzarsi e a provare la danza con lei.

Mi ha sorpreso vedere diverse donne egiziane, vestite con il velo che si sono alzate per provare la danza con lei. Un mio amico egiziano che mi accompagnava mi ha spiegato che in Egitto questa danza è la parte integrante di 90% dei matrimoni, e durante queste danze è normale che le donne ballano con le danzatrici, e che la maggior parte delle ragazze egiziane impara questa danza, nonostante la crescente islamizzazione della società. Secondo lui questa islamizzazione è cresciuta dopo i fatti dell’11 settembre 2001, ma fin’ora ha risparmiato la danza del ventre.

Rientro in Italia

Non penso che tornerò a volare con Alitalia un’altra volta, almeno per un po’ di tempo. Il servizio da Cairo a Milano Malpensa non era male. Ma i problemi iniziarono a Milano. Mezz’ora prima del volo, è stato annunciato il ritardo di un’ora. Poi, hanno cancellato il volo.

L’incaricato di Alitalia era un ragazzo giovane, gentile ma un po’ sbrigativo. I passeggeri erano molto arrabbiati. Forse lui aveva già visto scene simili o peggiori molte altre volte. Qualcuno con i bambini piccoli era disperato. Alcuni altri dovevano fare ulteriori viaggi dopo l’arrivo a Bologna, e si preoccupavano per il dopo.

Se questo non bastava, arrivati a Bologna, c’era anche il solito sciopero dei treni iniziato venerdì sera che sarebbe durato fino a sabato sera.
***

venerdì 2 dicembre 2005

Assassino di Gandhi

E' morto Gopal Godse. Aveva fatto 18 anni di carcere per aver cospirato all'assassinio di Mahatma Gandhi. Invece, era suo fratello maggiore, Nathuram Godse, il quale aveva premuto il grilletto della pistola e sparato il colpo che aveva ucciso Gandhi. Nathuram fu impiccato. 

Scultura di Mahatma Gandhi

Gopal Godse non si è pentito del suo gesto fino alla sua morte. "Se potrei, lo rifarei", diceva.

Lo smembramento della sua "nazione", la creazione di Pakistan e l'idea che musulmani non potevano vivere in una società multi religiosa come India, erano alcune delle idee di Mahatma Gandhi che lui non accettava.

In un'intervista, prima di morire, Gopal Godse aveva detto, "Se amare il tuo paese è un peccato allora puoi dire che avevamo sbagliato. Il nostro sogno è di riunire la nostra grande nazione (India e Pakistan) come era una volta, anche se ormai vi vorranno delle generazioni che ciò avvenga."

Secondo lui se Gandhi si sarebbe opposto allo smembramento dell'India, gli inglesi non l'avrebbe fatto. "Invece di opporre, lui acconsentì e accettò di dare 55 miliardi di rupie come 'donazione' a quel nuovo paese dei serpi, il quale ci ha attaccato subito per ringraziarci! Se gli islamici non potevano vivere in India e avevano bisogno di un loro paese separato, come mai oggi in India abbiamo più musulmani che in Pakistan?"

Il trauma dello smembramento del subcontinente indiano ha ancora oggi, dopo 58 anni, alcune ferite aperte che si risvegliano periodicamente. Si pensa che più di 1 milione di persone morirono in quei giorni della divisione dei due paesi e 20 milioni di persone avevano perso le loro case e tutto quello che avevano, per diventare dei rifugiati.

K. P. S. Gill, famoso capo della polizia indiana, ha scritto un bel articolo su Heartland, la rivista inglese di Limus, dove lui ripercorre le lotte per motivi religiosi in India e conclude che con il passare degli anni, il numero di questi disordini è in diminuzione. Spero che sia vero.

Comunque, anche oggi i sentimenti verso l'apostolo di pace, Mahatma Gandhi, venerato in tutto il mondo, sono spesso ambigui in India. Mentre tutti sembrano riconoscere il significato profondo del suo messaggio di "satyagraha" (la lotta per la verità) e "ahimsa" (non violenza), molti indiani lo ritengono corresponsabile della partizione dell'India e la perdita di tante vite umane, oltre a creare una nuova ferita al fianco dell'India dove periodicamente scoppiano le guerre, ed i due paesi con milioni di poveri, spendono preziose risorse per costruire bombe atomiche.

Personalmente penso che nessun politico aveva pensato che la creazione di Pakistan avrebbe portato a tanto spargere di sangue e forse molti pensavano che era una cosa temporanea, niente di significativo. Penso che quando parlava Jinnah, il responsabile del partito lega musulmana, molti indiani non lo prendevano sul serio, un po' come succede qui quando Bossi parla della sua nazione del nord!

