lunedì 6 agosto 2007

Crescere in Una Famiglia "Diversa"

Sulla questione del riconoscimento dei diritti delle persone conviventi, compreso gli omosessuali, vi è stata molta discussione sull’importanza della famiglia e se una coppia formata da due persone dello stesso sesso può essere riconosciuto come una famiglia. E’ stato detto che una coppia dello stesso sesso non può essere paragonato ad una famiglia “normale” formata da un uomo e una donna, perché è contro natura, ecc.

Love is Love, maglietta

Sul nuovo numero della rivista inglese Wellcome Science, è uscito un articolo sullo studio condotto dalla prof.ssa Susan Golombok dell’università di Cambridge sui bambini che crescono nelle famiglie non convenzionali. Prof.ssa Golombok è direttrice del centro di ricerca sulla famiglia in Inghilterra.

La ricerca più lunga riguarda bambini nelle famiglie formate da coppie lesbiche e copre un periodo di 24 anni.

Altre ricerche riguardano i bambini nelle situazioni particolari compreso i bambini concepiti nella provetta, bambini nati attraverso la fecondazione assistita (sia dove l’ovulo e lo sperma provengono da genitori naturali, che dove lo spera è donato da un donatore esterno), bambini nati da gravidanze portate avanti da mamme affitta-utero.

Come gruppo di controllo la ricerca ha coinvolto i bambini che crescono nelle famiglie eterosessuali.

Vorrei parlare soltanto della ricerca che riguarda i bambini nelle coppie lesbiche, ciò è, formate da due donne, che è la ricerca più affidabile perché copre un periodo molto lungo (24 anni) per valutare l’impatto della famiglia non convenzionale sulla crescita di un bambino. Le altre ricerche coprono un periodo molto più limitato (circa 3 anni), per cui penso che i loro risultati non sono altrettanto affidabili.

Per quanto riguarda i bambini cresciuti nelle famiglie formate da una coppia di donne, le credenze popolari includono le seguenti affermazioni: questi bambini non hanno amici, sono spesso vittime di attacchi e disprezzi da parte di altri bambini, hanno sviluppo psicologico non naturale per cui le ragazze crescono con eccessive caratteristiche maschili e i ragazzi crescono con caratteristiche femminili, bambini cresciuti in queste famiglie hanno maggiore difficoltà a stabilire rapporti normali con le persone del altro sesso, ecc.

Sulla base di queste credenze popolari, in diversi paesi del mondo una donna che vive in coppia con un’altra donna perde il diritto di tenersi i bambini, i quali sono affidati al padre o alle strutture statali dai tribunali.

La ricerca della dott. Golombok non ha trovato riscontri per nessuna di queste affermazioni. I bambini crescono e diventano adulti proprie come i bambini nelle famiglie eterosessuali, ne più ne meno. Secondo questa ricerca la qualità di come una coppia decide di fare i genitori è molto più importante, e non centra se è formata da persone lesbiche o meno.

Anzi, in questo studio hanno trovato che i bambini cresciuti in queste famiglie, quando sono diventati adulti, avevano rapporti molti migliori con i partner della propria madre, se paragonati con il rapporto tra i bambini e i loro patrigni nelle coppie eterosessuali dove le mamme avevano risposato, nel gruppo di controllo della ricerca.

Comunque, penso che nessuna ricerca o prova scientifica potrà far cambiare idee alle persone che pensavo di già sapere tutto.

lunedì 30 luglio 2007

Bollywood a Bologna

Poco dopo che sono salito in autobus ho capito che stava succedendo qualcosa di particolare. L'autobus n. 18 inizia la sua corsa vicino a casa nostra e quando sono salito,  era vuoto. Poi alla fermata successiva è salita una famiglia pakistana. Poi, alla fermata successiva, vi erano due famiglie del Bangladesh. E’ raro che le famiglie orientali, maschi, donne e bambini, tutti insieme, escono da casa alla sera dopo le 21,00.



