L’ultima volta che avevo scritto su questo blog era circa 3 mesi fa. Nel frattempo, gli solleciti per avere le mie notizie sono aumentati, per cui penso che è arrivata l’ora di mettermi a scrivere qualcosa di nuovo.
Veramente il mio dialogo con gli amici in Italia continua sempre. E’ un dialogo interno tra Sunil che vive qui e Sunil che abitava a Bologna. I miei due io parlano fra di loro continuamente. Quel altro Sunil, non ragiona esattamente come gli indiani, forse è uno straniero qui che guarda tutto con stupore e si fa delle domande che questo Sunil non farebbe mai. Peccato che non hanno ancora inventato un dispositivo che può prendere queste discussioni e le immagini che li accompagnano, per scrivere un pezzo da pubblicare su questo blog.
Scusatemi se vi sembro un po’ confuso!
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Trovare una casa a Guwahati non era così semplice come avevo pensato. Non vi sono molte agenzie immobiliari qui. Volevo una casa in un quartiere tradizionale di Guwahati, dove abitano le famiglie locali. E la volevo nei dintorni del mio nuovo ufficio per poter venire a lavoro a piedi.
Per alcuni giorni ho girato seduto dietro sulle moto di alcuni agenti immobiliari, ma non avevo trovato niente di adatto. “Non voglio vivere in un condominio, e vorrei una casa nei quartieri di ..”dicevo, ma era come parlare con i muri.
“Cosa ne dice di questa casa? E’ proprio un bel appartamento e vogliono solo 13.000 rupie al mese”, mi dicevano sorridenti mentre proponevano una casa in un condominio in un quartiere dall’altra parte della città.
Avevo cercato anche online ma non avevo trovato molte offerte di case. Alla fine era stato utile il consiglio di padre Paulo. “Scegli la zona che vuoi e vai a fare delle passeggiate. Le case libere avranno fuori un cartello “To let” (da affittare) con un numero di telefono da chiamare. Puoi anche suonare il loro campanello. Presto troverai la tua casa.”
Così ero andato a passeggio e dopo qualche giorno ho trovato questa casa. E’ a 10 minuti a piedi dal mio ufficio. Apparteneva ad un vice commissario di polizia di Guwahati, il quale è morto improvvisamente 2 mesi fa. La sua vedova, una signora molto gentile e un po’ timida, è una persona di cultura, abita al primo piano con i 2 figli, un nipotino e 3 cani.
La mia nuova casa ha 3 stanze, tutte in una fila per cui se avrò qualche ospite, sarà difficile avere molta privacy. Comunque, non penso che avrò molti ospiti qui. La terza stanza ha un angolo cottura.
Accanto a me, vive un’altra famiglia. Il signore di questa famiglia è il seguace di qualche guru. Ho già avuto una piccola lezioncina da lui sull’importanza di seguire le raccomandazioni del suo guru per assicurarmi di rinascere nel genere umano nella prossima vita. Non bisogna fidarsi di musulmani e di cristiani, la nostra è la vera religione, lui aveva concluso. Mi sono trattenuto da dirgli che qualche giorno fa avevo incontrato un suo gemello, un signore di qualche chiesa, vestito tutto di nero, che era convinto che la sua era l'unica vera via per raggiungere il dio.
Invece gli ho fatto un falso sorriso amichevole, mentre pensavo che non diventeremo mai amici! Anzi, cercherò di evitarlo quanto più possibile. Penso a sua moglie e figli – sicuramente avere un marito/padre così non deve essere molto piacevole!
Comunque lui non è del tutto negativo - si alza presto e mi piace ascoltare alle sue preghiere mattutine che iniziano con il suono di una conchiglia. Da qualche parte vicino, deve esserci anche una moschea, perché sento il suo richiamo presto alla mattina come prima cosa quando fuori è buio e sono ancora a letto. Poi quando mi alzo per preparare il caffè, sento le preghiere del mio vicino e il suono della sua conchiglia. Direi che almeno per le preghiere sono a posto.
