domenica 31 dicembre 2006

25 Passi Per Una Vita Migliore (2)

Questa è la seconda parte di un post riguardo i consigli del guru indiano Sri Sri Ravi Shanker. Se volete conoscere di più su di lui, potete leggere anche la prima parte del mio post.

Guru Sri Sri Ravi Shankar

Primo di iniziare: Secondo il guru la prima cosa da fare è quello di verificare il proprio stato di salute: "Salute è ... il corpo libero da malattie, il respiro senza sforzo, la mente senza stress, l’intelligenza senza inibizioni, la memoria libera da ossessioni, l’ego che comprende tutto e l’anima libera da tristezza".

Inoltre, lui consiglia di riflettere spesso sul senso della propria vita, perché secondo lui soltanto quando uno inizia a farsi queste domande, la sua vita inizia da vero. “Non bisogna avere fretta per trovare le risposte a queste domande. Quelli che le conoscono non vi le diranno, e quelli che vogliono dirvele, non le conoscono.

25 Insegnamenti del Guru

Ora arriviamo ai 25 insegnamenti del Guru per vivere meglio la nostra vita. Alcuni suoi consigli sono banali, li ripetono tutti. Ve ne presento 13:

(1) Riflettere sul contesto della propria vita: Ciò significa riconoscere la brevità della propria vita se paragonata ai milioni di anni durante le quali la vita si è sviluppata sulla terra. Se qualcuno ci guardasse da fuori, i 70-80 anni delle nostra vita sono meno di un attimo. Visti contro la grandezza dell’universo, siamo invisibili. Secondo il guru, questa riflessione ci aiuta a superare gli alti ed i bassi della vita, restando tranquilli, felici e soddisfatti. Tutti gli esseri hanno amore dentro di se – devi sforzarti di riconoscerlo mentalmente per trovare il tuo radicamento nell’amore.

(2) Ricordare la transitorietà della vita: Pensi alla tua vita, pensi a tutte le cose fatte e non fatte. Tutto è passato, finito. Tutto nella vita è transitorio, ma dentro questa vita che cambia continuamente, dentro di te c'è anche qualcosa di permanente che non cambia, che osserva questo mondo mutevole. Ogni tanto pensa a questa parte di te che vive dentro di te e che osserva il passare della vita e delle situazioni.

(3) Ricordati di sorridere più spesso: In una ricerca hanno scoperto che bambini, mediamente sorridono circa 400 volte al giorno, gli adolescenti 17 volte al giorno, e gli adulti molto più raramente. Ricordati di guardare la tua faccia nello specchio ogni giorno e di sorriderti. Basta poco per renderci tristi e stressati. Con qualche battuta o azione, gli altri ti rubano il tuo sorriso – non lasciare che ti portano via il tuo sorriso. Dal punto di vita della conoscenza, sorriso è gratuito come il sole, l’aria e acqua mentre rabbia ci costa – ricorda questo e rendi il tuo sorriso gratuito, da usare sempre e dovunque, e la tua rabbia molto costosa, da usare con molta cautela.

(4) Sii entusiasta e parla bene degli altri: Entusiasmo è la natura della vita ma impariamo a dimenticarlo. Se siamo dominati dalla paura, impariamo a nascondere il nostro entusiasmo. Non solo diventiamo seri, ma cerchiamo anche di controllare l’entusiasmo degli altri, ricordando loro di essere “realisti”.

(5) Ricordati di meditare: Trova alcuni momenti per la meditazione ogni giorno. Meditazione significa introspezione, ma significa anche lo stato di non-pensiero quando la mente non è agitata, quando la mente vive nel presente. Più profondamente riuscirai a stabilire il contatto con te stesso, più libero sarai. Meditazione significa lasciar andare la rabbia, il passato, i piani per il futuro, significa vivere il presente in profondità.

(6) Trova tempo per te stesso: Trova ogni tanto un giorno per la tua "manutenzione". In quel giorno, non pensare a tutte le cose che devi o dovresti fare, trova tempo solo per essere con te stesso, senza urgenze, senza rimproveri, senza cose da fare. Alzati all’alba, fai esercizi e lo yoga, mangia solo il necessario e medita. Impara ad ascoltare gli altri con attenzione, senza elaborare domande o giudizi dentro di te. Impara ad ascoltare il tuo respiro.

(7) Comunica meglio: Se incontri qualcuno che sa più di te, ascolta con le orecchie e gli occhi aperti. Se incontri che sa meno di te, sii umile e gentile. Gioca con un bambino come quando eri un bambino. Quando parli con un anziano, ricordati che un giorno anche tu sarai anziano. Quando sei aperto senza pregiudizi, a imparare e a condividere, diventerai un comunicatore migliore.

(8) Sviluppa la tua creatività: Impara a distanziarti dal tuo lavoro – mentre lavori, lo devi fare con 100% di te stesso ma senza preoccupare dei risultati. La creatività nasce quando sei rilassato, quando sei senza preoccupazione per i risultati.

(9) Migliora il mondo che ti circonda: La nostra energia vitale ha bisogno di una direzione. Senza la direzione, c’è soltanto la confusione. La nostra energia ha bisogno anche di impegno. Pensa al mondo che ti circonda e pensa a quello che puoi fare tu per renderlo migliore. Aggiungi questa direzione e impegno alla tua vita, lo renderà più piena e appagante.

(10) Pianifica i tuoi obiettivi e lungo e a breve termine: Lo devi fare restando ben radicato nel tuo presente. Dove vuoi essere tra 3 anni, tra 20 anni? Come farai ad arrivarci? Scegli soltanto poche cose essenziali e non la lista di tutte le cose che vuoi fare. Se la tua vita seguirà la direzione giusta per le cose essenziali, tutto il resto si aggiusterà senza sforzo.

(11) Pregare aiuta: pregare non come un rituale da seguire ma pregare dal cuore, pregare con la gioia.

(12) Non avere paura dei cambiamenti: Rifletti se tua vita è diventata un routine, qualcosa che ha bisogno di un cambiamento ma hai paura di affrontarlo? Anche se le cose abituali sono comode, delle volte devi sforzarti per promuovere il cambiamento per migliorare.

(13) Sii consapevole di tuoi limiti: Tutti noi abbiamo i nostri limiti. Quando incontri i tuoi limiti, impara ad riconoscerli. Preghiera aiuta in questo incontro. Accettate quelli limiti con amore.

Forse avete capito, il guru non dice niente di nuovo, conoscete già questi insegnamenti per migliorare la vostra vita. Per esempio, alcuni altri consigli che lui dà sono: non perdere gli amici, non cercare la perfezione, non diventare prevedibili, ecc.

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Se volete conoscere di più sul guru indiano Sri Sri Ravi Shanker, potete leggere anche la prima parte del mio post

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venerdì 29 dicembre 2006

25 Passi Per Una Vita Migliore (1)

E’ di nuovo il momento di fare il resoconto dell’anno appena trascorso, e di farsi i buoni propositi per il nuovo anno. Anche se poi, spesso i propositi restano soltanto delle parole senza un seguito, ma intanto possiamo sentire buoni e risoluti per qualche giorno!

Il Guru Sri Sri Ravishanker

Non voglio pensare ai miei propositi che mi ero fatto l’anno scorso. O, quelle fatte l’anno prima, o prima ancora. Tanto sono sempre le stesse. Devo dimagrire. Devo scrivere il mio romanzo. Devo fare meditazione tutti i giorni. Devo imparare a controllare le mie emozioni. Devo trovare più tempo per stare con la famiglia. E così via.

Ma capita anche a voi di continuare a fare sempre le stesse promesse anno dopo anno?

Invece vi voglio parlare dei consigli di un guru indiano che si chiama Sri Sri Ravi Shanker, apparsi su un settimanale indiano, The Week. "I 25 passi per migliorare la tua vita nel 2007".

Sono sopratutto gli americani che credono nei manuali di auto-apprendimento che insegnano l’arte di vivere – “Come avere tanti amici”, “Come realizzare i propri sogni e diventare miliardari”, “Come vincere le paure e dominare il mondo”, ecc. Ora anche i guru indiani, a partire da Deepak Chopra, Acharya Rajneesh e Mahesh Yogi, fino a Sri Sri Ravi Shanker, hanno imparato i benefici di brevettare gli insegnamenti spirituali degli antichi maestri e di usare le nuove tecnologie per portare sollievo all’umanità sofferente e allo stesso momento, accumulare delle ricchezze.

Sri Sri Ravi Shanker sembra una persona molto simpatica, ha un sorriso disarmante che ti scioglie il cuore e ha un modo di parlare immediato, semplice e chiaro.

Tuttavia, lo trovo un po’ irritante a partire dal suo nome così pomposo. La parola ‘Sri’ è usata in India un po’ come il ‘signore’ in italiano, come un appellativo prima dei nomi maschili, invece per le donne si usa Srimati (signora). Tuttavia il significato specifico di Sri è la 'luce interiore', o l’aura personale. Il fatto che il guru Ravi Shanker abbia voluto aggiungere due ‘Sri’ prima del proprio nome, mi sembra un modo per attirare attenzione e per sottolineare la propria natura divina.

Si è vero che il Dio vive dentro ogni uno di noi e spesso noi lo dimentichiamo. In questo senso, posso capire la scelta del guru di aggiungere i due Sri prima del proprio nome forse per ricordarsi che ha dentro di se la luce divina, ma allo stesso momento penso che un guru dovrebbe essere un ascetico e non attaccato a grandi titoli o onori.

Il nome di Sri Sri Ravi Shanker è associato anche ai corsi di Arte di Vivere (Art of Living) durante i quali si insegnano il Sudershan Kriya, un particolare tipo di meditazione basato sullo yoga Pranayama (esercizio del respiro) durante la quale si ripete il mantra ‘So ham’ ( io sono) secondo un ritmo ben preciso. La tecnica di Sudershan Kriya è brevettata ed i suoi corsi costano.

Questa sua attenzione verso gli aspetti mondani, lo trovo poco consone all’ideale di rinuncia associato ai guru tradizionali in India. Dall’altro canto capisco che oggi la maggior parte delle persone non ha tempo da dedicare a niente ed a nessuno. Oggi tutto funziona secondo la logica dell’usa e getta. Cerchiamo continuamente nuovi stimoli - nuovi giochi, nuovi gadgets, nuova musica, nuovi vestiti, nuovo arredamento e il tutto il resto, perché dopo un po’, ogni cosa diventa noiosa. In questo mondo, forse il suo modo di vendere i suoi corsi a caro prezzo, come qualcosa di esclusivo, forse gli garantisce maggiore attenzione di suoi seguaci?