Eravamo un po’ preoccupati che non saranno in molti ad assistere al, Veer Zara, il film di Bollywood in Piazza Maggiore. Tutte le nostre iniziative fin’ora avevano avuto discreto successo ma era diverso organizzare qualcosa in una saletta con 100 posti e organizzare una proiezione in una piazza che può contenere 10.000 persone!

In ogni caso nelle iniziative organizzate dal Comune, la partecipazione di emigrati resta molto limitata.



L’iniziativa era stata organizzata dalla Cineteca di Bologna e dal Comune di Bologna, e avevano informato la nostra associazione indiana (della quale sono il presidente). Avevamo mandato gli email a tutti i nostri contatti, chiedendoli di passare la parola e di far venire quante più persone possibili in Piazza Maggiore. Era la prima volta che Comune si organizzava qualcosa del genere a Bologna.

Sono decenni che si proiettano i film impegnativi (il cienma parallelo) dall'India, nei cinema d’essai delle città. Per esempio, i film come “Matrabhumi”, che parla del infanticidio femminile. Poche persone, sopratutto gli appassionati e gli studiosi del cinema, guardano questi film.



Negli ultimi anni, i film di registi come Mira Nair (Monsoon wedding, Destino nel nome), Gurinder Chadha (Bride and Prejudice, Bend it like Beckham) e Deepa Mehta (Fire, Water) hanno trovato un mercato in Italia, ma si tratta di film girati da persone che vivono in occidente e che cercano di mescolare la sensibilità indiana alle tradizioni cinematografiche occidentali.

Invece il cinema popolare di Bollywood, quello che produce centinaia di nuovi film ogni anno che si vedono in Asia, medio-oriente e Africa, quello che non cerca di adattarsi alla sensibilità occidentale, questo cinema è quasi sconosciuto in Italia.

Il film di ieri sera, Veer Zara, faceva parte di questa tradizione di Bollywood, cinema secondo i gusti indiani.

E’ stato un grande successo. La piazza era piena di emigrati e italiani, ma forse vi erano più emigrati. Oltre a tutte le sedie già occupate un’ora prima dell’inizio del film, centinaia di persone si erano sedute per terra da tutte le parti in piazza. Era una folla che respirava e viveva il film insieme. La scena quando Preity Zinta appare per la prima volta, si alza dal letto e si mette a cantare, ha fatto scatenare una prima ondata di fischi e applausi. Dopo questa prima espressione dell'apprezzamento, ad ogni canzone, sentivo le persone emigrate sedute intorno a me canticchiare e battere le mani.

Per una sera, gli emigrati asiatici si erano sentiti a casa loro nella piazza di Bologna. Proiettare il film era come legittimare la loro presenza in città.

Una ragazza italiana seduta vicina disse che le piaceva l’eroe, che aveva una faccia molto espressiva. "Si chiama Shah Rukh Khan", le disse un bengalese emozionato e entusiasta seduto vicino, "ha girato molto altri film, altrettanto belli!"

Forse dopo questo inizio così partecipato, avremmo altre iniziative che riconoscono il valore delle espressioni popolari a Bologna, anche se sono così diverse da forme artistiche più evolute e impegnative.

venerdì 27 luglio 2007

Economia delle Bici e il Consumismo?

Le notizie sul cambiamento climatico e l’inquinamento mi angosciano.

Ho scelto di usare la bicicletta quanto più possibile e così penso di mettere la mia coscienza a posto e posso anche sentirmi un po’ superiore a tutte le persone, le quali hanno bisogno di una grande berlina o peggio, una SUV mangia-benzina e mangia-spazio per sentirsi importanti sulle strade affollate delle città, che ormai non hanno più posti liberi dove parcheggiare. Infatti, il giornale di oggi dice che Italia è il secondo paese del mondo per il numero delle macchine per abitanti, secondo soltanto al piccolo e ricco Lussemburgo, e che abbiamo una macchina per ogni due persone.

Bici e il Consumismo

Ma ultimamente ho un dubbio: se anche la mia amata bicicletta è entrata nel meccanismo del consumismo e che ormai come individuo non posso fare niente per contrastare questo?