La casa è circondata dagli alberi. Fuori da una finestra, c’è una piccola pianta di papaia che mi fa molta tenerezza. Durante il giorno sento i richiami dei venditori ambulanti come quello che viene a vendere il pesce fresco e quello che vuole comprare i giornali vecchi e le bottiglie vuote.
La porticina in fondo alla casa, apre su altre case di dietro, dove abitano altre famiglie e dove i loro bambini giocano fuori dalle mie finestre durante il giorno. Ogni tanto vedo qualcuno curioso sbirciare dentro.
Al inizio, mi preoccupavo per le nuvole di zanzare che entrano dalle finestre e cercavo di tenere chiuso tutto. La mia padrona di casa mi aveva rassicurato che queste zanzare non sono cattive, perché non c’è malaria in questa zona.
Comunque, avevo comprato dei vaporizzatori elettrici contro le zanzare, uno per ogni stanza. E avevo comprato anche degli spray molto efficaci contro gli insetti. Poi, un giorno ho visto un piccolo geco in casa (anche quello mi fa molta tenerezza) e ho pensato che non vorrei fargli del male. Anche adesso mentre scrivo, lui sta sul muro vicino a me e mi guarda curioso.
Così ho deciso che non voglio spruzzare spray o vapori in giro, mi basta solo una crema anti-zanzare. Penso che è stata una buona decisione, perché in ogni caso, quelli vaporizzatori non sembravano molto efficaci contro le zanzare (forse dipendeva dal fatto che le stanze sono grandi e i soffitti sono molto alti?). E ultimamente mi sembra di non vedere molte zanzare in giro.
Da fuori, si presenta bene questa casa di 3 piani, dipinta in bianco e rosso.
Dentro, la mia parte della casa è dipinta in rosa sgargiante. Ho anche un armadio in rosa acceso e verde pappagallo. Immagino che questi colori possano mandare in estasi qualcuno o qualcuna. Invece, nei primi giorni, solo a guardare questi colori mi faceva venire un mal di testa. Ma dopo 3 settimane, comincio a abituarmi. Chissà, se dopo farò fatica a vivere senza colori così belli?
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Amo andare a comprare la verdura. Siamo alla periferia della città. Poco lontano da casa passa la circonvallazione di Guwahati che fa anche da frontiera, dove finisce la città e iniziano i villaggi. Dall’altra parte della strada inizia anche lo stato di Meghalaya.
Ogni giovedì e domenica, i contadini dei villaggi vicini arrivano qui per il mercato contadino. Tutto il giorno, una corsia di una strada lunga circa 2 chilometri viene chiusa al traffico ed è occupata dai contadini. Girare in mezzo a questo mercato è bellissimo.
Spesso compro troppe verdure, ma continuo a comprarne nuove ogni volta. Qualche giorno fa ho comprato una verdura che si chiama Ishkus – sembrano delle grosse pere verdi con molta polpa. Non so ancora come si cucinano e quale gusto hanno, ma sono curioso di provarle.
Le verdure costano poco. La maggior parte costa da 10 a 20 rupie al chilo (1 Euro è pari a 66 rupie circa). E sono così belle.
Penso che diventerò vegetariano, perché l’idea di puntare il dito contro una gallina che mi guarda placida o contro un pesce che nuota nella catinella, mi fa sentire male. Sono troppo abituato a comprare il carne in un supermercato dove non vedi l’animale vivo. Trovo angosciante guardare gli animali quando li ammazzano e evito quelle parti del mercato dove vendono anatre, piccioni, galline, pesci e maiali. Per fortuna, posso ancora mangiare le uova!
Capisco solo la metà di quello che dicono i contadini. Nella città mi arrangio con l’hindi, ma i contadini non la parlano. Alla fine parlo hindi con quello che secondo me è l'accento assamese, e mi sento un po’ come Paolo Villaggio che parlava inglese in qualche film, stroncando la parte finale delle parole italiane. I contadini mi guardano divertiti senza capirmi.
Devo trovare un insegnante di assamese e studiarla seriamente se voglio avere un rapporto con questi contadini!