Comunque torniamo ai suoi 25 consigli per migliorare la vita. Volete conoscerli? Sono nella seconda parte di questo post!

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sabato 9 dicembre 2006

Concerto del Maestro Indiano a Bologna

Il maestro di musica classica indiana, Shahid Parvez Khan, è venuto a Bologna per un concerto di sitar il 7 dicembre 2006 sera. Erano tanti anni che non ascoltavo un concerto di sitar dal vivo. Il piacere era ancora più grande perché dopo la generazione di grandi artisti come Ravi Shanker e Vilayat Ali Khan, oggi Shahid Parvez è considerato è un loro erede per la musica classica indiana.

Maestro Shahid Parvez Khan a Bologna, Italia

Mentre lo ascoltavo, pensavo alle notti di estate degli anni settanta, passate nel parco di fronte al Mavalankar Hall a Nuova Delhi, ad ascoltare i concerti di musica classica e guardare le danze classiche. Era allora che avevo iniziato ad apprezzare il sitar, sopratutto durante quelle note lente e dolci che si muovano come onde e raccontano storie malinconiche.

Ho parlato con il maestro Shahid Parvez della sua infanzia, della sua fama e del suo rapporto con la sua famiglia. Purtroppo, non ho fatto in tempo a tradurre questa intervista in italiano, e stamattina parto per l'India. Spero di completarlo al mio ritorno.

E' stata una bellissima esperienza.

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venerdì 1 dicembre 2006

Creatività, Censura, Romanticismo...

Questo scritto parla di Roma, poeti, scrittori, libri, creatività, religioni e censura. Forse, i suoi argomenti non hanno un chiaro filo conduttore. Ogni tanto, uso blog come un diario, scrivo brevi appunti su diversi temi, invece di approfondire un tema solo. 
 
Roma - Altare della Patria

Amore Lesbico da Censurare

Già che pensavo alla ragazza lesbica della mia storia, è uscito il film con Lino Banfi, con la figlia che si sposa con la sua compagna spagnola. Non ho guardato questo film ancora, ho letto soltanto le polemiche sui giornali. Devo dire che mi hanno sorpreso queste polemiche.

Qualche anno fa Deepa Mehta, regista di origine indiana che vive in Canada, aveva girato il film Fire (Fuoco), nel quale si accennava ad un rapporto amoroso tra le due donne protagoniste. Il film aveva suscitato molte polemiche in India. Già, l'India ha un sistema di censura antiquato. Inoltre, ogni volta che un gruppo di persone si manifestano contro qualche lavoro di arte o qualche libro o qualche film, subito il governo vieta la sua uscita. In India, parlandone con gli amici, avevo dato esempi del sistema liberale che esiste in Italia, basato sulla convivenza pacifica e rispetto della libertà di espressione.

Anche il recente film basato sul romanzo di Dan Brown, "Il Codice Da Vinci" era stato vietato in India e di nuovo avevo parlato dell'assurdità di queste censure per "accontentare" i cattolici indiani quando si poteva vedere il film a Roma.

Ma le polemiche sul film di Banfi mi hanno sorpreso, perché non li aspettavo. La TV italiana fa vedere delle cose di rapporti sessuali, nudità e parolacce in prima serata senza nessuna protesta. A me danno fastidio i programmi dove vi sono queste giovani donne formose che fanno le veline con vestiti ridottissimi, presentate come persone con intelligenza subnormale. Semmai, forse mi sarebbe piaciuto sentire qualche protesta contro queste trasmissioni.

Comunque, c'è un lato positivo di questa storia. La prossima volta che succederà qualche stupida protesta in India, non mi agiterò per spiegare che "In Italia questo non succederebbe mai"!

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Il Mio Romanzo

Ho questo sogno di scrivere un romanzo un giorno. Volevo scrivere la storia di un ragazzo che torna dal suo padre morente e viene a sapere di un segreto di famiglia. Il libro dovrebbe essere un viaggio alla scoperta di se stesso di questo ragazzo, un viaggio di riconciliazione con il suo passato.

Avevo iniziato a scriverlo. Per giorni vivevo quel libro. I suoi personaggi erano diventati come persone vero che conoscevo, che mi giravo intorno e che mi parlavano nei momenti più inaspettati. Poi, alla fine ho quasi finito di scrivere questo libro - è in inglese, ha circa 250 pagine, e l'ho scritto in meno di un mese. E' venuto fuori come un torrente in piena.

L'ho fatto vedere ad una mia cugina scrittrice, anche perché ci tenevo molto al suo giudizio. Si vede che potrebbe venire fuori un libro molto bello, mi ha detto, "Ma ora devi lavorarci sopra, riscrivere il tutto e sistemarlo meglio". Mi sentivo in settimo cielo. Alla fine ero arrivato vicino al mio sogno di scrivere il mio primo romanzo, avevo pensato.

Questo era successo più di un anno fa e da allora, non sono più stato capace di scrivere niente. All'inizio mi bloccava l'idea di dover scrivere questo libro in inglese. L'inglese non è la mia lingua, dovrei scrivere in hindi o in italiano, perché devo scrivere in inglese, mi chiedevo, ma il fatto che riesco a esprimermi molto meglio in inglese. 

Alla fine, stanco della mia incapacità di riprendere in mano il libro, avevo deciso che questa volta lo scriverò in hindi. Invece, di nuovo, ogni volta che mi mettevo davanti al computer, non trovavo mai le parole per dire quello che avrei voluto dire.

Adesso ho pensato che devo scriverlo nella lingua che mi viene più naturale, ciò è, in inglese e dopo, lo tradurrò in hindi o in italiano. Nel frattempo, avevo iniziato a pensare ad un'altra storia. Questa storia ha un padre immigrato e la sua figlia lesbica. I personaggi hanno iniziato a diventare persone vere, nei momenti più strani, penso a loro e sento le loro voci. Forse, un giorno riuscirò a metterlo giù sul computer, questa storia! Spero.

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La Tomba di Keats a Roma

Durante la mia ultima visita a Roma, ero andato al cimitero protestante dietro il Piramide di Caio Cestio. Nel 1822, qui fu sepolto il giovane poeta romantico inglese Keats. Quando morì, aveva solo 25 anni, ma ha lasciato un eredità di poesie romantiche indimenticabile. Ogni giorno, c'è una fila di turisti inglesi per visitare la sua tomba.

L'epigrafe sulla sua tomba recita: "Qui giace colui, il cui nome fu scritto sull'acqua." Vicino alla sua tomba, i suoi ammiratori hanno fatto montare una tavola di marmo con le seguenti parole, "Keats, se il tuo amato nome fu "scritto sull'acqua", ogni goccia è una lacrima versata da qualcuno che piangeva per te."

Roma - Tomba di Keats

Corrado Augias nel suo libro, “Segreti di Roma”, ha spiegato la storia di questo cimitero per i non cattolici costruito su un terreno non consacrato, le fatiche per costruire un muro intorno a questo cimitero, i divieti per seppellire i morti di giorno e il divieto di scrivere frasi che potevano significare la benevolenza di dio per le anime di questi morti. Questa situazione di 150 anni fa, oggi appare incomprensibile, anche se le discriminazioni in forma molto più sottile continuano anche oggi.

Ieri Lucia Cuocci della rubrica Protestantesimo di Rai2 era venuta ad intervistarmi riguardo la situazione della lebbra nel mondo. Alla fine dell’intervista le ho chiesto riguardo la trasmissione del programma e mi ha spiegato che di solito il programma è trasmesso dopo la mezza notte, ma delle volte, vi sono dei ritardi e la trasmissione avviene dopo l’una di notte. Comunque, se ci tenete a guardarmi in questa intervista, sarà trasmessa anche alla mattina alle 09,00 del 25 dicembre 2006.

Penso che il giornalismo e la TV italiana hanno superato molte barriere che prima ci esistevano, ma per alcune questioni legate al Vaticano, esiste ancora certa discriminazione. Penso ai scandali legati alla pedofilia di qualche prete in Stati Uniti. I notiziari sulla CNN e sulla BBC erano pieni di queste notizie ma la tv in Italia, non ne parlava quasi mai, fino al giorno che il Vaticano ha voluto parlarne.

Sui telegiornali, le immagini della visita del Papa alla moschea di Istanbul mi hanno commosso. Le sue parole nella moschea dette insieme all’Imam di Istanbul, “Chi uccide civili innocenti nel nome di dio, offende il dio”, sono forti ed era ora che qualcuno così importante e visibile li diceva con la voce alta dentro una moschea. Penso che per uscire da questo vortice di violenza e terrorismo, ci vogliono gesti coraggiosi come questo.

Anche quando si parla di un dialogo costruttivo tra le religioni, sento una discriminazione tra le religioni del Libro, le religioni monoteiste nate in medio oriente e tutte le altre religioni del mondo (come induismo, buddismo, gianismo, i bahai, i confuciani, i taoisti, i parsi, i sikh, ecc.). Forse perché le altre religioni hanno già trovato certo dialogo tra di loro? O forse le lotte tra le tre religioni monoteiste sono state cosi violente che bisogna fare uno sforzo speciale per avviare questo dialogo tra di loro, prima di intraprendere il cammino con le altre religioni?

Per tornare al cimitero protestante di Roma, oltre a Keats, un altro famoso poeta inglese è sepolto qui, il grande Shelly

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domenica 22 ottobre 2006

Passamano: Abbracciare il mondo a Bologna

L'iniziativa di Passamano a Bologna voleva abbracciare il mondo. Mille persone dovevano formare una catena umana che collegava il Meloncello con il piazzale di San Luca. Poi, quella catena umana doveva passare le bandiere di tutti i paesi del mondo lunga la scalinata di San Luca per poi alla fine piantare tutte le bandiere del mondo nel piazzale di San Luca.

Passamano, San Luca, Bologna, Italia

L'iniziativa era parte della Festa della Storia, iniziata una settimana fa.