Prima di tutto oggi non puoi più comprare una bici semplice, ciò e senza il cambio shimano e senza tutta quella ferraglia che fa parte di questo cambio, e che è inutile sulle strade delle città.

Poi, quando ti si buca una ruota, che cosa fai? Cerchi qualcuno che te lo può aggiustare. Non è così facile come sembra. Sembra che la maggior parte delle persone che aggiustano le bici a Bologna sono vecchi e quando essi chiudono il negozio per qualche motivo, nessuno lo vuole riaprire e continuare il lavoro. Forse non c’è più interesse in questo mestiere perché non si guadagna bene?

In ogni caso, penso che tutti i sud asiatici che aprono negozi di alimentari, tutti uguali e tutti nella stessa zona in competizione con tutti gli altri, forse loro non l’hanno ancora capito che questo potrebbe essere un campo libero? Da una parte si dice non c’è lavoro, non sappiamo come contrastare questi centri commerciali che stanno ammazzando tutti i piccoli negozi e dall’altra, se hai la ruota della tua bici bucata, devi fare chilometri per trovare uno che te la può aggiustare!

E poi se trovi uno che te la può aggiustare, indovina cosa ti dirà? Dirà, costa troppa fatica aggiustare una camera d’aria, faccio prima a cambiartela. E’ vero che comprare una nuova camera d’aria non costa molto, ma così un’altra camera d’aria va ad aggiungersi al mucchio di immondizie che nessuno vuole che sia seppellito in una discarica vicina a casa sua.

Questa anno, nei primi 7 mesi dell’anno, fin adesso mi si è bucata la ruota tre volte. Forse è una cospirazione dell’assessore per la viabilità di Bologna che continua a parlare dell’inquinamento ma che riesce a fare ben poco per ridurre il numero delle macchine nella città. Forse vuole convincermi che non vale la pena di andare in giro sulla bici?

Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, socialista, ha lanciato un nuovo servizio che permette ai cittadini di noleggiare biciclette pubbliche presso 750 stazioni in tutta la città. Il servizio si chiama Vélib (viene da “velo” ciò è bici e da “liberté”, la libertà). L’abbonamento annuale costa 30 euro! Se l’amministrazione vuole ridurre l’inquinamento seriamente, potrebbe pensare a Bolib per Bologna!

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mercoledì 25 luglio 2007

I Film Indiani in Italia?

Ogni tanto ricevo messaggi da persone che mi chiedono informazioni su dove si trovano i film di Bollywood nelle loro città. Oggi ne ho ricevuto un messaggio da una persona che gestisce un negozio di videonoleggio e vorrebbe avere dei film indiani per i suoi clienti.

Ecco la risposta che gli ho scritto:

"Solo un piccolo numero di film indiani entra legalmente in Italia per la distribuzione tramite i cinema d'essai e questi film dovrebbero essere disponibili in DVD legali. Per esempio penso che Carlotta Films (Francia) ha distribuito alcuni film indiani anche in Italia.

La maggior parte di DVD dei film indiani, potrei dire quasi tutti, disponibili in Italia sono copie pirata. E' un po' che non ho noleggiato i DVD indiani perché trovo sempre qualcuno che mi porta i DVD originali dall'India, ma penso che la prima copia pirata é fatta in Bangladesh o in Pakistan, e poi duplicata in Italia/Europa e distribuita ai negozi gestiti per la maggior parte dalle persone del Pakistan o del Bangladesh.

Infatti se conosci un negozio (di solito sono negozi di alimentari o call centre) nella tua città gestito da uno dell'India o del Bangladesh o del Pakistan, basterà chiedere a qualcuno di loro, e sapranno dirti dove puoi trovare i DVD indiani nella tua città.

Questo circuito ha un'economia molto diversa da quella degli altri DVD disponibili in Italia. Un DVD indiano "nuovo" (pirata) da comprare in Italia costa intorno a 4 Euro e il noleggio costa 1 Euro per 3 giorni.