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Una mattina sono stato in quel villaggio dove c’è la discarica dei rifiuti di Guwahati. Per più di qualche chilometro, si vedono le montagne di rifiuti. Arrivano i grossi camion che portano i rifiuti dalla città e quando sono vicini alla discarica, persone li corrano dietro per essere i primi a poter scegliere i loro tesori. Sono soprattutto donne e non pochi sono bambini.
Una grossa colonia di cicogne giganti (Greater Adjutant storks) vive in questa zona cibandosi dei rifiuti. Girano tra i rifiuti anche molte garzette, bellissime con i loro colori delicati, bianco e giallo. E poi vi sono le mucche e i cani.
La mia prima impressione quando ero arrivato alla discarica, era di un senso di orrore e di repulsione. La povertà delle persone e vedere quei bimbi che portavano i sacchi dei rifiuti, era come un pugno in stomaco. La maggior parte di queste persone vivono in capanne nei dintorni della discarica, e quasi tutte sono analfabete.
La puzza dei rifiuti stava addosso a quelle persone. Era una puzza dolciastra, faceva pensare alla frutta marcia. Tra i rifiuti c'è molto materiale organico. Inoltre, probabilmente non usano molti pesticidi da queste parti, per ciò i rifiuti possano essere mangiati da diversi animali senza problemi.
Mentre li guardavo ho pensato a che cosa avrebbe detto di fronte a questa realtà, Raoul Follereau? Gli avrebbe guardati come gli ultimi della terra?
Il responsabile di un centro sanitario nel villaggio vicino mi ha raccontato che tra di loro vi sono molti con le malattie dermatologiche. Tra i bambini vi sono molti che sniffano colla e solventi, tanti cominciano a fumare da giovani, e molti adulti sono alcolisti. Non mi sapeva dire sulle malattie più comuni, le disabilità e i tassi di mortalità in questo gruppo di popolazione. “Non vengono qui per farsi curare perché chiediamo una somma simbolica per le visite. Solo quando abbiamo dei campi medici gratuiti vengono a farsi vedere”, aveva aggiunto.
Dopo qualche ora che giravo tra i rifiuti, cominciavo a chiedermi se ci poteva essere qualche aspetto positivo in questa montagna dei rifiuti? Anzitutto che era un lavoro nobile in questo mondo che odia i rifiuti ma che continua a produrne migliaia di tonnellate ogni giorno?
Dichiararsi contro la civiltà dei rifiuti può essere romantico ma forse ciò non incide sulla realtà. Qui c’è molta ignoranza, ma anche nelle società più progredite, non è facile far ragionare le persone sull’importanza di ridurre i rifiuti. Per esempio, mi ricordo lo scambio di alcuni email con i dirigenti della Coop Adriatica in Italia alcuni anni fa, sul uso dei bollini di plastica appiccicati sulla frutta della marca Coop e la loro risposta che uso dei bollini era necessario e non poteva essere messa in discussione.
In questa città nessuno parla della raccolta differenziata. Per fortuna, la società è ancora povera per cui molte cose si vendono senza pacchetti e sacchetti. Inoltre vi sono quelli che girano nei quartieri per raccogliere giornali vecchi, carta, plastica e bottiglie vuote, per cui le famiglie li tengono da parte e non li buttano via. Poi qui, tutto si aggiusta – dalle scarpe e dai rubinetti, ai frigoriferi, ai cellulari e alle vecchie radio. Ancora far aggiustare le cose costa poco, per ciò conviene.
Nonostante tutto ciò, la città ha circa un milione di abitanti e produce tonnellate di rifiuti al giorno. E’ soltanto grazie al lavoro di queste persone che vivono in mezzo alla puzza e alla sporcizia, che una parte di questi rifiuti possono essere riciclati. Mi chiedo se lanciare una compagna affinché queste persone non devono lavorare in mezzo ai rifiuti, senza poter cambiare il sistema, avrebbe senso?
Mentre scattavo le foto, le persone mi guardavano con simpatia e sorrisi. Gli uomini sui camion che giravano in mezzo ai rifiuti, mi chiamavano per farsi fotografare. Anche un gruppo di bambini che stava mangiando un pezzo di cioccolata in mezzo ai rifiuti si era messo in posa per farsi fotografare.