Invece si è messo a piovere. Quando sono arrivato a Meloncello, le ragazze che aspettavano i volontari della catena umana mi hanno chiesto se volevo far parte della catena anch'io. No, ho cercato di dire ma sembravano così preoccupate che alla fine ho accettato. Poi ho cominciato a salire la scalinata, dovevo trovare un buco libero e mettermi li per completare la catena. Invece interi tratti della scalinata erano vuoti. Forse era la pioggia, forse le persone avevano scelto di fare qual cos'altro, e le persone presenti, erano sopratutto gli studenti con i maestri, che aspettavano l'inizio del passaggio delle bandiere.

Passamano, San Luca, Bologna, Italia

Infatti, alla fine hanno dovuto rinunciare alla catena umana e le bandiere sono state portate su con il camioncino.

Passamano, San Luca, Bologna, Italia

L'idea di creare una catena umana ed abbracciare il mondo non ha avuto successo. Ma devo dire che mi sono divertito tantissimo. Forse la prossima volta andrà meglio. 

Passamano, San Luca, Bologna, Italia

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venerdì 13 ottobre 2006

Rifiuti - Mondo Schizofrenico

C’è questa nuova pubblicità sulla televisione dove si parla di prugne californiane, ogni prugna racchiusa in piccolo sacchettino tutto suo, bello e luccicante. L’idea è di promuovere le prugne come un’idea di regalo, forse un po’ come i famosi baci perugina. Penso che questa pubblicità sia il simbolo del mondo schizofrenico nella quale viviamo.

Discarica Boregaon, Guwahati, India

Siamo sommersi dai rifiuti. Ne produciamo a tonnellate. Le amministrazioni comunali parlano di come smistare e riciclare questi rifiuti e allo stesso momento continuiamo a trovare nuovi modi per aggiungere altri rifiuti inutili. E’ la schizofrenia tra quelli che pensano al futuro, alla sostenibilità, alla vita dei nostri figli e nipotini e quelli che pensano alle vendite, alla crescita economica, al guadagno degli azionisti. Ma poi, questa schizofrenia sta dentro ciascuno di noi, perché siamo sempre noi, uomini, donne, padri, madri, nonni, azionisti, lavoratori, consumatori, venditori, secondo il contesto.

Quando la Coop, una cooperativa dei consumatori, mi risponde che devono continuare a fissare i bollini di plastica ad ogni mela che vendono perché è necessario per salvaguardare il marchio Coop e la loro quota del mercato delle mele, penso che sia un altro esempio della stessa schizofrenia.

Alla mattina vedo questa fila di macchine, tutti impazienti, una persona in ogni macchina, molti con i fronti corrucciati e con gli occhi che cercano varchi per poter passare davanti di qualche metro, pronti ad incazzarsi. Dappertutto si costruiscono le rotatorie “perché così le macchine passano molto più veloci”, ma che penalizzano i pedoni e quelli come me che vogliono salvare il mondo con le proprie biciclette.

E penso all’inquinamento, ai mari che si innalzano minacciando di sommergere qualche isola, al caldo torrido che arriva puntualmente ogni anno, ai nuovi tifoni che devastano qualche paese ogni tanto, al deserto che cresce mangiando le foreste, e tutti quelli che parlano del trattato di Kyoto e di ridurre l’emissione dei gas, di usare i mezzi pubblici, di non inquinare. Che poi girano dall’altra parte e parlano di crisi della vendita delle macchine e di come incentivare che la gente compri più macchine. E' sono orgogliosi di essere razionali e pragmatisti, convinti di sapere tutto.

Nessuno vuole le discariche vicino alla casa propria, perché sono inquinanti, sono anti estetiche, sono pericolose, ma poi vai fuori alla sera e vicino ai cassonetti dei rifiuti trovi frigoriferi, tv, materassi, armadi , ecc. che aspettano di essere buttati via nelle discariche. Ormai, non è conveniente far riparare niente, conviene sempre comprare nuovo e buttare via il vecchio.

E per l’inquinamento, cosa bisogna fare? Ah, quelli disgraziati in Cina, in India, in Brasile, hanno cominciato a stuprare la terra proprio come la facciamo noi! Devono smettere subito. Bisogna che imparino un nuovo modello di sviluppo, non consumistico.

Si, ovviamente non possiamo dare via la nostra tecnologia migliore che inquina un po’ meno perché è il nostro copyright e abbiamo diritto a guadagno. Ma cosa centrano i milioni di morti per la mancanza di farmaci con il nostro guadagno? Gli affari sono affari. Forse ci vorrebbe uno scudo spaziale che separi l’aria e l’acqua del nostro mondo!

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mercoledì 20 settembre 2006

Black Italians - Jaques Riparelli

E' uscito un libro, "Black Italians", (italiani neri), storie degli atleti neri nelle squadre italiane. Una delle storie di questo libro riguarda Jacque Riparelli il velocista italiano. Mi ricordo Jacque quando veniva in ufficio con il suo papà, Franco.


Franco aveva trovato la sua moglie in Cameroun e per un po' di anni aveva lavorato in AIFO, poi era partito per un progetto in Mali. Franco mi aveva insegnato a lavorare con il computer, era appassionato di informatica.

Ultima volta che avevo incontrato Franco era quando aspettavamo lo sblocco di un progetto finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano, per la quale doveva ripartire anche Franco. Lui non poteva aspettare, doveva mantenere la famiglia, anche perché nel frattempo era arrivata anche la Katia, la sorellina di Jacque. Per cui Franco aveva deciso di partire per il Mali con una ditta di costruzioni. "Appena il progetto si sblocca tornerò in Italia", ci aveva detto. Invece, dopo qualche mese, era morto in un incidente stradale a Bamako.

Oggi Jaque è un'atleta velocista centometrista e racconta la sua storia in questo libro, "Ho iniziato a fare sport quando è morto mio papà. All'epoca non me ne sono reso conto, ma per me lo sport è stato una valvola di sfogo… quando ho indossato la mia prima maglia azzurra, è stata una cosa indescrivibile, perché in quel momento hai l'onore di rappresentare l'Italia."

Parlando del razzismo, lui dice, "..anche a me capita di andare in un ufficio e la prima cosa che mi chiedono è se ho il permesso di soggiorno. Alla gente non viene in mente da subito che io possa essere italiano… Bisogna cambiare la gente e fargli capire che esiste anche l'italiano di colore."

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E' arrivato un altro invito dal comune di Bologna. E' per una serata sulla società multiculturale. L'ospite d'onore è una persona che viene dalla Canada e poi, c'è una lista lunghissima di altri relatori, ma non c'è nessun nome straniero tra questi.

Già qualche mese era arrivata la comunicazione sulla creazione di un comitato per le attività a favore delle associazioni di emigrati e anche in quel comitato, non vi era nessun nome straniero.

Penso che sicuramente sarà bello ascoltare gli illustri relatori ma in questa grande Bologna multiculturale, com'è possibile che non riescono a trovare uno straniero come relatore o membro di un comitato, magari soltanto come un simbolo?


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Di nuovo c'è la bufera nel mondo musulmano. Questa volta per le cose dette dal Papa in Germania. Posso capire che possiamo non concordare con qualcosa che dice il Papa ma ogni volta che non concordiamo con qualcosa bisogna arrivare a ammazzare persone, bruciare negozi, minacciare ….? Non è possibile esprimere il proprio dissenso in maniera pacifica con le parole e dichiarazioni?

Tutto questo non fa che aumentare il senso della paura verso l'islam. Ogni volta che qualcuno osa a dire qualcosa contro l'islam, il messaggio arriva chiaro e forte: Non osate a parlare di noi altrimenti saranno guai per voi!

Comunque, mi rendo conto che spesso creiamo un'immagine monolitica del mondo musulmano che non esiste nel mondo reale. Un recente articolo nella rivista indiana Outlook spiegava i litigi tra i musulmani Barelwis e i musulmani Deobandis. Sembra che un gruppo di persone Barelwis aveva partecipato in un preghiera dei Deobandis, e per questo avevan perso il diritto di essere musulmani ed erano stati automaticamente divorziati dalle loro moglie. Hanno dovuto seguire i riti di purificazione per essere riammessi tra i Barelwis e di risposare le loro moglie.

Si parla da anni della persecuzione di musulmani Shia e Ahmadiya da gruppi Sunniti in Pakistan, e in Sudan, i musulmani arabi stanno ammazzando i musulmani neri!

Ma sembra che tutte queste fazioni si uniscono solo quando si tratta della minaccia esterna, tipo quella dell'occidente!

domenica 10 settembre 2006

Il boss simpatico: Munna Bhai MBBS

Spesso i film di bollywood sono copie indianizzate dei film di Hollywood. I registi indiani li definiscono come film “inspirati” perché spesso la trama del film inspirato viene arricchita con il “masala” o le spezie di bollywood – si aggiungono delle scene emozionali, canzoni, danze, ecc. Non succede spesso che un film indiano viene copiato a Hollywood, forse perché i film con le trame originali provenienti dall’India sono molto radicati nella cultura indiana e non avranno molto senso per il pubblico che non capisce il contesto culturale specifico.


Munnabhai MBBS Film Bollywood

Comunque un film indiano recente è stato acquistato da una casa produttrice di Hollywood per essere rifatto con gli attori americani. Si tratta di “Munnabhai MBBS” (Fratello Munna, medico chirurgo), un film di Rajkumar Hirani, uscito alla fine del 2004.

Il film racconta la storia di un piccolo boss mafioso di Mumbai, che si chiama Munna. A Mumbai tutti i mafiosi sono chiamati con l’appellativo di “bhai” (fratello). Munna bhai (Sanjay Dutt) non è un mafioso qualunque, ha dei principi morali. Per esempio, lui è contento di rapire qualcuno su ordine, ma quando capisce che l’ordinante non si comportato in maniera corretta, è capace di rapire anche l’ordinante e chiedere un riscatto per la sua liberazione.

Circuit (circuito, l’attore Arshad Warsi) è l’assistente fedele di Munna Bhai, nonché il papà di un bimbo (Short Circuit o corto circuito), disponibile a seguire ogni ordine del suo capo.

L’unica persona di cui Munna bhai ha paura è il suo papà, un vecchio insegnante in pensione, che abita in un villaggio. Scappato da casa quando era un ragazzo, Munna sa di aver deluso le aspettative di suo papà e gli racconta una bugia, gli dice che ha studiato come medico e ora gestisce un ambulatorio.