Per procurarli, forse dovrebbe bastare che ne parli con un negozio indiano/Bangalese/pakistano della zona chiedendo loro di mandare da te l'uomo distribuitore dei film. Dato che tutto il circuito è gestito ai margini della legalità (loro pagano i diritti SIAE), non so se questi distributori si fideranno di te e poi effettivamente verranno a trovarti!

La via legale é facile, puoi ordinare i film da un distributore internazionale come Eros International e ordinare online. I film costano sempre meno che non i DVD italiani, sono legali e originali, ma raramente hanno sottotitoli italiani comprensibili."

venerdì 20 luglio 2007

Sensazione di Sfiducia

Ero uscito nel parco con il mio cane per la solita passeggiata serale. Ho visto loro, 4 uomini, seduti sulle panche vicino al ponticello, nell’ombra degli alberi. Quando mi sono avvicinato a loro ho sentito un confuso mormorio delle loro voci. Parlavano la lingua punjabi. Il loro modo di parlare era diverso da come si parla questa lingua tra gli indiani di Delhi, usavano alcune parole della lingua Urdu. E la cadenza delle loro parole era quella del Pakistan.

Uno di loro mi ha visto. Quando vedi qualcuno che può essere un immigrato dal tuo stesso paese, l’espressione degli occhi cambia. C’è una domanda silenziosa che vuole sapere se sei del loro paese?

Ci somigliamo tra di noi, indiani, pakistani e bangladeshi. Qualche volta, i segni esterni legati alla religione aiutano a capire la nostra nazionalità. Come la linea vermiglione tra i capelli o il puntino rosso sulla fronte delle donne, vuol dire che la donna è indù, molto probabilmente dall’India. Uomini vestiti con una camicia lunga fino alle ginocchia e pantaloni larghi della stessa stoffa, sono spesso dalle zone rurali del Pakistan orientale. I bengalesi e gli indiani del sud hanno spesso la pelle più scura. Il piccolo cappellino bianco aderente sulla testa, un piccolo scialle a quadrati sulle spalle o il taglio particolare della barba indicano i musulmani, sopratutto quelli del Pakistan, anche se sempre più spesso anche alcuni uomini del Bangladesh li portano. Il turbante, lunga barba e il braccialetto di acciaio sul polso destro servono per identificare i Sikh.

Ma spesso, non riesco a individuare la nazionalità soltanto dall'apparenza esterna, devo sentire come parlano per capire.

Di solito, quando vedo questa domanda silenziosa negli occhi di qualcuno, mi fermo per sorridere e scambiare le solite domanda “Di dove sei?”, anche quando so già che sono del Pakistan o del Bangladesh. Invece, questa volta guardai dall’altra parte, facendo finta di niente. Sentivo i loro sguardi sulla mia schiena, mentre mi allontanavo da loro.

Gli ultimi attacchi terroristici di Glasgow in Inghilterra mi hanno scosso. Ormai sono anni che si parla dei legami della religione musulmana con il terrorismo, anche se si cerca di separare la vasta maggioranza della comunità musulmana da piccoli gruppi radicali di terroristi. A livello razionale capisco che non si può, e non si dovrebbe, generalizzare e criminalizzare un intero gruppo di popolazione come terroristi, anche perché sarebbe la via più facile per emarginare tutta la comunità e per alimentare ulteriormente la radicalizzazione e la creazione di nuovi fanatici che si vedono sotto assedio da tutte le parti, senza vie di uscita.

Ma il coinvolgimento di giovani medici musulmani provenienti dall’India negli attacchi di Glasgow, mi hanno scosso. Un medico può diventare terrorista e uccidere persone quando ha giurato per salvaguardare la vita, mi sembra inconcepibile. Mi fanno venire brividi quelle persone che cercano di trovare scuse per queste scelte: gli inglesi sono coinvolti in Iraq, stanno uccidendo i talibani in Afghanistan, hanno insultato l’Islam conferendo il titolo di Knight a Salman Rushdie... Penso che le persone che accettano queste scuse sono malate mentali.