E ho pensato alla vitalità di questo luogo, questo brulicare di vita in tutte le sue forme che sembrano convivere pacificamente e mi sono chiesto come è possibile avere questa vitalità? E se guardare solo la povertà, la sporcizia e la puzza, significa mancare di vedere qualche altro suo aspetto fondamentale?
Mi metteva un po’ in crisi, il loro non vergognarsi di vivere e lavorare in mezzo ai rifiuti. E il loro scherzarsi tra di loro, le loro risa, la loro apparente gioia nella vita! Come può essere qualcosa di positivo in questo inferno?
Mentre pensavo tutto questo, una bambina che aveva raccolto alcuni fiori di Bukul da un albero ai margini dei rifiuti, mi aveva fermato e chiesto se volevo un po’ di fiori. “Sono molto buoni da mangiare”, mi aveva detto. Ero rimasto senza parole.
Alla fine della mattinata, mi ero seduto insieme ad un piccolo gruppo per chiedere, cosa pensavano se tenevo un ambulatorio in un loro cortile, una mattina alla settimana? “Devi parlare con il padrone”, mi avevano detto. C’è un padrone anche di quel misero gruppo di capanne!
Vorrei anche condurre una ricerca per capire meglio le loro vite e le difficoltà che affrontano. Mi hanno detto che a parte un servizio municipale, non lavora con loro nessun altro gruppo o associazione, ma bisogna approfondire questo aspetto meglio.
Sono tornato da questa visita con molte domande in testa. Sicuramente metà delle cose che mi sembra di aver capito durante questa visita risulteranno sbagliate e bisognerà tornare e riparlare con loro più volte per iniziare a capire da vero come funziona questo loro mondo!
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Poco dopo dove finiscono le montagne dei rifiuti, passa una linea ferroviaria, e dall’altra parte, inizia una grande area paludosa conosciuta con il nome di “Deepor Beel”, la palude di Deep (lampada). E’ un’area protetta con il suo ecosistema, dove vivono diverse specie di animali e di uccelli. In alcune parti della palude, c’è più acqua e là girano le barche dei pescatori.
Nella palude, dappertutto si vedono delle grandi foglie rotonde e carnose, sopra sono del colore verde smeraldo, e sotto sono rosso e viola. Forse sono una specie di ninfee? Hanno i fiori viola che sembrano diversi dalle ninfee?
Mentre passeggiavo ai margini della palude, a parte qualche raro treno e qualche barca lontana, non c’era nessuno intorno. Sembrava impossibile che poco lontano da questo posto idillico, c’è il formicaio della discarica. Mi chiedevo, se i bambini della discarica ogni tanto vengono qui per sfuggire dalla puzza?
Ai margini della palude avevo incontrato Ramchandra, un originario di Bihar che vive qui da circa 2 decenni e fa il pescatore. La sua famiglia vive a Motihari, solo il suo figlio maggiore è venuto qui un anno fa, a vivere con il padre.
“Cosa vuoi, è così la vita, bisogna sacrificarsi per garantire un futuro alla famiglia”, Ramchandra mi aveva raccontato, mentre le sue abili mani intrecciavano un cestino tradizionale da pesca. Lui vende il pesce al mercato e riesce a guadagnare abbastanza per mandare dei soldi a casa.
“Motihari? Non è quel posto famoso dove Mahatma Gandhi aveva iniziato il suo famoso satyagraha?” gli avevo chiesto.
Per un attimo un sorriso aveva illuminato la sua faccia, “Si, è proprio quello, il villaggio di Mahatma Gandhi dove ho la mia famiglia!” aveva detto orgoglioso.
Era a Motihari nel distretto di Champaran (Bihar), che nel 1917, Mahatma Gandhi aveva iniziato a sperimentare la strategia dello satyagraha (protesta non violenta).
Anche il famoso scrittore inglese George Orwell era nato a Motihari quando India era una colonia inglese. Ma Ramchandra non conosceva il nome di George Orwell.
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