Ogni volta che il suo padre viene in città a trovarlo, la casa di Munna si trasforma in un finto ospedale, i suoi colleghi malviventi si vestono da medici, infermieri e pazienti, affinché il suo papà pensi che il suo figlio è un vero dottore.

Quando la sua bugia viene scoperta, il suo padre si offende e giura di non tornare mai più dal figlio. Umiliato davanti a tutti, Munna giura di diventare un medico. Per farlo è pronto a rapire, ammazzare chiunque e pagare quanto necessario. Ma quando riesce a frequentare la scuola di medicina, resta scioccato dalla mancanza di umanità e empatia nella professione medica.

La lezione finale di Munnabhai è di far ricordare a tutti l’importanza delle rapporti umani. E’ un film semplice e divertente, ma anche con un forte messaggio, quello di non dimenticare la gentilezza nei rapporti con gli altri. Il film ha riscosso un grande successo, del pubblico e della critica.

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Recentemente è uscito il nuovo film della serie di Munnabhai, si chiama Lago Raho Munnabhai (Continua fratello Munna). Il film riguarda l'incontro del mafioso Munna con il fantasma di Mahatma Gandhi. I critici e i siti indiani, sono tutti unanimi, è meglio anche del primo film di Munna bhai.

Lage Raho Munna Bhai - Bollywood film

Appena dopo 10 giorni della uscita, il film è stato dichiarato un campione di incassi. I genitori sono contenti perché il film fa riscoprire i valori di Mahatma Gandhi alla generazione di oggi. I giovani sono contenti perché il film è divertente. Spero di vederlo presto.

domenica 27 agosto 2006

Convivenza

Penso che l'India è il primo paese nel mondo per capire la convivenza delle diversità. Recentemente, ho letto un articolo scritto da G.V. Dasarathi, che lo spiega molto bene. Sig. Dasarathi ha 46 anni e gestisce un’attività di preparare il software informatico in India. Lui ha scritto questo articolo in inglese sul portale indiano Rediff.com che ho pensato di tradurre e presentare qui parzialmente.
 
Diversità in India

Dall'articolo "Why I am Bullish About India"

… Miei genitori parlavano il tamil, mio papà aveva la pelle scura e invece, mia mamma aveva la pelle più chiara. La mia governante era una signora con la pelle chiara, proveniva dallo stato di UP (nell’India del nord) e parlava hindi. Abitavamo dentro una densa foresta nello stato di Jharkhand (nell’India centro-orientale) dove la maggior parte della popolazione era composto da tribù con la pelle nera che parlavano la lingua “ho”. Quando uscivo di casa vedevo persone che portavano abiti di tutti i tipi – i sadhu (i monaci indù) nudi, le persone delle tribù che erano topless, e le donne musulmane con il burqa (il velo integrale).

Maggior parte degli ospiti che veniva a trovarci parlava l’inglese. Noi eravamo indù, la mia governante era musulmana, la maggior parte delle tribù erano cristiani o animisti…Le persone che ci circondavano avevano tutte le abitudini alimentari possibili. Alcuni mangiavano solo verdure, alcuni non mangiavano carne di mucca, alcuni non mangiavano carne di maiale, altri mangiavano tutto compreso i topi e i camaleonti.

La nostra piccola comunità delle persone legate alle miniere, celebrava le feste di tutte le religioni con uguale gioia…questa era la mia introduzione all’enorme diversità della nostra meravigliosa terra. Da bambino incontravo persone con colori della pelle diversa, i loro tratti somatici diversi, le loro lingue diverse, le loro religioni diverse, il loro modo di vestirsi diverso, che mangiavano cose diverse…

Mentre crescevo, mio papà fu trasferito più volte in diversi stati dell’India. Così ho conosciuto il resto dell’India. Ho imparato che gli indiani credono in tanti dei, molto di più delle religioni che avevo conosciuto da bambino. Ho imparato che ogni stato dell’India ha almeno 3 - 4 diverse regioni. Persone di queste regioni parlano lingue o dialetti diversi tra di loro e spesso non capiscono i dialetti delle altre regioni dello proprio stato. Ogni regione ha la propria cucina diversa dalle altre, si veste diversamente e ha apparenze fisiche diverse.

Oggi nessuno può convincermi che sono superiore a qualcuno altro per la mia religione o per il colore della mia pelle o per la mia lingua. La diversità che ho vissuto, e accettato e nella quale ho gioito da bambino, non è qualcosa di unico. Penso che ogni indiano vive questa stessa esperienza, soltanto i dettagli possono essere diversi. Credo che sia questo che fa di noi il paese più tollerante del mondo…

Si è vero che ogni tanto scoppiano disordini per questa diversità, quando ci ammazziamo tra di noi per le nostre diversità. E’ tragico e vorrei che non succedesse mai più, ma guardatelo in un altro modo: i musulmani sunni, i buddisti, i cattolici romani, i sikh, i musulmani bohra, i giani digambara, i parsi, i khurmi, gli iyers, gli agarwals, i nairs, i cristiani siriani, i musulmani shia, i giani shwetambara, gli ebrei, i musulmani ismailiti, gli avventisti del settimo giorno, i bishnoi, e persone di molte altre religioni vivono insieme in India da secoli.

In Gran Bretagna e in Yemen per decenni persone di due branche diverse della stessa religione si sono ammazzati tra di loro. In Libano, per quanti anni le persone di due religioni hanno ucciso tra di loro? In Stati Uniti e in Sud Africa, per decenni le persone hanno litigato per la differenza nella colore della pelle. In Canada litigano per le due lingue diverse.

Come indiano, questi conflitti mi fanno sorridere – solo due religioni, solo due colori, due lingue! Vorrei dire a loro, “Ragazzi provate la coesistenza tra un gianista digambara, che parla gujarati, che si veste con il kurta pigiama, che mangia solo erbe e un cristiano siriano del kerala che parla malayalam, che porta un mundu e che mangia tutto”. Dove saremmo se diventassimo intolleranti come gli altri?

Penso che l’intolleranza religiosa che vediamo in questi giorni in India è una cosa limitata ad una piccola percentuale di noi, e che a lungo andare sappiamo che non è importante prendere troppo seriamente le nostre differenze, sappiamo che la maggior parte di noi è risultato di mescolanze di razze, religioni e culture…

… penso che il futuro di India sarà positivo. Non perché possiamo produrre e esportare acciaio o armi o tessuti, ma perché noi comprendiamo la convivenza.

giovedì 29 giugno 2006

La Madre del Terrorista

"La Madre del Terrorista" (1997) era un film del regista Govind Nihalani. Il film racconta il disperato tentativo di una madre di cercare di capire le scelte fatte dal suo figlio, che è stato ucciso dalla polizia.

Titolo originale del film era 'Hazar Chaurasi ki Ma' ('La mamma del numero 1084'), ed era basato su un romanzo di Mahashweta Devi, la scrittrice e attivista bengalese. Il film guarda con empatia, la scelta di un giovane per la rivoluzione armata. E' uno di miei film indiani preferiti per la sua intensità.

Trama del Film

Il film era ambientato a Calcutta nel 1970.

Sujata Chakraborty (Jaya Bhaduri), ha un sonno agitato, si sveglia quando suona il telefono. Accanto a lei dorme suo marito. Al telefono qualcuno le chiede se conosce Brati Charavorty? “Si, è mio figlio”risponde lei. “Venga a Kantipokhar per il riconoscimento del corpo” dice la voce e interrompe il collegamento.

Che cosa significa” si chiede Sujata, ancora intontita dal sonno, senza capire. 

Brati, non vive in casa da diversi anni e nessuno in famiglia ha le sue notizie. Soltanto il giorno dopo qualcuno spiega a Sujata che Kantipokhar è il mortuario della polizia di Calcutta. E' la polizia che vuole qualcuno della famiglia per andare al mortuario riconoscere il corpo di Brati. Il papà e il fratello maggiore di Brati non vogliono andare al mortuario.

Scioccata, Sujata va a vedere il corpo del figlio a Kantipokhar e si trova spinta in una stanza spoglia dove giacciono 5 corpi senza vita coperti da un telo lacero, macchiato di sangue secco. Vicino, sono 3 persone povere sedute per terra, le loro facce sono scioccate. Quando tolgono il telo dal corpo del suo figlio, Sujata lo sente come uno schiaffo. Il corpo di suo figlio è crivellato di pallottole, e la sua faccia è stata pestata fino a diventare irriconoscibile. Al piede porta la targa "1084".

Non si può portare via i corpi dei morti” dice la polizia, perché sono terroristi, criminali pericolosi per la società. Impotente, Sujata guarda i cinque corpi dei giovani ventenni dati alle fiamme per la cremazione.

Così inizia Hazaar Chaurasi Ki Maa (La madre del 1084), il film sulle origini del movimento maoista nel nord-est dell'India.

Il film è la storia della scoperta di se stessa da parte di Sujata e della scoperta di un mondo a lei sconosciuto. Sujata non capisce perché tutta la famiglia vuole far finta di non aver mai avuto una persona di nome Brati, di dimenticarlo e quando ne parla lo fa esclusivamente nominandolo come criminale e terrorista. Lei è dilaniata da un profondo senso di colpa, perché non l'aveva capito suo figlio? Perché aveva continuato a vedere il ragazzo sorridente di sempre che tutti i giorni usciva da casa per andare a studiare all'università senza dare peso alle sue idee di rivoluzione per un mondo meno ingiusto?

Sujata vuole capire e così torna alla famiglia di Somu, uno degli altri ragazzi uccisi con Brati (Joy Sengupta). Poi va a trovare Nandini (Nandita Das), la ragazza e compagna di Brati, resa mezza cieca dalle torture della polizia. Questo tentativo di capire le ragioni della morte del proprio figlio portano Sujata a vedere il mondo degli oppressi e a iniziare a capire le grandi disuguaglianze che caratterizzano la società indiana. Allo stesso momento, questo viaggio di scoperta fa capire a Sujata la ipocrisia della propria vita, la vita fatta di facciata, nella quale lei stessa è calpestata ogni giorno nel suo ruolo di madre, donna e moglie.