Mi sento schizofrenico. A livello logico, mi vergogno e mi disprezzo per questi pensieri di sfiducia verso tutti i musulmani ma dall’altra parte non riesco a controllare la mia paura. Finché i terroristi erano del Pakistan o erano arabi o palestinesi, avevo un po’ di paura di quelle persone che sembrano ortodosse e tradizionali, ma nelle facce di giovani ragazzi indiani presi in Inghilterra, vedo le facce di amici e colleghi, e questo mi fa paura.

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Aggiunta

Qualche giorno fa avevo scritto della mia paura per il coinvolgimento di alcuni medici musulmani dall’India negli attacchi terroristici in Inghilterra. Oggi i giornali raccontano che uno di questi ragazzi è stato scarcerato dopo 4 settimane in una prigione australiana. La sua colpa era soltanto quella di aver dato la sua carta SIM del suo cellulare al suo cugino 2 anni fa, quando aveva lasciato Inghilterra per trasferirsi in Australia. Suo cugino era coinvolte negli attacchi. Forse gli investigatori australiani erano così convinti della sua colpevolezza che hanno “inventato” prove per giustificare la sua carcerazione.

Una persona innocente che è stata etichettata come terrorista, soffrirà le conseguenze di questa ingiustizia per tutta la sua vita.

E’ per questo è controproducente etichettare persone sulla base delle loro religioni. Si rischia di creare ingiustizie.

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domenica 1 luglio 2007

Sangam – l’unione dei fiumi

Secondo le credenze indiane, il luogo dove si riuniscono due fiumi è considerato sacro, e viene chiamato “sangam”, il punto di unione. La città di Allahabad nel nord dell'India è considerata tra le più sacre per gli indù proprio per questo motivo, perché qui riuniscono i due fiumi più importanti dell’India, il Gange e lo Yamuna. Le credenze popolari sostengono che qui c'è il punto di incontro di un terzo fiume, il fiume nascosto che si chiama Saraswati. Il Saraswati è un fiume sotterraneo, che secondo queste credenze, esce proprio nel punto di incontro di Gange e Yamuna.

Pepé Fiore e il suo Tabla, Festa Un Po' di Gange, RE, Italia

Un Po' di Gange in Italia

E’ questa sacralità dell’unione delle acque che si vuole evocare nella festa “Un po’ di Gange” che si organizza in Italia, sulle rive del fiume Po, vicino la piccola cittadina di Guastalla (RE). Questa festa si organizza ogni anno nei mesi di giugno/luglio.

Quest anno (2007), la festa è iniziata venerdì 29 giugno e si concluderà oggi, domenica 1 luglio. Il momento centrale della festa è la cerimonia durante la quale, l’acqua del fiume Gange, portata dall’India, viene versata nel fiume Po, come un simbolo dell’unione dei due popoli e due culture.

L’area intorno alle piccole città come Guastalla e Novellara, nella provincia di Reggio Emilia, ha un’alta concentrazione di emigrati provenienti dall’India, i quali lavorano soprattutto in campo agricolo. Maggior parte di queste persone provengono dallo stato di Punjab in India e circa il 50% di loro sono di religione Sikh. Novellara ha l’unica Gurudwara (letteralmente, la porta del Guru), il tempio dei Sikh di Italia. Si è parlato più volte di buona integrazione degli emigrati indiani nella provincia di Reggio Emilia, e sono considerati tra gli emigrati modello.

Ieri sera eravamo a Guastalla per partecipare alla festa Un Po' di Gange. Sulla strada per Guastalla, ci siamo fermati brevemente al Gurudwara di Novellara.

Arrivati all’ostello di Lido Po, alla periferia di Guastalla, dove si organizza la festa Un Po' di Gange, abbiamo incontrato Mukesh e Paolo, i due organizzatori dell’iniziativa.

Mi piace molto ascoltare le preghiere cantate dei preti sikh (Granthi) anche se non le capisco del tutto (mia mamma sapeva scrivere nella lingua Gurmukhi e parlava Punjabi). Ieri eravamo fortunati perché siamo arrivati al Gurudwara giusto al momento della preghiera cantata da un gruppo di 5 Granthi.