***

La partizione dell'India aveva avuto un impatto diretto sulla famiglia di mia mamma.

Mio nonno paterno apparteneva ad una famiglia feudale della regione di Jhelum, e aveva vasti terreni in quell'area. Lui aveva frequentato il Presidency College di Lahore dove studiavano i rampolli delle famiglie ricche e poi aveva trovato lavoro come ufficiale per il ministero degli interni. Quando il governo inglese decise per la partizione dell'India, mio nonno aveva scelto di andare a vivere in Pakistan perché voleva salvaguardare le terre della sua famiglia e pensava di avere molti amici in Pakistan. Invece, quando è arrivato in Pakistan, scoppiavano i disordini con l'uccisione degli indù.

Liaquat Ali, il primo primo-ministro del Pakistan, era un suo amico, gli consiglio di tornare subito in India perché era troppo rischioso per lui in Pakistan. Così, alla fine era tornato in India come un povero profugo. A Delhi, riuscì a riavere il lavoro presso il ministero degli interni, ma non più come ufficiale, ma come un impiegato semplice, e fu visto con sospetto perché aveva scelto il Pakistan. Fino alla sua scomparsa, rimpiangeva la sua casa, le sue terre, e gli amici, rimasti in Pakistan.

***

martedì 29 novembre 2005

La Neve a Bologna

In questi giorni ha nevicato tanto a Bologna. Il nostro parco è sepolto sotto la neve.

Neve, parco Via Agucchi, Bologna

***

A Delhi, l'inverno era la stagione più bella della città. Persone abituate a Delhi, trasferitesi a Bombay, spesso dicevano che gli mancava l'inverno di Delhi. 

Inverno era l'occasione per tirare fuori maglioni di lana colorati e le giacche invernali per un paio di mesi che non potevi portare per il resto dell'anno perché faceva troppo caldo. A Delhi, non faceva freddo sul serio. Durante i giorni più freddi, le temperature potevano arrivare fino a 1-2 gradi, ma questi giorni freddi erano pochi e più spesso le minime erano intorno a 7-8 gradi mentre le massime arrivavano fino a 14-18 gradi. Ciò nonostante, il freddo si sentiva di più, perché le case non hanno il riscaldamento. Per cui, dentro le case, tutti giravano con i maglioni e si doveva dormire con le coperte speciali - i "rajai", coperte imbottite di cottone.

Ogni 3-4 anni, quando il cottone dentro i "rajai" vecchi formava dei grumi, si chiamavano gli uomini che facevano il mestiere di sgrumare il cottone. Avevano degli archi con un robusto bastone da una parte, al quale erano legati dei fili di metallo, come delle giganti chitarre. Loro strofinavano questi fili tesi, in mezzo al cottone. I grumi si rompevano facendo volare i morbidi fiocchi di cottone per la stanza, come succede quando fai la lotta con i cuscini e un cuscino si rompe e perde il suo cottone.

Da bambino non avevamo mai visto la neve, delle volte fantasticavo che nevicava a Delhi. Invidiavo mia mamma quando lei ci raccontava della sua infanzia in mezzo alla neve nelle montagne di Simla.  Allora immaginavo che la neve dovrebbe essere come quei fiocchi di cottone. Alla fine della sgrumatura, era divertente raccogliere tutti i fiocchi di cottone e rimetterli dentro i "copri-rajai".

Durante l'inverno, da bambino le dita di miei piedi si gonfiavano come il pane nel forno. Diventavano rosse e mi sentivo un prurito infinito. Anche se oggi penso che non faceva molto freddo, allora mi sembrava di avere molto freddo.

Ricorderò per sempre il mio primo incontro con la neve. Ero all'ospedale di Vicenza ed era ottobre. Ero dentro una sala dietro la vecchia rianimazione, vicino al cancello posteriore. Non mi ricordo che cosa facevo, ma quando ho visto i fiocchi di neve venire giù, sono corso fuori per sentirli sulla mia pelle.

Invece dopo tanti anni, adesso, quando nevica, penso alla fatica di camminare sulle strade sporche e ghiacciate perché devo portare a passeggio mio cane e ho paura di scivolare.

Settimana scorsa ero a Ginevra. Aveva nevicato, c'era tanto vento e faceva freddo. Per il viaggio di ritorno passai da Monaco, la città era tutta coperta dalla neve. La campagna intorno all'aeroporto di Monaco sembrava una torta matrimoniale glassata.