Commenti

Il film è molto forte con 3 attrici più brave del cinema indiano di Mumbai - Jaya Bhaduri, Seema Biswas e Nandita Das.

Seema Biswas nel ruolo di madre di Somu presenta un performance incredibile. Il suo urlo del pianto rituale quando Sujata entra nella sua casa per la prima volta (in diverse parti del India, dopo la morte di un famigliare, ogni volta che un amico o un parente entra in casa per la prima volta, c'è il pianto rituale) fa drizzare i peli. Quando c'è lei sullo schermo è difficile toglierle gli occhi di dosso.

La parte del film legata a Nandini, la ragazza di Brati, che spiega le motivazioni del movimento di Naxalbari, mi è sembrata un po’ meno efficace perché troppo pieno di parole. Sembra di vedere qualcuno recitare un libro piuttosto che una scena del film. Nandita Das al suo primo film nel ruolo di giovane e magra “naxalite” (rivoluzionaria) con la fibra di acciaio che non si piega alle torture, non è perfetta ma fa già intuire che diventerà un'attrice di grande sostanza.

Ma tra tutti gli attori del film, la migliore è Jaya Bhaduri, nel ruolo di Sujata. L’attrice è tornata a recitare per questo film dopo un intervallo di circa venti anni, ed è la sua interpretazione migliore in una carriera fatta di molti film belli. Il dolore nei suoi occhi, la sua confusione, la sua fatica di capire quello che sta succedendo e alla fine, la sua consapevolezza, tutto diventa credibile. In molte scene del film riesce a trasmettere sentimenti complessi senza gesti o parole.

Questo non è un film passatempo - è un film molto impegnativo. Fa parte dell’ ormai defunto Art cinema di Mumbai che si differenziava dal cinema commerciale (masala film) di bollywood. Alla fine possiamo concordare o meno con i ragionamenti dei suoi protagonisti riguardo le cause delle disuguaglianze sociali in India e la loro scelta della violenza della lotta armata, ma sicuramente è un film che ti fa riflettere.

Personalmente non concordo con le lotte armate perché non portano a nessun cambiamento reale, sostituiscono un'oppressione con un'altra. Anche i protagonisti del film arrivano alla stessa conclusione.

Govind Nihalani è uno dei registi dissidenti di Mumbai più importanti, iniziò la sua carriera come cinematografo nel lontano 1962. Tra i suoi film più importanti come cinematografo, c’è anche il famoso 'Gandhi' di Richard Attenborough. Dal 1981, quando lui esordì come regista con il suo primo film, Aakrosh (la rabbia), ha seguito la strada dei film denuncia.

La scrittrice Mahashweta Devi aveva passato la sua vita nella lotta per i diritti dei gruppi più poveri ed emarginati in India, dando voce a persone emarginate e senza potere, tramite i suoi romanzi. Diversi suoi libri sono stati tradotti in italiano.

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martedì 6 giugno 2006

Non ho ucciso Gandhi

Il titolo del film mi aveva molto incuriosito "Maine Gandhi Ko Nahin Mara" (Non ho ucciso Gandhi). Mi sono chiesto, con questo titolo “non ho ucciso Gandhi” cosa vogliono dire? Si sa chi aveva ucciso Mahatma Gandhi nel 1948, si chiamava Nathu Ram Godse e fu impiccato - allora è una domanda retorica?

Maine Gandhi Ko Nahin Mara (Non ho Ucciso Gandhi) Film Bollywood

Ero curioso e così ho voluto vedere questo film.

E’ il primo film del regista indiano Jahnu Barua. Il film è stato prodotto dall'attore Anupam Kher, già conosciuto al pubblico italiano come il padre sikh della ragazza indiana nel film inglese, "Bend it like Beckham".

Trama del film: Non ho Ucciso Gandhi

Il film è la storia di un vecchio professore, che si chiama Uttam Chowdhury (Anupam Kher). Il professore è in pensione, soffre di demenza e sta perdendo la sua memoria. Delle volte non si ricorda che è in pensione o che la sua moglie è morta un anno e mezzo fa. Non ha perso tutti i suoi ricordi, per esempio, delle volte si ricorda quella volta che era finito in un'aula diversa da dove doveva andare a insegnare. Lui vive con la figlia Trisha (Urmila Matondkar) e il figlio Addi (Karan Chaudhury). Invece il suo figlio maggiore, Ronu (Rajat Kapoor) vive in America.

Trisha è innamorata di Ashish ma per il loro matrimonio, lei deve essere “approvata” dai genitori di Ashish perché lui non vuole sposarsi senza il loro consenso. Addi, il fratello di Trisha è preoccupato, perché se lei si sposerà, chi baderà a suo padre? “Possiamo mandarlo in un istituto”, propone, “non voglio rovinarmi la vita”.

Trisha è sconcertata dall’insensibilità del fratello. Poi, Ashish rompe la relazione con lei perché i suoi genitori hanno paura che la malattia del professore sia ereditaria e non vogliono che il loro figlio sposi Trisha.

Improvvisamente la condizione mentale del professore peggiora, comincia ad avere delle allucinazioni e più volte borbotta “Non ho ucciso Gandhi di proposito, è stata una disgrazia. Pensavo di avere una pistola giocattolo, ma qualcuno ha messo una pallottola vera alla mia insaputa e quando ho sparato, Gandhi ha attraversato la mia strada e così è rimasto ucciso.” Nessuno riesce a capire il motivo di queste allucinazioni e le condizioni del professore si deteriorano di giorno in giorno.

Addi, il figlio più giovane telefona al fratello maggiore in America e gli racconta la situazione del padre. Ronu torna a Bombay.

Trisha va parlare con Sidharth (Praveen Dabas, conosciuto al pubblico in Italia come lo sposo nel film 'Monsoon Wedding' di Mira Nair), un altro psichiatra. Indagando si scopre il motivo di queste allucinazioni. Si tratta di una ferita dell’infanzia, mai chiusa. Quando il professore aveva 8 anni, durante un gioco con altri bambini aveva sparato una freccia alla foto di Gandhi e poi era arrivata la notizia che quello stesso giorno Gandhi era stato assassinato. Il padre del bambino, seguace convinto del Mahatma, si era arrabbiato con il figlio per aver osato a profanare la foto del Mahatma. Quel episodio era rimasto impresso nella mente del bimbo, e che ora è convinto che il suo gesto aveva fatto morire Gandhi.

Come terapia, lo psichiatra decide di organizzare una finta seduta da tribunale coinvolgendo un gruppo di attori per fare un finto-processo al professore, per aver assassinato Gandhi. Il finto-processo conclude con la dichiarazione che bmabino non ha colpa.

Il professore in un momento di lucidità, si guarda intorno nella finta aula del tribunale e riconosce che si, non fu lui ad uccidere il Mahatma, ma che ormai il Mahatma è solo un simbolo vuoto, una faccia da stampare sulle banconote, ma che tutti hanno dimenticato i suoi insegnamenti.

Commenti

L'idea del film sul trauma dell’infanzia che affiora quando le memorie iniziano a morire è interessante (anche se poco credibile), e il film è molto coinvolgente. L’attore Anupam Kher, nel ruolo del professore malato è grandioso. Anche gli altri attori, soprattutto Urmila Matondkar nella parte della figlia Trisha, sono bravi. La musica del film (Bappi Lehri) anche se alle volte troppo ripetitiva, è efficace.

La storia del fidanzato che decide di non sposare la ragazza che ama perché ha paura della demenza del padre, sembra solo una strategia per rendere il film più drammatico.

Se vi piacciono i film seri, questo film vi piacerà. L’unica parte che ho trovato meno convincente è il momento di lucidità del professore verso la fine. La sua predica finale, molto bella e commovente, non mi sembra molto logica con il resto del personaggio e la sua malattia.

Alla fine, non cercate le coerenza logica in tutti gli aspetti della storia, e accettate questi aspetti poco credibili come strategie narrative, il film è interessante.

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lunedì 5 giugno 2006

Il Mondo è Piatto?

Sto leggendo il libro del giornalista americano, Thomas Friedman, The Flat World (Il mondo è piatto). La teoria di Friedman in questo libro è che dopo la rivoluzione copernicana, oggi di nuovo la terra sta diventando piatta per una serie di sviluppi legati alla globalizzazione, allo sviluppo di alcuni paesi come Cina e India, e ai progressi dell'informatica. Secondo Friedman, questo mondo piatto richiede nuovi ragionamenti e nuovi comportamenti, altrimenti i popoli che non sapranno adeguarsi, resteranno in dietro. Lui si rivolge sopratutto all'America ma forse il suo discorso è altrettanto valido, anche per l'Europa.

In questo libro lui racconta le sue discussioni con una miriade di persone di diversi continenti per spiegare il proprio pensiero:"Vi sono due cose che mi preoccupano in questo momento", disse Richard A. Rashid, il direttore per la ricerca alla Microsoft. "La prima, il fatto che abbiamo chiuso il passaggio di arrivo in America delle persone intelligenti. Se tu pensi che abbiamo le più grandi università e istituti di ricerca, questi hanno bisogno di q.i. (quoziente di intelligenza, ndr). Nel tentativo di creare un processo che blocchi l'arrivo di emigrati indesiderabili, il governo ha effettivamente bloccato l'arrivo delle persone desiderabili. Una significativa parte dei laureati più bravi di nostri migliori istituti e università sono state persone, non nate in America ma sono persone che dopo la laurea, sono rimaste qui, hanno creato nuove imprese, sono diventati professori, ed erano i motori del nostro sviluppo economico.Vogliamo queste persone. In un mondo dove la Q.I. è il più importante prodotto sul mercato, devi cercare di avere il maggior numero di persone brave che puoi avere."

Mentre leggevo queste parole, pensavo alle discussioni con Mishra, un ricercatore indiano che si trova in un centro di ricerca in Italia. Mishra è stato qui a Bologna alcuni giorni fa. Lui mi ha detto, "Devo finire questa ricerca, poi penso di andare in Stati Uniti, qui in Italia non c'è spazio per la ricerca. Questo non è soltanto perché sono straniero. Due ragazze italiane al nostro centro, entrambe hanno concluso il dottorato. Una di loro ha cominciato a lavorare in una farmacia e l'altra si è iscritta ad un corso per diventare maestra. Se un paese non sa prendere cura dei suoi migliori cervelli, quali opportunità può dare a noi stranieri?"