Il Canto-Preghiera Sikh alla Guruduara di Novellara, RE, Italia

I Sikh

Anche la mia bisnonna materna era di religione Sikh. Fino a 25-30 anni fa, era comune trovare famiglie indù nello stato di Punjab in India, dove il primo figlio maschio, veniva cresciuto come un Sikh.

La religione Sikh è nata durante il periodo Mughal, con idee che mettono insieme alcune idee dell'islam con quelle dell'induismo. Il fondatore della religione era Guru Nanak, e i suoi seguaci sono chiamati Nanakpanthi. Guru Nanak è seguito da altre 9 guru, e l'ultimo di questi era Guru Teg Bahadur, il quale aveva deciso che dopo di lui, il libro sacro dei Sikh, Granth Saheb, sarà considerato come il Guru. Per questo motivo, il libro è chiamato Guru Granth Saheb.

Per lottare contro i Mughal, guru Teg Bahadur aveva creato il gruppo dei guerieri, chiamati Khalsa (i puri), persone che portano i cappelli lunghi coperti da un turbante e altri segni come una piccola spada (Kirpan) e un bracciale (kada). Tuttavia, i seguaci di tutti i guru si considerano come Sikh, ma non tutti sono Khalsa, per cui sono visti come gli indù-sikh. 

La Serata a Guastalla

La cena presso il ristorante Sri Ganesh non era niente di eccezionale, come succede spesso quando vi sono grandi feste.

Mentre aspettavamo l’inizio della festa culturale, abbiamo visto un piccolo aeroplano volare basso, toccando quasi la superficie del fiume.

La serata è iniziata con la musica di Pepe Fiore, il quale aveva vissuto in India dal 1978 al 1990. Oltre alla sua bravura come musicista per suonare il tamburo, siamo rimasti un po’ sorpresi a scoprire la sua bravura nella lingua Hindi.

Poi fu il momento della consegna dei premi e anche io ho ricevuto un premio - il premio dell’amicizia per il lavoro fatto per far conoscere il cinema di Bollywood in Italia tramite traduzione dei sottotitoli dei film in italiano. Una scuola di Guastalla che ha ricevuto un premio, ha presentato un documentario sulla comunità indiana della zona girato dagli studenti della scuola.

Poi c’era la danza Kathak di Manisha Mishra, mentre al tabla suonava il maestro Pandit Ravi Nath Mishra e cantava Manjusha Mishra. La danza Kathak per molti versi somiglia al flammenco spagnolo perché in entrambe le danze, il suono prodotto dai piedi è una parte importante della danza.

Il Premio a Sunil Deepak, Festa Un Po' di Gange, RE, Italia

Il Piccolo Aeroplano sul Po, Festa Un Po' di Gange, RE, Italia

Ormai era tardi e dovevamo tornare a Bologna. Così non abbiamo potuto vedere la danza Bhangra. Mentre camminavamo verso il parcheggio, sentivamo le note di musica della famiglia Mishra. Fu una serata molto piacevole.

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sabato 30 giugno 2007

L'Induismo

Spesso le persone mi fanno domande sull'induismo, alle quali non riesco a rispondere. O, almeno, dentro di me penso di non aver spiegato bene. Una volta avevo partecipato in un’intervista con uno studente universitario che scriveva la sua tesi sull’induismo, e ricordo questo senso di frustrazione mentre gli parlavo. Lui mi poneva domande sull'induismo e facevo fatica a fargli capire quello che volevo dire. (Nella foto, un tempio indù a Bilaspur, India)

Un tempio indù, Bilaspur, India

 

Penso che questa difficoltà è dovuta alle differenze interculturali. Le parole che usiamo per parlare delle religioni, hanno significati differenti nelle nostre culture. Quando parlo dell'induismo, uso le stesse parole, ma voglio intendere qualcos'altro. Scrivo questo post, non solo per spiegare a voi lettori, ma anche per chiarire le mie idee.