Quando il nostro aereo è arrivato a Bologna, l'aeroporto era chiuso per la neve e abbiamo dovuto andare a Pisa e poi, tornare a Bologna in Pullman.

Si, ormai l'inverno è qui.

***

giovedì 15 settembre 2005

Il mondo come era

Ho ricevuto un email, dove si parlava del mondo e del nostro modo di vivere di una volta. Penso che questo si collega in qualche modo con il discorso che facevo qualche giorno fa sul mondo senza batteri che si vorrebbe promuovere oggi.


 L'email diceva:

"Se eri un bambino negli anni 50, 60 e 70 Come hai fatto a sopravvivere ?

1.- Da bambini andavamo in auto che non avevano cinture di sicurezza né airbag...
2.- Viaggiare nella parte posteriore di un furgone aperto era una passeggiata speciale e ancora ne serbiamo il ricordo.
3.- Le nostre culle erano dipinte con colori vivacissimi, con vernici a base di piombo.
4.- Non avevamo chiusure di sicurezza per i bambini nelle confezioni dei medicinali, nei bagni, alle porte.
5.- Quando andavamo in bicicletta non portavamo il casco.
6.- Bevevamo l'acqua dal tubo del giardino, invece che dalla bottiglia dell'acqua minerale...

7.- Trascorrevamo ore ed ore costruendoci carretti a rotelle ed i fortunati che avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, ricordavano di non avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, imparammo a risolvere il problema. Si, noi ci scontravamo con cespugli, non con auto!
8.- Uscivamo a giocare con l'unico obbligo di rientrare prima del tramonto. Non avevamo cellulari... cosicché nessuno poteva rintracciarci. Impensabile .
9.- La scuola durava fino alla mezza , poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia (si, anche con il papà ).
10.- Ci tagliavamo , ci rompevamo un osso , perdevamo un dente , e nessuno faceva una denuncia per questi incidenti. La colpa non era di nessuno, se non di noi stessi.
11.- Mangiavamo biscotti , pane olio e sale , pane e burro , bevevamo bibite zuccherate e non avevamo mai problemi di soprappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare...
12.- Condividevamo una bibita in quattro... bevendo dalla stessa bottiglia e nessuno moriva per questo.
13.- Non avevamo Playstation, Nintendo 64, X box, Videogiochi , televisione via cavo con 99 canali , videoregistratori , dolby surround , cellulari personali , computer , chatroom su Internet ... Avevamo invece tanti AMICI.
14.- Uscivamo, montavamo in bicicletta o camminavamo fino a casa dell'amico , suonavamo il campanello o semplicemente entravamo senza bussare e lui era lì e uscivamo a giocare.
15.- Si! Lì fuori! Nel mondo crudele! Senza un guardiano! Come abbiamo fatto? Facevamo giochi con bastoni e palline da tennis , si formavano delle squadre per giocare una partita; non tutti venivano scelti per giocare e gli scartati dopo non andavano dallo psicologo per il trauma .
16.- Alcuni studenti non erano brillanti come altri e quando perdevano un anno lo ripetevano. Nessuno andava dallo psicologo, dallo psico-pedagogo, nessuno soffriva di dislessia né di problemi di attenzione né di iperattività; semplicemente prendeva qualche scapaccione e ripeteva l’anno.
17.- Avevamo libertà , fallimenti , successi , responsabilità ... e imparavamo a gestirli.
La grande domanda allora è questa:
Come abbiamo fatto a sopravvivere ? ed a crescere e diventare grandi ?"

Non concordo con tutti i punti questo email. Per esempio, viaggiare con le cinture di sicurezza o non avere le vernici con il piombo, siano fattori positivi. Anche se bevevamo le bibite zuccherate, le quantità erano molto inferiori e non ci riempivamo di merende, merendine, piene di zuccheri e conservanti. Potevamo girare liberamente per le strade a giocare, perché il mondo aveva meno macchine. E i nostri genitori erano più rilassati perché c'erano più fratelli e sorelle, il mondo non girava intorno ad un figlio unico. Comunque, qualcosa di vero c'è in questo messaggio. 

***

martedì 13 settembre 2005

Un mondo senza batteri?

Da bambino in India, io imparavo che ciascuno di noi è in questo mondo con un suo preciso scopo. In questo "ciascuno" rientravano tutti gli esseri, non soltanto noi, gli esseri umani.