Ultimamente sento diversi indiani che vengono in Italia per lavorare presso i centri di ricerca. Pratika, figlia del mio amico d'infanzia Rahul, era a Brighton dove studiava astrofisica e doveva decidere se venire a Trieste o andare in Germania per il suo dottorato. Alla fine lei ha deciso per la Germania. Invece, Sidharth che studiava in Germania, ha deciso di proseguire le sue ricerche a Trieste. Forse le università italiane hanno iniziato a cercare i cervelli migliori da altri paesi - o forse sono costretti perché non vi sono studenti italiani interessati in seguire carriere che non portano da nessuna parte?

E le teorie di Friedman, cosa significano per l'Italia? Forse anche in un mondo piatto, avranno sempre bisogno di bel paese per conoscere la storia, per ammirare le sue bellezze naturali! Non c'è bisogno che tutti i paesi abbiano ricerca e imprese di avanguardia per il proprio sviluppo! Speriamo.

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sabato 6 maggio 2006

Diario Egiziano

Arrivo a Cairo

29 aprile, 2006. Sono alloggiato presso l'hotel Intercontinental Star di Cairo. Dopo i modesti alberghi e semplici villaggi del Nepal e del Mozambico, questa volta sono in un hotel a 5 stelle. E’ un nuovo hotel nella zona di Heliopolis, il sobborgo di Cairo, pieno di condomini, centri commerciali e alberghi di lusso. Questo perché questa volta sono ospite dell’ufficio regionale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per il medio-oriente. Sono qui per una riunione che coinvolgerà 8 paesi del medio-oriente.

Vecchia Cairo - Egitto

Da una parte questo lusso è molto piacevole, ma allo stesso momento mi dispiace stare in questo hotel, perché penso che diventa una barriera che mi separa dalla vita normale degli egiziani. Inoltre, questa volta non avrò occasione di andare a visitare i villaggi. Se posso scegliere, preferisco la possibilità di conoscere le persone comuni e le loro vite, invece che questi alberghi di lusso.

Per i prossimi giorni, mi toccherà restare chiuso nella sala della riunione. Per fortuna, il 1 maggio è festivo anche qui e non dovrei avere altri impegni di lavoro. Così spero di andare al matrimonio di Shenoudah, che si sposerà il 1 maggio in una chiesa di Heliopolis. Shenoudah mi aveva fatto da traduttore durante la mia ultima visita qui 5-6 anni fa. Inoltre, la mia amica Gehane mi ha promesso di portarmi mi giro. Spero di andare con lei alla parte vecchia di "El Kahira", è così che gli egiziani chiamano il Cairo. E spero anche di poter visitare le piramidi.

La prima volta che sono stato in Egitto, ero con il dott. Enzo Zecchini, e mi ricordo che lui aveva avuto un collasso vicino alle piramidi. Disperato, avevo cercato un taxi per portarlo da un medico, pensavo che aveva avuto un infarto. Invece era solo un colpo di sole. La seconda volta ero qui con Franco Falco e subito dopo il nostro rientro in Italia, gli avevano diagnosticato un tumore al cervello, e povero Franco morì dopo due anni. Per cui, ho fatto l'idea che i viaggi in Egitto non mi portano bene.

E’ così in ogni luogo che vado a visitare. Le memorie delle cose successe in altri viaggi precedenti, viaggiano insieme a me per ricordarmi che niente dura, che tutto passa. E’ un pensiero triste e allo stesso momento, un richiamo al attimo fuggente, di vivere la vita in pieno, anche se passare cinque giorni chiusi dentro una sala delle riunioni non si può dire “vivere la vita in pieno”!

Viaggio

Questa volta ho viaggiato con Alitalia. Ormai non viaggiavo con Alitalia da 8-9 anni. La nostra agenzia di viaggi non ci propone più i voli con Alitalia, perché dicono che è troppo inaffidabile! Li capisco perché se succede qualcosa al mio volo, tocca a loro a trovare delle soluzioni.

Arrivato a Cairo, mi aspettava un incaricato dell’OMS nella confusione della sala degli arrivi. Fuori c'era il caldo secco, l'ho sentito come una sberla anche se erano solo 34 gradi. Tutto sembrava avvolto nella polvere, quella stessa sabbia che sembra un mare pallido dall’aereo. Non mi piace il deserto, mi fa sentire male, anche se vista dal cielo, mi fa venire l’ansia.

Il Centro Commerciale di Cairo

Accanto all’hotel c’è un grande centro commerciale. Ho lasciato le mie valigie in camera e subito sono andato li. Era così strano vedere tutte le donne con i foulard sulle teste, camici con le maniche lunghe e gonne fino ai piedi. C’erano alcune con il velo nero completo, affinché vedevi solo i loro occhi. Accanto a loro, c'erano gli uomini con i bottoni delle camice aperte, a maniche corte, qualche volta anche con i pantaloncini. Solo a guardarle mi fa sentire male, anche se sono cresciuto nella parte vecchia di Delhi dove la maggioranza era musulmana e dove le donne con velo nero (il burqa) erano molto comuni. Mi sembra che in confronto alle mie precedenti visite a Cairo, il numero delle donne coperte dal velo integrale sono aumentate molto.

Incontro con il Mondo Musulmano

5 maggio, 2006. Non ho avuto il tempo di scrivere il mio diario durante la settimana passata a Cairo. Oggi pomeriggio ho il volo di ritorno ma almeno stamattina ho un po’ tempo per fare i conti con questa esperienza dell’incontro con il mondo egiziano.

E’ il mondo musulmano che occupa la maggior parte delle mie riflessioni questa volta perché durante una visita qui non si può ignorare la religione. Anche durante la riunione dell’OMS, diversi relatori venuti da diversi paesi del mondo musulmano, iniziavano la relazione con un verso del Corano e la cosa mi lasciava ogni volta un po’ scioccato. Anche il direttore regionale dell’officio dell’OMS iniziò la sua relazione inaugurale con una preghiera dal Corano. Mi chiedevo se questo è giusto in una regione dove vivono anche le altre religioni, anche se sono spesso minoranze?

Vedere il lavandino basso nel toilette degli uffici dell’OMS dove le persone si lavavano le mani e i piedi prima delle preghiere di mezzogiorno - il luogo di lavoro deve garantire che i dipendenti possono avere una sala adatta e andare a pregare. E' vero che in Italia, negli ambienti di lavoro, se i fumatori possono avere pause per andare fuori a fumare, forse è giusto che qui, le persone possono avere pause per le loro preghiere?

Mi chiedevo, cosa sarebbe successo in questa riunione se un relatore indù o cattolico invocava il suo dio prima di parlare? L'avrebbero tollerato?

I Dissidenti nei Paesi Islamici

Dall’altra parte ho incontrato persone dell’Iran, della Palestina e poi diversi egiziani, i quali, anche se credenti, mostravano il proprio dissenso da questo potere onnipresente della religione nelle loro vite. Comunque, anche loro avevano paura perché questo sfogo contro il velo, contro il potere dei mullah, avveniva sempre lontano dalle orecchie indiscrete, tranne in qualche caso eccezionale.

E’ per questo che mi è piaciuto il dott. Taghi, il quale esprimeva il suo dissenso in maniera netta e pubblica. Lui è uno psichiatra iraniano. Ho avuto paura per lui. Penso che se mi trovassi nella sua situazione, sarei molto meno coraggioso.

Palestina

In Palestina, Hamas ha vinto le elezioni. Gadda, la rappresentante Palestinese che conosco da diversi anni, si è lamentata che tutti chiedevano i palestinesi di avere le elezioni democratiche, ma ora che hanno scelto Hamas, nessuno sembra contento della loro democrazia.

Mi ha detto, "Tutti vogliono la democrazia, ma vogliono decidere chi dobbiamo eleggere."  La capisco, ma ho paura che questa loro scelta renderà le possibilità di pace con l'Israele ancora più difficile. Anzi, penso che creerà le condizioni per un'altra guerra. Comunque, sono rimasto zitto, non ho detto niente a lei.

Un Giorno con Gehane

Ho passato una giornata con Gehane. Lei non porta il velo, è educata, ha studiato in occidente, non si lascia vincolare dalle catene che legano maggior parte delle donne musulmane. Tuttavia ad un certo punto, lei mi ha detto che lei è musulmana e credente. Ha detto che sposerà soltanto un uomo musulmano. "E se ti innamori di un uomo non musulmano?" le avevo chiesto. No, lei aveva subito negato con decisione. Lei lo sa che non succederà.

Gehane mi ha spiegato che la zona dove si trova il mio albergo non è il sobborgo di Heliopolis ma si chiama Nasr city. Lei mi ha fatto da guida. Mi ha portato al giardino di Al Azhar sulla collina davanti alla cittadella, da dove si vede tutta la parte vecchia di Cairo. Un'altra volta, ha accompagnato me e Federico, alle piramidi in una mattina nuvolosa e meravigliosamente fresca. Sono state delle visite molto belle.

Le Piramidi di Gisa - Egitto

Ero già stato alle piramidi altre volte, ma quelle visite erano meno piacevoli, sia perché faceva sempre molto caldo e poi, erano visite affrettate. Invece questa volta, non c’era la fretta e potevo girare nella zona senza pensare all’orologio. E, poi, il cielo era nuvoloso.

Sheikha Hissa, Principessa del Qatar

Durante la riunione ho incontrato anche la principessa Sheikha Hissa, figlia dell’Amiro di Qatar. Sheikha è stata nominata l’inviata speciale delle Nazioni Unite per le persone con Disabilità. Anche se lei occupa questo posto da più di un anno, il mondo legato alla disabilità conosce poco di lei e molti parlano di lei in termini negativi.

Pensavo che fosse pregiudizi – è una donna musulmana, porta il velo, e appartiene ad una famiglia reale. Per questo ho apprezzato quest’opportunità a conoscerla meglio. Le ho chiesto se potevo intervistarla e lei è stata subito disponibile. Ha voluto presentarsi come una donna qualunque, una madre singola che deve fare i conti con la famiglia e le esigenze del suo lavoro. Mi ha dato l’impressione di essere una persona forte. E’ vero che sapeva molto poco del mondo della disabilità e ha molto da imparare, ma mi è sembrata una persona intelligente e capace.