Concezione Italiana (e Occidentale) della Religione

In Italia, si parte dal Cristianesimo e questo vuol dire avere delle idee specifiche su concetti come Dio, Profeta, Libro Sacro, ecc. Cristianesimo parla anche di idoli, credenti e non-credenti, paradiso e inferno, ecc. Ognuno di queste parole ha un significato specifico.

Quando le persone mi fanno domande sull'induismo, partono da queste parole e questi significati e vorrebbero conoscere i corrispettivi di queste parole per l'induismo. Quando io rispondo a qualche loro domanda, automaticamente loro collocano le mie risposte secondo i loro significati di queste parole.

Per i Cristiani, è più facile capire l'Islam e l'Ebraismo, perché tutti loro seguono lo stesso percorso. Tutti loro si chiamano "religioni monoteiste", perché un Dio che si somiglia ad un padre che richiede il rispetto di alcune regole. Se alcuni di loro cambiano alcune regole, vengono visti come un gruppo a parte. Così i cristiani hanno i cattolici, ortodossi, evangelici, ecc.

La Concezione Indiana della Religione

La concezione indiana della religione è più caotica, le sue credenze e le sue regole, sono variabili, c'è molta più libertà in quello che uno crede o sceglie di non credere. L'induismo non è un fiume con margini ben definiti, piuttosto è un grande fiume con centinaia di corsi di acqua che continuano a separarsi, allontanarsi e ritornare per unirsi. Non c'è un modo formale per diventare indù o per smettere di essere indù.

Singoli gruppi di indù, possono avere delle regole precise su chi considerano il dio, come bisogna pregare, quale libro bisogna recitare, come e quante volta bisogna pregare, ecc. Singoli gruppi possono essere perentori e esigere questo o quello, ma alla fine potete trovare altri gruppi che si considerano altrettanto indù e che non concordano con loro. Tutto si complica ulteriormente se pensiamo che tra i vari gruppi, vi sono anche i "nastik", ciò è, i non-credenti in dio, considerati una parte importante dell'induismo.

Le difficoltà iniziano subito con la parola "religione" - la parola equivalente in sanscrito è "Dharma", ma dharma ha un significato molto più ampio. Esistono il dharma del guerriero, il dharma del commerciante e anche il dharma del capo-famiglia. Per ciò, quando fai una domanda riguardo la "religione" e l'altro ti risponde pensando al "dharma", stiamo parlando di due cose diverse. 

Un Libro sull'Induismo 

Per questo motivo, penso che induismo sia la religione più difficile da spiegare agli altri. Una spiegazione dell’induismo che ho letto recentemente e che mi è sembrato interessante è un libro “Invading the Sacred” (letteralmente, Invasione del sacro) del 2007, con tre editori, Krishnan Ramaswamy, Antonio de Nicolas e Aditi Bannerjee:

E’ una delle religioni più antiche del mondo basato sulla realizzazione e non sulla rivelazione. Induismo si è evoluto dalle esperienze collettive di suoi mistici, i yogi, gli adoratori di Dio. Ciò vuol dire che la religione ha origine nell’esperienza, nella realizzazione della consapevolezza, non ha i dogmi rivelati da qualcuno, è cresciuto dalla base che non era mai stato organizzato dall’esterno, perché non aveva bisogno di un regolamento istituzionale che ne definiva la forma o i limiti o gli significati precisi.

E’ l’unica forma di religione che considera divina la forza femminile, Shakti. In induismo, la sublimazione del mondo fisico tramite il sistema di Tantra ha uguale importanza alla via della Sadhana (meditazione) spirituale ascetico dello Yoga. Da una parte ha l’espressione del amore appassionato in Bhakti e dall’altra ha le filosofie cliniche, sottili e complesse di Advaita Vedanta.

Se volete leggere questo libro, potete scaricarlo gratuitamente in inglese in formato PDF dal seguente link - Invading the Sacred, Rupa & Co. India, 2007.

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