Non devi uccidere gli altri esseri è il principio cardine dei Gianisti, una delle religioni indiane, dove i santoni gianisti vanno in giro con una stoffa per coprire il bocca perché ne anche per sbaglio vorrebbero commettere il peccato di uccidere gli insetti piccoli o gli esserini invisibili.

Tempio Gianista, Halebidu, Karnataka, India

In India, è anche facile vedere le persone indù che spargono un po' di farina per terra, per dare da mangiare alle formiche, perché pensano che se Dio ha creato loro, ci deve essere un posto anche per loro negli equilibri del mondo.

Gli indù hanno milioni di dei, ciascuno di loro ha un suo animale e una sua pianta, per questo tutti gli animali e le piante del mondo sono sacre, e non dovrebbero essere tagliate o danneggiate o uccise inutilmente.

Tutte queste credenze sono viste come superstizioni o "vecchi modi di pensare" da persone che credono nella logica e razionalità. Invece, penso che questi sono modi rispettosi della natura e della diversità del pianeta.

Forse è per questo che quando vedo la pubblicità per tutti i prodotti per rendere la tua casa sterile, mi sento un po' disturbato. Che bisogno c'è per i detersivi antisettici o prodotti per pulire i pavimenti con proprietà antibatteriche? Perché non bastano più saponi normali per lavare le mani e bisogna avere lozioni potenti che rendono sterile tutto?

Mi chiedo se i batteri non sono necessari per l'equilibrio della natura? Se i bambini non verranno in contatto con i batteri normali della terra, come svilupperanno i loro sistemi immunitari? O smetteremo di portarli fuori dalla casa, nei parchi o sulle giostre perché il mondo è pieno di batteri e li faremmo crescere dentro globi sterili?

I batteri che vivono sulla nostra pelle, nelle nostre bocche e intestini, si sono sviluppati insieme a noi nei milioni di anni di evoluzione, vogliamo eliminarli senza capire quale ruolo svolgono per la nostra salute?

So che l'uso scorretto degli antibiotici è responsabile per lo sviluppo dei ceppi resistenti dei batteri. Vi sono dei batteri che ormai non rispondono a nessun antibiotico. In questa situazione, vendere questi detersivi che ammazzano i batteri non sono rischiosi per lo sviluppo di nuovi ceppi ultra-resistenti di batteri, questa volta davvero nocivi per la salute umana? O forse ormai, tutto viene deciso da venditori e interessi commerciali, i quali hanno più diritti di altri noi, esseri consumatori?

Credo che dobbiamo ribellare, rifiutando di comprare tutti questi prodotti che vantano di sostanze antibatteriche sempre più potenti.

***

martedì 17 maggio 2005

Stuzzicare gli stupidi razionali - Pensieri

Stasera piove. Quando piove, Nadia insiste che mettiamo l'impermeabile al nostro cane Brando, prima di uscire per la nostra passeggiata serale. Ma Brando odia mettere su l'impermeabile. Si nasconde sotto il tavolo quando sente la parola. Viene fuori con tanta fatica, con la testa bassa, la coda fra le gambe.

Dentro di me, chiamo questo suo comportamento come "fare la Sita maiyya", come il personaggio di Sita nella storia mitica indiana raccontata nel libro "Ramayana". Nella storia, il personaggio di Sita, quando non vuole affrontare l'incontro con il marito, implora la terra ad aprirsi e di nasconderla.

Penso che sia curioso questo accostamento tra il cane e il personaggio di Sita. E' strano come funziona il nostro cervello, quando ricorda la storia di Sita sentita quando ero un bambino in India, e di collegarla alla vita quotidiana a Bologna, in un contesto completamente diverso.

***
Nel parco, uno degli alberi delle ciliege è già pieno di frutta e vedo per terra tante ciliege rosse, polpose e piene di succhi. Mi piace passarci sopra e di pestarle sotto i piedi. Non vorrei approfondire il perché di questo piacere, perché ho paura di scoprire qualche impulso represso nel mio subconscio. :-)

Ho iniziato a leggere "Five Quarters of the orange" di Joan Harris, l'autrice di Chocolat, sul quale avevano fatto un bel film francese. Ha uno stile di scrittura molto bello e piacevole, ma il titolo del libro mi suona un po' strano.

Si possono avere cinque quarti di un arancio? Non sarebbe stato giusto dire cinque quinti di un arancio? O il titolo è così solo per stuzzicare gli esseri stupidamente "razionali" come me?

***

Post Più Letti (Ultimo Anno)