Crociera sul Nilo e la Danza del Ventre 

Durante la riunione, una delle sere siamo stati invitati ad una crociera sul Nilo. La nave lussuosa apparteneva ad uno degli alberghi più esclusivi di Cairo. Durante la cena c’erano due cantanti per il divertimento degli ospiti.

Danza del Ventre, Cairo, Egitto

Dopo la cena vi è stato uno spettacolo della danza del ventre. Signora Samara, una donna prospera con il seno straripante, in un vestito di pelle color turchese, molto aderente, sembrava uscita da un film porno con l’espressione di estasi sulla faccia, mentre girava il suo culetto in maniera provocatoria. La danza del ventre era un tremolio continuo della parte inferiore del suo corpo, molto sensuale, che mi faceva pensare ad un attacco di malaria. Dopo alcune danze, tutte più o meno uguali, lei è tornata con un altro vestito, questo volta, una retina nera trasparente dalla quale si vedevano le sue sottovesti rosse, per ripetere le danze in mezzo al pubblico, toccando gli uomini, invitando le donne ad alzarsi e a provare la danza con lei.

Mi ha sorpreso vedere diverse donne egiziane, vestite con il velo che si sono alzate per provare la danza con lei. Un mio amico egiziano che mi accompagnava mi ha spiegato che in Egitto questa danza è la parte integrante di 90% dei matrimoni, e durante queste danze è normale che le donne ballano con le danzatrici, e che la maggior parte delle ragazze egiziane impara questa danza, nonostante la crescente islamizzazione della società. Secondo lui questa islamizzazione è cresciuta dopo i fatti dell’11 settembre 2001, ma fin’ora ha risparmiato la danza del ventre.

Rientro in Italia

Non penso che tornerò a volare con Alitalia un’altra volta, almeno per un po’ di tempo. Il servizio da Cairo a Milano Malpensa non era male. Ma i problemi iniziarono a Milano. Mezz’ora prima del volo, è stato annunciato il ritardo di un’ora. Poi, hanno cancellato il volo.

L’incaricato di Alitalia era un ragazzo giovane, gentile ma un po’ sbrigativo. I passeggeri erano molto arrabbiati. Forse lui aveva già visto scene simili o peggiori molte altre volte. Qualcuno con i bambini piccoli era disperato. Alcuni altri dovevano fare ulteriori viaggi dopo l’arrivo a Bologna, e si preoccupavano per il dopo.

Se questo non bastava, arrivati a Bologna, c’era anche il solito sciopero dei treni iniziato venerdì sera che sarebbe durato fino a sabato sera.
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martedì 18 aprile 2006

Donne Mozambicane

Ero a Nampula nel nord del Mozambico.

Eravamo andati a visitare il centro dove un gruppo di vedove aveva creato una cooperativa che produceva frittelle e poi li vendeva al mercato. Le storie che queste donne raccontavano erano simili alle storie che si raccontano in tante altre parti del mondo - che le donne vedove non hanno diritti, quando muore il marito, la famiglia può cacciarti da casa, insieme ai tuoi figli.

Teatro di Strada, Nampula, Mozambico

Alcuni giorni dopo, abbiamo avuto un incontro con un gruppo di teatro comunitario, il gruppo si chiamava Etary. Durante questo incontro è riemersa la questione del ruolo della donna nella società mozambicana (forse dovrei dire "nella società di Macua" perché eravamo a Nampula dove vivono le persone dell'etnia Macua).

Il gruppo organizza spettacoli di teatro di strada per sensibilizzare la popolazione verso le malattie come la lebbra, la TBC, ecc. Nello spettacolo che ho visto, la moglie quando scopre che il suo marito ha la lebbra, decide di lasciarlo e a abbandonare la casa. Poi, dopo qualche mese, quando il marito è sulla via di guarigione, lei torna a casa e trova che il suo marito si è risposato ed ha organizzato una festa con gli amici. Questa volta, lei viene cacciata da casa perché era stata cattiva, aveva osato lasciare il suo marito perché era un malato di lebbra.

Ho chiesto al gruppo se si poteva invertire i ruoli - ciò è, se la donna avesse la lebbra e il marito la lasciasse, potrà lei risposare e poi cacciare da casa il marito quando tornerà?

No, mi hanno spiegato, le donne non possono comportarsi così.

Penso che tutta la storia del teatro era stata scritta dal punto di vista maschile. La donna premurosa che insisteva che il suo marito dovrebbe farsi vedere in ospedale, e la donna che vendeva le sue capulane (scialli per legare i bimbi alla schiena) per la cura del marito, all'improvviso diventava cattiva perché aveva paura della lebbra. E poi, quando sapeva che il marito era guarito, tornava a casa ma doveva essere cacciata perché non si era comportata bene.

Lo spettacolo mi ha disturbato anche perché secondo me aveva un immagine un po' stereotipata della lebbra tramite il personaggio del vecchio malato.

Alla fine non avevo insistito che dovevano cambiare la storia del loro pezzo teatrale, ma speravo che la nostra discussione farà riflettere loro, sopratutto alle ragazze che partecipano in questi ruoli.

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domenica 26 marzo 2006

L'Acqua - Film di Deepa Mehta

Water (L'Acqua) è il terzo film della trilogia del regista d'origine indiana, Deepa Mehta basata sugli elementi della vita. Lei aveva già girato Fire (Il Fuoco) e Earth (La Terra) come parte di questa trilogia. Deepa Mehta è d'origine indiana ma vive in Canada.

Girare questo film non è stato facile. 4 anni fa, mentre lei cercava di girare questo film nella città sacra di Varanasi (India), le riprese erano state interrotte da gruppi di indù arrabbiati con lei perché ritenevano che i suoi film fosse denigratori verso la loro religione. Forse a dare adito a queste idee era stato il suo precedente film, Fire (Il Fuoco) che parlava di rapporti sessuali tra due donne - quel film aveva sollevato molto scalpore tra alcuni gruppi in India, i quali ritenevano che l'omosessualità fosse estranea alla cultura indiana. Alla fine Mehta fu costretta ad interrompere le riprese del film e a lasciare l'India.

Dopo una pausa di 4 anni, questo film è stato girato in grande segreto in Sri Lanka e tutto il cast di attori è stato cambiato per non destare sospetti e per evitare che simili disordini si sollevassero un'altra volta.

Il film parla del trattamento delle vedove nell'India del 1938.

Trama del film

Il film inizia con la piccola Chuiya (Sarla), ancora bambina, ma già sposata e ora vedova. Le rasano la testa e le mettono il vestito bianco delle vedove e suo padre l'accompagna alla casa delle vedove lungo il fiume. Chuiya, è troppo piccola per capire tutto quello che sta succedendo, e cerca di ribellarsi.

La vecchia vedova Madhumati (Manorama) regna nella casa delle vedove con un pugno di ferro, con l'aiuto della donna trans, Gulabo (Rajpal Yadav).

Chuiya trova sostegno e amicizia in Shakuntala (Seema Biswas), una vedova di mezza età, una donna di poche parole e l'unica nella casa che riesce a contrastare la vecchia Madhumati. Successivamente, Chuiya fa amicizia con la bella Kalyani (Lisa Ray), la vedova che vive al primo piano della casa, separata da tutte le altre vedove.

Le vedove dovrebbero sopravvivere con l'elemosina ma questo non basta a sfamare le donne e a pagare l'affitto della casa. Per questo, con l'aiuto di Gulabo, Kalyani deve prostituirsi. Lei va a frequentare le case degli uomini ricchi dopo il calare del sole.

Kalyani e Chuiya conoscono Narayan (John Abraham), un giovane di ricca famiglia tornato a casa in città dopo gli studi. Narayan è seguace di Gandhi e vuole fare parte del movimento per l'indipendenza dell'India. Lui si innamora di Kalyani e vuole sposarla. Nella casa delle vedove, Madhumati tenta in tutti i modi di bloccare questo matrimonio e nella casa di Narayan, la madre non è contenta della scelta del figlio, ma Narayan insiste.

Solo quando Kalyani sta per arrivare alla casa di Narayan, si accorge che è la stessa casa dove è già stata altre volte e rifiuta di proseguire. Quando Narayan le chiede il motivo lei gli risponde di parlarne con il proprio padre. (Nella foto sotto, Kalyani e Narayan)

Tornata alla casa delle vedove, Madhumati non la lascia entrare dentro perché è stata disobbediente. Alla fine, Kalyani si suicida nel fiume. Narayan litiga con suo padre e va a cercare Kalyani, ma è troppo tardi e Kalyani è già spirata.

Madhumati vuole trovare una sostituita per Kalyani da mandare alle case dei ricchi per la prostituzione e decide di mandare la bambina, Chuiya. Shakuntala quando lo scopre, va a cercare Chuiya ma è troppo tardi, ormai la bimba è stata violentata. Shakuntala è disperata. Tutte le sue certezze sul comportamento corretto per le vedove sono crollate. Sente parlare che Gandhi passerà dalla loro città e segue la folla per andare a vederlo.
Gandhi parla alla gente e dice che Dio non è la verità, bensì che la verità è dio, e che dobbiamo essere veri. Shakuntala corre dietro il treno di Gandhi e consegna Chuiya a Narayan nello stesso treno.

Commento

Il film è molto bello dal punto di vista della scenografia e tutta la parte relativa alla vita delle vedove nella casa sono commoventi. Il film racconta senza sentimentalismi la dura realtà delle vedove di quell'epoca, emarginate da tutti.

Seema Biswas nel ruolo di Shakuntala e Sarla nel ruolo di Chuiya sono molto brave. Tutte le attrici nel ruolo delle vedove sembrano autentiche a partire da Madhumati.

Lisa Ray nel ruolo di Kalyani è bella ma non sempre convincente. John Abraham nel ruolo di Narayan è soddisfacente.

Il film merita di essere visto.

Religioni e Cinema

Non penso che con questo film, Deepa Mehta ha voluto denigrare la religione indù, ha soltanto voluto far vedere l'ingiustizia che esisteva nel nome della religione. Tutte le religioni hanno aspetti negativi, sopratutto se vogliamo misurarli con i criteri dei diritti umani di oggi.

Se una religione ha la capacità di interrogarsi e di cambiare con i tempi, riformando i suoi aspetti negativi, ciò la rende più forte e adatto ai tempi. Se invece, la religione si fossilizza e non può cambiare perché deve continuare a seguire le idee vecchie nel nome della tradizione, penso che quello sia un grande problema.

Il cinema può soltanto far vedere uno specchio alla realtà che esiste nella società, sta alla società guardare l'immagine riflessa e cercare riparo e consiglio. Vietare che i film non parlino degli aspetti negativi di una cultura è come chiudersi gli occhi e rifiutare di guardare la realtà.

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venerdì 24 marzo 2006

George Bush e Mahatma Gandhi

Tutti i capi di stato che arrivano a Nuova Delhi, sono obbligati a fare una visita al memoriale di Mahatma Gandhi, il luogo dove il suo corpo era stato consegnato alle fiamme.

Questo posto si chiama Raj Ghat (Raj significa reale ed i ghat sono le zone lungo il fiume dove puoi arrivare fino all'acqua per prendere -l'acqua o per fare un bagno). Di solito i "ghat" sono luoghi dove vi sono i crematori.

George Bush in India - Foto by Associated Press

Non c'è niente di particolare a Rajghat, soltanto un giardino con in fondo un quadrato di cemento coperto da lastre di marmo. Da bambino preferivo visitare il museo di Gandhi vicino a Rajghat, dove i suoi vestiti macchiati di sangue mi affascinavano in maniera morbosa e vedere i suoi esili occhiali caduti per terrà quando era stato sparato, mi facevano venire un nodo alla gola.

Solo il re saudita, che per i motivi religiosi, non voleva andare alla tomba di Mahatma Gandhi era stato esentato da questo obbligo (personalmente non concordo per niente con questa esenzione).

Secondo il programma, anche George W. Bush doveva andare a presentare i suoi saluti alla tomba di Mahatma Gandhi.

Riguardo questa visita di Bush a Rajghat, Arundhati Roy, nel suo articolo apparso sul quotidiano The Hindu aveva scritto, "Non è certo l'unico criminale di guerra invitato dal Governo Indiano a visitare il Raj Ghat. Ma quando Bush metterà dei fiori su quella famosa lastra di pietra ben levigata, milioni di indiani sobbalzeranno. Sarà come se avesse versato mezzo litro di sangue sulla memoria di Gandhi."

Come sempre, Arundhati Roy, con il suo sapiente uso delle parole, riesce a suscitare grandi emozioni. In questo caso, queste sue parole mi erano sembrate troppo melodrammatiche e un po' di cattivo gusto.

Invece, a sollevare lo scandalo fu la visita dei cani di sicurezza di Bush, i quali sono andati ad annusare e girare intorno al memoriale prima della visita del presidente americano. Il vecchio custode del memoriale, si è sentito offeso, ed è andato via. Lui non è tornato finché un gruppo di religiosi non hanno lavato e purificato tutto il luogo con l'acqua sacra del Gange.

E' proprio l'ironia del tempo. Gandhi che parlava di rispetto per tutte le religioni e rispetto per tutti gli esseri, la sua memoria è diventata quasi un tempio indù con le sue discriminazioni ed i suoi riti. Penso che voler "purificare" il luogo solo perché vi sono stati dei cani ad annusare vicino, sia un'ipocrisia e un insulto alla memoria di Gandhi. I dittatori e responsabili di assassini, torture e violazione dei diritti umani possono andare al memoriale ma non i cani?

Non penso che Gandhi avrebbe concordato con questa discriminazione verso i cani.

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Presidente George Bush allo Zoo Indiano

La famosa scrittrice indiana Arundhati Roy aveva scritto un articolo nel quotidiano The Hindu per esprimere il proprio parere riguardo alla visita del presidente americano, George W. Bush, in India. Come sempre era un articolo delizioso da leggere, Arundhati Roy è una maga con le parole.

La moschea di Purana Kila, Delhi

Riguardo la scelta del governo indiano di organizzare l'incontro con Bush alle rovine di Purana Kila, la suggestiva fortezza medievale che ospita anche lo zoo di Delhi, Arundhati aveva scritto, "Che succederà a George W. Bush? I gorilla lo acclameranno? Gli scimpanzé faranno rumori osceni? I leoni sbadiglieranno e le giraffe sbatteranno le loro splendide ciglia? I coccodrilli riconosceranno un'anima gemella? Le quaglie si rallegreranno che Bush non sia in viaggio con Dick Cheney?"

Roy concludeva il suo articolo con, "Niente di quello che dicono i giornali delle Belle Notizie potrà cambiare il fatto che in tutta l'India, George W. Bush, presidente degli Stati Uniti d'America e incubo del mondo, non è il benvenuto."

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Ma ero a Nuova Delhi in quei giorni di visita di George W. Bush, mentre tornavo dal mio viaggio in Nepal. Mi è sembrato che Roy non rifletteva il sentimento degli indiani, o almeno, della maggioranza di loro.

Gli indiani sembravano voler tanto bene a Bush. La sua relazione a Purana Kila fu trasmessa in diretta TV e seguita da milioni di persone. E' vero che c'erano poche persone sedute davanti a lui durante il suo discorso. Molte, compreso mia sorella, che avevano avuto l'invito, avevano già sperimentato le lunghe e noiose procedure di controlli di sicurezza americane e non li volevano affrontare di nuovo, per cui avevano scelto di guardarlo in TV. Ero al mercato mentre lui parlava e sono rimasto sorpreso dagli spontanei applausi che si sollevavano ogni tanto dal pubblico che si era raccolto davanti ai televisori. Sembrava di essere ad una partita di cricket, il gioco più amato dagli indiani, che alla relazione di un capo politico.

Si, un gruppo di sinistra aveva manifestato in centro di Delhi quel giorno, ma erano in pochi. Si, anche un gruppo di musulmani aveva organizzato una manifestazione quel giorno contro il signor Bush. Ma l'umore della maggioranza degli indiani che lo ascoltavano quella sera, mi è sembrato più di simpatia che di disprezzo.

Infatti il giorno dopo i giornali dicevano che Bush è rimasto chiaramente sorpreso dal entusiasmo delle folle, che non si era sentito così amato ne anche in America durante i momenti più alti della sua popolarità.

E che cosa significa questo entusiasmo degli indiani per Bush? Penso che nonostante tutto quello che dicono Arundhati Roy e i gruppi di sinistra, alla gente in India non frega niente dei morti di Iraq o di Afganistan. Gli indiani vogliono bene a George Bush e desiderano più rapporti amichevoli con l'America.

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martedì 21 marzo 2006

Riunione IDDC a Londra

Ero tornato a Londra per un'altra riunione. Era una riunione molto particolare, almeno per me. Era la riunione di una federazione che avevo aiutato a nascere.

Londra, 2006

L'idea della federazione era venuta dal mio amico Enrico .

Enrico (dott. Enrico Pupulin, allora responsabile del DAR, il dipartimento di Disabilità e Riabilitazione presso l'OMS) mi aveva detto, "Perché, tutte queste associazioni che operano in campo della disabilità non coordinano il loro lavoro? Fanno stesse attività, negli stessi posti con progetti paralleli, mentre altre zone non hanno nessuno. Sarebbe meglio coordinare tutto questo lavoro".

Era il 1993 e dopo questa discussione con Enrico, avevo preparato una proposta da presentare al MAE (ministero degli affari esteri) italiano per un finanziamento. Fortunatamente, la mia proposta era stata approvata. Poi, avevo cercato tutte le associazioni che operano nei paesi sviluppati con interventi a favore delle persone con disabilità e invitato loro per una riunione, tenutasi presso l'hotel Europa a Roma nel 1994.

Tutte le organizzazioni più importanti che operano nel campo della disabilità avevano partecipato - da Radda Barna svedese a Save the Children inglese, da NAD norvegese a Christtofer Blinden Mission tedesco, da Handicap International francese a American Leprosy Mission. Dall'Italia, eravamo due organizzazioni - AIFO di Bologna come organizzatori della riunione e La Nostra Famiglia.

Da quella riunione romana, 1994 era nata l'IDDC, International Disability & Development Consortium.

Da diversi anni, non mi occupo più di seguire i rapporti con questa federazione IDDC. Tornarci è come ritrovare un figlio cresciuto lontano. C'è ancora qualcuno che era presente alla prima riunione a Roma 12 anni fa, ma la maggior parte delle persone sono nuove.

Per me è bello e triste allo stesso momento. Bello, perché la federazione nata da quella discussione tra me e Enrico, continua ad esserci ed è molto più forte di prima. Triste, perché la maggior parte delle persone che ne facevano parte, non vi sono più e dubito che le persone che la gestiscono oggi, sanno come era nata.

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La riunione dell'IDDC si fa al quinto piano di un grattacielo, tutto vetro e acciaio. Giù si vede la Tamigi e le navi che ci passano continuamente. E' una giornata piovosa con la famosa pioggerellina inglese.

Mi sento come un'animale esposto al pubblico dentro una gabbia di vetro. Per fortuna, siamo al quinto piano e le persone che passano per la strada non possono vederci, ma la sensazione rimane.

Anche all'OMS a Ginevra è così, ma li non ci sono case o strade davanti e la sensazione di essere dentro una scatola di vetro trasparente esposta al pubblico è meno spiacevole.

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Sono andato a trovare Pam Zinkin. E' stata poco bene ultimamente e ha passato un po' di giorni in ospedale. Non si è trovata bene in ospedale, dice che ormai gli ospedali inglesi non hanno più personale - lei ha visto il medico solo il giorno del suo ricovero e le infermieri erano sempre troppo di fretta per parlare con lei.

Quella stessa sera alla TV inglese, hanno parlato di un ragazzo che aveva ucciso diverse persone. La nonna di questo ragazzo diceva, "Per mesi ho chiesto l'aiuto agli servizi. Ho detto che era instabile, aveva bisogno di un psichiatra, ho scritto tante lettere, ma non hanno fatto niente. Dicevano che non vi erano le risorse."

Alla mattina, quando tornavo a Bologna, la prima pagina di un giornale inglese annunciava "per mancanza di fondi, un'ospedale di Londra ha deciso di licenziare 1000 dipendenti".

Ma Gran Bretagna non era ancora una potenza mondiale? Aveva un sistema sanitario nazionale che si ammirava in tutto il mondo. Cosa lì è successo?

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